Yeshua e i Goyim/Capitolo 1: differenze tra le versioni

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Uno sguardo superficiale ai quattro Vangeli produce un'immagine di Gesù la cui missione era geograficamente centrata in Galilea e mirata soprattutto al popolo ebraico che viveva lì. I [[w:gentili|gentili]] avevano solo un posto marginale nella missione di Gesù.<ref>Fredriksen, 1999, 94.</ref> [[w:Ed Parish Sanders|Sanders]] elenca come uno degli otto "fatti quasi indiscutibili" che "Gesù confinava la sua attività in Israele".<ref>Sanders, 1985, 11.</ref> Secondo {{passo biblico2|Matteo|10:5-6}} e {{passo biblico|Matteo|15:24}} Gesù limitò l'attività sua e dei suoi discepoli agli ebrei. La missione di Gesù, così afferma il [[w:Vangelo secondo Matteo|Vangelo di Matteo]], era per la pecora smarrita della casa d'Israele. [[w:Vangelo secondo Luca|Luca]] sottolinea che Gesù cercò e guarì gli ebrei malati perché erano figli e figlie di Abramo ({{passo biblico2|Luca|13:16;19:9}}). Anche Paolo, l'apostolo delle genti, ammette che Gesù "si è fatto servitore dei circoncisi", {{passo biblico2|Rm|15:8}}. Queste nozioni suggeriscono che la missione di Gesù fosse incentrata sugli ebrei, ma ci chiederemo ulteriormente se Gesù escludesse intenzionalmente i gentili dalla sfera della sua missione, e in caso affermativo, per quale motivo. Inoltre, il [[w:Vangelo secondo Giovanni|Vangelo di Giovanni]] non menziona che Gesù guarisse finanche un solo gentile, mentre i [[w:Vangeli sinottici|sinottici]] attribuiscono a Gesù il merito di aver aiutato occasionalmente anche alcuni gentili. Allo stesso tempo dobbiamo notare che tutti i Vangeli sembrano sostenere la missione ai gentili. Nei racconti della risurrezione i discepoli sono incaricati di una missione per tutte le nazioni e per il mondo intero ({{passo biblico2|Matteo|28:16-20}}; {{passo biblico2|Luca|24:46-49}}).
 
I sinottici indicano che Gesù aiutò la [[Taumaturgia messianica/Capitolo 28|figlia della donna cananea]] ({{passo biblico2|Mc|7:24-30}}; {{passo biblico2|Mt|15:21-28}}) e il [[Taumaturgia messianica/Capitolo 13|servo del centurione]] ({{passo biblico2|Mt|8:5-10}}; {{passo biblico2|Luca|7:1-10}}). Anche la storia dell'[[Taumaturgia messianica/Capitolo 16|indemoniato gerasene]] è molto probabilmente da intendersi come riguardante un uomo gentile ({{passo biblico2|Marco|5:1-20}}; {{passo biblico2|Mt|8:28-34}}; {{passo biblico2|Luca|8:26-39}}). Queste tre storie sono prove valide per l'affermazione che di tanto in tanto Gesù effettivamente, anche se di rado, aiutò certi gentili che chiedevano il suo aiuto. Nonostante queste occasioni concrete, è da notare che secondo i sinottici Gesù non prese mai l'iniziativa di aiutare i Gentiligentili. Non visitò mai le aree dei gentili per portare la sua missione ai gentili. Tutte le narrazioni rilevanti nei sinottici indicano che alcuni gentili occasionalmente presero l'iniziativa di chiedere aiuto a Gesù. Gesù, secondo i Vangeli, con esitazione rispose positivamente al loro bisogno. Da sottolineare che, nel caso della donna cananea e del centurione di Cafarnao, si dice che Gesù abbia operato la guarigione a distanza. Gesù non andò incontro al paziente gentile, né entrò nella sua casa. Leggendo i Vangeli per quello che sono di primo acchito, diventa evidente che Gesù rimase distante dai Gentiligentili e guidò la sua missione tra gli ebrei.
 
