Yeshua e i Goyim/Capitolo 2: differenze tra le versioni

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# I gentili sopravvivono ma vivranno fuori della Terra d'Israele (''[[w:Salmi di Salomone|Sal. Sol.]]'' 17:31).
 
Da questo elenco più o meno contraddittorio di aspettative escatologiche è impossibile formare un'aspettativa dogmatica e unificante che fosse condivisa in dettaglio dagli ebrei in generale. È tuttavia chiaro che il pellegrinaggio delle nazioni era una visione ampiamente condivisa tra gli ebrei del primo secolo. È da notare che nonostante la complicità della visione attestata nell'Antico Testamento e negli scritti successivi del periodo del Secondo Tempio, Sanders sostiene ancora che durante il tempo di Gesù l'ebraismo era abbastanza unito nella sua convinzione che la restaurazione escatologica di Israele avrebbe avviato il pellegrinaggio delle nazioni al Monte Sion.<ref>Si veda Sanders, 1993, 191–193. Sanders afferma che "molti ebrei" nutrivano speranze escatologiche secondo le quali i gentili si sarebbero convertiti e che avrebbero fatto pellegrinaggio al Monte Sion per lodare il Signore nel Suo tempio. Secondo Sanders "un buon numero di ebrei" condivideva tali credenze e che queste visioni/credenze erano "speranze di vecchia data e profondamente radicate tra gli ebrei".</ref> Riguardo alle speranze escatologiche degli ebrei sui gentili, Dunn afferma che "più comunemente l'aspettativa era che i gentili venissero in pellegrinaggio a Sion per rendere tributo o adorare Dio lì".<ref>Dunn, 2003B, 5.</ref> la popolarità della visione del pellegrinaggio escatologico dei gentili è sottolineata anche da Ware. Secondo lui, l'attesa del pellegrinaggio dei gentili a Sion restaurata è un "caratteristica diffusa, fondamentale e speciale del pensiero ebraico riguardo ai gentili nel periodo del secondo tempio". Questa fervente speranza e anelito trova le sue espressioni nelle opere di ''LXX'' Isaia, [[AntologiaOracoli ebraica/Dalle ProfonditàSibillini|Oracoli Sibillini]] III, [[w:Libro della Sapienza|Sapienza]], ''[[w:Libro di Enoch|Parabole di Enoc]]'' (1 En. 48; 62), [[w:Filone di Alessandria|Filone]], [[w:Libro di Tobia|Tobia]] e ''[[w:Testamento dei Dodici Patriarchi|Testamento di Levi]]''. Pur affermando ciò, Ware ammette che vi furono alcuni gruppi ebraici – soprattutto la setta di [[w:Qumran|Qumran]] – in cui l'idea del pellegrinaggio escatologico dei gentili fu marginalizzata, ma non del tutto abbandonata (1QIsa-a, ''[[w:Targum|Targum]] di Isaia'', [[w:Qumran|Qumran]]).<ref>Ware, 2005, 111–112, 153–154. Cfr. Bird, 2006, 28.</ref> Io sostengo l'ipotesi che il pellegrinaggio escatologico dei gentili a Sion per adorare Dio fosse una visione popolare.
