Indagine Post Mortem/Capitolo 6: differenze tra le versioni

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Per quanto riguarda il [[w:luddismo|movimento luddista]], va notato che, a differenza del caso della risurrezione di Gesù, il movimento luddista non si basava sul fatto che [[w:Ned Ludd|Ludd]] esistesse davvero o se fosse resuscitato; la figura di Ludd è meramente simbolica. Inoltre, come sostenuto in Loke (2017a), dato il contesto ebraico dei primi cristiani, se Gesù non fosse stato percepito da un gruppo considerevole di loro come se avesse affermato e mostrato di essere veramente divino (cioè dal lato Creatore nella divisione Creatore/creatura), i primi cristiani non sarebbero giunti alla convinzione diffusa che lo fosse, come invece fecero.
 
Ehrman (2004, p. 115) ha utilizzato l'analogia del gioco telefonico, che illustra la rapidità con cui i messaggi possono essere distorti se vengono trasmessi in serie da un individuo all'altro. Lui scrive:
{{q|We all know from personal experience how much news stories get changed in the retelling (not to mention stories about us personally) just in a matter of hours, let alone days, weeks, months, years, and decades. Were the stories about Jesus exempt from these processes of alteration and invention that we ourselves experience all the time?|Ehrman 2016, p. 11}}
Altri studiosi hanno sottolineato che il "gioco del telefono" è una terribile analogia sia per la trasmissione orale che testuale dell'annuncio paleocristiano. A differenza di un gioco telefonico, quest'ultimo caso non trasmette in modo lineare, piuttosto ci sono più comunità coinvolte nel ricordare, ascoltare, raccontare e riraccontare (Le Donne 2011, p. 70). Lo psicologo David Rubin (1995, pp. 129, 154, 228) osserva che i fattori che si sono dimostrati sperimentalmente importanti nel migliorare la conservazione a lungo termine includono le comunità in cui le trasmissioni non avvengono lungo "catene" di individui ma lungo "reti complesse"<ref>La differenza tra una catena e una rete è la seguente: "Per un singolo individuo, la catena [modello di trasmissione] avrebbe un'unica linea in entrata e una sola linea in uscita. Al contrario, per un singolo individuo, la rete avrebbe un numero indefinito di linee che entrano ed escono" (Rubin 1995, p. 134).</ref> e numerose ripetizioni intermittenti da parte di diversi membri del gruppo e con recitazioni in modalità ''performance''. In particolare, "il vantaggio principale di una rete rispetto ad una catena è che se la versione trasmessa da un cantante omette parti o introduce modifiche che esulano dalla tradizione, allora a queste lacune possono essere sostituite altre versioni" (''ibid.'', p. 134 ).
 
Ehrman obietta: "Quando le testimonianze vengono recitate frequentemente, a causa dei capricci inerenti alla modalità di trasmissione orale, cambiano più spesso di quando vengono recitate solo occasionalmente" (2006, p. 191). Citando a sostegno il noto storico orale [[w:Jan Vansina|Jan Vansina]], Ehrman commenta:
{{q|The reciters of a tradition are telling the stories for a particular reason to a particular audience and ‘the amount of interest [the reciter] can arouse... largely depends on the way he tells the story and on the twist he gives it.’ As a result, ‘the tradition inevitably becomes distorted.’ Moreover, since the story is told from one person to the next and then to the next and then to the next, ‘each informant who forms a link in the chain of transmission creates new variants, and changes are made every time the tale is told. It is therefore not surprising to find that very often the original testimony has disappeared altogether.’|Ehrman 2016, pp. 191–192<ref>Citando da Vansina 1965, pp. 43, 109.</ref>}}
Tuttavia, come osserva Kirk (2017, pp. 94-95), Ehrman omette la precisazione molto importante di Vansina: "In effetti l'unico tipo di testimonianze per sentito dire che si prestano a distorsioni di questo tipo sono i ricordi personali, i racconti di merito artistico e certe tipi di racconti didattici", mentre "nella trasmissione delle tradizioni, lo sforzo principale è ripetere esattamente ciò che è stato ascoltato" (Vansina 1965, p. 109).
 