{{passo biblico2|Marco|3:8}}, {{passo biblico2|Matteo|4:25}} e {{passo biblico2|Luca|6:17}} dicono che moltitudini vennero ad ascoltare Gesù e per essere guarite da lui. Queste moltitudini, come affermano i versetti elencati in precedenza, includevano persone del lato orientale della [[w:Giordania|Giordania]], dell'[[w:Edomiti|Idumea]], della [[w:Decapoli|Decapoli]], dei distretti di [[w:Tiro (città antica)|Tiro]] e [[w:Sidone|Sidone]]. Tuttavia, non è scontato che i molti provenienti dalle terre straniere fossero gentili. Naturalmente Marco può aver insinuato che tra quelli provenienti da regioni straniere come Tiro e Sidone, alcuni fossero gentili. La nota interpretativa del redattore in {{passo biblico2|Matteo|12:17-18,21}} supporta tale conclusione. Il materiale sinottico dei detti, che sono attribuiti a Gesù, contiene alcune parole positive riguardo ai gentili. Nella ricerca neotestamentaria, il detto sul grande banchetto è stato considerato essenziale perché gli studiosi lo hanno spesso interpretato come contenente un riferimento ai gentili che entreranno nel regno di Dio/Cieli nel futuro [[w:escatologia|escatologico]]. Nel [[w:Banchetto#Il banchetto nella Bibbia|banchetto escatologico]] del regno di Dio i gentili ceneranno in compagnia di Abramo, Isacco e Giacobbe ({{passo biblico2|Mt|8:11-12}}/{{passo biblico2|Luca|13:28-29}}). Si ricorda che Gesù abbia paragonato "questa generazione" e gli abitanti di [[w:Cafarnao|Cafarnao]], [[w:Betsaida|Betsaida]] e [[w:Corazin|Corazin]] con i gentili del passato biblico di Israele. Questi confronti sono sempre fatti a vantaggio dei gentili: Tiro, Sidone, Sodoma, il popolo di Ninive e la Regina di Saba ({{passo biblico2|Mt|11:20-24}}; {{passo biblico2|Luca|10:13-15}}; {{passo biblico2|Mt|12:39-42}}; {{passo biblico2|Luca|11:29-32}}). Alla luce di questi detti, i peggiori dei gentili, i [[w:Sodoma|Sodomiti]], saranno più tollerati durante il [[w:Giudizio universale|Giorno del Giudizio]] rispetto alle città della Galilea, nelle quali si dice che Gesù avesse centrato la sua missione.
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Sulla base dei racconti, dei detti e delle parabole dei Vangeli si potrebbe avere l'impressione che Gesù avesse limitato la sua missione agli ebrei, ma che si aspettasse che nel futuro escatologico, durante il Giorno del Giudizio e quando il [[w:Parabola del banchetto di nozze|banchetto nel regno dei cieli]] sarebbe stato servito, si sarebbe avuto un capovolgimento escatologico. In questo capovolgimento i peggiori dei gentili, come i Sodomiti, e i molti popoli provenienti da tutte le direzioni ("molti verranno dall'oriente e dall'occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli" {{passo biblico2|Mt|8:11-12}}), sarebbero stati più tollerati dei contemporanei ebrei di Gesù, i membri di "questa generazione" e gli abitanti di Cafarnao, Corazin e Betsaida. Nonostante questi accenni positivi per i gentili, dobbiamo riconoscere che il materiale dei detti, attribuiti a Gesù, contiene solo pochi e minimi riferimenti a un Gesù che esorta, spera o predice che i suoi discepoli avrebbero svolto una missione tra i gentili – cioè predicare ai gentili – nel futuro escatologico ({{passo biblico2|Mc|13:10;14:9}}). Inoltre non ci sono chiari accenni di Gesù che dà consigli ai suoi discepoli riguardo a come dovrebbero relazionarsi con quei gentili che alla fine sarebbero diventati credenti in Cristo: i gentili che credono in Cristo devono essere accettati come discepoli di Gesù e come cristiani? E se è così, devono essere circoncisi e obbligati a seguire la [[w:Torah|Torah]]? Tali questioni, divenute urgenti e centrali per i primi cristiani negli anni 40 ({{passo biblico2|Atti|15}}; {{passo biblico2|Gal|2}}), non sono affrontate nei Vangeli.
 
