Taumaturgia messianica/Appendice C: differenze tra le versioni

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== La mediazione del Verbo nella creazione, rivelazione del progetto di Dio sull'uomo e sul mondo ==
Il termine «"parola»" (ebebr. ''dabar'') ha nella Sacra Scrittura un significato più ricco che nelle lingue moderne: esso comprende sia l'aspetto noetico che quello dinamico. La parola di Dio non comunica solo un contenuto, né soltanto informa: essa è sempre anche una parola efficace, che opera ciò che dice. La parola di Dio crea, guida la storia, compie prodigi, salva, assicura lo svolgersi provvidente degli eventi del creato. È una parola impegnativa che reclama attenzione ed adesione, che muove l'uomo all'azione e gli fornisce la forza per compiere ciò che chiede. L'operazione divina più radicale, quella della creazione, è presentata in stretta relazione con la Parola. La Genesi mostra l'origine di tutte le cose come effetto della parola divina e nei libri sapienziali viene attribuito alla parola il ruolo di sostenere l’universo e guidarlo in modo provvidente (cfr. Sap{{passo biblico2|Sap|11,:24-26}}; Sal{{passo biblico2|Sal|33,:6}}; Sal{{passo biblico2|Sal|104,:27-29}}). Proprio perché in relazione con la parola, la creazione partecipa dell’alleanza con Dio: la stabilità del firmamento è manifestazione della sua fedeltà (cfr. Prv{{passo biblico2|Prv|3,:19-20; Prv 8,:27-30}}; Sir{{passo biblico2|Sir|43,:9-10}}); l’esistenzal'esistenza di leggi di natura parla della sua sapienza (Sir{{passo biblico2|Sir|42,:23-24}}; Is{{passo biblico2|Is|61,:11}}; Sal{{passo biblico2|Sal|19}}). Il creato come tale interpella con la sua bellezza ed il suo ordine e rimanda al suo Autore (cfr. Sap{{passo biblico2|Sap|13,:1-5}}; Gb{{passo biblico2|Gb|37,14ss:14}}ss).
 
Nelle opere dei Padri della Chiesa, come risultato della confluenza della dottrina veterotestamentaria sulla Sapienza e di quella greca del ''Logos'', si espone la mediazione del Verbo-Parola nella creazione preferibilmente sotto la categoria della “causalità esemplare”. Superate alcune incertezze nel rapporto fra il ''Logos'' e il Padre (presenti ad esempio in s. Giustino ed alcuni Padri apologeti), il necessario chiarimento nei confronti dell'errore ariano ne favorisce un'elaborazione più matura. Ne offre uno stupendo esempio [[w:Atanasio di Alessandria|Atanasio]] (295-373) in un brano che armonizza la dipendenza di ogni cosa da Dio nel suo Verbo e l'autonomia di cui gode ogni creatura: «
{{q|Non esiste alcuna creatura e nulla accade che non sia stato fatto e che non abbia consistenza nel Verbo e per mezzo del Verbo, come insegna san Giovanni: “In‘In principio era il Verbo.... Come infatti il musicista, con la cetra ben intonata, con dei suoni gravi ed acuti, abilmente combinati, crea un'armonia, così la Sapienza di Dio, tenendo nelle sue mani il mondo intero come una cetra, unì le cose dell'etere con quelle della terra e le cose celesti con quelle dell'etere, armonizzò le singole parti con il tutto, e creò con un cenno della sua volontà un solo mondo e un solo ordine del mondo, una vera meraviglia di bellezza. Lo stesso Verbo di Dio, che rimane immobile presso il Padre, muove tutte le cose rispettando la loro propria natura, e il beneplacito del Padre. […] Ciascuna opera ciò che le è proprio per natura e tutte insieme si muovono in un ordine perfetto» (s.|[[w:Atanasio di Alessandria|Atanasio]], ''Oratio contra Gentes'', 42-43: PG 25, 83-87; cfr. anche Idem, ''De Incarnatione Verbi'', I). }}
Analoghe riflessioni, in uno schema metafisico più rigoroso, saranno riproposte nella teologia medievale da [[w:Tommaso d'Aquino|Tommaso d'Aquino]] (cfr. ''Contra Gentiles'', IV, c. 13).
 
