Storia della letteratura italiana/Scapigliatura: differenze tra le versioni

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{{Storia della letteratura italiana|sezione=6}}
A partire dagli anni sessanta si sviluppò nell'Italia settentrionale la Scapigliatura, un movimento artistico e letterario che ebbe come epicentro Milano (ma esperienze simili vi furono anche a Genova e Torino).<ref>{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3=Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=La Scapigliatura, il Verismo, il Decadentismo | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | p=1 }}</ref> Il termine, di origine aulica, è utilizzato come equivalente del francese ''bohème'' ("vita da zingari"), con cui ci si riferiva alla vita disordinata e anticonformista degli artisti parigini descritta nel romanzo di Henri Murger ''Scènes de la vie de bohème'' (1847-1849).<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | p=769 }}</ref> Fu proposto per la prima volta da Cletto Arrighi in due frammenti del 1858, per poi essere ripreso nell'introduzione al romanzo ''La Scapigliatura e il 6 febbraio'' del 1862:
 
{{Quote|In tutte le grandi e ricche città del mondo incivilito esiste una certa quantità di individui di ambo i sessi, fra i venti e i trentacinque anni, non piú; pieni d'ingegno quasi sempre; piú avanzati del loro tempo; indipendenti come l'aquila delle Alpi; pronti al bene quanto al male; irrequieti, travagliati,... turbolenti – i quali – o per certe contraddizioni terribili fra la loro condizione e il loro stato – vale a dire fra ciò che hanno in testa e ciò che hanno in tasca – o per certe influenze sociali da cui sono trascinati – o anche solo per una certa particolare maniera eccentrica e disordinata di vivere – o, infine, per mille altre cause, e mille altri effetti, il cui studio formerà appunto lo scopo e la morale del mio romanzo – meritano di essere classificati in una nuova e particolare suddivisione della grande famiglia sociale, come coloro che vi formano una casta sui generis distinta da tutte le altre.<br/>Questa casta o classe – che sarà meglio detto – vero ''pandemonio'' del secolo; personificazione della follia che sta fuori dai manicomii; serbatoio del disordine, della imprevidenza, dello spirito di rivolta e di opposizione a tutti gli ordini stabiliti; – io l'ho chiamata appunto la ''Scapigliatura''.|Cletto Arrighi, ''Introduzione'' a ''La Scapigliatura e il 6 febbraio'', Sonzogno, Milano, 1862}}
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== Caratteristiche generali ==
[[Immagine:Scapigliatos.jpg|thumb|left|Emilio Praga, Carlo Dossi e Luigi Conconi]]
Gli scapigliati erano animati da uno spirito di ribellione nei confronti della cultura tradizionale e dell'etica borghese. Uno dei primi obiettivi della loro battaglia fu il moderatismo della cultura ufficiale italiana. Si scagliarono sia contro il [[../Romanticismo|Romanticismo italiano]], che giudicavano languido ed esteriore, sia contro il provincialismo della [[../Scrittori politici del Risorgimento|cultura risorgimentale]]. Guardarono in modo diverso la realtà, cercando di individuare il nesso sottile che legava la realtà fisica a quella psichica. Di qui il fascino che il tema della malattia esercitò sulla loro poetica, spesso riflettendosi tragicamente sulla loro vita che, come quella dei ''bohémiens'' francesi, fu per lo più breve.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | p=769}}</ref>
 
La Scapigliatura - che non fu mai una scuola o un movimento organizzato con una poetica comune codificata in scritti teorici - ebbe il merito di far emergere per la prima volta in Italia il conflitto tra artista e società, tipico del Romanticismo europeo: il processo di modernizzazione post-unitario aveva spinto gli intellettuali italiani, soprattutto quelli di stampo umanista, ai margini della società, e fu così che tra gli scapigliati si diffuse un sentimento di ribellione e di disprezzo radicale nei confronti delle norme morali e delle convinzioni correnti che ebbe però la conseguenza di creare il mito della vita dissoluta e irregolare (il cosiddetto ''maledettismo'').<ref>{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3=Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=La Scapigliatura, il Verismo, il Decadentismo | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | pp=1-2 }}</ref>
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Tra le opere di Boito ricollegabili al periodo scapigliato si possono ricordare: la fiaba di ''Re Orso'' (1865), che riprende temi come il fantastico e l'orrido di ascendenza nordeuropea e presenta uno stile molto sperimentale, che mescola poesia e prosa; le poesie del ''Libro dei versi'' (1862-1867), che mostrano una grande attenzione per la forma e in cui si sofferma sul già ricordato tema del "dualismo" (bene-male, ideale-vero);<ref name="Baldi13"/> le tre novelle ''L'alfiere nero'' (1862), ''Ilaria'' (1868), ''Trapezio'' (1873-1874).<ref>{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3=Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=La Scapigliatura, il Verismo, il Decadentismo | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | p=14 }}</ref>
 
In generale, la poesia scapigliata di Arrigo Boito è permeata da un umorismo nero, che si poggia sulla percezione della dualità del mondo, mescolando elementi antitetici come bene e male, alto e basso, sublime e ridicolo. Con la parola e la musica il poeta cerca di seguire queste sfasature e questo costante movimento, finendo per stravolgere ogni elemento del reale. Da questa sperimentazione, però, scaturisce anche una certa freddezza, che finisce per anestetizzare gli aspetti più provocatori della poesia.<ref name="Ferroni771">{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | p=771 }}</ref>
 
