Esistenzialismo shakespeariano/Idee esistenzialiste: differenze tra le versioni

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| || And wander up and down to view the city.
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| ''Merchant of Ephesus——Ephesus——–'' || Sir, I commend you to your own content. || ''Exit''
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| ''Antipholus of Syracuse——'' || He that commends me to mine own content
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Antipholus è volutamente paradossale in questo passaggio. Deve perdersi (in senso letterale e metaforico) per ritrovare la sua famiglia. Ma implica anche che il ricongiungimento familiare lo aiuterà a riconnettersi con la propria soggettività, un suggerimento che è accresciuto drammaticamente e filosoficamente dal fatto che sta cercando il suo fratello gemello identico. Ancora una volta viene evocata l'immagine dell'acqua. Lee osserva: "Most important and dramatic . . . is the intense fragility conferred upon identity by picturing it as a construct of water, as the world as ocean threatens to submerge, or render it indistinct."<ref>Lee, ''Shakespeare’s Hamlet and the Controversies of Self'', p. 217.</ref> L'uso delle immagini dell'acqua intensifica il potere filosofico del passaggio. Sartre discute un'idea simile in un linguaggio più riconoscibilmente teorico: "the individual – questioned questioner, is I, and is no one. . . . We can see clearly how I am dissolved [''je me dissous''] practically in the human adventure."<ref>Citato e tradotto da Christina Howells, "Conclusion: Sartre and the Deconstruction of the Subject", in ''The Cambridge Companion to Sartre'', cur. Christina Howells (Cambridge: Cambridge University Press, 1991), p. 342.</ref> Nel romanzo di Camus ''The Outsider'', Meursault nota che durante il processo l'avvocato dell'accusa usa ripetutamente il pronome in prima persona "io" e parla come se fosse lui stesso, Meursault. Mentre il processo continua, la riduzione del significato di Meursault e la costante discussione sulla natura della sua "anima", lo portano a osservare: "I had the impression I was drowning in some colourless liquid".<ref>Albert Camus, ''The Outsider'', trad. {{en}} Joseph Laredo (Londra: Penguin, 2000), p.101.</ref> Sia Antipholus che Meursault evocano l'idea di perdita di sé e dissoluzione soggettiva attraverso l'immaginario dell'annegamento e della liquefazione.
 
Le idee sulla ricerca o sui limiti della conoscenza di sé erano prevalenti negli scritti rinascimentali. La potente ingiunzione delfica ''"Nosce te ipsum"'' o "conosci te stesso" intestava comunemente i capitoli di libri sulla salute, l'etica, la religione, la politica, persino i libri per i bambini delle scuole.<ref>Anne Ferry, ''The Inward Language: Sonnets of Wyatt, Sidney, Shakespeare and Donne'' (Chicago: Chicago University Press, 1983), p. 40.</ref> Anche se Anne Ferry sostiene che questa era in realtà una guida diretta che promuoveva un forma limitata e unidimensionale di sincerità personale, ci sono prove che i primi pensatori moderni erano turbati dal problema della conoscenza di sé. Socrate spiega nel ''[[w:Fedro (dialogo)|Fedro]]'' di [[w:Platone|Platone]]: "Non sono ancora in grado di fare come ordina l'iscrizione delfica, di conoscere me stesso; e mi sembra davvero ridicolo esaminare altre cose prima di averlo compreso. Per questo non mi occupo di loro. Accetto ciò che generalmente si crede e non guardo dentro di loro, ma dentro me stesso."<ref>Mia traduzione. Cfr. anche Platone, ''Phaedrus'', in {{en}] ''Plato: Complete Works'', cur. John Cooper (Indianapolis: Hackett, 1997), p. 510.</ref> L'autoesame, ci dice Socrate, è un progetto filosofico difficile. Questa consapevolezza della natura oscura e inaccessibile del sé si ritrova anche nel pensiero rinascimentale. Un esempio particolarmente illuminante si trova nella lettera del riformatore veneziano [[w:Gasparo Contarini|Gasparo Contarini]] a Tommaso Giustiniani nel 1511, dove scrive: "se tu mi conoscessi nell'intrinseco, come sono veramente (ma nemmeno io mi conosco bene), non daresti un simile giudizio su di me".<ref>158 Cfr. Contarini citato in Hubert Jedin (cur.), ''Contarini und Camaldoli'' (Roma: Edizioni di Storia e Letteratura, 1953), p. 13. Queste lettere furono pubblicate originariamente in forma di un fascicolo di 67 pagine folio e furono pubblicate in seguito da ''Archivo italiano per la storia della pietà'', vol. 2 (Roma: Edizioni di storia e letteratura, 1959). Una traduzione {{en}} di queste frasi viene data da John Martin, ‘Investing Sincerity, Refashioning Prudence: The Discovery of the Individual in Renaissance Europe’, ''The American Historical Review'', 102:5 (1997), p. 1321.</ref> Attingendo a questo esempio, John Martin osserva: "One of the most striking features of Renaissance notions of the self was an explicitly layered quality, which represented a sense not only of inwardness or interiority but also of mystery about what Renaissance writers . . . imagined as their inner selves."<ref>Martin, ‘Investing Sincerity, Refashioning Prudence: The Discovery of the Individual in Renaissance Europe’, p. 1321.</ref>
 
Le descrizioni di Shakespeare e Montaigne delle vicissitudini della soggettività umana furono seguite alcuni anni dopo dalla rappresentazione di [[w:John Donne|John Donne]] della natura inaffidabile, misteriosa e contingente di sé e del mondo nella sua poesia ‘The Second Anniversary’:
 
{{q|And what essential joy canst thou expect<br/>
 
Here upon Earth, what permanent effect<br/>
<ref>156 Anne Ferry, ''The Inward Language: Sonnets of Wyatt, Sidney, Shakespeare and Donne'' (Chicago: Chicago University Press, 1983), p. 40.</ref>
Of transitory causes? Dost thou love<br/>
Beauty (and beauty worthiest is to move)<br/>
Poor cozened cozener! That she and that thou<br/>
Which did begin to love, are neither now:<br/>
You are both fluid, changed since yesterday.<br/>
Next day repairs (but ill) last dayes decay.|vv. 387-93<ref>John Donne, ''The Complete Poems of John Donne: Epigrams, Verse Letters to Friends, Love-Lyrics, Love-Elegies, Satire, Religion Poems, Wedding Celebrations, Verse Epistles to Patronesses, Commemorations and Anniversaries'', cur. Robin Robbins (Harlow: Longman, 2010).</ref>}}
La poesia di Donne cattura l'interdipendenza del mondo che cambia e del sé che cambia. Nessuno dei due aspetti della vita può essere corretto, e questo mette a repentaglio qualsiasi credenza in identità solide. Shakespeare, Donne e Montaigne presentano tutti il sé come una "sensazione" o un "sentimento" sconcertante e in gran parte indefinibile che è veramente vissuto ma non può essere fissato in termini specifici.
 
=== Il Sé autentico: l'ideale della sincerità nel Rinascimento ===