Ma i passi del NT che associano il Verbo divino alla creazione del mondo non hanno per soggetto solo il Figlio-Verbo eterno del Padre. Essi dicono relazione anche al Verbo in quanto unito, in Cristo, alla natura umana (cfr. {{passo biblico2|Gv |1,:1-3.;14}}; Ef{{passo biblico2|Ef|1,:3-10}}; {{passo biblico2|Col |1,:16-20}}; Eb{{passo biblico2|Eb|1,:1-3}}). Gesù Cristo, Parola del Padre fattasi uomo, mantiene una speciale relazione con la creazione, e questo almeno per due motivi: ''a)'' ad incarnarsi è la medesima parola creatrice, l'unico Verbo divino; ''b)'' con l’Incarnazionel'Incarnazione è Dio stesso a volersi in un certo senso “legare”"legare" alla creazione. Ne vedremo brevemente i contenuti biblici in due aspetti: '''1.''' la creazione ha in Cristo il suo principio di sussistenza; essa è stata fatta in Lui, per mezzo di Lui e in vista di Lui; l'umanità di Cristo può dunque considerarsi come pienezza della creazione, sommamente rivelatrice del progetto di Dio; '''2.''' in Cristo si rende già disponibile la logica di una nuova creazione, che egli inaugura con la riconciliazione operata nel suo sangue e conduce misteriosamente al suo compimento escatologico mediante la sua resurrezione gloriosa.
 
=== La creazione sussiste in Cristo ed è stata fatta in vista di Cristo ===
L'inno raccolto nel primo capitolo della Lettera ai Colossesi presenta Cristo nel cuore del progetto divino della creazione e della salvezza, secondo un triplice coinvolgimento: «"in Lui (''en auto'') sono state create tutte le cose»" e, ancora, «"tutte le cose sono state create per mezzo di Lui e in vista di Lui (''tà pánta di autoû kaì eis autòn'')»" (Col{{passo biblico2|Col|1,:16}}). Vi è una certa somiglianza con una analoga formula di fede presente nella 1ª Corinzi: «"C'è un solo Dio, il Padre, dal quale tutto proviene e noi siamo per lui (''eis autòn''); e un solo Signore Gesù Cristo, in virtù del quale esistono tutte le cose, e noi esistiamo per mezzo di lui (''di autoû'')»" (1Cor{{passo biblico2|1Cor|8,:6}}). Affermare che tutte le cose sono state fatte in vista di lui, pare rivelare che la creazione punti verso l'umanità del Verbo come si punta verso un apice, verso la sua espressione più perfetta. Il carattere dinamico di questa espressione è presente nel greco ''eis autòn'', che il latino della ''[[w:Nova Vulgata|Neovolgata]]'' traduce con in e l'accusativo: ''omnia in ipsum creata sunt''. Ci troviamo di fronte ad un'indicazione di unità e di coerenza di tutto il piano divino, e di come la persona dell'Uomo-Dio sia capace di esprimere e rivelare in Sé tale coerenza. Con parole di un esegeta contemporaneo, «"Cristo, in quanto Saggezza divina, è lo specchio in cui Dio ha contemplato il piano del cosmo»" (A. Feuillet, ''Le Christ Sagesse de Dieu d'après les épîtres pauliniennes'', ParisParigi 1966, p. 365).
 
Ne viene dunque implicato il tema della “preesistenza”"preesistenza" di Cristo, cioè della presenza del mistero del Verbo incarnato già all'alba della creazione divina. La Scrittura afferma che Colui che rende visibile ciò che in Dio è arcano e invisibile, «"è prima di tutte le cose»" (Col{{passo biblico2|Col|1,:17}}) ed «"è generato prima di ogni creatura»" (v. 15). Con queste espressioni non si afferma che egli sia stato creato per primo, né che sia il principio temporale da cui abbia avuto origine la serie di tutte le creature; si afferma piuttosto la sua peculiarità, una sua preminenza quale mediatore universale di tutto ciò che è chiamato in essere con la creazione. Il Cristo predicato da Giovanni preesiste alla creazione perché «"è in principio»" (cfr. Gv{{passo biblico2|Gv|1,:1}}; 1Gv{{passo biblico2|1Gv|1,:1}}). Il Battista lo addita ai suoi discepoli dicendo: «"dopo di me viene un uomo che mi è passato davanti, perché era prima di me»" (Gv{{passo biblico2|Gv|1,:30}}). L'amore che lega questo Figlio a Dio suo Padre «"è prima della fondazione del mondo»" (cfr. Gv{{passo biblico2|Gv|17,:5.;24}}). Anche per Pietro, testimone con Giovanni della gloria della Trasfigurazione, Egli «"fu predestinato già prima della fondazione del mondo, ma si è manifestato negli ultimi tempi per voi»" (1Pt{{passo biblico2|1Pt|1,:20}}). La Lettera agli Ebrei, dopo aver segnalato che la parola di Dio consegnata ai Padri e ai Profeti è entrata ora nel mondo con l'invio del suo unico Figlio, aggiunge che questo Figlio è colui «"per mezzo del quale [Dio] ha anche fatto il mondo... [e che] sostiene tutto con la potenza della sua parola»" (Eb{{passo biblico2|Eb|1,:2-3}}).
 
