Esistenzialismo shakespeariano/Introduzione: differenze tra le versioni

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Ci sono alcuni altri studi e articoli degli anni ’60 e ’70 che vale la pena menzionare brevemente. Il libro di Charlotte N. Clay, ''The Role of Anxiety in English Tragedy'', dedica due capitoli al concetto esistenziale di ansia in ''Hamlet''e in ''King Lear''.<ref>Charlotte N. Clay, ''The Role of Anxiety in English Tragedy: 1580-1642'' (Salzburg: University of Salzburg, 1974).</ref> Nel suo saggio del 1974 su ''The Tempest'' intitolato "Shakespeare's Existential Comedy", Mike Frank trova lo stesso mondo intrinsecamente senza senso e assurdo che altri critici dell'epoca identificavano nelle tragedie. Scrive: "There is no external order to which man must commit himself; there is simply an indifferent and impersonal nature which will follow its own imperative regardless of what man does."<ref>Mike Frank, ‘Shakespeare’s Existential Comedy’, in ''Caliban'', cur. [[w:Harold Bloom|Harold Bloom]] (New York e Philadelphia: Chelsea House, 1992), p. 114.</ref> ''The Tempest'' presenta un mondo, sostiene Frank, che è "very much like that of modern existentialism."<ref>''Ibid.'', p. 114.</ref> Nel suo saggio del 1967, [[w:Joyce Carol Oates|Joyce Carol Oates]] traccia una serie di importanti caratteristiche esistenziali in ''Troilus and Cressida'' e conclude: "What is so modern about the play is its existential insistence upon the complete inability of man to transcend his own fate."<ref>[[w:Joyce Carol Oates|Joyce Carol Oates]], ‘Essence and Existence in Shakespeare’s Troilus and Cressida’, in ''Troilus and Cressida: A Casebook'', cur. Priscilla Martin (Londra e Basingstoke: Macmillan, 1976), p. 169.</ref>
 
Come discorso teorico e filosofico, l'esistenzialismo è emerso inizialmente ed è stato poi sostituito da altre linee di indagine. Negli anni ’80 e ’90 la sua influenza era meno palpabile nella critica shakespeariana. Con molti studiosi che preferivano indagare il condizionamento culturale e storico della soggettività, termini esistenzialisti come autenticità, libertà, divenire sé stessi, angoscia, alienazione e interiorità sono diventati fuori moda. Tuttavia, ci sono prove che l'esistenzialismo stia tornando visibile negli studi shakespeariani. In [https://www.google.co.uk/books/edition/Re_humanising_Shakespeare/QohlAAAAMAAJ?hl=en ''Re-Humanising Shakespeare: Literary Humanism, Wisdom and Modernity''], Mousley sostiene che Shakespeare ha "an inordinate ability to intensify the ‘existential significance’ of otherwise abstract ideas and precepts through human embodiment".<ref>Mousley, ''Re-Humanising Shakespeare'', p. 10.</ref> Sottolinea anche l'importanza dell'idea di autenticità nelle opere di Shakespeare. Scrive: "[Shakespeare] gives us cause to question which way of living might be a more or less authentic expression of what it is to be human".<ref>''Ibid.'', p. 10.</ref> Mousley offre una lettura avvincente del fascino di Shakespeare per l'esistenza incarnata. Riconosce una rinascita di ciò che chiama "literary humanism" nella critica e nella teoria. "Literary humanism", spiega Mousley, non è l'umanesimo tradizionale, astorico ed essenzialista così spesso associato al Rinascimento, ma una nozione più ampia e profonda che si concentra sulla questione eticamente carica "how to live".<ref>''Ibid.'', p. 21.</ref> La forza di questo approccio è che riconosce che le domande scettiche e critiche devono essere integrate con la consapevolezza del modo in cui le opere di Shakespeare incoraggiano un impegno personale e appassionato con il mondo. La preoccupazione centrale di Mousley per la questione cruciale di "how to live" nel suo studio rende l'esistenzialismo e le idee esistenziali ancora una volta rilevanti e significative. Nella sua rilettura della tradizione umanista, sfida la critica antiumanista all'essenzialismo, sostenendo: "the principle of freedom can be extended to mean freedom from ''all'' determination, which recognises no such thing as a pre-defining human essence. Rather than being ‘pre-made’, we make ourselves in the manner of Jean-Paul Sartre."<ref>''Ibid.'', p. 15.</ref> Sebbene non invochi esplicitamente teorie esistenzialiste specifiche, la riconsiderazione di Mousley delle intensità esistenziali di Shakespeare è un punto di partenza importante per questo mio studio.
 
Lo studio di Mousley ha in molti modi aperto la strada ad altri studi su Shakespeare in sintonia esistenziale. In ''Shakespeare’s Individualism'', Peter Holbrook legge Shakespeare "as an author for a liberal culture of self-realization".<ref>Peter Holbrook, ''Shakespeare’s Individualism'' (Cambridge: Cambridge University Press, 2010), p. 234.</ref> Holbrook è consapevole del modo in cui Shakespeare problematizza e polemizza questa nozione ingannevolmente semplice, e il suo studio rivela che domande come "what actually constitutes an authentic self?", "what does human freedom really mean?" e "how does self-realisation relate to human ethics?" erano pertinenti al clima culturale dell'Inghilterra rinascimentale. Holbrook è attratto dall'interesse di Heidegger per il modo in cui gli esseri umani conservano sempre "a potentiality for deciding what it wants to do and what it wants to be".<ref>''Ibid.'', p. 235. </ref> Continua: "This projective not-yet dimension to human – only human – life, the ability to commit oneself to a specific identity . . . is an ineradicable part of our human reality".<ref>''Ibid.'', p. 235.</ref> Questa è una preoccupazione centrale nel dramma di Shakespeare. "What I was, I am, / More straining on for plucking back, not following / My leash unwillingly" (''[[w:Il racconto d'inverno|The Winter's Tale]]'', IV.iv.453-5): Holbrook sottolinea la costanza e la determinazione di Florizel di rimanere fedele a se stesso in ''The Winter's Tale'' come un ottimo esempio di passione umana autenticamente liberatoria nelle opere di Shakespeare. Seguendo il libro fondamentale di [[w:Charles Taylor (filosofo)|Charles Taylor]], ''The Ethics of Authenticity'', Holbrook osserva che le nozioni di autenticità individuale e autorealizzazione sono pervasive nella nostra cultura come lo erano in quella di Shakespeare, e i filosofi sia del nostro tempo che dei suoi si preoccupavano della complessità morale e dell'ambiguità dell'individualismo umano. Durante tutto il suo studio, Holbrook flirta con l'esistenzialismo, ricorrendo spesso a passaggi chiave di Nietzsche, Heidegger e Kierkegaard per elaborare la sua argomentazione, ma non invoca mai esplicitamente l'esistenzialismo.
 
== Conclusione ==