 
Alla luce delle nostre fonti, gli ebrei del tardo periodo del Secondo Tempio erano considerevolmente uniti in un'unica convinzione: la restaurazione escatologica di Israele avrebbe influenzato i gentili. Le credenze escatologiche sulla restaurazione di Israele riguardano, quasi senza eccezioni, la questione del destino dei gentili.<ref>Cfr. Dunn, 2003, 394–395. In alcune occasioni i gentili sono previsti che facciano una pellegrinaggio escatologico al Monte Sion per pregare il Signore, e in un'altra visione i gentili affluiscono a Sion in maniera negativa per pagare tributi agli Israeli e servirli come schiavi. Pellegrinaggio escatologico in cui i gentili verranno a Sion per servire il Dio di Israele: Salmi 22:27–28; 47:6–9; 68:30–32; 86:9; Isaia 2:2–4/Michea 4:1–3; Isa. 45:20–23; 56:6–8; 66:19–20, 23; Ger. 3:17; Sof. 3:9–10; 8:20–23; 14:16–19; Tobia 13:11; 14:6–7; 1 En. 10:21; 48:5 (= in questo versetto il pellegrinaggio non è esplicitamente menzionato nonostante il fatto che "tutti gli abitanti della terra si prostreranno e adoreranno davanti a lui" - cioè il Figlio dell'Uomo); 90:30–36; Sib.''[[Oracoli Sibillini|Or. 3Sib.]]'' III:702–719, 772–775; T. Ben. 9:2; 2 Bar. 68:5–8. Pellegrinaggio escatologico secondo il quale i gentili porteranno doni e tributi agli Israeliti: Isa. 18:7; 45:14; 60:3–16; 61:5–6; Ag. 2:7–9; 1QM 12:13–14; 19:3–9; ''Salmi Sal.'' 17:30–34; ''[[Antologia ebraica/DalleOracoli ProfonditàSibillini|Or. Sib.]]'' III:772–776. I seguenti passi riguardano la conversione escatologica dei gentili o il fatto che la verità divina diverrà manifesta al mondo intero durante la fine dei tempi: 1 En. 10:21; 50:2–6; 90:30–36; 91:14; T. Sim. 7:2; T. Lev. 4:4; 8:14–15; T. Napht. 8:3; T. Asher 7:3; T. Dan. 6:7.</ref> Secondo una visione minoritaria, i gentili sarebbero stati condannati e totalmente distrutti.<ref>Salmi 2:8–9; Sof. 2:9–11; Sir. 36:1–9; Giub. 15:26; Isa. 34:2; Mic. 5:15; Zacc. 12:9; T. Mos. 10:7; Giub. 15:26–32; 1 En. 48:7–10; 63:1–12; 91:9; 1QM 1:9–10; 4:12; 6:5–6; 9:5–9; 11:13–17; 12:10–16; 15:1–16:15; 1QpHab 5:4; 1QSa 1:21. Si potrebbe sostenere che una visione pessimistica riguardo ai gentili sia conforme alle storie distruttive degli egiziani che annegano nel Mar Rosso e delle truppe di Sennacherib che vengono miracolosamente messe a morte fuori dalle mura di Gerusalemme. Cfr. Bird, 2006, 27. Si vedano 1 Macc. 4:9; 7:39–42; 2 Macc. 8:19–24; 15:20–27; Sir. 48:17–22; Bell. 5:375–419; 2 Bar. 63:3; 1QM 11:9–10.</ref> Nonostante la visione distruttiva è importante notare che la visione di distruzione e salvezza non va vista in termini troppo assoluti. Gli studiosi hanno riconosciuto che nelle nostre fonti le previsioni di sventura e salvezza per i gentili possono essere trovate inseparabilmente vicine l'una all'altra. Quindi, le predizioni di sventura per i gentili non significano necessariamente che fossero in senso assoluto condannati alla dannazione. Ciò è evidente in testi come {{passo biblico2|Isaia|66:15-21}}; ''2 Baruc'' 72:2-6 e ''[[w:Salmi di Salomone|Salmi Sal.]]'' 17:22-25, 30-31, in cui le predizioni riguardanti la distruzione e la salvezza dei gentili sono separate solo da un paio di versetti.<ref>Bird, 2006, 28.</ref>
 
=== Esodo escatologico ===
Il pellegrinaggio delle nazioni è introdotto in modo influente da Isaia e la visione si è diffusa in vari libri e passaggi della Bibbia ebraica. Il pellegrinaggio, come espresso in {{passo biblico2|Isaia|2:2-3}}, compare in passi come {{passo biblico2|Michea|4:1-3}}; {{passo biblico2|Geremia|3:17}} e {{passo biblico2|Zaccaria|8:20-23}}. In questi brani i gentili si recano in pellegrinaggio a Sion per adorare il Signore, ascoltare la sua Torah e servirLo. Negli scritti del periodo del Secondo Tempio questa visione è presentata per esempio in {{passo biblico2|Tobia|13:11,14:6-7}} e ''[[AntologiaOracoli ebraica/Dalle