Mentre Ehrman sottolinea spesso la lunghezza della trasmissione ("decenni") dai testimoni oculari originari alla scrittura dei Vangeli, Vansina osserva: "Per quanto riguarda l'affidabilità, non c'è dubbio che il metodo di trasmissione è di gran lunga maggiore della lunghezza di tempo che una tradizione è durata" (Vansina 1965, p. 53). Ehrman ignora selettivamente anche l'osservazione di Vansina che la trasmissione delle tradizioni culturalmente fondanti è tipicamente soggetta a controlli, e tale tradizione è inerente non agli individui, ma alle strutture sociali (Vansina 1985, pp. 41, 47, 96-98, 116-119). La sua modalità di trasmissione non è da individuo a individuo, ma nella ''performance'' al pubblico (Vansina 1985, p. 149). Vansina scrive:
{{q|This examination of the instruction given concerning oral traditions, of the controls exercised... brings out the fact that the traditions were often transmitted from one generation to the next by a method laid down for the purpose, and that in many societies without writing particular attention was paid to careful preservation and accurate transmission of these traditions.|Vansina 1965, p. 36; cfr. anche pp. 28, 31, 36, 40}}
 
Inoltre, il messaggio su Gesù che tornava in vita e che era veramente divino sarebbe stato assolutamente scioccante per il suo pubblico iniziale (gli ebrei che vivevano nel primo secolo). Redman (2010, pp. 182-183) osserva che gli studi psicologici indicano che un evento che un testimone considera insignificante è spesso ricordato in modo impreciso e incompleto rispetto a quello a cui un testimone attribuisce significato e che sarebbe motivato a selezionare e memorizzare pienamente in modo da ricordarne i dettagli importanti o salienti. Redman nota anche che gli eventi che sono molto sorprendenti e hanno un alto livello di importanza o eccitazione emotiva (ad esempio l'[[w:Attentati dell'11 settembre 2001|11 settembre 2001]]) danno origine a ricordi flash — ricordi che sono particolarmente vividi e sembrano congelati nel tempo, come in una fotografia — e che ci si aspetterebbe che le esperienze di coloro che sostenevano di aver assistito al Gesù risorto avrebbero formato ricordi flash di questi eventi.
 
Mentre la maggiore perdita di memoria di solito si verifica subito dopo un evento, le esperienze flash sono cruciali per prevenire la perdita precoce di dettagli (McIver 2011). Redman qualifica che la ricerca indica che, come altri ricordi, i ricordi flash si deteriorano nel tempo e possono svilupparsi quando si prende in considerazione ciò che si apprende dalla discussione con gli altri (Redman 2010, p. 184). Tuttavia, come affermato in precedenza, le trasmissioni lungo "reti" complesse nelle comunità con numerose ripetizioni intermittenti da parte di diversi membri del gruppo avrebbero aiutato a prevenire il deterioramento dei ricordi individuali. Inoltre, Stanton (2004, pp. 179-191) ha sostenuto che i primi cristiani usavano "taccuini" per registrare le parole e le azioni di Gesù in un primo momento e li trasmettevano insieme alle tradizioni orali, e questi quaderni che aiutavano la conservazione della memoria alla fine contribuirono al testo del Nuovo Testamento.
 
Redman (2010, p. 186) parimenti osserva che gli studi psicologici indicano che "se qualcuno menziona un aspetto di un evento a un altro testimone, è più probabile che quell'aspetto venga ricordato in seguito" e che "la memoria di gruppo sembra essere più stabile nel tempo rispetto alla memoria individuale." Tuttavia, sottolinea una preoccupazione, scrivendo:
{{q|Sometimes things that did not happen may be incorporated because one person in a group made a mistake. If one eyewitness talks about the event in a confident way, this confidence can influence other witnesses to agree with her/him even if his/her perception is incorrect.|''ibid.''}}
 
Inoltre:
{{q|in a situation where a witness feels pressured to produce a definitive answer, s/he may guess and then, over time the guess may be remembered more confidently as the witness remembers previous interpretations of the event rather than the event itself. This is likely to happen if the witness has not effectively encoded how certain s/he was about the answer first given.|''ibid.'', p. 187}}
Per di più, "nella conversazione, gli oratori potrebbero voler catturare e mantenere l'interesse del loro pubblico o giustificare le loro azioni, e modificheranno di conseguenza i loro resoconti" (''ibid.'', p. 188). Gli errori possono successivamente diventare "congelati" nella memoria (''ibid.'', p. 187).
 
