Storia della letteratura italiana/Giovanni Boccaccio: differenze tra le versioni

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Continua la corrispondenza con Petrarca, a cui seguono vari incontri durante i quali i due letterati si scambiano volumi di classici. Boccaccio scrive ora opere in latino, in cui riflette con toni moralistici sulle vicende umane. Abbandona così l'idea della letteratura come diletto e inizia a scrivere opere per un pubblico dotto. Influenzato dal pacato cristianesimo dell'amico, dopo il 1350 conosce un rivolgimento spirituale, durante il quale dà ordine all'irrequietezza che aveva caratterizzato i suoi anni giovanili, prende gli ordini minori, diventa chierico e gli viene assegnata una cura d'anime. Dopo il 1360 Petrarca e Boccaccio sono ormai due protagonisti del rinnovamento culturale europeo: la casa di Boccaccio a Firenze diventa un punto di riferimento per gli intellettuali dell'epoca.
 
Nel 1370 tenta ancora una volta di tornare a Napoli, ma il viaggio si rivela una nuova delusione. Precocemente invecchiato, sofferente di idropisia e scabbia, si dedica a una revisione stilistica del ''Decameron'' e al completamento della ''Genealogia Deorum gentilium'', la sua maggiore opera in latino. Nel 1373 viene invitato dal comune di Firenze a tenere una serie di letture pubbliche, con commento, della ''Commedia'' di Dante. Muore a Certaldo il 21 dicembre 1375.<ref>''Cronologia'' in {{cita libro|autore=Giovanni Boccaccio|curatore=Vittore Branca|titolo=Decameron|editore=Mondadori|città=Milano|anno=1989|pp=XLIX-LIX}}</ref><ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | pp=162-165 }}</ref>
 
== Opere del periodo napoletano ==
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Il ''Filostrato'' (che alla lettera dovrebbe significare nel greco approssimativo del Boccaccio "vinto d'amore") è un poemetto scritto in ottave che narra la tragica storia di Troilo, figlio del re di Troia Priamo, che si era innamorato della principessa greca Criseida. La donna, in seguito a uno scambio di prigionieri, torna al campo greco, e dimentica Troilo. Quando Criseida in seguito si innamora di Diomede, Troilo si dispera e va incontro alla morte per mano di Achille.
 
La datazione dell'opera è problematica: alcuni storici la collocano prima del ''Filocolo'', altri alla fine del periodo napoletano.<ref name="Ferroni167">{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | p=167 }}</ref> Boccaccio si confronta in maniera diretta con la precedente tradizione dei cantari, fissando i parametri per un nuovo tipo di ottava essenziale per tutta la letteratura italiana fino al Seicento. Il linguaggio adottato è difficile, altolocato, spedito, a differenza di quello presente nel ''Filocolo'', in cui è molto sovrabbondante.
 
=== Il ''Filocolo'' ===
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== Opere del periodo fiorentino ==
[[File:BoccaccioPavek.jpg|thumb|Busto del Boccaccio presso la Chiesa dei Santi Jacopo e Filippo a Certaldo]]
Nel 1340-1341 Boccaccio lascia la corte napoletana e torna a Firenze. I modi della letteratura cortese a cui si era formato vengono ora adattati alla nuova realtà borghese in cui si trova a vivere e operare.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | p=168 }}</ref>
 
=== ''Comedia delle ninfe fiorentine'' ===
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{{vedi source|Decameron}}
[[File:Waterhouse decameron.jpg|thumb|I protagonisti del ''Decameron'' in un dipinto di John William Waterhouse, ''A Tale from Decameron'', 1916, Lady Lever Art Gallery, Liverpool]]
L'opera maggiore di Boccaccio è il ''Decameron''. Lo scrittore inizia a lavorarvi subito dopo la peste di Firenze del 1348 e lo completa nel 1351. Tuttavia, sembra che molte novelle siano state abbozzate prima del 1348, anche se non è possibile ricostruire le fasi della redazione. Non sono note neanche le modalità con cui il libro fu diffuso. La IV giornata inizia infatti con un'introduzione che sembra rispondere a delle critiche: da qui nasce l'ipotesi che le prime tre giornate fossero state pubblicate a parte, prima che le altre fossero finite. Boccaccio inoltre continuerà a lavorare al testo per tutta la vita, rileggendo e revisionando le novelle. Questo è dimostrato da un importante manoscritto autografo risalente al 1370, conservato nel codice di Berlino Hamilton 1470.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | p=171 }}</ref>
 
Volto ad alleviare le pene amorose delle fanciulle, il ''Decameron'' contiene cento novelle, dieci al giorno per dieci giorni (da qui il titolo, dal greco ''deka'', "dieci", ed ''hemérai'', "giorni"), ognuna introdotta da una rubrica, narrate da dieci giovani rifugiati a Fiesole per sfuggire alla peste di Firenze, che fa da cornice all'intera opera. Per '''cornice''' si intende un racconto al cui interno vengono inserite le cento novelle, fornendo loro un contesto. È una forma che Boccaccio riprende dalla tradizione medievale, ma che è rintracciabile anche in altre culture (si pensi alle fiabe arabe delle ''Mille e una notte'').
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}}
 
Il libro si apre con la terribile descrizione della peste di Firenze, a cui è opposta la vita spensierata dei giovani nel loro ritiro in campagna. Al caos della città viene contrapposto l'ordine istituito dalla brigata. Boccaccio cura con particolare attenzione la struttura del libro, creando una sottile rete di richiami tra le cornici e le novelle, oltre che tra novella e novella. Attraverso un complesso gioco di simmetrie e di echi interni, la narrazione mette ordine a una serie di vicende e di personaggi tra loro contrastanti.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | p=176 }}</ref>
 
Il ''Decameron'' presenta una grande varietà di temi, di ambienti, di personaggi e di toni; si possono individuare come centrali i temi della fortuna, dell'ingegno, della cortesia, dell'amore. Le novelle sono inserite, come si è detto, in una cornice narrativa, di cui costituiscono passi importanti il proemio e l'introduzione alla I giornata, con il racconto della peste, e la conclusione che offre la risposta dell'autore alle numerose critiche che già circolavano sulla sua opera. La sua originalità ha però avuto seguaci nella storia della letteratura, anche europea.
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=== Lingua e stile ===
Boccaccio interviene direttamente nel testo solo in tre punti: nel proemio, nell'introduzione alla IV giornata e nella conclusione. Nel resto della narrazione segue uno stile puramente oggettivo, evitando le allusioni autobiografiche che avevano caratterizzato la sua produzione precedente.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | p=172 }}</ref> La lingua utilizzata è il volgare fiorentino, a volte affiancato da espressioni di altri dialetti italiani. Il suo modello è però la prosa latina, alla quale cerca di conformare il ritmo della sua prosa in volgare. Stile e registro sono molto vari, tuttavia i più utilizzati sono il comico e il realistico.
 
Anche Brunetto Latini e Dante avevano seguito la strada della latinizzazione della prosa volgare, costruendo il periodo secondo rigore razionale. Boccaccio invece tenta di unire razionalità e aderenza alle situazioni. Utilizza periodi molto ampi, che descrivono con precisione i diversi aspetti della realtà. È però anche una prosa che si compiace della propria elevazione, e che quindi può descrivere le cose mantenendo sempre un certo distacco. Allo stesso tempo è in grado di fare propri tutti i diversi livelli linguistici, dal sublime a quello più basso e concreto.<ref>{{cita libro | Giulio | Ferroni | Profilo storico della letteratura italiana | 20012003 | Einaudi | Torino | pp=179-180 }}</ref>
 
== Opere della vecchiaia ==