La preesistenza del Verbo incarnato non implica una connessione obbligata fra creazione ed Incarnazione, né toglie gratuità alla redenzione. Essa pone solo in evidenza che, nell'unica economia storica che conosciamo, quella segnata da una caduta originale e da una promessa di salvezza, fra creazione ed Incarnazione esiste una corrispondenza già prevista nei piani di Dio. La creazione di figli adottivi di Dio eletti nel suo Figlio unigenito (cfr. Ef{{passo biblico2|Ef|1,:4-5}}) porta con sé la disponibilità gratuita a restaurare in essi, proprio mediante l'umanità creata del Verbo, l'immagine divina offuscata dal peccato, per rivelare quale fosse tutta la sua originaria bellezza. Così lo spiegava già s. Atanasio: «"
{{q|Perciò, dovendo fare questa esposizione [l'incarnazione del Verbo], conviene che prima parliamo della creazione dell'universo e di Dio suo creatore, affinché si possa comprendere adeguatamente che il rinnovamento di esso è stato compiuto dal Verbo che lo creò all'inizio. Infatti, non si vedrà alcuna contraddizione se il Padre ha operato la salvezza dell'universo in colui per mezzo del quale lo ha creato» (.|''De Incarnatione Verbi'', 1: PG: 25, 98; su questo tema cfr. anche ''Dives in misericordia'', 7).}}
 
Se tutto è stato fatto in vista di Cristo, la realtà creata dell'umanità del Verbo si presenta allora come l'opera divina più perfetta. In Lui «"abita corporalmente tutta la pienezza della divinità" »({{passo (biblico2|Col |2,:9}}). Nel corpo glorioso di Cristo risorto si ricapitola e si rivela tutto il mondo divino, a cui appartiene la sua Persona divina increata, ma anche tutto il cosmo, cui appartiene la sua natura umana creata, poiché la pienezza della divinità abita in lui ''corporaliter'', nella concretezza della sua corporeità.
 
La Scrittura aveva già presentato la capitalità dell'uomo sulla creazione, posto al vertice dell'opera divina dei sei giorni, l'unica creatura fatta ad immagine di Dio e capace di riassumere in sé la coesistenza di spirito e di materia, quasi una sintesi di tutto il mondo creato. «"Unità di anima e corpo, l'uomo sintetizza in sé, per la sua stessa condizione corporale, gli elementi del mondo materiale, così che questi, attraverso di lui, toccano il loro vertice e prendono voce per lodare in libertà il Creatore»" (''Gaudium et spes'', 14; cfr. [[w:Concilio Lateranense IV|Concilio Lateranense IV]], DH 800). Una tale capitalità “antropocentrica”"antropocentrica" viene assunta e portata a pienezza in chiave “cristocentrica”"cristocentrica", perché il Verbo incarnato, oltre ad essere perfetta immagine del Padre, è anche immagine del vero uomo, di cui il primo Adamo era figura (cfr. Rm{{passo biblico2|Rm|5,:14}}). In lui non è più una sintesi di spirito e materia a venire espressa, bensì l'unione ipostatica (cioè nella Persona divina) e inconfusa della sua natura divina con una natura umana, corporale e spirituale: «"Nam sicut anima rationali et caro unum est homo, ita Deus et homo unus est Christus»" (''[[w:Simbolo degli apostoli|Simbolo pseudo-Atanasiano]]'', DH 76). Svelando il volto dell'uomo perfetto nei piani di Dio, il Verbo incarnato esprime in modo perfetto anche tutta la creazione, della quale l’uomo era stato messo a capo. Ciò non si realizza solo in forza della sua divinità, cioè per mezzo della mediazione creatrice del Verbo eterno generato prima di ogni cosa, ma anche in forza della sua vera e perfetta umanità.
 
