Indagine Post Mortem/Capitolo 2: differenze tra le versioni

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Inoltre, mentire su una questione così fondamentale riguardante la loro fede sarebbe stato incompatibile con la loro devozione al Dio d'Israele. Infatti, secondo le loro convinzioni, inventando la risurrezione di Gesù sarebbero stati giudicati colpevoli come falsi testimoni e condannati dal Dio d'Israele ({{passo biblico2|1Corinzi|15:15}}: "Noi, poi, risultiamo falsi testimoni di Dio, perché contro Dio abbiamo testimoniato che egli ha risuscitato Cristo, mentre non lo ha risuscitato, se è vero che i morti non risorgono"; cfr. anche {{passo biblico2|Levitico|19:11}}, {{passo biblico2|Proverbi|19:5,21:28}}). Mentre gli attentatori religiosi suicidi credevano che il loro sacrificio sarebbe stato ricompensato da Dio dopo la morte, i discepoli credevano che sacrificarsi come falsi testimoni sarebbe stato condannato da Dio dopo la morte. Mentre molte persone nel corso della storia furono disposte a sacrificare tutto (compresa la propria vita) per ciò che credevano essere vero (anche se in realtà poteva non esserlo), nessun grande gruppo di persone sarebbe disposto a sacrificare tutto per quello che non credono essere vero e poi essere condannati da Dio dopo la morte per essere stati falsi testimoni. La devozione dei primi cristiani al Dio di Israele può essere vista dalla loro condanna dell'idolatria ({{passo biblico2|1Corinzi|10:14-22}}) e dalla loro affermazione che l'ira di Dio è contro coloro che adorano e servono la creatura piuttosto che il Creatore ({{passo biblico2|Romani|1:18-25}}). Hurtado osserva che, sebbene lettere come 1 Tessalonicesi e 1 Corinzi siano missive inviate a chiese gentili, il punto di vista religioso è "principalmente modellato dalla tradizione biblica/ebraica... Quindi, ad esempio, la retorica di {{passo biblico2|1Tessalonicesi|1:9-10}}, sull'abbandono degli ‘idoli’ (parola ebraica per gli dei!) per servire ‘un Dio vivo e vero’ (si noti la combattività di questa frase) e il trattamento ostile e sdegnoso contro religioni pagane (in 1 Cor. 8 e 10 )" (Hurtado 2014). Anche altri testi del Nuovo Testamento indicano che i primi cristiani avevano l'atteggiamento che il culto dovesse essere rivolto esclusivamente all'unico Dio Creatore. Ad esempio, {{passo biblico2|Atti|14:8-18}} ritrae le persone di Listra che desiderano adorare Paolo e Barnaba come dèi dopo che Paolo aveva fatto un miracolo, ma Barnaba e Paolo rifiutano, esortandoli invece ad adorare "il Dio vivente, che ha fatto il cielo e la terra e il mare e quanto è in essi" (v. 15). È evidente che i primi cristiani si attenevano al comandamento: "Non avrai altri dèi all'infuori di Me" ({{passo biblico2|Esodo|20:3}}). Si rifiutarono di onorare gli dei pagani e si rifiutarono di chiamare l'imperatore romano "Signore", anche di fronte a persecuzione. Se la loro devozione a [[w:YHWH|YHWH]] fosse stata falsa, durante i periodi di grave persecuzione non avrebbero mostrato una devozione genuina in modo coerente alla presenza di altri cristiani e dei loro persecutori, senza rivelare l'inganno. La loro devozione a Dio avrebbe potuto essere percepita da altri in molti modi; per esempio, poteva essere percepita tramite il loro culto e le loro preghiere durante i periodi di sofferenza o le lettere che scrissero ad altri durante la persecuzione. Se la loro devozione non fosse stata genuina, altri che erano giunti a credere in Gesù in base alle loro testimonianze e che allo stesso tempo stavano anche soffrendo, se ne sarebbero accorti e la loro ipocrisia sarebbe stata smascherata. Le osservazioni sarcastiche di [[w:David Friedrich Strauß|David Strauss]] riguardo all'ipotesi dell'inganno rimangono pertinenti:
{{q|The apostles are supposed to have known best that there was not one single word of truth in the news of their master’s resurrection... yet regardless of this, they are supposed to have spread the same story with a fire of conviction that sufficed to give the world a different form.|Strauss 1862, pp. 276–277}}
 