ProfonditàSibillini|Or. Sib.]]'' III:715-723, 767-775. In altri casi i gentili non arrivano solo per motivi cultuali e religiosi, ma per portare tributi e le "ricchezze delle nazioni" a Gerusalemme ({{passo biblico2|Isaia|60:3-7,9,11,13;61:6;66:12}}). Grazie a questi doni dei gentili, la già povera Sion diventerà ricca a spese dei gentili ex ricchi che poi diventeranno poveri. I re dei gentili vengono a Sion e portano con sé i figli di Sion, e di conseguenza l'esodo escatologico e il pellegrinaggio delle nazioni si realizzano simultaneamente. Questi gentili reali si prenderanno poi umilmente cura dei neonati d'Israele e li serviranno ({{passo biblico2|Isaia|49:22-23;60:16;66:12}}). Come mostra questa panoramica, il libro di Isaia contiene due diverse visioni dei gentili che arrivano a Sion durante il tempo escatologico. Secondo il primo punto di vista, si recheranno in pellegrinaggio per servire il Signore, vedere la Sua gloria e ascoltare e obbedire alla Sua Torah ({{passo biblico2|Isaia|2:2-4;66:18-21,23}}). Nella seconda visione invece i gentili arrivano a Gerusalemme per servire gli Israeliti e per portare nella città le "ricchezze delle nazioni", il che significa oro e argento, cammelli e greggi di pecore ({{passo biblico2|Isaia|60:3-16}}).<ref>Si veda Stansell, 2009, 233–255.</ref>
 
Nei Vangeli non troviamo alcuna prova che Gesù abbia condiviso la visione dei gentili che fluivano verso il regno di Dio o verso Sion per servire come schiavi al gruppo di Gesù o a qualche altro gruppo speciale. La tradizione cristologica non contiene nemmeno detti espliciti secondo i quali gentili o estranei si sarebbero recati in pellegrinaggio al regno di Dio per pregare Dio e ascoltare la Sua Torah. È possibile trovare testimonianze secondo cui Gesù si aspettava che molti ebrei e gentili facessero "pellegrinaggio" o semplicemente che entrassero nel regno di Dio dove sarebbe stato servito un "grande banchetto" ({{passo biblico2|Matteo|8:11-12}} e parall.). Le tradizioni di Gesù non collegano la meta del pellegrinaggio con Sion, la Casa del Signore o Gerusalemme, ma solo con il regno di Dio, dove viene servito un banchetto in compagnia di Abramo, Isacco e Giacobbe. Una differenza tra le visioni classiche del pellegrinaggio delle nazioni e le tradizioni cristologiche è l'idea che il pellegrinaggio dei gentili non fosse chiaramente associato a un pasto o a un banchetto sul Monte Sion. In {{passo biblico2|Matteo|8:11-12}}/{{passo biblico2|Luca|13:28-29}} la destinazione dei molti non è geograficamente chiara, ma ciò che viene sottolineato è che alla destinazione, nel regno di Dio, sarà servito un pasto. È certamente corretto notare che le nostre fonti scritte dall'Antico Testamento e dal periodo del Secondo Tempio non indicano che ci fosse un banchetto nella destinazione finale del pellegrinaggio escatologico. I passi più significativi del pellegrinaggio escatologico, cioè {{passo biblico2|Isaia|2:2-3}} e poi {{passo biblico2|Tobia|13-14}}, non si riferiscono in alcun modo a un banchetto. Tuttavia è molto probabile che il lettore/ascoltatore di Isaia 2:2-3 avrebbe compreso questi versetti in relazione a {{passo biblico2|Isaia|25:6-10}}.<ref>Bird, 2006, 88–89.</ref> Dal punto di vista degli ebrei del I secolo, è difficile immaginare un altro contesto escatologico per {{passo biblico2|Isaia|25:6-10}} diverso da Isaia 2:2-3.<ref>È credibile affermare che dal punto di vista dei lettori o degli ascoltatori del I secolo "questo monte" di {{passo biblico2|Isaia|25:6}} sarebbe stato inteso come Monte Sion almeno per il fatto che il Monte Sion è menzionato in precedenza in {{passo biblico2|Isaia|24:23}}. Si è sostenuto che la visione escatologica di un banchetto ({{passo biblico2|Isaia|25:6-10}}) non appartenesse alla visione escatologica del pellegrinaggio. Per la relativa discussione si veda Beasley-Murray, 1986, 170. Bird, 2006, 88. Allison, 1997, 186.</ref>