== Iginio Ugo Tarchetti ==
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Carlo Alberto Pisani Dossi, discendente di una famiglia aristocratica, nacque a Zenevredo il 27 marzo 1849. Si avvicinò presto alla Scapigliatura, fondò la rivista ''Palestra letteraria, artistica, scientifica'' e ottenne fama con le sue prime opere. Condusse una vita lontana dalla sregolatezza che aveva caratterizzano molti altri autori scapigliati; con essi condivise invece il desiderio di rompere con le forme letterarie e gli schemi linguistici consolidati, elaborando un linguaggio originale e ricco di colore.<ref name="Ferroni771"/> Centrale nella sua opera è il tema del ricordo, a cui si affianca negli anni un moralismo proveniente dalla tradizione lombarda, che ricorre alla caricatura e alla satira corrosiva. Principale strumento utilizzato da Dossi è la deformazione del linguaggio, attraverso cui viene trasferita nella scrittura l'insofferenza per la realtà.<ref name="Baldi35">{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3=Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=La Scapigliatura, il Verismo, il Decadentismo | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | p=35 }}</ref>
 
Dossi ricorre all'arma dell'umorismo, ma a differenza degli scapigliati della prima generazione evita una manifestazione troppo diretta delle emozioni per accostarsi alla realtà attraverso la manipolazione del linguaggio. La rappresentazione realistica si intreccia quindi con la deformazione fantastica. Svolge inoltre una critica caustica contro le illusioni che segnano la vita dell'uomo e le finzioni della vita sociale.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | p=772 }}</ref>
 
A 19 anni pubblica ''L'Altrieri-nero su bianco'' (1868), in cui rievoca la propria infanzia e adolescenza in chiave magica. La fanciullezza è descritta come un mondo felice in cui però il protagonista scopre ben presto l'esistenza del dolore. La prosa è caratterizzata da un lessico ricchissimo, che mescola toscanismi a termini lombardi, parole rare di ascendenza letteraria con parole che indicano oggetti concreti, e in cui vengono inserite persino invenzioni lessicali.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | pp=772-773 }}</ref>
 
Con il passare degli anni Dossi mantiene la propria inclinazione per l'invenzione linguistica, giungendo però a un equilibrio poetico e a una prosa meno aggressiva. Del 1870 è l'autobiografico ''Vita di Alberto Pisani'', in cui riprende i modelli di Sterne e Jean Paul, interrompendo la narrazione con divagazioni e racconti secondari. Viene in questo modo ripercorsa l'educazione poetica e sentimentale del protagonista, un alter ego dell'autore, di cui vengono narrate le vicende in terza persona. L'elemento autobiografico viene alterato con l'inserimento di elementi fantastici, e la stessa pratica della scrittura viene guardata con caustica ironia. La formazione letteraria è inoltre segnata da inettitudine e incapacità di partecipare alla vita sociale.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | p=773 }}</ref>
 
''La colonia felice'' è un romanzo utopistico, in cui si mostrano gli intenti moralistici dell'autore. Seguono una serie di bozzetti che presentano figure umane a volte grottesche a volte esaltate come ideali di purezza: ''Ritratti umani. Dal calamaio di un medico'' (1873), ''La desinenza in A'' (1878), ''Gocce d'inchiostro'' (1880). L'interesse di Dossi per la letteratura si esaurirà negli ottanta. Nel 1870, divenuto seguace di Francesco Crispi, iniziò l'attività diplomatica dapprima in Colombia e poi in Grecia. Nel 1901 si ritirò dalla politica e si dedicò alla stesura di ''Note azzurre'' (una raccolta di pensieri, giudizi critici, aforismi) e alla ''Rovaniana'' (una serie di appunti sullo scrittore Giuseppe Rovani, considerato un punto di riferimento per gli scapigliati). Entrambe le opere uscirono postume, la prima nel 1964 e la seconda nel 1944. Morì a Cardina il 17 novembre 1910.<ref name="Baldi35"/>
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Gli anni settanta videro l'esaurimento delle sperimentazioni della prima generazione della Scapigliatura lombarda. Il medesimo spirito di ribellione animò però un nuovo gruppo di intellettuali raccolti attorno alla rivista il ''Gazzettino rosa'', fondata a Milano nel 1868 da Achille Bizzoni (Pavia, 5 maggio 1841 – Milano, 21 settembre 1903) e Felice Cavallotti (Milano, 6 ottobre 1842 – Roma, 6 marzo 1898). Attenti alle problematiche sociali e alle trasformazioni introdotte in Italia dalla rivoluzione industriale, questi autori si impegnarono a denunciare lo strapotere dei ricchi e i soprusi subiti dai ceti subalterni. Vi fecero parte Felice Cameroni (Milano, 1844 – Milano, 1913), che sulle pagine del ''Gazzettino'' pubblicò interventi critici, Cesare Tronconi (1842-1890), autore di una narrativa antimanzoniana, e l'anarchico (e poi socialista) Paolo Valera (Como, 18 gennaio 1850 – Milano, 1º maggio 1926). A questo gruppo aderisce anche Cletto Arrighi.
 
Anche il veronese Pompeo Bettini (Verona, 1º maggio 1862 – Milano, 15 dicembre 1896) si impegnò, alla fine dell'Ottocento a Milano, nella causa socialista, svolgendo un'intensa attività letteraria e giornalistica, ma rimanendo lontano dall'aggressività degli scapigliati.<ref name="Ferroni774">{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | p=774 }}</ref>
 
== La Scapigliatura piemontese ==