Quando studiamo l'atteggiamento di Gesù verso i gentili, non dobbiamo limitarci solo ai detti e alle pratiche concrete che li riguardano direttamente. In accordo con l'[[w:ebraismo|ebraismo]] del [[w:Secondo Tempio di Gerusalemme|Secondo Tempio]], la restaurazione escatologica e la sua consumazione hanno sempre influenzato in qualche modo i gentili e le nazioni. A causa di questo fatto,[[Riflessioni su Yeshua l'Ebreo|Yeshua l'Ebreo]], se la sua missione deve essere vista in un contesto di restaurazione escatologica, molto probabilmente aveva una sorta di visione dei gentili ''per se''. In accordo con questa linea di ragionamento, le azioni e le parole di Gesù, che dovrebbero essere viste come escatologiche in un certo senso, possono implicare un messaggio per i gentili. Certamente è difficile spiegare la missione ai Gentiligentili dei primi cristiani negli anni 40 facendo riferimento alle poche occasioni in cui Gesù guarì con esitazione i singoli pagani. Si può sostenere, forse in modo più credibile, che il ruolo escatologico nella missione di Gesù abbia dato origine alla convinzione dei primi ebrei-cristiani che il messaggio di Cristo dovesse essere proclamato anche ai non-ebrei.
 
== Possibili ragioni della missione ai gentili ==
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Ad esempio [[w:John Paul Meier|J. P. Meier]] sostiene che la missione ai gentili divise i ranghi dei primi cristiani perché la diffusione dei gentili e la predicazione del Vangelo per i gentili era qualcosa che non poteva essere associato alla missione o alla volontà del Gesù storico. Meier insiste, affermando quanto segue:
{{q|...The programmatic mission to the Gentilesgentiles during the course of this present world was a wrenching departure for the early church and caused so much controversy in the first Christian generation. Neither the actions nor the words of the historical Jesus had given precise and detailed instructions for such an initiative.|Meier, 1994, 315}}
Sanders e molti altri studiosi come [[w:Paula Fredriksen|Fredriksen]], [[:en:w:Michael Bird (theologian)|Bird]] e [[w:Gerd Theissen|Theissen]], sostengono che non vi è alcun supporto per l'affermazione che un gruppo cristiano si opponesse alla missione dei gentili in quanto tale.<ref>Sanders, 1985, 220. Fredriksen, 1999, 94. Bird, 2010, 134. Bird, 2006, 53.</ref> Paolo, come osserva Bird, ebbe grandi controversie riguardo al suo Vangelo fuori dalla Legge ({{passo biblico2|Gal|1:6-12;2:1-15}}), che predicò ai gentili, ma dalle sue lettere non sappiamo di alcuna disputa sulla legittimità della missione ai Gentiligentili in quanto tale.<ref>Bird, 2006, 4–5.</ref> La lettera di Paolo ai Galati rivela che c'erano controversie su come i gentili potessero volgersi verso Cristo e Dio. Insomma, la posta in gioco erano le domande se i gentili, che si erano convertiti a Cristo, dovessero essere circoncisi e obbligati a seguire la Torah ({{passo biblico2|Atti|15:1,5}}; {{passo biblico2|Gal|5:2}}) o meno. Dovevano diventare ebrei per potersi rivolgere a Gesù Cristo? Evidentemente, per quanto ne sappiamo sulla base delle nostre fonti, nessuno si oppose all'idea che i gentili dovessero diventare parte del movimento di Cristo. Ma durante gli anni 40 e 50 alcuni ebrei-cristiani conservatori insistettero sul fatto che i gentili che divennivano cristiani dovessero essere circoncisi e obbligati a seguire la Torah. In considerazione di ciò, la domanda diventa ancora più pressante: su quali basi la Chiesa primitiva estese in modo così unanime e apparentemente così naturale la sua missione anche ai gentili?
 