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Il nostro scopo non è di approfondire la discussione sull'attività missionaria di alcuni ebrei durante il periodo del Secondo Tempio. Qui introdurrò solo di sfuggita i brani principali, importanti per la questione della missione degli ebrei ai gentili. Tanto per cominciare, sia le fonti scritte romane che quelle ebraiche suggeriscono che alcuni ebrei individualmente praticassero la missione ai gentili durante il periodo del Secondo Tempio. Ci sono due riferimenti più o meno espliciti a singoli ebrei che fanno proselitismo verso i gentili a Roma. Il primo risale al 139 p.e.v. e il secondo al 19 e.v. Secondo [[w:Valerio Massimo|Valerio Massimo]], scrittore all'inizio del I secolo, gli ebrei furono espulsi da Roma nel 139 p.e.v. a causa della diffusione della loro religione (''[[w:Factorum et dictorum memorabilium libri IX|Factorvm et Dictorvm Memorabilivm]]'', 1.3.3).<ref>Valerio Massimo, 13. 3–4. Dickson, 2003, 24–25. Valerio compilò il suo lavoro durante il regno dell'imperatore Tiberio (14-37 p.e.v.). McKnight, che è, come abbiamo visto, scettico sull'affermazione che gli ebrei sarebbero stati impegnati nella missione ai gentili, afferma sulla base dei testi di Valerio Massimo che durante questo periodo gli ebrei praticavano effettivamente il proselitismo in una certa misura. Inoltre afferma che questa attività sembra essere stata così potente che i romani ebbero bisogno di prendere alcuni provvedimenti contro di essa. McKnight, 1991, 73.</ref> Il secondo riferimento a una possibile attività di proselitismo a Roma riguarda l'anno 19 e.v. quando, secondo Flavio Giuseppe (''Ant.'' 18:81-84), [[w:Publio Cornelio Tacito|Tacito]] (''Ann.'' 2:85), [[w:Gaio Svetonio Tranquillo|Svetonio]] (''Tib.'' 36) e [[w:Cassio Dione|Cassio]] (''Dio'' 57.18.5a) una grande moltitudine di ebrei furono deportati da Roma. È degno di nota che solo Cassio affermi chiaramente che il motivo dell'espulsione era l'attività di proselitismo degli ebrei.<ref>Dickson, 2003, 26–27.</ref> Secondo Flavio Giuseppe l'espulsione di quattromila ebrei romani nell'isola di Sardegna fu dovuta a un truffatore ebreo che "era stato cacciato lontano dal proprio paese con un'accusa mossa contro di lui per aver trasgredito le loro leggi", ''Ant.'' 18:81. Questo truffatore ebreo senza nome, che era "sotto tutti gli aspetti un uomo malvagio", era sfuggito alla sua punizione a Roma dove ora "professava di istruire gli uomini nella saggezza delle leggi di Mosè", 18:81. Lavorando con altri tre ebrei, che erano "in tutto del suo stesso carattere, persuasero Fulvia, una donna di grande dignità, e una che aveva abbracciato la religione ebraica, a inviare porpora e oro al tempio di Gerusalemme", 18:82. Fulvia diede loro i soldi da mandare a Gerusalemme, gli uomini usarono i soldi per se stessi. L'inganno divenne però noto al marito di Fulvia, che lo raccontò all'imperatore [[w:Tiberio|Tiberio]], 18:83. Di conseguenza Tiberio bandì l'intera comunità ebraica di Roma, in tutto quattromila ebrei, se si può fare affidamento su Flavio Giuseppe, dalla città all'isola di Sardegna, 18:84. Dal racconto di Flavio Giuseppe è possibile leggere un implicito riferimento alla missione dei gentili poiché questi uomini stavano insegnando la Torah al popolo e siccome erano in contatto con un convertito all'ebraismo. Inoltre, l'idea di inviare doni al tempio di Gerusalemme può essere compresa alla luce delle più ampie visioni del pellegrinaggio delle nazioni a Sion, che spesso si accompagna alla speranza della ricchezza delle nazioni che affluisce nella città ({{passo biblico2|Tobia|13:11}}, {{passo biblico2|Isaia|60:5-13}}; {{passo biblico2|Ag|2:7}}; {{passo biblico2|Salmi|72:10}}). Anche altri convertiti stranieri inviarono denaro a Gerusalemme: ''Ant.'' 20:50–53.
