Yeshua e i Goyim/Capitolo 2: differenze tra le versioni

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=== Testimonianze di proselitismo ebraico ===
Il nostro scopo non è di approfondire la discussione sull'attività missionaria di alcuni ebrei durante il periodo del Secondo Tempio. Qui introdurrò solo di sfuggita i brani principali, importanti per la questione della missione degli ebrei ai gentili. Tanto per cominciare, sia le fonti scritte romane che quelle ebraiche suggeriscono che alcuni ebrei individualmente praticassero la missione ai gentili durante il periodo del Secondo Tempio. Ci sono due riferimenti più o meno espliciti a singoli ebrei che fanno proselitismo verso i gentili a Roma. Il primo risale al 139 p.e.v. e il secondo al 19 e.v. Secondo [[w:Valerio Massimo|Valerio Massimo]], scrittore all'inizio del I secolo, gli ebrei furono espulsi da Roma nel 139 p.e.v. a causa della diffusione della loro religione (''[[w:Factorum et dictorum memorabilium libri IX|Factorvm et Dictorvm Memorabilivm]]'', 1.3.3).<ref>Valerio Massimo, 13. 3–4. Dickson, 2003, 24–25. Valerio compilò il suo lavoro durante il regno dell'imperatore Tiberio (14-37 p.e.v.). McKnight, che è, come abbiamo visto, scettico sull'affermazione che gli ebrei sarebbero stati impegnati nella missione ai gentili, afferma sulla base dei testi di Valerio Massimo che durante questo periodo gli ebrei praticavano effettivamente il proselitismo in una certa misura. Inoltre afferma che questa attività sembra essere stata così potente che i romani ebbero bisogno di prendere alcuni provvedimenti contro di essa. McKnight, 1991, 73.</ref> Il secondo riferimento a una possibile attività di proselitismo a Roma riguarda l'anno 19 e.v. quando, secondo Flavio Giuseppe (''Ant.'' 18:81-84), [[w:Publio Cornelio Tacito|Tacito]] (''Ann.'' 2:85), [[w:Gaio Svetonio Tranquillo|Svetonio]] (''Tib.'' 36) e [[w:Cassio Dione|Cassio]] (''Dio'' 57.18.5a) una grande moltitudine di ebrei furono deportati da Roma. È degno di nota che solo Cassio affermi chiaramente che il motivo dell'espulsione era l'attività di proselitismo degli ebrei.<ref>Dickson, 2003, 26–27.</ref> Secondo Flavio Giuseppe l'espulsione di quattromila ebrei romani nell'isola di Sardegna fu dovuta a un truffatore ebreo che "era stato cacciato lontano dal proprio paese con un'accusa mossa contro di lui per aver trasgredito le loro leggi", ''Ant.'' 18:81. Questo truffatore ebreo senza nome, che era "sotto tutti gli aspetti un uomo malvagio", era sfuggito alla sua punizione a Roma dove ora "professava di istruire gli uomini nella saggezza delle leggi di Mosè", 18:81. Lavorando con altri tre ebrei, che erano "in tutto del suo stesso carattere, persuasero Fulvia, una donna di grande dignità, e una che aveva abbracciato la religione ebraica, a inviare porpora e oro al tempio di Gerusalemme", 18:82. Fulvia diede loro i soldi da mandare a Gerusalemme, gli uomini usarono i soldi per se stessi. L'inganno divenne però noto al marito di Fulvia, che lo raccontò all'imperatore [[w:Tiberio|Tiberio]], 18:83. Di conseguenza Tiberio bandì l'intera comunità ebraica di Roma, in tutto quattromila ebrei, se si può fare affidamento su Flavio Giuseppe, dalla città all'isola di Sardegna, 18:84. Dal racconto di Flavio Giuseppe è possibile leggere un implicito riferimento alla missione dei gentili poiché questi uomini stavano insegnando la Torah al popolo e siccome erano in contatto con un convertito all'ebraismo. Inoltre, l'idea di inviare doni al tempio di Gerusalemme può essere compresa alla luce delle più ampie visioni del pellegrinaggio delle nazioni a Sion, che spesso si accompagna alla speranza della ricchezza delle nazioni che affluisce nella città ({{passo biblico2|Tobia|13:11}}, {{passo biblico2|Isaia|60:5-13}}; {{passo biblico2|Ag|2:7}}; {{passo biblico2|Salmi|72:10}}). Anche altri convertiti stranieri inviarono denaro a Gerusalemme: ''Ant.'' 20:50–53.
 
Dickson interpreta queste due storie a Roma come supporto per l'affermazione che alcuni singoli ebrei avessero diffuso gli insegnamenti dell'ebraismo a Roma, e senza dubbio anche in altre città dell'Impero, al fine di convertire i romani.<ref>Dickson, 2003, 30–31.</ref> McKnight ammette esitante che ci sono testimonianze che suggeriscono che a Roma, nei due periodi citati, vi fossero ebrei che tentarono di convertire i romani all'ebraismo. McKnight sottolinea che le prove provenienti da Roma sono eccezionali e riguardano solo Roma.<ref>McKnight, 1991, 74.</ref> È tuttavia più probabile che sarebbe stato più pericoloso e difficile praticare il proselitismo a Roma che in altre città o paesi dell'Impero. Come osserva Dickson, le restrizioni ufficiali per la promozione di altre credenze religiose erano più severe a Roma che altrove nell'Impero Romano. Di conseguenza, si può presumere che il proselitismo fosse praticato anche da altri individui in altre parti dell'Impero.<ref>Dickson, 2003, 31. Cfr. Ignat. ''Phld.'' 6:1.</ref> È possibile che Paolo fosse a conoscenza del famigerato incidente del 19 e.v. a Roma, come suggerito dai versetti {{passo biblico2|Rm|2:17-24}}, che potrebbero riferirsi all'incidente. Se tale è il caso, allora Paolo (Romani 2:17-24) stava criticando le attività missionarie ebraiche sulla base di questi individui che ingannavano i romani nonostante avessero insegnato loro la Torah. Il brano di Romani 2:17-24 si riferisce agli ebrei come "guide dei ciechi", mentre in ''Or. Sib.'' 3:194-195 "la nazione dell'Iddio Potente... sarà per tutti i mortali la guida della vita". Inoltre in ''Or. Sib.'' 3-4 i gentili sono incoraggiati ad abbandonare i loro idoli e a servire Dio.<ref>''Or. Sib.'' 3:5–10, 547–579, 624–634, 732–740; 4:162–167.</ref> Questi passi da ''Or. Sib.'' 3–4 sostengono la visione attestata in Romani 2:17–24 secondo la quale alcuni ebrei religiosi consideravano loro dovere proclamare una sorta di monoteismo etico ai gentili. Secondo la mia opinione, c'è una debole possibilità che Romani 2:17-24 si riferisca effettivamente all'incidente menzionato da Flavio Giuseppe (''Ant.'' 18:81-84) e dalle altre tre fonti, ma anche se non si riferisce a quell'incidente, si erge comunque come prova della pratica missionaria ebraica.<ref>Dickson, 2003, 31–32.</ref>
 
== Note ==