Storia della letteratura italiana/Modernità e avanguardie: differenze tra le versioni

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{{Storia della letteratura italiana|sezione=7}}
 
I primi anni del Novecento in Italia sono caratterizzati da gravi conflitti sociali, ma anche da un miglioramento della qualità della vita, che porta a una maggiore diffusione della cultura tra la popolazione e alla diminuzione dell'analfabetismo (soprattutto nelle classi piccolo-borghesi). Per gli intellettuali si profila un nuovo pubblico, che cerca l'evasione nella letteratura di consumo, ma che si interessa anche alle ideologie politiche che stanno prendendo piede, nelle quali si palesa la scontentezza che serpeggia nel paese.<ref name="Ferroni857">{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | p=857 }}</ref>
 
In quegli anni, Benedetto Croce giudica molto severamente quasi tutti gli scrittori contemporanei, influenzando così un largo numero di critici accademici. La scena letteraria continua a essere dominata dai poeti della fine dell'Ottocento – Pascoli, Carducci e soprattutto D'Annunzio – mentre nuovi giovani intellettuali animano la vita culturale del paese. Molto importante è la fondazione, nel 1908, da parte di Giuseppe Prezzolini e Giovanni Papini de ''La Voce'', rivista di cultura e politica, le cui pubblicazioni continuano fino al 1916. È una delle più importanti riviste culturali italiane del Novecento, protagonista del dibattito intellettuale all'inizio del secolo.
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Sulla scena politica dei primi anni del XX secolo si impone la figura di Giovanni Giolitti, che sarà più volte presidente del Consiglio e avrà un ruolo di guida fino all'ingresso del paese nella prima guerra mondiale nel 1915. La situazione in quel periodo è relativamente stabile: il sistema liberale sembra trovare un proprio equilibrio, grazie soprattutto alle grandi doti di mediazione dimostrate da Giolitti nei conflitti sociali. La politica protezionistica favorisce inoltre la crescita dell'economia industriale nelle regioni settentrionali, mentre negli Stati Uniti e nei paesi avanzati d'Europa prendono piede nuove tecnologie. Nonostante le contraddizioni del periodo, si registra un miglioramento della qualità della vita, a cui si accompagna l'espansione della cultura e l'estensione dei servizi pubblici nelle città.<ref name="Ferroni857" />
 
Intanto, viene avanzato un nuovo piano imperialistico, che risponde alla generale scontentezza della popolazione sia circa l'esito del processo risorgimentale – e in particolare per l'«irredentismo» delle terre italiane ancora sotto il controllo straniero, come Trento e Trieste – sia per l'espansione in Africa, che vede l'Italia svolgere un ruolo di secondo piano rispetto alle altre potenze europee. In questo nuovo nazionalismo confluiranno anche elementi dell'ideologia mazziniana e repubblicana, a cui si associa il rifiuto del mondo borghese e la difesa della società agricola. Tra gli intellettuali-guida di questo movimento ci sono Alfredo Oriani (1852-1909) e soprattutto Enrico Corradini (1865-1931), fondatore nel 1910 dell'Associazione Nazionalistica Italiana e in seguito sostenitore del [[../Letteratura e fascismo|fascismo]].<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | p= 859}}</ref>
 
Decisiva in questi anni è la crescita dei consensi per il socialismo. Mentre molti intellettuali guardano con sospetto e sdegno al suo affermarsi nell'età giolittiana, questa ideologia si fa strada nella popolazione, grazie anche alle conquiste della dirigenza riformista del Partito Socialista Italiano (PSI), riconosciute da Giolitti attraverso riforme che portano miglioramenti nelle condizioni della classe operaia. Al pubblico degli operai vengono offerti romanzi educativi a sfondo sociale, che riprendono i modelli della cultura popolare dell'Ottocento: esempio di queste produzione sono ''Gli ammonitori'' (1903) di Giovanni Cena (1870-1917) e ''La folla'' di Paolo Valera (1850-1926).<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | p= 860}}</ref>
 
== Gli intellettuali e l'esigenza di rinnovamento ==
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Nel 1908 Prezzolini dà vita a ''La Voce'', di cui sarà anche direttore fino al 1914 (eccetto alcuni mesi del 1912, durante i quali la direzione passa a Papini). La rivista non ha però un programma preciso, poiché la sua funzione è di favorire il dibattito tra le diverse posizioni espresse dai suoi collaboratori. Si occupa di argomenti politici e culturali, toccando temi come la religione, l'analfabetismo diffuso, la funzione della scuola, l'emigrazione, l'irredentismo. Alla fine il gruppo però si spaccherà sotto la spinta delle diverse posizioni politiche, e Prezzolini dal 1912 le darà un orientamento antidemocratico e interventista.<ref name="Baldi35">{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3= Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=Dalla Scapigliatura al Postmoderno | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | p=35 }}</ref>
 