 
Dickson interpreta queste due storie a Roma come supporto per l'affermazione che alcuni singoli ebrei avessero diffuso gli insegnamenti dell'ebraismo a Roma, e senza dubbio anche in altre città dell'Impero, al fine di convertire i romani.<ref>Dickson, 2003, 30–31.</ref> McKnight ammette esitante che ci sono testimonianze che suggeriscono che a Roma, nei due periodi citati, vi fossero ebrei che tentarono di convertire i romani all'ebraismo. McKnight sottolinea che le prove provenienti da Roma sono eccezionali e riguardano solo Roma.<ref>McKnight, 1991, 74.</ref> È tuttavia più probabile che sarebbe stato più pericoloso e difficile praticare il proselitismo a Roma che in altre città o paesi dell'Impero. Come osserva Dickson, le restrizioni ufficiali per la promozione di altre credenze religiose erano più severe a Roma che altrove nell'Impero Romano. Di conseguenza, si può presumere che il proselitismo fosse praticato anche da altri individui in altre parti dell'Impero.<ref>Dickson, 2003, 31. Cfr. Ignat. ''Phld.'' 6:1.</ref> È possibile che Paolo fosse a conoscenza del famigerato incidente del 19 e.v. a Roma, come suggerito dai versetti {{passo biblico2|Rm|2:17-24}}, che potrebbero riferirsi all'incidente. Se tale è il caso, allora Paolo (Romani 2:17-24) stava criticando le attività missionarie ebraiche sulla base di questi individui che ingannavano i romani nonostante avessero insegnato loro la Torah. Il brano di Romani 2:17-24 si riferisce agli ebrei come "guide dei ciechi", mentre in ''[[Antologia ebraica/Dalle Profondità|Or. Sib.]]'' III:194-195 "la nazione dell'Iddio Potente... sarà per tutti i mortali la guida della vita". Inoltre in ''[[Antologia ebraica/Dalle Profondità|Or. Sib.]]'' III-IV i gentili sono incoraggiati ad abbandonare i loro idoli e a servire Dio.<ref>''[[Antologia ebraica/Dalle Profondità|Or. Sib.]]'' III:5–10, 547–579, 624–634, 732–740; 4:162–167.</ref> Questi passi da ''[[Oracoli Sibillini|Or. Sib.]]'' III–IV sostengono la visione attestata in Romani 2:17–24 secondo la quale alcuni ebrei religiosi consideravano loro dovere proclamare una sorta di monoteismo etico ai gentili. Secondo la mia opinione, c'è una debole possibilità che Romani 2:17-24 si riferisca effettivamente all'incidente menzionato da Flavio Giuseppe (''Ant.'' 18:81-84) e dalle altre tre fonti, ma anche se non si riferisce a quell'incidente, si erge comunque come prova della pratica missionaria ebraica.<ref>Dickson, 2003, 31–32.</ref>
 
Oltre a questi due riferimenti all'attività missionaria a Roma, Flavio Giuseppe menziona per esteso (''Ant.'' 20:17-96) la conversione di Elena, regina di Adiabene e di suo figlio Izate. La loro conversione nella Mesopotamia settentrionale sarebbe avvenuta ca. 30 e.v. La regina Elena è citata anche nelle fonti rabbiniche: ''m. Naz.'' 3:6. Flavio Giuseppe afferma che Anania, un mercante ebreo, entrò tra le donne della casa reale e "insegnò loro ad adorare Dio secondo la religione ebraica". Inoltre, esortò anche Izate ad abbracciare l'ebraismo, 20:34-35. Izate si convertì, ma sentiva che "non poteva essere completamente ebreo a meno che non fosse circonciso", 20:38. Elena, sua madre e il mercante ebreo Anania cercarono di convincerlo che sarebbe stato troppo pericoloso per lui essere circonciso perché era il re, e che i suoi sudditi non si sarebbero mai lasciati guidare da un ebreo, 20:39-40. Al momento Izate si convinse di poter servire Dio anche se non fosse stato circonciso, 20:41-42. In seguito, però, Eleazar, venne ad incontrare il re. Egli persuase Izate che per servire Dio come ebreo, avrebbe dovuto essere circonciso. Pertanto Izate fu circonciso, 20:43-46.