Storia della letteratura italiana/Giacomo Leopardi: differenze tra le versioni

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I componimenti poetici di Leopardi sono riuniti nella raccolta dei ''Canti''. La prima edizione è pubblicata presso l'editore Piatti di Firenze nel 1831, e comprende dieci canzoni (già uscite nel 1824), i ''Versi'' (pubblicati in precedenza nel 1826) e alcuni scritti giovanili, uniti ad altri testi scritti tra il 1828 e il 1830. La seconda edizione è pubblicata nel 1835 a Napoli da Starita; vengono aggiunte: le poesie del "ciclo di Aspasia", due canzoni (''Sopra un basso rilievo antico sepolcrale'' e ''Sopra il ritratto di una bella donna nel monumento sepolcrale della medesima''), la ''Palinodia'' e alcuni frammenti. L'ultima edizione appare postuma nel 1845 a Firenze per i tipi di Le Monnier. È curata da Ranieri, che segue l'impianto previsto da Leopardi, aggiungendo ''Il tramonto della luna'' e la ''Ginestra''.<ref name="Baldi131">{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3=Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=Manzoni e Leopardi | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | p=131 }}</ref>
 
Quando, nel 1919, Leopardi si allontana dalla cultura della sua prima educazione e approfondisce il suo pessimismo, avverte anche la necessità di una nuova letteratura. Questa tensione è ben visibile negli '''idilli''', componimenti in endecasillabi sciolti nei quali confluiscono elementi autobiografici, sensazioni e sentimenti dell'autore. È importante sottolineare che per Leopardi il termine "idillio" non indica un genere letterario esatto, ma piuttosto una forma poetica indefinita, capace di dare voce al "piacere dell'immaginazione" da lui teorizzato in questa fase della sua vita. Nel 1919 scrive il frammento ''Odi, Melisso'', ''L'infinito'' e ''Alla luna'', a cui seguono ''La sera del dì di festa'' (1820), ''Il sogno'' e ''La vita solitaria'' (entrambi de 1821).<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | p=671 }}</ref>
 
Negli stessi anni in cui, attraverso gli idilli, scopre nuove possibilità per esprimere il suo io, Leopardi non rinuncia a forme poetiche più vicine al classicismo. Le ''canzoni'' composte in questo periodo, tuttavia, si aprono a riflessioni filosofiche: il poeta anche qui si interroga sul senso delle illusioni che caratterizzano la vita umana, seguendo la strada che porterà alla scoperta dell'«arido vero». Tra le canzoni più importanti di questo periodo ci sono quella ''Ad Angelo Mai'' (1820), il ''Bruto minore'' (1821) e l<nowiki>'</nowiki>''Ultimo canto di Saffo'' (1822). Queste ultime due sono dedicate al tema del suicidio.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | pp=672-673 }}</ref>
 
Nel 1822 la forza vitale della poesia leopardiana conosce una battuta d'arresto. In questo periodo approfondisce il pessimismo materialistico e inizia a scrivere le ''Operette morale''. Una nuova attenzione agli affetti e ai sentimenti nasce nella seconda metà degli anni venti. Leopardi non recupera il valore delle "illusioni", ma segue le emozioni e i sentimenti, che riconosce come elementi ineliminabili della natura umana. Durante il suo ultimo soggiorno a Recanati (1828-1830), il poeta compone quelli che sono ricordati come i '''grandi idilli'''. Tra questi, i componimenti più celebri sono la canzone ''A Silvia'' (scritta nell'aprile 1828), ''Le ricordanze'' (agosto-settembre 1828), ''La quiete dopo la tempesta'' e ''Il sabato del villaggio'' (entrambe del settembre 1829), ''Il canto notturno di un pastore errante dell'Asia'' (ottobre 1829 - settembre 1830), ''Il passero solitario'' (di datazione incerta).<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | pp=681-683 }}</ref>
 
[[File:Fanny Targioni Tozzetti.jpg|thumb|Fanny Targioni Tozzetti ha ispirato a Leopardi le liriche del ciclo di Aspasia]]
 