Accanto ai già citati elementi di originalità del ''Logos'' cristiano nei confronti del pensiero greco (vedi supra, I.2), ne vanno qui segnalati alcuni altri. La filosofia stoica e neoplatonica conosceva una personificazione della natura (''physis''), con qualche analogia con quanto l'AT diceva riguardo la Sapienza divina. Ma l'origine di tutte le cose dalla natura e la loro riconducibilità ad essa (''ek, en, eis'') assumevano più il significato di un'armonia cosmica e di un archetipo esemplare, che quello di una finalità vera e propria. Di Cristo non si dice che il creato “derivi”"derivi" da Lui, né che il creato sia un tutto armonico compiuto in se stesso perché fatto sul modello esemplare di Lui. Il ruolo del Cristo è piuttosto quello di esserne la causa, il fine e la sussistenza: «"il cosmo non è solo creato in lui e per mezzo di lui, ma ha anche il suo ubi consistam in lui solo […]. Tutto ciò che esiste ha in lui la sua consistenza, perché lui è il Signore, il capo del Corpo»" (E. Lohse, ''Le lettere a Filemone e ai Colossesi'', Brescia 1979, p. 117). Quando si afferma che in Lui abita la pienezza della divinità, non ci si riferisce ad una pienezza cosmologica, come nella tradizione greca, dove il cosmo costituisce il corpo stesso della divinità, bensì ad una pienezza soteriologica (cioè salvifica), che esprime la potenza delle opere di Dio in Lui manifestate, e di conseguenza il compiacimento, la pace, la riconciliazione. Se nel pensiero greco il mondo è visto come qualcosa di necessario ed il ruolo del ''Logos'' come qualcosa di contingente, nella logica della creazione cristiana è il mondo ad essere contingente ed il Verbo, in quanto Dio, necessario (cfr. O’Callaghan, 1995): non è il Verbo ad essere fatto per il mondo, ma il mondo per il Verbo.
 
=== La nuova creazione in Cristo ===
Il Verbo incarnato è anche il mediatore universale di una «"nuova creazione»", quella inaugurata con la sua resurrezione gloriosa. Ne è figura solenne la visione del Verbo giudice, compimento escatologico dei nuovi cieli e della nuova terra (cfr. {{passo biblico2|Ap, |21,:1-6}}). Si tratta di una mediazione comprensibile se si pensa che il Verbo incarnato, in vista del quale fu fatta ogni cosa, è il Cristo risorto del mistero pasquale. La creazione, offuscata dal peccato dell'uomo, riacquista in Lui una nuova dignità, quella che aveva dal principio nei piani di Dio. Una peculiarità di questo rinnovamento, realizzato nella sua umanità passibile, è che esso non comporta un'azione diretta o estrinseca di Cristo sulla creazione — quasi una sorta di intervento miracoloso pronunciato sul cosmo — ma pone piuttosto l'umanità redenta ed il nuovo popolo di Dio in condizione di riportare a Dio tutte le cose quasi dal loro interno, cioè appunto in Cristo, ed utilizzarle secondo la sapienza dei suoi piani salvifici. Si tratta di un rinnovamento che è mistericamente già dato in Cristo, e perciò già presente nella sua Chiesa come segno e sacramento universale di salvezza, ma non ancora realizzato, perché impegnerà il Suo corpo mistico in un’economia sacramentale che durerà fino alla fine dei tempi.
 
La corrispondenza fra la prima creazione e la nuova creazione è simbolicamente espressa dalla domenica di Pasqua, alba della Chiesa e primo giorno dell'[[w:Exameron|esamerone]] genesiaco (ciclo dei sei giorni). Avendo come riferimento l’umanità trasfigurata di Cristo risorto, la nuova creazione non distrugge, ma trasforma la creazione precedente. Fra le due nozioni vi è certamente discontinuità, ma anche continuità: è la ricostruzione di un ordine originario del quale si scopre adesso quale fosse il vero senso. All’idea di una nuova creazione vi è associata la sottomissione definitiva di tutto il creato a Cristo, con speciale riferimento alla vittoria sulla morte, e una ricapitolazione universale che ha come finalità riordinare, instaurare e condurre tutte le cose al Padre nello Spirito.
 