<ref>Si veda Dickson, 2003, 33–37. La questione si i gentili che si convertaivano all'ebraismo fossero obbligati a circoncidersi è certamente complicata. Borgen (Borgen, 1987, 220, 223) afferma quanto segue: "According to ''b. Sabb'' 31a, Hillel gave the status of proselyte to a heathen who came to him and accepted the Golden Rule as summary of the Torah. Philo and Hillel’s understanding has thus been that bodily circumcision was not the requirement for entering the Jewish community, but was one of the commandments which they had to obey upon receiving status as a Jew." A p. 223 Borgen asserisce: "Although Philo, according to QE 2:2, gave heathens the status of proselytes on the basis of ethical circumcision of the pagan pleasures, he meant that the observance of bodily circumcision was to follow." In QE 2:2 Filone interpreta {{passo biblico2|Esodo|22:21}} e afferma che "il forestiero (= προσήλυτος) è uno che non circoncide la sua incirconcisione, ma i suoi desideri e piaceri sensuali e le altre passioni dell'anima". Sembra che per Filone si potesse circoncidere un proselito completo nel senso di QE 2:2, e che non fosse necessaria una circoncisione fisica (Borgen, 1987, 218-219). Filone sottolinea chiaramente che un proselito fosse identificato grazie al suo comportamento etico (''Virt.'' 102-104). Secondo la lettura di Filone fatta da Borgen "conversion meant that the proselytes made a social, judicial and ethnic break with pagan society and joined another ethnic group, the Jewish nation." In linea con ''Virt.'' 102-104 queti abbandonavano la loro famiglia, il loro paese e le loro usanze per entrare a far parte di una nuova "comunità" (πολιτεία). Borgen, 1987, 212-213. Bird, 2010, 106-107. Ware, 2005, 140-143. Cfr. ''Virt.'' 180, 219, 214. ''Spec.'' 1:51–153. Alle pp. 210-211 Borgen (Borgen, 1987, 210-211) afferma che il brano di Filone sulla conversione in ''Virt.'' 178-179 funziona come un "model for the instruction of pagans in Philo’s own time". L'intera sezione di ''Virt.'' 175-186 raffigura la virtù della conversione. Si noti inotre il curioso passaggio di Tacito in ''Hist.'' 5:5, che riguarda i gentili che in qualche modo si sono uniti agli Ebrei – forse come proseliti: "Coloro che si avvicinano alla loro religione adottano la pratica, e si fanno prima instillare questa lezione, di disprezzare tutti gli dei, di rinnegare i loro paese e sminuire genitori, figli e fratelli". Nei testi di Filone si ha l'impressione che la conversione fosse segnata dal seguire alcune virtù etiche (''Virt.'' 102-104, 180-182), ma Filone non menziona che i convertiti venissero circoncisi fisicamente.</ref>
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Sebbene non ci siano prove sufficienti per affermare che l'ebraismo fosse una "religione missionaria", è chiaro che molti ebrei sentivano e credevano che la loro missione fosse quella di diffondere gli insegnamenti dell'ebraismo – il monoteismo etico – ai gentili. In questo senso è particolarmente importante l'idea che Israele è il regno dei sacerdoti: {{passo biblico2|Es|19:6}}; {{passo biblico2|Isaia|61:6}}. Secondo questi versetti Israele adempie al suo dovere sacerdotale come popolo quando obbedisce alla Torah, la voce di Dio. In [[Antologia ebraica/Dodici Patriarchi#XIV|''T. Levi'' 14:1-4]] è indicato che i Leviti devono obbedire alla Torah per risplendere davanti alle nazioni, e così la luce illuminerebbe ogni uomo: "E se voi diventerete tenebra a causa dell'empietà, che resterà da fare alle genti che vivono nella cecità? Voi attirerete la maledizione sopra la nostra gente e così finirete col distruggere la luce della Legge che é stata data per illuminare tutti gli uomini, insegnando comandamenti contrari alla volontà di Dio." Parti del ''[[Antologia ebraica/Dodici Patriarchi#TESTAMENTO DI LEVI, TERZO FIGLIO DI GIACOBBE E DI LEA|Testamento di Levi]]'' possono essere datate al II o I secolo p.e.v. perché una copia di quest'opera è stata trovata a [[w:Qumran|Qumran]].