Nel 1911 Gaetano Salvemini, uscito dal gruppo della ''Voce'', fonda la rivista ''L'Unità'', con intenti marcatamente politici (da non confondere con l'omonimo quotidiano fondato da Gramsci nel 1924). Lo stesso fanno Papini e Giovanni Amendola con ''L'Anima'', pubblicazione dedicata alla ricerca religiosa. Intanto, tra il 1914 e il 1916 Prezzolini cede la guida della ''Voce'' a Giuseppe De Robertis, che dà più spazio ai collaboratori che cercano nuove forme di espressione letteraria (è il periodo della cosiddetta ''Voce Bianca'').<ref name="Baldi35" /> Come scrive Ferroni, la «[[../Vociani|letteratura vociana]]» si caratterizza per una fusione di moralismo, autobiografismo e frammentismo. Nella poesia come nella prosa il frammento è il principale modo di espressione, perché più autentico e immediato. A questo si accompagna una prospettiva polemica di autocritica, tutti elementi che la avvicinano alla corrente dell'espressionismo. Tra i principali collaboratori della ''Voce'' si ricordano Scipio Slataper, Renato Serra, Sibilla Aleramo.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | p= 907}}</ref>
 
In seguito, dalla collaborazione tra Papini e Ardengo Soffici nasce ''Lacerba'', organo di stampa del futurismo fiorentino: di orientamento interventista, termina le pubblicazioni con l'ingresso dell'Italia in guerra nel 1915. In precedenza, tra il 1905 e il 1909 Filippo Tommaso Marinetti era stato il principale animatore di ''Poesia'', che pubblicava i testi dei nuovi poeti simbolisti europei e italiani, e preparava la strada ai futuristi. Si deve infine ricordare anche ''La Critica'', la rivista letteraria fondata e diretta da Benedetto Croce, attiva tra il 1903 e il 1944.<ref>{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3= Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=Dalla Scapigliatura al Postmoderno | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | p=36 }}</ref>
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== Le avanguardie ==
{{vedi pedia|Avanguardia}}
All'inizio del Novecento esplodono a livello europeo le avanguardie, movimenti artistici che nascono dalla collaborazione tra intellettuali e artisti che elaborano programmi e lavorano per diffonderli sulla scena cultuale.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | p= 875}}</ref> Il loro intento è rompere definitivamente i ponti con le forme più tradizionali dell'arte e della letteratura, e la rottura vuole essere totale, coinvolgendo il linguaggio e il sistema di valori della società, e rimarcando la distanza tra artista e pubblico. Spesso inoltre si creano stretti rapporti tra l'avanguardia artistica e i partiti politici che si collocano su posizioni rivoluzionarie.<ref name="Baldi8">{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3= Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=La poesia, la saggistica e la letteratura drammatica del Novecento | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | p=8 }}</ref>
 
Una delle prime avanguardie, che interessa da vicino la letteratura italiana, è il [[../Futurismo|futurismo]], fondato nel 1909 dal poeta Filippo Tommaso Marinetti. Molti futuristi, nel dopoguerra, seguendo l'ideologia superomistica e antiborghese espressa dal movimento, decideranno di aderire al fascismo. Non per questo bisogna identificare le avanguardie con l'ascesa dei regimi totalitari: basti pensare che molti artisti dell'epoca (non solo futuristi) si illusero che il fascismo avrebbe rappresentato una forza di rinnovamento, mentre un intellettuale di sinistra come [[../Antonio Gramsci|Antonio Gramsci]] guardava al futurismo come base per creare una nuova letteratura proletaria. Inoltre il futurismo ha svolto sulla scena italiana un'importante opera di svecchiamento delle forme espressive. L'esperienza del movimento non si è limitata poi alla sola Italia ma si è allargata a tutta l'Europa e in particolare in Russia, dove il suo maggiore esponente è Vladimir Majakovskij.<ref name="Baldi8"/>
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La tensione al rinnovamento coinvolge anche la poesia, sebbene sia importante sottolineare come nelle esperienze artistiche primo-novecentesche le differenze tra i generi letterari finiscono per sfumare. Si assiste allo sviluppo di elementi che erano già emersi nel [[../Decadentismo|decadentismo]] francese. Nella lirica sono progressivamente abbandonati i condizionamenti della metrica. Se con Gozzano e Pascoli le forme metriche vengono indebolite e sono apportate varie innovazioni, i poeti successivi finiscono per adottare definitivamente il verso libero, che caratterizzerà la produzione dell'intero Novecento. In questo modo la lirica viene incontro alle esigenze di libertà ed espressività proprie del poeta.<ref>{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3= Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=La poesia, la saggistica e la letteratura drammatica del Novecento | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | p=1 }}</ref> Come la poesia, anche la prosa narrativa rifiuterà le forme del romanzo ottocentesco e tenderà a descrivere le nuove concezioni dell'io, ricercando la brevità e l'essenzialità tipiche del frammento.<ref>{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3= Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=La poesia, la saggistica e la letteratura drammatica del Novecento | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | p=1 }}</ref>
 