Inoltre, se i discepoli mentirono sulla risurrezione di Gesù, è difficile credere che durante i periodi di grave persecuzione avrebbero dimostrato genuina convinzione che Gesù fosse risorto, alla presenza di altri cristiani e dei loro persecutori, senza far emergere la beffa. Come osserva [[w:Blaise Pascal|Pascal]]:
{{q|L'ipotesi degli apostoli che ingannano è davvero assurda. Seguiamola fino in fondo, immaginiamo questi dodici uomini riuniti dopo la morte di Gesù Cristo per tessere il complotto della sua resurrezione. Con ciò si oppongono a tutti i poteri. Il cuore degli uomini è strettamente incline alla leggerezza, alla mutevolezza, alle promesse, alla ricchezza. Per poco che uno di loro avesse tradito, attratto da tutte queste cose, e inoltre sotto la minaccia della prigione, delle torture e della morte, essi erano perduti. Lo si pensi fino in fondo.|[http://www.nilalienum.it/Sezioni/Bibliografia/Filosofia/PasPens.html ''Pensées'', 292]}}
Ci si potrebbe chiedere: "Come facciamo a sapere che nessuno di questi discepoli abbia abiurato quando furono torturati?" A questa domanda si può rispondere che se qualcuno di questi cruciali "testimoni oculari di Gesù risorto" avesse ritrattato quando furono torturati, i loro persecutori e altri oppositori dei primi cristiani lo avrebbero reso ampiamente noto dato che erano evidentemente motivati a distruggere il movimento cristiano (Habermas & Licona 2004, pp. 278-279, n. 63-64; Licona 2010, p. 371). Questo avrebbe mostrato che la fede cristiana era "vana" ({{passo biblico2|1Corinzi|15:17}}), e probabilmente non sarebbe sopravvissuta oltre il I secolo. Licona (2010, p. 371) sostiene:
{{q|We may also expect that a recantation by any of the disciples would have provided ammunition for Christian opponents like Celsus and Lucian in the third quarter of the second century, the former of which wrote against the church while the latter wrote of the Christian movement in a pejorative manner.}}
Carrier (2005a, pp. 179, 227, n. 333) obietta che fino al II secolo non si conosceva un solo attacco al cristianesimo. Parson afferma che gli antichi laici del primo secolo non erano generalmente interessati al cristianesimo, e quindi la maggior parte delle persone non si sarebbe presa la briga di confutarlo anche se fosse stato falso (Parsons 2005, p. 439). Sostiene che ci sarebbe stato un ulteriore lasso di tempo prima che qualcuno fosse sufficientemente irritato dalla loro predicazione da andare a controllare. Ai romani non importava ciò che veniva predicato fintantoché non avesse disturbarto la pace, mentre gli ebrei li avrebbero ignorati fino a quando non avessero avuto un numero sufficiente di proseliti. Quindi, invece di mettersi a dibattere, avrebbero semplicemente perseguitato i credenti (Parsons 2005, pp. 448, 451, n. 43). Lowder sostiene che i non-cristiani del primo secolo avevano poco interesse a confutare le affermazioni cristiane, tanto quanto gli scettici del ventesimo secolo avevano nel confutare le affermazioni fuorvianti del culto ''[[w:Heaven's Gate (setta)|Heaven's Gate]]''. Nota inoltre che le fonti ebraiche non menzionano nemmeno la risurrezione, tanto meno tentano di confutarla, e cita Martin che dice: "This hardly suggests that Jewish leaders were actively engaged in attempting to refute the Resurrection story but failing in their efforts" (Lowder 2005, pag. 288).
 