Per rispondere a queste preoccupazioni, ho sostenuto che nel caso relativo alla risurrezione di Gesù, i "testimoni oculari" stupiti si sarebbero ripetutamente verificati l'uno con l'altro per assicurarsi che i fatti fossero corretti (vedi Capitolo 3); dopotutto era un messaggio che significava vita e morte per i primi cristiani. Inoltre, c'era una forte opposizione ebraica con controricordi se i discepoli avessero ricordato male alcuni dettagli (ad esempio, se avessero affermato che c'era una guardia alla tomba mentre non c'era). Esistevano testimoni ebrei non cristiani ostili e scettici che potevano contestare (e lo facevano) le affermazioni cristiane, ad esempio affermando che avevano rubato il corpo (cfr. Capitolo 1), e che avrebbero contestato le distorsioni che sentivano, se ce ne fossero state. Questi fattori sarebbero serviti a correggere interpretazioni errate degli eventi.
 
Inoltre, nella loro società i "testimoni oculari" di Gesù sarebbero serviti da controllo autorevole sulla trasmissione delle tradizioni, quindi è irragionevole pensare che i Vangeli fossero una falsa rappresentazione di ciò che i testimoni oculari avevano realmente visto e sentito (Bauckham 2006, pp. 290-318). Ci sarebbero state più linee di comunicazione che portavano il messaggio proclamato da e verso i proclamatori iniziali che potevano verificare ciò che era stato proclamato originariamente. Sebbene anche i non-testimoni-oculari avrebbero potuto condividere storie su Gesù e potrebbero averle distorte mentre le condividevano (Ehrman 2016, pp. 78-84), Kruger (2016) sottolinea che i primi cristiani avrebbero avuto una fonte (i proclamatori iniziali) a cui potevano rivolgersi per trovare versioni attendibili e autorevoli di ciò che Gesù disse e fece.
 
Ehrman (2016, capitolo 2) afferma che i testimoni oculari non avrebbero potuto controllare la trasmissione perché erano rimasti a Gerusalemme mentre altri evangelisti avevano proclamato il vangelo altrove e i Vangeli furono scritti altrove. Tuttavia, Ehrman ignora la considerazione (stabilita nel Capitolo 1) che i primi cristiani erano piuttosto mobili: i cristiani ebrei si sarebbero recati ogni anno a Gerusalemme per le feste ed esisteva una "rete di comunicazione" ben attestata tra i primi cristiani (Bauckham 2006; Hurtado 2013).
 
Ehrman (2016, pp. 78-84) sostiene anche che, mentre i testimoni oculari avrebbero potuto ascoltare una versione distorta e poi correggerla, non vi è alcuna garanzia che tutti avrebbero ascoltato la correzione e condiviso la versione corretta da quel momento in poi. Kruger (2016) osserva che le storie di "ricordi distorti" di Gesù che circolavano nella chiesa primitiva insieme a ricordi accurati possono infatti spiegare perché abbiamo libri come gli ''[[w:Atti di Pietro|Atti di Pietro]]'' e il ''[[w:Vangelo di Nicodemo|Vangelo di Nicodemo]]'', che sono evidentemente storicamente inaffidabili. Tuttavia, ciò non implica che tutti i libri su Gesù siano inaffidabili.<ref>Ehrman ha offerto altri argomenti per cercare di dimostrare che i Vangeli sono storicamente inaffidabili, come ad esempio affermare che i Vangeli contengono contraddizioni. Altri studiosi hanno risposto a queste argomentazioni, ad esempio sostenendo che queste contraddizioni sono solo apparenti ma non autentiche contraddizioni. Si veda, ad esempio, ''[www.ehrmanproject.com/ ehrmanproject.com]''.</ref> Come notato in altre parti di questo mio studio, ci sono indicazioni che i primi cristiani che avevano scritto i resoconti del Nuovo Testamento sulla risurrezione di Gesù apprezzassero la storia molto più degli gnostici che scrissero libri come gli ''Atti di Pietro'' e il ''Vangelo di Nicodemo''.
 