Sono emerse diverse risposte per spiegare la missione ai gentili dei primi cristiani. Si potrebbe sostenere che gli ebrei-cristiani iniziarono con la missione ai gentili perché il loro messaggio non veniva accettato dagli ebrei ({{passo biblico2|Atti|13:46}}). Questa spiegazione propone che il passaggio ai gentili sia stato motivato da una ragione pratica: i gentili erano pronti ad accettare il Vangelo, mentre gli Ebrei come popolo non lo erano. Potrebbe essere che la Chiesa primitiva avesse semplicemente adottato la presunta pratica missionaria e la visione universale degli ebrei del periodo del Secondo Tempio? Questa spiegazione non è convincente perché le prove non supportano l'affermazione che l'ebraismo fosse una religione missionaria durante il I secolo p.e.v. Non ci sono segni convincenti del fatto che gli ebrei praticassero un impegno missionario organizzato per i gentili, e che potesse essere credibilmente paragonato alla missione ai gentili dei primi cristiani guidata da Paolo e altri.<ref>Bird, 2010, 12. Bird, 2006, 2.</ref> Affronteremo la complessa questione se l'ebraismo fosse una religione missionaria nel [[Yeshua e i Goyim/Capitolo 2#Gli ebrei praticavano il proselitismo?|Capitolo 2.4]]. Nella loro "missione gentile", i primi cristiani furono piuttosto singolari: fecero parte della formazione della prima vera religione missionaria nel mondo antico.
 
C'è la possibilità che le visioni escatologiche e [[Serie cristologica|cristologiche]] della Chiesa primitiva abbiano portato i cristiani alla convinzione che fosse arrivata la salvezza per i gentili. Come abbiamo notato, secondo le visioni escatologiche ebraiche la salvezza o la dannazione dei gentili apparteneva chiaramente all'era escatologica. Sanders, così come Fredriksen, spiegano la missione ai gentili dei primi cristiani sottolineando la consapevolezza escatologica sia di Gesù che dei primi cristiani e la loro convinzione che la fine dei tempi fosse arrivata. Sanders afferma quanto segue:
{{q|One of the surest proofs that Jesus’ career is to be seen within the general context of Jewish eschatological expectations is that the movement which he initiated spawned a gentile mission.|Sanders, 1985, 212}}
 
La missione di Gesù era intesa dalla Chiesa primitiva come adempimento delle speranze escatologiche: era arrivata la fine dei giorni ({{passo biblico2|Rm|13:11-12}}; {{passo biblico2|1Cor|7:29}}). Il fatto che la Chiesa primitiva fosse centrata a Gerusalemme supporta la sua autocomprensione escatologica. Fredriksen sottolinea il fatto che i primi cristiani avevano la loro posizione di leader a Gerusalemme e che la città era considerata importante ({{passo biblico2|Gal|1:17}}; {{passo biblico2|Atti|1-8;11:22;15:4}}; {{passo biblico2|Rm|15:25-27}}). Come scrive Paolo, le "colonne" (στὗλοι), cioè Giacobbe, Cefa e Giovanni ({{passo biblico2|Gal|2:9}}), erano di stanza a Gerusalemme almeno durante la prima storia del movimento cristiano. Non sarebbe stato ovvio che i [[w:Apostolo|dodici discepoli]] originali di Gesù avessero scelto Gerusalemme come loro centro. Dopotutto la missione di Gesù era centrata nelle città rurali della Galilea come Cafarnao, e nessuno dei Dodici era di Gerusalemme. A servizio della missione ai gentili e a vantaggio della comunità della Diaspora ci si poteva aspettare che il centro delle "colonne" fosse ad esempio [[w:Cesarea marittima|Cesarea marittima, che era la capitale romana della procura giudaica. Inoltre Cesarea marittima aveva un grande porto e per la sua posizione era al centro del crocevia dei traffici internazionali e quindi una ''polis'' cosmopolita e internazionale con una consistente popolazione gentile. Fredriksen sostiene<ref>Fredriksen, 1999, 94–96.</ref> in modo credibile che gli apostoli come Pietro scelsero Gerusalemme come centro principale per la Chiesa primitiva a causa del ruolo mitico della città nell'adempimento delle aspettative escatologiche. La parola di Dio sarebbe uscita da Sion come predice {{passo biblico2|Isaia|2:2-4}}: "da Sion uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore". È pur vero che le credenze dei primi cristiani in un'escatologia realizzata avrebbe potuto portare al loro interesse per la salvezza dei gentili e della città di Gerusalemme. La salvezza dei gentili sarebbe stata un segno che l'era escatologica era giunta. Nei suoi studi recenti [[w:Michael Bird (theologian)|Michael F. Bird]] è giunto alla seguente conclusione:
 
