Storia della letteratura italiana/Ugo Foscolo: differenze tra le versioni

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La vita di Ugo Foscolo è segnata da un senso di provvisorietà e instabilità, che lo porterà a cercare sempre esperienze e situazioni nuove. Deluso dall'esito delle campagne napoleoniche, che avevano imposto in Italia un potere tirannico, il poeta rifiuta ogni legame sociale e familiare, lasciandosi trasportare dalle occasioni e conducendo un'esistenza erratica. Il suo è un io irrequieto, che attraverso la poesia farà sentire il valore assoluto della sua personalità, contrapposta al mondo e alla sua negatività. Tutta la sua esperienza di vita e di intellettuale ruota attorno a tre nuclei: la letteratura, la politica e l'amore. Partendo da posizioni vicine alla cultura illuministica e libertaria settecentesca, Foscolo se ne distacca per approdare a un pessimismo e a un'inquietudine che lo avvicinano ormai al [[../Romanticismo|Romanticismo]].<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | pp= 568-569}}</ref>
 
== La vita ==
[[File:Ugo Foscolo.jpg|thumb|left|Ritratto di Ugo Foscolo, 1813, di François-Xavier-Pascal Fabre, presso la Biblioteca Nazionale di Firenze.]]
Niccolò Foscolo (si farà chiamare Ugo solo dal 1795<ref name="Ferroni566">{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | p= 566}}</ref>) nasce il 6 febbraio 1778 a Zante, isola delle Ionie appartenente alla Repubblica di Venezia e anticamente nota come Zacinto. Il padre Andrea è un medico di origine veneziana, mentre la madre Diamantina Sphantis è greca. Le sue origini greche avranno un grande valore simbolico per Foscolo, soprattutto alla luce della sua poetica.
 
Studia nel seminario di Spalato e alla morte del padre (1785) si trasferisce con la madre prima a Zante, poi a Venezia, dove inizia a scrivere versi e si attira i favori di [[../Melchiorre Cesarotti|Melchiorre Cesarotti]],<ref>{{cita libro | Giuseppe | Petronio | L'attività letteraria in Italia | 1969 | Palumbo | Palermo | p=573}}</ref> suo docente all'università di Padova. Riesce anche a farsi ammettere al salotto dell'aristocratica Isabella Teotochi Albrizzi, grazie alla quale conosce [[../Ippolito Pindemonte|Ippolito Pindemonte]] e Aurelio Bertola de' Giorgi.<ref name="Ferroni566" /> In questi anni si dedica allo studio dei classici latini e greci, interessandosi anche alla cultura illuministica settecentesca.
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L'arrivo delle armate napoleoniche in Italia esalta il suo spirito rivoluzionario. Di orientamento giacobino, si impegna nell'attività politica. Lascia la città lagunare per sfuggire alle repressioni del governo e si rifugia per un certo periodo sui Colli Euganei. Quindi, nel gennaio 1797 presenta con successo la tragedia ''Tieste'', costruita sui modelli di [[../Vittorio Alfieri|Alfieri]].<ref name="Ferroni566" /> La fortuna dell'opera, però, attira su di lui i sospetti del governo veneziano. Ripara a Bologna, all'epoca parte della Repubblica Cispadana, dove si arruola nel corpo dei cacciatori a cavallo e pubblica l'ode ''A Napoleone liberatore''. A maggio torna a Venezia, ormai occupata dai francesi. La lascia nuovamente dopo il trattato di Campoformio (17 ottobre 1797), con il quale la Francia cede Venezia all'Austria. Si infrangono così i sogni di indipendenza della città. Foscolo inizia a rendersi conto dell'ambiguo atteggiamento dei liberatori francesi.
 
Trasferitosi nella neonata Repubblica Cisalpina, vive tra Milano e Bologna, dove entra in contatto con gli intellettuali giacobini, conosce l'anziano [[../Giuseppe Parini|Parini]] e [[../Vincenzo Monti|Vincenzo Monti]].<ref name="Ferroni567">{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | p= 567}}</ref> Qui inizia a scrivere le ''Ultime lettere di Jacopo Ortis'', di cui pubblica le prime pagine. Si arruola anche nell'esercito, nella Guardia Nazionale, e viene ferito durante l'assedio di Genova.
 