La creazione è per Cristo un’eredità filiale (cfr. {{passo biblico2|Eb |1,:2}}; {{passo biblico2|Rm |8,:17}}) sulla quale esercita la sua signoria regale. Tutto il creato è stato destinato a questa sottomissione (cfr. {{passo biblico2|Ef |1,:22}}) perché occorre che alla fine della storia «"Dio sia in tutte le cose»" ({{passo biblico2|1Cor |15,:28}}). Nella Lettera ai Colossesi si dirà che «"Egli è anche il capo del corpo, cioè della Chiesa; il principio, il primogenito di coloro che risuscitano dai morti, per ottenere il primato su tutte le cose»" ({{passo biblico2|Col |1,:18}}). Cristo è il capo (''kephalé'') sotto cui sta il corpo (''sôma'') del cosmo, ma tutto secondo un'ottica marcatamente salvifica. Questo corpo infatti è la Chiesa stessa e la consistenza che la creazione trova sotto di lui vuol dire che in lui solo c'è salvezza e vittoria sulla morte. La sua condizione di primogenito risorto dai morti diventa normativa di una nuova discendenza universale come lo fu quella di Adamo.
 
Manifestazione e garanzia definitiva di questa sottomissione del creato è la sua resurrezione gloriosa, i cui frutti salvifici si rivelano già ora nella vita dei credenti (cfr. {{passo biblico2|Ef |2,:6-7}}; {{passo biblico2|Col |3,:1-4}}). In forza della sua resurrezione Egli può far vivere nel suo Corpo mistico le primizie di questa nuova economia-alleanza, capacitandolo a riconsegnare al Padre una creazione rinnovata nello Spirito (cfr. Fil{{passo biblico2|Fil|3,:20-21}}; {{passo biblico2|1Cor |15,:28}}; {{passo biblico2|Rm |9,:5}}; {{passo biblico2|Col |3,:11; {{passo biblico2|Ef |4,:6}}). Quest’ultimaQuest'ultima, attende con impazienza una trasfigurazione finale, in cui la vittoria sulla corruzione della morte sarà estesa ad ogni creatura, e sarà definitivamente rivelata e portata a pienezza l’immagine di una filiazione alla quale tutto il cosmo era chiamato a partecipare (cfr. {{passo biblico2|Rm |8,:19-22}}).
 
Il tema della «"ricapitolazione»" ha il suo brano scritturistico principale nel prologo della Lettera agli Efesini: «"[Egli] ci ha fatto conoscere il mistero della sua volontà, secondo quanto nella sua benevolenza aveva in Lui prestabilito per realizzarlo nella pienezza dei tempi: il disegno cioè di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra»" (Ef{{passo biblico2|Ef|1,:9-10}}). Nell'espressione biblica «"ricapitolare in Cristo tutte le cose»" (''anakephalaiósastai tà pánta'') convergono i due significati di «"ridare un capo»" ed «"erigere»". In Lui, tutte le cose sono contenute, ricapitolate a modo di riassunto, in primo luogo le opere salvifiche di Dio. Ma esse sono anche «"restaurate»" o «"instaurate»", cioè «"fondate»". Infine, in Cristo ogni cosa ritrova un capo o deve essere posta sotto la sua sovranità; cioè, vi si contiene anche l’idea, già vista, di sottomissione universale. La ricapitolazione universale di Cristo ha un'influenza cosmica: essa comprende le cose che sono «"nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili»" (Col{{passo biblico2|Col|1,:16; cfr. Ef{{passo biblico2|Ef|1,:11}}), quelle del secolo presente e quelle del secolo futuro (cfr. Ef{{passo biblico2|Ef|1,:21}}). Il mistero della Chiesa, primizia del Regno di Dio sulla terra, sarà il luogo sacramentale e teologico ove si realizza già ma non ancora la logica di questa nuova creazione.
 
== Le conseguenze filosofiche e scientifiche di un mondo creato per mezzo di Cristo e in vista di Cristo ==