Abbandonata Recanati e trasferitosi a Firenze, Leopardi giunge a una nuova coscienza di sé. In particolare approfondisce il tema dell'amore, che non è da intendere come una relazione reale ma piuttosto come il desiderio del poeta si sentire le emozioni determinate dagli incontri con donne reali. La frequentazione con Fanny Targioni Tozzetti è legata alla composizione delle liriche del '''ciclo di Aspasia''', in cui percorre diverse fasi dell'esperienza amorosa. Leopardi prende le distanze dalla poetica del "vago" e cerca piuttosto una parola che aderisca al suo io attuale.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | pp=684-685 }}</ref>
 
Agli ultimi anni e al periodo napoletano risale la canzone ''La ginestra, o il fiore del deserto'', scritta a Torre del Greco nella primavera del 1836. Qui Leopardi polemizza contro le tendenze spiritualistiche e progressiste, contrapponendovi immagini della violenza della natura (in particolare si sofferma sull'eruzione del Vesuvio e la distruzione delle città di Pompei ed Ercolano nel 79 d.C.). L'ultima canzone scritta dal poeta è ''Il tramonto della luna'', la cui ultima strofa (secondo una tradizione messa in dubbio dagli studiosi) sarebbe stata dettata da Leopardi a Ranieri poche ore prima di morire. I toni sono diversi da quelli della ''Ginestra'', con un paesaggio notturno che rievoca echi della poesia idilliaca dei primi anni.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | pp=690-691 }}</ref>
 
=== Le ''Operette morali'' ===
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L'aspirazione a scrivere dialoghetti satirici sul modello di Luciano risale al 1820 circa, ma è con l'indebolimento della sua vitalità poetica negli anni venti che Leopardi inizia a dedicarsi alla prosa e lavora alle ''Operette morali''. Solo nel 1824 ne realizzerà venti, a cui negli anni successivi se ne aggiungeranno altre. Una prima edizione viene pubblicata a Milano presso Stella nel 1827. Segue una seconda edizione nel 1834, che esce a Firenze. Presso Starita di Napoli esce una terza edizione nel 1835, che però sarà bloccata dalla censura. Infine, nel 1845 viene pubblicata l'edizione postuma a cura di Ranieri, sulla base del piano previsto dallo stesso Leopardi.<ref name="Baldi131" />
 
Leopardi dà vita a una prosa estremamente moderna e originale, distante dai modi linguistici diffusi nell'Italia dell'epoca. È infatti una prosa nitida, lucida, tagliente, la cui "misura classica" proviene dall'equilibrio tra caratteri regionali diversi. È distante dalle proposte avanzate durante la [[../Questione della lingua nell'Ottocento|disputa sulla lingua]], così come dal fiorentinismo usato da Manzoni nei ''Promessi sposi''. È stato definito un linguaggio "lunare" (Ferroni),<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | p=675 }}</ref> che tocca le vette del lirismo ma allo stesso tempo è capace di spingersi verso la più impassibile speculazione filosofica.
 
Il modello per le ''Operette'', oltre al già citato Luciano, sono i dialoghi di Platone: Leopardi propone, nei suoi brevi componimenti, immagini dell'infelicità dell'uomo, attraverso le quali approfondisce la negatività che caratterizza la condizione umana. Esprime il suo pensiero, estremamente originale, attraverso eleganti forme letterarie, confrontando le voci di personaggi diversi e proponendo racconti e invenzioni mitiche. Alcune operette si presentano come narrazioni e riflessioni teoriche, altre sono dialoghi.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | pp=675-676 }}</ref>
 
Oltre all'infelicità dell'uomo viene trattato il tema dell'ostilità della natura, e Leopardi polemizza con le ideologie che pongono ostacoli al raggiungimento della felicità, e irride le dottrine secondo cui l'uomo sarebbe al centro dell'universo. Lo scrittore guarda con distacco e ironia agli uomini, impegnati a inseguire i loro piccoli obiettivi, convinti di avere sottomesso la natura al proprio dominio. Non si accorgono, gli uomini, della marginalità a cui sono invece relegati e della loro reale infelicità.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | p=676 }}</ref>
 
== Note ==