<ref>Feldman, 1993, 294–295. Ware, 2005, 147–151. Con particolare riferimento a ''T. Levi'' 14:3-4, Ware afferma quanto segue a p. 149: "the largely pre-Christian origin of this passage is indeed remarkably confirmed by the Qumran fragment 4QLevi-a ar 3–5 (=4Q213 3–5), for these highly mutilated fragments, where their text is preserved, correspond quite strikingly to the text of ''Testament of Levi'' 14:3–4.This fragment shows that the Jewish traditions underlying ''Testament of Levi'' 14:3–4 are probably Palestinian in origin."</ref> La ''[[w:Libro della Sapienza|Sapienza di Salomone]]'' (''Sap'' 18:4) afferma che "Essi (cioè gli egiziani) avevano tenuto prigionieri i vostri figli, tramite i quali doveva essere data al mondo la luce indistruttibile della Legge". Anche questo passo indica che la missione di Israele è portare avanti la Luce nel mondo. Nell'ebraismo la luce, in tali connotazioni, è solitamente intesa come riferita alla Torah e alla conoscenza di Dio: {{passo biblico2|Isaia|51:4}}.<ref>Cfr. {{passo biblico2|Prov|6:23}}; ''[[Antologia ebraica/Apocalisse di Baruc|Apoc. Bar.]]'' 59:2; 77:16; ''[[Antologia ebraica/Libri di Esdra|4 Esdra]]'' 14:20–21; ''Dtn. R.'' 7:3 ja ''Sifr. Num.'' 6:25. Per la datazione della ''Sapienza di Salomone'', si veda Ware, 2005, 117. Ware afferma che la ''Sapienza di Salomone'' "was composed in Greek anywhere from around 120 BCE to around 45 CE. The widespread assumption that the work was composed at least partly for gentiles in order to promote their conversion has little evidence to support it... The book was apparently addressed to a Jewish audience."</ref> Questa idea è evidente anche in Paolo ({{passo biblico2|Rm|2:19}}; {{passo biblico2|2Corinzi|3:7-18}}).
 
Flavio Giuseppe (''Bell.'' 7:45) menziona che ad Antiochia gli ebrei "facevano perennemente proseliti anche di un gran numero di greci, e quindi, in un certo modo, li consideravano d'essere parte del loro stesso gruppo". Flavio Giuseppe afferma anche in ''Bell.'' 2:560–561 che una grande moltitudine delle donne di Damasco era "assiduamente dedita alla religione ebraica” (ὑπηγμένας τῇ Ὶουδαἳκῇ θρησκείᾳ).<ref>Cfr. Bird, 2010, 96–97.</ref> Infine dobbiamo notare che secondo Filone le porte delle sinagoghe erano aperte in ogni città durante tutti gli [[w:Shabbat|Shabbat]] (''Spec.'' 2:62-63). Flavio Giuseppe inoltre si vanta (''C. Ap.'' 2:282) che
{{q|...le masse hanno da tempo dimostrato un vivo desiderio di adottare le nostre osservanze religiose; e non vi è città, greca o barbara, né singola nazione, nella quale non si sia diffusa la nostra consuetudine di astenersi dal lavoro il settimo giorno, e dove i digiuni e l'accensione delle lampade e molti dei nostri divieti in materia di cibo non siano osservati.<ref>Si veda anche ''C. Ap.'' 1:167–171.</ref>}}
Ciò suggerisce che diversi non-ebrei interessati alla Torah, alla religione ebraica, alla filosofia o al popolo ebraico, si univano occasionalmente al servizio della sinagoga e adottavano alcune costumanze dagli ebrei. Queste nozioni si adattano ai riferimenti in {{passo biblico2|Atti|13:42-48;15:21}} secondo cui i timorati di Dio erano presenti nelle sinagoghe della diaspora.<ref>Dickson, 2003, 78–79. Hengel, 2010, 56. Le sinagoghe attiravano i timorati di Dio, come attestano Bell. 2:560–561, {{passo biblico2|Atti|9:19-22;11:19-30}}.</ref> Sebbene l'ebraismo tendesse ovviamente ad essere una religione e un modo di vivere attraenti per molti gentili e pagani, ciò non implica che tali individui si fossero convertiti all'ebraismo mediante la circoncisione.<ref>Cfr. Bird, 2010, 52–53, n 153–154. È stato affermato che il popolo giudeo/ebraico aumentò da circa 150.000 alla fine del periodo preesilico a 4-8 milioni di ebrei per la metà del I secolo e.v.</ref>
 
