Storia della letteratura italiana/Ruzante: differenze tra le versioni

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Nella critica, l'immagine di Ruzante è variata nel tempo. Creduto a lungo un autore irregolare e ''naïf'', oggi Ruzante è unanimemente considerato autore "colto". Tra le altre prove di questa sua cultura ci sono le citazioni o i riferimenti interni alle sue opere, che spaziano dalla cultura classica a echi della cultura luterana d'Oltralpe. Anche la sua fortuna, nel corso dei secoli, è stata alterna.
 
A Ruzante si devono due orazioni, due lettere monologhi, tre dialoghi, cinque commedie in prosa e due commedie in versi. A questi si aggiungono alcune liriche.<ref>{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3=Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=L'Umanesimo, il Rinascimento e l'età della Controriforma | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | p=232 }}</ref> La sua più antica opera che ci sia giunta è la ''Pastoral'', risalente al 1518 circa.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | p=326 }}</ref> Lo pseudonimo di Ruzante è ripreso dal nome di un personaggio delle sue commedie, un contadino veneto che è stato differentemente caratterizzato di opera in opera. Le varianti del personaggio corrispondono alla diversa prospettiva da cui l'autore ha voluto analizzarlo, in uno scavo progressivo che, nel complesso delle opere, porta a un ritratto "a tutto tondo" della realtà del contado pavano. Quello di Ruzante era il ruolo che Beolco stesso interpretava nella messa in scena delle sue commedie. Unica eccezione costituisce il ''Secondo Parlamento de Ruzante - Bilora'' in cui interpretò il ruolo dello zio Pitaro.
 
Fu un grande sperimentatore, mettendo a frutto proprio l'esperienza diretta di attore e regista. La sua frequentazione di diversi generi non fu mai arbitraria. Trovando un argomento, sceglieva, tra le strutture della tradizione, quella che riteneva più idonea a rappresentarlo, ed entrando in essa, la modificava dall'interno. Riuscì così a rinnovare il mariazzo, l'egloga, la commedia pastorale ecc. Insaziabile curioso, non mancò di polemizzare con i più illustri contemporanei, in particolare con [[../Pietro Bembo|Bembo]], ampiamente schernito proprio nella ''Betia''.
 
Gli studiosi hanno individuato, proprio intorno al 1530, un certo cambio di atteggiamento in Beolco: il mondo dei poveri, degli sfruttati, dei contadini, è presentato con l'amarezza di chi conosce la vita squallida e segnata dalle ingiustizie delle classi subalterne. Sono infatti successivi al 1529 tre atti unici: il ''Dialogo facetissimo'', il ''Parlamento de Ruzante che iera vegnù de campo'' e il ''Bilora''. Nelle ultime due in particolare, la vicenda ruota attorno a un uomo (un soldato nel ''Parlamento'', un contadino nel ''Bilora'') che cerca di recuperare la moglie, fuggita con un altro in grado di garantirle una vita più agiata. Entrambi i testi sono stati scritti durante la carestia che aveva colpito il contado pavano. Allo stesso anno risale anche la ''Moscheta'', mentre sono più vicini ai modelli classici opere come la ''Fiorina'', la ''Piovana'' e la ''Vaccaria''. Il suo ultimo testo noto è la ''Lettera all'Alvarotto'' del 1536.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | pp=326-327 }}</ref>
 
== Note ==