{{q|The primitive Christian mission arose principally out of a concoction of eschatology and Christology and reading the Jewish Scriptures in light of new perspectives in these areas.|Bird, 2010, 12}}
 
Una possibile ragione e spiegazione per la missione ai gentili è che Gesù l'avesse effettivamente, in qualche modo, affidata ai suoi seguaci. Gli studiosi si sono opposti tradizionalmente e anche di recente a questa spiegazione. È opinione diffusa che Gesù non abbia lanciato una missione ai gentili e che non abbia predetto o sperato che i suoi discepoli sarebbero stati impegnati nella predicazione del Vangelo ai gentili. Per esempio, Meier afferma che Gesù "non considerava né se stesso né i suoi discepoli come incaricati di intraprendere una missione presso i gentili mentre questo mondo attuale faceva il suo corso".<ref>Meier, 1994, 315. Sanders, 1985, 218-221. Dunn, 2003, 539.</ref> Secondo la mia posizione, Meier non riesce a offrire una spiegazione storica credibile per la missione ai gentili dei primi cristiani. [[w:Martin Hengel|Martin Hengel]], d'altra parte, è più realistico nella sua affermazione. Hengel afferma quanto segue:
{{q|It is worth noting that the Jewish-Messianic movement in the early church was able to go beyond the geographic borders of Eretz Israel and the religious borders of strict Judaism so quickly, in relatively few years. This chain of events is without parallel in the history of Palestinian Judaism and must have its roots, finally, in the actions of Jesus himself. The promises uttered by the prophets concerning the end times that were to come with the appearance of the Messiah included the fact that membership in the people of God would be opened to the gentiles.|Hengel, 2010, 53}}
 
== Uno sguardo alle ricerche precedenti fino ad oggi ==
[[w:Joachim Jeremias|Joachim Jeremias]] pubblicò il suo ''Jesu Verheissung für die Völker'' nel 1956. Il libro di Jeremias è l'opera scientifica più influente sull'atteggiamento di Gesù nei confronti dei gentili. Secondo Jeremias Gesù non intendeva che egli stesso o i suoi discepoli praticassero una missione ai gentili. Nonostante ciò, Jeremias affermò che Gesù anticipò il compimento del pellegrinaggio escatologico dei gentili sul Monte Sion o nel regno di Dio secondo passi come {{passo biblico2|Isaia|2:2-4}} e {{passo biblico2|Tobia|13-14}}. Le tesi principali di Jeremias sono seguite da diversi studiosi attuali. Nel 2006, Michael Bird ha scritto la sua monografia ''Jesus and the Origins of the gentile Mission''. Bird sosteneva che la missione di Gesù riguardava soprattutto Israele e gli ebrei nel contesto del compimento della restaurazione escatologica di Israele. Bird concluse che, poiché l'adempimento escatologico era già in uno stato di realizzazione parziale, anche il culmine escatologico, la salvezza dei gentili, stava diventando una realtà. Bird afferma che i pochi gentili che furono guariti da Gesù prefiguravano la futura salvezza per tutti i gentili.<ref>Bird, 2006, 173–177.</ref> In contrasto con Jeremias, Bird ammette che Gesù avrebbe previsto che i suoi discepoli annunciassero il Vangelo ai gentili, perché Dio, pur operando sovranamente, spesso agisce attraverso agenti – Israele e gli individui – al fine di realizzare i suoi piani.<ref>Bird, 2006, 16–17, 172, 177.</ref> Nella visione di Bird, lo zelo del primo movimento di Gesù per convertire i gentili trova la sua spiegazione nella missione escatologica di Gesù di restaurare Israele e nelle implicazioni cristologiche attribuite a Gesù.<ref>Bird, 2010, 12. Bird, 2006, 173–177.</ref>
 