Infine, diversi studiosi hanno notato che la popolazione ebraica era aumentata molte volte durante il periodo del Secondo Tempio.130 Feldman afferma quanto segue:
{{q|Only proselytism can account for this vast increase, though admittedly aggressive proselytism is only one possible explanation for the numerous conversions.|Feldman, 1993, 293<ref>Feldman, 1993, 293. Stern, 1974, 117–118. Riguardo alla diaspora, Stern afferma a p. 117: "rapid population increase of the various Jewish communities has been remarked upon by Jews and Gentiles alike. Another major source of population increase was proselytism, which reached its peak in the first century C.E."</ref>}}
Bird critica giustamente gli studiosi per essersi affidati troppo alle stime demografiche dei tempi antichi. Sicuramente queste cifre e stime sono vaghe. Bird ha ovviamente ragione nel notare che il proselitismo non è la spiegazione più possibile per l'aumento della popolazione. C'erano anche altre ragioni che portarono alla crescita del popolo ebraico.<ref>Bird, 2010, 52–54. Bird cita altre ragioni per la crsscita della popolazione ebraica: "superior Jewish hygiene, Jewish refusal to engage in infanticide and abortion (Tacitus, ''Hist.'' 5.5.3), immigration, intermarriage, forced conversions in Ituraea and Idumaea by the Hasmoneans, assimilation of the Phoenicians into Israel, and an increase in the agricultural output of Ptolemaic Egypt that could sustain larger populations."</ref> Tuttavia, gli antichi riferimenti alla crescita del popolo ebraico forniscono prove considerevoli che alcuni ebrei fossero attivi e avessero successo nel proselitismo.
 
Dobbiamo abbandonare l'affermazione di Jeremias secondo la quale Gesù viveva tra ebrei che praticavano con entusiasmo la missione ai gentili. La missione di Gesù incentrata sull'ebraismo, che escludeva la pratica di rivolgersi ai gentili ed evangelizzali, non lo distinse, in quanto tale, dai suoi contemporanei. Nonostante il fatto che gli ebrei in generale non praticassero la missione ai gentili, è chiaro che alcuni individui ebrei presero l'iniziativa di diffondere gli insegnamenti dell'ebraismo, in particolare il monoteismo etico, ai gentili. Sembra che gli ebrei fossero per lo più aperti passivamente ai gentili, ma raramente presero parte attiva nel raggiungerli – perlomeno non in una campagna missionaria organizzata nella Diaspora. L'ebraismo in sé era apparentemente una religione e uno stile di vita attraenti per molti gentili. Si afferma spesso che secondo gli ebrei del periodo del Secondo Tempio la possibile salvezza dei gentili riguardava il futuro escatologico. Questo è vero e spiega perché gli ebrei del primo secolo non fossero impegnati in un proselitismo aggressivo. Le speranze escatologiche, che avrebbero offerto la salvezza anche ai gentili, non includevano nessun imperativo esplicito per gli ebrei di diffonderle ai gentili. Le nostre fonti testuali suggeriscono che gli ebrei in generale erano positivamente disposti verso i convertiti e al fatto che i gentili vivessero secondo i principi del monoteismo etico. Una questione interessante è come gli ebrei del tardo periodo del Secondo Tempio comprendessero la relazione degli attuali convertiti con la speranza della conversione escatologica dei gentili. Sulla base delle nostre fonti, Ware insiste sul fatto che almeno alcuni ebrei – Filone per esempio – considerassero questi convertiti dell'epoca come un presagio della conversione escatologica e del pellegrinaggio finale dei gentili.<ref>Ware, 2005, 142–143, 147, 90.</ref>
 
== Note ==
{{Vedi anche|Serie cristologica}}
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[[Categoria:Yeshua e i Goyim|Capitolo 2]]