I nuovi poeti, per la maggior parte di estrazione borghese, sono consapevoli che qualsiasi uso celebrativo della parola è illusorio, e avvertono la frattura tra l'arte e la modernità. Prendendo le distanze dall'esperienza dannunziana, cercano un linguaggio che non falsifichi la realtà ed evitano di partecipare al movimento del mondo. A dare voce a questa condizione di crisi saranno i [[../Crepuscolarismo|crepuscolari]], le cui poesie trattano di argomenti dimessi e di breve respiro.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | p= 863}}</ref>
 
All'inizio del XX secolo si colloca l'esperienza artistica di Dino Campana, che nel 1914 pubblica i ''Canti Orfici''. Negli stessi anni sono poi attivi Clemente Rebora e Camillo Sbarbaro, vicini all'esperienza della ''Voce''. Ancora in parte legata al tardo romanticismo e al modello dannunziano è la poetessa Ada Negri (Lodi, 3 febbraio 1870 – Milano, 11 gennaio 1945), autrice di componimenti ispirati alle rivendicazioni sociali, per poi virare verso temi più intimi e autobiografici.<ref>{{cita libro | titolo=Negri, Ada | opera=Dizionario della letteratura italiana del Novecento | curatore=Alberto Asor Rosa | anno=1992 | editore=Einaudi | città=Torino | p=365 }}</ref> Il libro poetico più rilevante della fase primo-novecentesca è però ''L'allegria'' di [[../Giuseppe Ungaretti|Giuseppe Ungaretti]].<ref>{{cita libro|nome=Alberto|cognome=Casadei|titolo=Il Novecento|url=http://books.google.it/books?ei=XWyzTOytKMzp4gaiptX8Bg&ct=result&hl=en&id=s2DzAAAAMAAJ|editore=il Mulino|città=Bologna|anno=2005}}</ref> Nello stesso tempo, intorno agli anni venti, si viene rafforzando una tendenza antinovecentesca, cioè ostile ai caratteri sperimentali tipici del Primo Novecento, che trovava il suo punto di riferimento nel ''Canzoniere'' di [[../Umberto Saba|Umberto Saba]].
 
== La narrativa ==
Nei primi decenni del Novecento è forte l'influenza sui giovani intellettuali di [[../Gabriele D'Annunzio|D'Annunzio]] da una parte e di [[../Benedetto Croce|Croce]] dall'altra. Rimane però diffuso il desiderio di partecipare ai cambiamenti che caratterizzano la modernità, entrando in polemica con la politica giolittiana. Vengono respinti i principi liberali e democratici, in favore di uno spirito di conquista ispirato al vitalismo dannunziano, che mira a imporre all'orizzonte sociale nuovi e assoluti spazi ideali.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | p= 858}}</ref> Questo spirito tende a esaltare la figura dell'intellettuale e dello scrittore, inteso come promotore del movimento della storia.
 
La narrativa in Italia ha una tradizione molto meno forte rispetto alla lirica, ed è dominata per lungo tempo dal modello de ''I Promessi Sposi'' di [[../Alessandro Manzoni|Manzoni]]. Nel Primo Novecento continuano a occupare la scena della narrativa Gabriele D'Annunzio e [[../Antonio Fogazzaro|Antonio Fogazzaro]]. Ma la critica tende oggi a individuare i testi più significativi fra quelli di [[../Luigi Pirandello|Luigi Pirandello]], che, pur partendo da premesse tardoveriste, si propone nel 1904 come sperimentatore e addirittura precorritore di alcune soluzioni metanarrative con ''Il fu Mattia Pascal'', in cui si colgono le componenti della poetica pirandelliana più tipica: l'antipositivismo e l'antirazionalismo. Particolare rilievo viene data anche al triestino [[../Italo Svevo|Italo Svevo]] e al senese [[../Federigo Tozzi|Federigo Tozzi]].
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== Un intellettuale appartato: Carlo Michelstaedter ==
[[File:Carlo Michelstaedter.png|thumb|Carlo Michelstaedter (autoritratto)]]
Isolata e solitaria è la posizione del giovane filosofo Carlo Michelstaedter (Gorizia, 3 giugno 1887 – Gorizia, 17 ottobre 1910), ricordato per la sua unica opera compiuta, ''La persuasione e la rettorica'', la tesi di laurea che completò poco prima di togliersi la vita. Intriso di pensiero pessimistico, esperto di matematica, di letteratura greca, di Schopenhauer, Nietzsche e [[../Giacomo Leopardi|Leopardi]], estraneo alla letteratura vociana, concentra la sua riflessione sulla contrapposizione tra la ''persuasione illusoria'' su cui si basa la vita umana (tesa ad allontanare la paura della morte) e la ''persuasione autentica'' della vita immediatamente presente a se stessa. «Persuaso» è chi sa impossessarsi del presente, ma la difficoltà di questa situazione dà origine alla ''rettorica'', cioè un insieme di valori apparenti.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | p= 910}}</ref>
 
== Note ==