Oltre a Jeremias e Bird, non ci sono altre monografie così estese su questo argomento. Nella cosiddetta [[w:Ricerca del Gesù storico|Terza Ricerca del Gesù storico]] è stata sottolineata l'ebraicità di Gesù e della sua missione. Soprattutto nella Terza Ricerca, alcuni studiosi hanno proposto che Gesù limitasse la sua missione e quella dei suoi discepoli esclusivamente agli ebrei e che non affrontasse in modo chiaro la questione della salvezza dei gentili. Per quanto riguarda i sinottici e le tradizioni di Gesù, [[w:Dale Allison|Allison]] afferma che "non affrontano la questione della circoncisione e non hanno quasi nulla – forse proprio nulla – da dire sui gentili e sul loro posto nella comunità della salvezza".<ref>Allison, 1997, 112–113. Si veda anche Catchpole, 2006, 171–178.</ref> Diversi studiosi della Terza Ricerca sostengono che molto probabilmente Gesù si aspettava – in linea con la maggior parte degli ebrei palestinesi dell'inizio del I secolo – che nell'[[w:escatologia|eschaton]] alcuni gentili si sarebbero salvati e avrebbero fatto pellegrinaggio alla Sion restaurata.<ref>Per riferimenti cfr. Bird, 2006, 18, n. 100. Levine, 2006, 62, 64–72.</ref> Questa idea differisce dalla posizione di Jeremias nel senso che Jeremias affermò che Gesù aveva una visione abbastanza chiara della salvezza dei gentili. Tale visione era fedele a un modello storico di salvezza: prima gli ebrei, poi i gentili. Inoltre, secondo Jeremias, Gesù si aspettava che la salvezza dei gentili seguisse un pellegrinaggio di gentili in cinque fasi, e che i discepoli sarebbero stati totalmente passivi in ​​questo processo. L'idea che Gesù non avrebbe né pensato né parlato delle implicazioni universali del suo messaggio è alquanto poco plausibile perché le visioni escatologiche ebraiche – pur essendo centrate su Sion e su Israele – trattavano sempre la questione dei gentili e del mondo. Ad esempio, possiamo notare che nella comunità strettamente particolaristica e nazionalista di [[w:Qumran|Qumran]] le speranze escatologiche contenevano visioni dei [[:en:w:Kittim|Kittim]] e delle nazioni.<ref>Si veda Bird, 2006, 14.</ref> Se Gesù è considerato una figura escatologica – un profeta o il [[w:Messia|Messia]] – nel contesto della restaurazione escatologica di Israele, allora è presumibile che abbia affrontato in qualche modo la questione dei gentili.
 
== Considerazioni metodologiche ==
Per giungere al Gesù storico faremo uso dei criteri della storicità: cioè del criterio dell'imbarazzo (o della contraddizione), della discontinuità, dell'attestazione multipla, della plausibilità, della coerenza, e il criterio del rigetto e dell'esecuzione. Sottolineeremo anche l'ambiente e il contesto palestinesi.<ref>Si vedano Meier, 1991, 167–184. Dunn, 2003, 330–336. Pitre, 2005, 26–29. Per una severa critica a questi criteri, largamente in uso da diversi decenni, cfr. Allison, 2011, 3–30.</ref> Con buone ragioni, Allison dubita che i criteri di storicità conducano gli studiosi a una verità oggettiva riguardo a particolari detti e atti di Gesù. I criteri devono essere intesi come strumenti da usare con cautela, perché, spesso, i criteri non formano la visione dello studioso su Gesù, ma piuttosto i criteri sono usati dallo studioso per supportare la sua visione di Gesù. Allison afferma che i criteri di "dissomiglianza, attestazione multipla, coerenza e imbarazzo sono stati usati per inventare molti tipi diversi di figure". Sono d'accordo con Allison sul punto che nessun criterio raffinato ha portato o porterà gli studiosi a un consenso autentico su aspetti particolari delle azioni e dei detti di Gesù.<ref>Allison, 2011, 12. A p. 9 Allison afferma quanto segue: "Our criteria have not led us into the promised land of scholarly consensus, so if they were designed to overcome subjectivity and bring order to our discipline, then they have failed: the hopelessly confusing parade of different Jesuses goes on."</ref> La volontà dello studioso è evidentemente più forte dei criteri, e quindi i criteri non superano la nostra soggettività.<ref>Allison, 2011, 9, 19.</ref> Pur ammettendo che siamo sempre di parte, la discussione accademica non è imperfetta e inutile. Ogni criterio deve essere criticato e dobbiamo lottare per l'obiettività usando il ragionamento accademico. Vanno utilizzati i criteri della storicità, ma bisogna riconoscere che essi non portano automaticamente lo studioso a un ''corretto'' discernimento dell'autenticità dei singoli detti e atti.<ref>Allison dimostra come, applicati a un certo passo biblico, criteri diversi possano portare a risultati totalmente contraddittori. Alcuni criteri possono supportare l'autenticità del passo, mentre altri criteri supportano la sua inautenticità. Si veda Allison, 2011, 9, 14–22.</ref>
 