Risposta: si può concordare sul fatto che la nascita del cristianesimo sia avvenuta in una regione arretrata dell'impero romano, e che molti storici romani non si sarebbero presi la briga di annotare i dettagli riguardanti la risurrezione di Gesù, dal momento che liquidavano il cristianesimo come una superstizione (ad es. Tacito chiama il cristianesimo "una superstizione molto dannosa", ''Annali'' 15.44). Tuttavia, gli ebrei non cristiani si sarebbero preoccupati di confutare i cristiani fin dall'inizio; dato che si presero la briga di far crocifiggere Gesù, sarebbero stati interessati a confutare una setta che proclamava la sua risurrezione, portava avanti i suoi insegnamenti e faceva proseliti. Molti testimoni oculari ostili a Gesù (ad esempio i capi religiosi ebrei) che erano fortemente contrari al movimento cristiano, sarebbero stati ancora vivi e attivi a metà del I secolo. Come notato in precedenza, varie testimonianze indicano che le persecuzioni furono effettivamente inflitte dagli ebrei contro i primi cristiani. Per quanto riguarda le affermazioni di Carrier secondo cui non si conobbe un solo attacco al cristianesimo fino al II secolo e l'affermazione di Parson che gli ebrei non sarebbero stati interessati a coinvolgersi in dibattiti religiosi, la polemica in Matteo 28 indica che gli ebrei nel primo secolo stavano affermando che i discepoli avevano rubato il corpo di Gesù. (Ci sono ulteriori ragioni per pensare che questa polemica sia iniziata fin dall'inizio, intorno al 30 e.v.; si veda la discussione delle guardie alla tomba nel Capitolo 5).
 
Gli scettici sembrano immaginare che il cristianesimo si diffondesse segretamente in alcuni quartieri tranquilli e sconosciuti come fanno oggigiorno molti culti. Ciò è contrario alla rappresentazione di Luca-Atti secondo cui il cristianesimo fu predicato apertamente fin dal suo inizio in centri pubblici come il Tempio e le sinagoghe (in campo ostile, quindi) nelle grandi città dove si riunivano ebrei di ogni ceto sociale, che le affermazioni riguardanti Gesù furono dibattute apertamente ({{passo biblico2|Atti|3:1-4:4,13:14-48,17:2-4,18:28}}, ecc.), e che le cose riguardanti il cristianesimo menzionate da Paolo non erano state "fatte in segreto" ({{passo biblico|Atti|26:26}}). Gli scettici dubiterebbero della storicità di questa rappresentazione. Tuttavia, Keener (2012, p. 208) osserva:
{{q|Luke’s narrative arena in Acts contains real geography (often known to his audience, especially in the Aegean region) in quite recent history, in contrast to novels. Such settings demanded more accuracy than the distant times or exotic locations sometimes featured in other kinds of works. When Luke speaks of Paul’s conflicts in synagogues of specific locales, or the behavior of local authorities, or the founding of local churches, he reports matters that may well be preserved in local memories at the time of his writing. Local churches could dispute his assertions; synagogues could treat what they heard of his reports in the way they responded to and generated other polemic. Luke could not afford to get his basic facts wrong if he wished a wide readership, especially in the regions on which his narrative focuses. And it seems likely that just as Luke is disposed to quote biblical texts accurately, he would also wish to communicate accurately the history of his community. Although the former belonged to the community’s common repository of information, it appears that some of the latter did as well (Luke 1:4).<ref>Keener (2012) ha risposto anche ad altre obiezioni contro l'attendibilità storica di Atti, ad esempio l'apparente incoerenza con le epistole di Paolo; cfr. Carrier (2009).</ref>}}
 
 
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[[Categoria:Indagine Post Mortem|Capitolo 2]]