Per elaborare, le società e le tradizioni antiche fanno distinzioni tra racconti e resoconti, e la [[w:Storia|storia]] è valutata più in alcune società che in altre (Bauckham 2006, pp. 273-274). Che le prime società cristiane (comprese quelle a cui appartenevano gli autori dei Vangeli) apprezzassero la storia si può sostenere dal fatto che avevano già un corpo scritto di scritture autorevoli che prendevano la storia sul serio. Nell'Antico Testamento, la fedeltà di Dio si manifesta in eventi storici, e tali eventi storici sono usati come base per incoraggiare la fedeltà nei credenti (''ibid.'', pp. 274-275). I primi cristiani erano preoccupati per la salvezza, Gesù era inteso come la fonte della salvezza, e questa salvezza era compresa nel contesto completamente ebraico delle origini cristiane (''ibid.'', p. 277). Era stato il compimento delle promesse fatte dal Dio d'Israele, un nuovo e decisivo capitolo escatologico della storia di Dio con il suo popolo e il mondo, e così le vicende della storia di Gesù si caricarono di tutto il significato storico dell'attività del Dio d'Israele (''ibid.''). Come sostiene Bauckham: "A livello più profondo, era per ragioni profondamente teologiche – la loro comprensione di Dio e della salvezza – che i primi cristiani si preoccupavano della fedele memoria della vera storia passata di Gesù" (''ibid.''). Poiché le prime società cristiane apprezzavano la storia, avrebbero voluto avvicinarsi se possibile alle fonti dei testimoni oculari, poiché tali fonti erano ampiamente considerate nel mondo antico come le migliori (Eddy & Boyd 2007, p. 286; Keener 2003, p. 21).
 
Si potrebbe obiettare che, una volta che la tradizione si diffuse nella struttura sociale delle prime comunità e divenne pubblicamente disponibile e autorevole, non ci sarebbero state ragioni per i primi cristiani (ad esempio gli autori dei Vangeli) di cercare testimoni oculari individuali per i loro materiali (Kirk 2017, pag. 108). Tuttavia, la menzione di Paolo che la maggior parte dei "più di cinquecento" testimoni di una delle apparizioni della risurrezione di Gesù fossero ancora in circolazione ({{passo biblico2|1Corinzi|15:6}}) dimostra che i testimoni oculari storici continuarono ad essere valutati anche mentre l'autorità della tradizione veniva trasmessa; paolo in effetti sta dicendo: "Se qualcuno vuole verificare questa tradizione, un gran numero di testimoni oculari è ancora vivo e può essere visto e ascoltato" (Bauckham 2006, p. 308).
 
Pertanto, gli individui (Cefa, Giacomo) e i gruppi (i Dodici, i "più di cinquecento fratelli", gli apostoli) che si diceva avessero visto Gesù risorto dalla primissima tradizione in 1 Corinzi 15:3-11 devono esser stati molto importanti per la chiesa primitiva. Poiché le prime società cristiane erano preoccupate di consultare fonti di testimoni oculari, se possibile, esse avrebbero controllato questi individui e gruppi, poiché la maggior parte di loro era ancora in vita quando {{passo biblico2|1Corinzi|15:3-11}} venne diffusa. Inoltre, {{passo biblico2|Luca|1:1-4}} indica che i "testimoni oculari" di Gesù non si limitarono a dare inizio a tradizioni su Gesù e poi si ritirarono dalla vista, ma rimasero per molti anni le fonti conosciute e i garanti di queste tradizioni (Bauckham 2006, p. 30).<ref>Per ulteriori argomentazioni, in particolare confutazioni alle argomentazioni dei critici della forma, si veda Bauckham (2006, pp. 240-357) e Eddy & Boyd (2007, partic. pp. 274-275).</ref>
 