Gli studi su Gesù non sono scienze esatte, e quindi risultati esatti riguardanti l'autenticità di particolari detti e azioni non sono i più cruciali quando si mira a raggiungere Gesù di Nazareth. I detti e le azioni di Gesù, la sua persona, hanno lasciato impressioni nella memoria dei suoi discepoli, e queste impressioni e ricordi, molti dei quali si trovano nei Vangeli, sono trasmessi nella tradizione di Gesù. Che un certo detto e un'azione siano coerenti con una grande mole di materiale supporta la conclusione che Gesù molto probabilmente disse e fece qualcosa del genere.<ref>Cfr. Theissen & Winter, 2002, 197–199. Theissen & Winter notano che recentemente gli studiosi non hanno mirato a risolvere le parole autentiche di Gesù (''ipsissima verba'') ma piuttosto l'autentica voce di Gesù (''ipsissima vox'').</ref> La certezza nei detti individuali e specifici è difficile da ottenere, ma nondimeno possiamo avere una ragionevole certezza nei motivi e temi più grandi della missione di Gesù – cioè egli proclamò il regno di Dio, chiamò Dio padre, fu conosciuto dalle sue guarigioni ed escorcismi.<ref>Allison, 2011, 24–25. Dunn, 2011, 202–204. Dunn propone in modo credibile che i temi e i motivi caratteristici della missione di Gesù si riflettano nelle tradizioni di Gesù. Il ricordo di ciò che Gesù fece e disse è stato mantenuto vivo nella "tradizione vivente" dei discepoli, cfr. Dunn, 2011, 204–205.</ref> Dopo la sua morte, Gesù rimase nella memoria dei suoi discepoli. Naturalmente, per un breve periodo la memoria a breve termine ne custodì i dettagli, ma la memoria a lungo termine rimase salda nelle impressioni e nel quadro generale della missione di Gesù. Possiamo presumere che le tradizioni dei Vangeli su Gesù riflettano più o meno correttamente le impressioni che Gesù lasciò nella memoria a lungo termine dei discepoli – alcuni dettagli potrebbero essere sbagliati, ad esempio una frase, ma ciò non significa che il quadro generale sia errato. Allison afferma:
{{q|We should proceed not by looking at individual units microscopically but by gathering what may be called macro samples of material. We might even find that colletives display features or a Gestalt not discernible in their individual components.|Allison, 2011, 22–25<ref>La citazione è a p. 23. Alle pagg. 21 e 22 Allison afferma quanto segue: After our short-term memories have become long-term memories they suffer progressive abbreviation. The early Jesus tradition is not a collection of totally disparate and wholly unrelated materials. On the contrary, certain themes and motifs and rhetorical strategies are consistently attested over a wide range of material. Surely it is in these themes and motifs and rhetorical strategies, if it is anywhere, that we are likely to have some good memories."</ref>}}
In questo studio mi concentrerò sul contesto ebraico palestinese di Gesù. Per quanto riguarda i passi accurati, una domanda importante sarà se hanno un ''[[w:Sitz im Leben|Sitz im Leben]]'' plausibile nel contesto palestinese della missione di Gesù, o se si adattano meglio al contesto e alla realtà della Chiesa primitiva. Nonostante il fatto che il paleocristianesimo avesse la sua base in Palestina, è chiaro che il Gesù storico e i primi cristiani avevano una missione diversa soprattutto quando si trattava dei gentili. Diversi studiosi hanno suggerito che le affermazioni e le azioni positive riguardanti i gentili attribuite a Gesù nei Vangeli, siano in realtà riflessi delle opinioni e delle pratiche della Chiesa. Il collegamento tra Gesù e i Vangeli è complicato soprattutto a questo punto. Se un detto o un'azione attribuiti a Gesù contraddice la pratica e le credenze della Chiesa primitiva, allora, con l'aiuto della discontinuità dei criteri, la sua autenticità può essere sostenuta. Ovviamente dobbiamo essere cauti nel trarre conclusioni troppo rapidamente quando applichiamo i criteri agli studi su Gesù. Le azioni e i detti di Gesù sono più credibili se sono plausibili nel suo contesto ebraico palestinese della prima metà del primo secolo.<ref>Theissen & Winter, 2002, 210–212, 246.</ref> Ma Gesù ha lasciato un impatto sui suoi discepoli, e quindi la tradizione, la sua ''memoria vivente'', ha certamente plasmato le credenze, pratiche e convinzioni dei suoi discepoli. In questo studio ci concentreremo principalmente sul contesto di Gesù nella Palestina del I secolo. Questo contesto è rivelato nelle fonti testuali del periodo del Secondo Tempio e negli scavi archeologici.
 