Con il dominio di Napoleone in Italia in seguito alla battaglia di Marengo (1800), si sposta in Francia al seguito del generale Pino, che progetta di invadere l'Inghilterra. Durante il soggiorno francese traduce l<nowiki>'</nowiki>''Iliade'' e il ''Tristram Shandy'' di Sterne. Abbandonato il piano anti-inglese, Foscolo torna a Milano, dove rimane tra il 1806 e il 1812. In questi anni, particolarmente prolifici, collabora a varie riviste letterarie, termina e pubblica le ''Ultime lettere di Jacopo Ortis'', i sonetti, le odi, i ''Sepolcri'' e inizia ''Le Grazie''. È anche un periodo di intense passioni, durante il quale ha varie amanti. Nel 1808 gli viene assegnata la cattedra di eloquenza all'università di Pavia, succedendo a Monti. L'esperienza ha però breve durata, poiché la cattedra viene subito soppressa. A Foscolo è concesso di tenere un corso, inaugurato con la prolusione ''Dell'origine e dell'ufficio della letteratura'' (22 gennaio 1809).
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Nel dicembre 1811 la rappresentazione della tragedia ''Ajace'', che contiene accenni polemici verso il governo napoleonico, gli attira critiche. La sua situazione diventa ancora più difficile dopo la violenta rottura con Monti. Costretto a lasciare il Regno d'Italia, si rifugia a Firenze. Con la crisi del potere di Napoleone torna nell'esercito del Regno. Gli austriaci, tornati padroni del Nord Italia, gli offrono nel 1815 la direzione della «Biblioteca Italiana», con l'intento di facilitare l'inserimento degli intellettuali italiani nel nuovo regime. Dopo vari tentennamenti, Foscolo rifiuta e fugge prima in Svizzera e poi a Londra.
 
Nell'ultima fase della sua vita scrive in qualità di critico e letterato, facendo conoscere la letteratura italiana agli inglesi. Si ricongiunge con la figlia Floriana, nata dall'amore per una donna inglese conosciuta in Francia e in seguito morta. In Inghilterra alterna momenti di floridezza economica ad altri di miseria. Ormai malato e costretto a nascondersi dai creditori, muore in un sobborgo di Londra il 10 settembre 1827. Nel 1871 le sue spoglie sono trasferite a Firenze nella Chiesa di Santa Croce, accanto ai grandi italiani citati nei ''Sepolcri''.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | p= 568}}</ref>
 
== Le ''Ultime lettere di Jacopo Ortis'' ==
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Il conflitto di Jacopo Ortis con la società si riflette non solo sul piano privato ma anche su quello della politica. Werther sentiva di non potersi identificare con la sua classe di provenienza, la borghesia, e veniva respinto dall'aristocrazia per via delle sue origini sociali. In Ortis invece è forte il senso della mancanza di una patria. In lui c'è la disperazione per il fallimento della rivoluzione e per l'instaurarsi di un potere straniero, quello napoleonico, che viene vissuto come tirannico.<ref name="Baldi107">{{cita libro | autore1=Guido Baldi | autore2=Silvia Giusso | autore3=Mario Razetti | autore4=Giuseppe Zaccaria | titolo=Alfieri e Foscolo | opera=Moduli di letteratura | anno=2002 | editore=Paravia | città=Torino | p=107 }}</ref>
 
In Teresa sono riunite tutte le speranze del giovane Jacopo. La sua è una figura di donna-angelo, di ascendenza stilnovista e petrarchesca. La sua è una bellezza fisica e spirituale, espressione di un'armonia assoluta, ma possiede anche una sensualità moderna, che viene tenuta a freno dalle convenzioni sociali. All'inafferrabilità della donna corrisponde l'impossibilità per Jacopo, scrittore mancato, di lasciare una traccia di sé attraverso l'arte.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | pp= 574 }}</ref>
 
Di fronte al tradimento degli ideali patriottici di libertà e democrazia, a Ortis non rimane che scegliere la morte, vista in termini materialistici come nulla eterno e unica via di uscita da una situazione negativa a cui non ci sono alternative. Le ''Ultime lettere di Jacopo Ortis'', però, non si limitano a essere un'opera nichilista. Al suo interno è possibile scorgere la ricerca di valori positivi, che vengono individuati negli affetti, nella famiglia, nella poesia e nella tradizione culturale italiana.<ref name="Baldi107" />
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{{quote|Didimo è l'anti-Ortis, o per meglio dire l'Ortis sopravvissuto, divenuto letterato, traduttore, commentatore, meglio disposto all'indulgenza verso sé e verso gli altri, ma con nell'animo integri gli ideali e i sentimenti di un giorno: un Ortis che, scrutato a fondo, si rivela a dir del suo autore, più disingannato che rinsavito.}}
 
Come Yorick, il protagonista e narratore del''Viaggio sentimentale'', anche Didimo Chierico è un ecclesiastico, un chierico appunto, la cui condizione lo rende un personaggio itinerante e senza un suo posto nel mondo. Conosce le contraddizioni dei tempi, pur rimanendovi estraneo, e ha conosciuto sia la vanità della società sia la durezza della vita militare. Disprezza l'invadenza dei letterati ed eruditi, ma allo stesso tempo assume atteggiamenti di ironica pedanteria.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | p= 581}}</ref>
 
== Le ''Grazie'' ==