I discepoli avrebbero potuto continuare a credere che Gesù fosse risorto anche quando il controcontrollo con e tra i "testimoni oculari" fallì, a causa di pregiudizi di conferma e/o autoinganno? Ad esempio, alcune persone potrebbero aver voluto credere così tanto nell'aldilà da ignorare qualsiasi logica o prova contraria, e selezionarono solo quelle testimonianze che sembravano supportare la sua conclusione preconcetta. Le esperienze religiose soggettive di un discepolo potrebbero aver fortemente influenzato la sua valutazione delle prove a favore e contro la risurrezione di Gesù. Whittenberger (2011) propone che i leader del gruppo, come Pietro e Giovanni, avessero allucinazioni individuali e "la maggior parte degli altri sarebbe andata d'accordo con loro. L'intensa emozione, le pressioni a conformarsi, la lealtà al gruppo e il pio desiderio, avrebbero facilitato l'adozione della credenza della risurrezione da parte della maggior parte del gruppo."
 
Risposta: la fede nell'aldilà era già presente tra le persone del I secolo, e quindi i primi cristiani non avrebbero richiesto la risurrezione di Gesù per persuaderli di ciò. D'altra parte, come spiegato nel Capitolo 1, c'erano scettici sulla risurrezione corporea all'interno delle comunità cristiane (1 Cor. 15:12) e sul fatto che il costo della confutazione sarebbe stato alto. Inoltre, come sostenuto nei Capitoli 2 e 3, i primi cristiani credevano che se fossero stati falsi testimoni avrebbero travisato Dio e avrebbero affrontato il giudizio nell'aldilà, la loro fede sarebbe stata vana e sarebbero stati "da compiangere più di tutti gli uomini" ({{passo biblico2|1Corinzi|15:17-19}}). Dato questo contesto, sarebbe stato praticamente impossibile ottenere tre diversi gruppi di persone che coinvolgessero centinaia di persone ad avere allucinazioni e ad illudersi di un pio desiderio e tuttavia essere in grado di persistere come "testimoni oculari" per decenni nel contesto della persecuzione senza lasciarsi sfuggire l'inganno.
 
Per quanto riguarda le esperienze soggettive e la lealtà di gruppo, come notato nel Capitolo 1, varie prove indicano che i primi cristiani non rifuggivano dai disaccordi con leader influenti in questioni di importanza teologica. [[:en:w:Christopher Rowland (theologian)|Christopher Rowland]] osserva che all'interno delle fonti ebraiche e dei primi cristiani c'era un considerevole sospetto di pretese di autorità mediante sogni, visioni o altre esperienze carismatiche (Rowland 2002, pp. 272-275). È vero che alcune di queste esperienze erano viste come adempimento della profezia di Gioele ed erano attese e incoraggiate nelle congregazioni paoline, ma ciò non implica che queste esperienze dovessero essere accettate senza difficoltà in tali comunità. D'altra parte, c'era l'evidenza dell'avvertimento contro i sogni ({{passo biblico2|Siracide|34:1-8}}), l'esortazione a giudicare i detti dei profeti (ad es. {{passo biblico2|1Corinzi|14:29}}) e a mettere alla prova ogni cosa ({{passo biblico2|1Tessalonicesi|5:19-22}}). Sebbene Paolo faccia spesso riferimento alle proprie rivelazioni, ciò evidentemente non assicurò il diffuso consenso di altri cristiani riguardo alle opinioni di Paolo. Al contrario, c'erano prove di discussioni e disaccordi riguardo alle opinioni e interpretazioni di Paolo dei testi biblici relativi a diverse questioni, come la correttezza e le regole che governano ebrei e gentili che mangiano insieme, le abitudini alimentari, la circoncisione e le opere della legge. Date queste considerazioni e l'evidenza dei dubbi iniziali tra i primi cristiani riguardo alla risurrezione di Gesù (vedi Capitolo 2), se le esperienze dei "testimoni oculari" fossero state esperienze allucinatorie che coinvolgessero solo uno o un piccolo numero di cristiani alla volta e/o se il controcontrollo fosse fallito, coloro che non ebbero tali esperienze non avrebbero accettato di andare avanti e affrontare la persecuzione.
 
== Casi di studio comparativi ==