Il termine "ambiente palestinese" è vago e può includere un vasto numero di significati. Lo intendo come riferito al contesto palestinese, che è formato da fattori fisici e culturali, religiosi e politici, storici ed economici. Il contesto palestinese è in parte rivelato dagli scritti ebraici del [[w:periodo del Secondo Tempio|periodo del Secondo Tempio]] e anche in parte dalla [[w:Tannaim|letteratura tannaitica]], che ovviamente deve essere usata con cautela poiché la [[w:Mishnah|Mishnah]] fu composta solo intorno al 200 p.e.v. Farò un uso critico degli ''[[w:Pseudoepigrafia|Pseudepigrapha]]'' – inclusi i ''[[w:Testamento dei Dodici Patriarchi|Testamenti dei Dodici Patriarchi]]'' – perché quest'opera contiene probabilmente del materiale ebraico del periodo del Secondo Tempio. Tra i [[w:Manoscritti del Mar Morto|Rotoli del Mar Morto]] (= DSS: ''Dead Sea Scrolls'') sono stati scoperti testi aramaici di [[w:Libro di Enoch|1 Enoch]] e [[w:Libro di Tobia|Tobia]], e testi ebraici dei [[w:Libro dei Giubilei|Giubilei]] e [[w:Siracide|Siracide]], oltre ad altre opere annoverate tra gli ''Pseudepigrahpa'' e gli [[w:Apocrifi dell'Antico Testamento|Apocrifi dell'Antico Testamento]]. Di conseguenza la scoperta dei DSS ha conferito maggiore credibilità agli ''Pseudepigrapha'' come scritti ebraici del periodo del Secondo Tempio.<ref>Si vedano Harrington, 2001, 28–30. Vermes, 2004, 15–17, 24. Ware, 2005, 147–148. Ware afferma quanto segue: "in the present form the ''Testaments of the Twelve Patriarchs'' is a Christian document, composed in Greek probably in the late second century. However, while the origins of these Testaments are perplexing, it is certain that they incorporate older Jewish traditional materials. In the ''Testament of Levi'' in particular, the author apparently utilized a Jewish Levi document very similar to that underlying the various Aramaic Levi fragments found at Qumran and elsewhere."</ref> Le opere di Flavio Giuseppe non sono, in senso stretto, scritti del periodo del Secondo Tempio, ma sono di primaria importanza quando si studia la storia di quel periodo. Naturalmente l'Antico Testamento in quanto tale, poiché costituisce in gran parte la base per gli scritti e le idee religiose dell'ebraismo del Secondo Tempio, non deve essere trascurato. Il contesto palestinese non può essere rivelato solo dalle fonti scritte, quindi oltre alle fonti scritte farò un uso considerevole dei risultati archeologici della Galilea del I secolo.
 
I particolari detti, aforismi e parabole devono essere visti e valutati nel contesto storico della missione di Gesù, e quindi il contesto palestinese è di cruciale importanza per comprendere Gesù. Il contesto fornisce spesso indizi importanti per il significato dei detti particolari. Sostengo con Horsley:
{{q|Jesus cannot possibly be understood except as embedded in both the movement he catalysed and the broader context of Roman imperial Palestine.|Horsley, 2006, 38}}
 
== Le fonti dei Vangeli ==