Diritto del commercio internazionale/Documenti richiesti per l'export e import: differenze tra le versioni

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==== Halal certificate (Certificato halal) e il concetto di halal VS haram ====
Il certificato '''[[ḥalāl]]''' (alfabeto arabo: <big>'''حلال'''</big>) viene richiesto nel momento in cui si esporta la carne (e talvolta prodotti chimici e cosmetici) nei paesi arabi o in cui vige un'osservazione piuttosto stretta della religione musulmana. La parola araba halal significa "lecito" (in questo contesto, con un connotato religioso e profondamente legato alla cultura musulmana/islamica) e il suo antonimo è [[Harām|'''ḥarām''']] (<big>'''حرام'''</big> "proibito"). Il certificato halal indica che la produzione di solito della carne o del prodotto a base di carne ha seguito la metodologia indicata nella [[Sunna]] e accettata dalla cultura islamica, altrimenti è un prodotto haram. Per la precisione, si richiede che l'animale sia ucciso con un singolo taglio sulla gola da cosciente e senza che il collo sia danneggiato. L'animale viene quindi lasciato a dissanguare completamente<ref>{{Cita web|url=https://www.exportiamo.it/aree-tematiche/12635/la-certificazione-halal-cose-e-come-si-ottiene/|titolo=La certificazione Halal: cos'è e come si ottiene|sito=Exportiamo.it|lingua=it|accesso=2021-02-27}}</ref>. La carne non va trattata con sostanze haram, con cui non deve quindi entrare mai in contatto (e.g. alcol, vino, sangue, carne di maiale, feti animali, insetti, rettili e OGM). Dunque, si utilizza una macellazione rituale detta ''Dhabīḥa.'' La filiera produttiva haram, se presente, va tenuta completamente separata da quella halal. Una società può produrre prodotti halal e haram (e cioè produrre due linee di prodotti) a patto che i primi vadano certificati e che le due produzioni siano separate. L'uccisione halal viene talvolta criticata in primis dalle associazioni di [[Animalismo|animalisti]]. In Europa, la macellazione halal non contraddice i requisiti minimi della macellazione scelti da ciascun singolo paese, siccome non c'è l'obbligo inderogabile di stordire l'animale prima dell'uccisione. Il personale lavoratore, di base, deve essere istruito su queste modalità di macellazione. In Italia, la certificazione halal viene rilasciata da enti accreditati come la Halal Italia Srl. Alcune regole standard in Italia derivano dalla [[Comunità Religiosa Islamica Italiana]] COREIS. I prodotti halal riportano un logo facilmente riconoscibile sulla confezione di proprietà della COREIS. Per ottenere la certificazione, alla pari di quella sanitaria e fitosanitaria, si manda una richiesta all'ente certificatore apposito che, a seguito della stipulazione del contratto di certificazione, effettua i dovuti controlli dei processi produttivi e dei prodotti finali e rilascia il certificato che attesta che la produzione è halal e dà la possibilità di usare il logo. Tutti i prodotti o delle particolari linee di prodotti creati da una ditta con certificazione halal saranno halal. Siccome i controlli vanno anche a sondare la qualità nella produzione e non ci sono divieti di consumo nei confronti dei non musulmani, questi prodotti possono essere consumati anche da questi ultimi. La qualità assicurata, il rispetto della religiose e il consumo pari a parecchi miliardi di dollari l'anno in tutto il mondo fanno di "halal" un vero e proprio [[Marca (commercio)|brand]] internazionale. In particolare, questa certificazione può contribuire a migliorare l'export di carne in tutto il mondo arabo o in paesi con una forte componente di popolazione di fede islamica, a prescindere che sia araba o autoctona (si pensi a paesi come l'[[Indonesia]]). Come accennato in precedenza, il concetto di halal riguarda anche la produzione di cosmetici (detergenti, creme, trucchi, profumi, gel, struccanti e tinture per capelli) e sostanze chimiche. Per esempio, non bisogna usare specificamente l'[[alcol etilico]] o "etanolo" (prodotti alcol-free) e prestare attenzione alle sostanze di origine animale nella loro produzione (si pensi al collagene e gelatina) e all'estrazione di [[Olio essenziale|oli essenziali]] siccome, se chimica e non al vapore, implica l'uso di alcol. Anche i disinfettanti, che non possono contenere alcol etilico siccome provoca ebbrezza, a differenza dell'[[alcol cetilico]] e [[alcol cetearilico]]. Alcuni enti vietano la sperimentazione su animali. Le bevande alcoliche (vino e birra) sono haram; fanno eccezione le bevande analcoliche. L'aceto è halal se si forma spontaneamente, senza intervento umano diretto tale per cui si aggiungono sostanze al vino, e se contiene una quantità di alcol insufficiente per inebriare la mente (la sua natura halal è certificabile, a prescindere che si usi per condire o pulire). Tutte le droghe sono haram. Il caffè, contenente caffeina, può essere certificato halal. Il tè, contenente teina, è halal. La [[Red Bull]] è halal siccome non è a base di alcol. Solo gli animali marini che hanno le squame sono halal, quindi le razze, molluschi, cozze e vongole, granchi, gamberi e aragoste sono haram. Gli insetti, i rettili e le rane, pure se commestibili, sono haram. Solo i volatili dotati di piume e non rapaci sono halal, gli altri (e.g. aquile e pipistrelli) sono haram.
 
Questo certificato si può trovare o indicare in sezioni del contratto di compravendita internazionale avente un titolo simile a "'''Certificate of inspection by the seller/buyer/third party'''" (Certificato di ispezione da parte del venditore/compratore/terza parte). In questo caso, spetta a una terza parte, che peraltro in partenza è una garanzia siccome il controllo avviene da un ente indipendente.
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Il [[certificato di origine]] è un documento che indica il luogo di produzione o estrazione delle merci o in cui è avvenuta l'ultima fase di lavorazione del prodotto se le varie fasi avvengono in luogo diverso (si pensi ai casi di [[outsourcing]] e alla [[Delocalizzazione (economia)|delocalizzazione]] del lavoro in un contesto di globalizzazione della filiera produttiva). Non è un documento rappresentativo della merce, quindi non è nemmeno negoziabile; in più, non accompagna la merce durante il suo viaggio (cioè, non è un documento accompagnatorio). Viene utilizzato quando si esporta al di fuori dell'Unione Europea (per alcuni prodotti potrebbe non essere obbligatorio) per capire se si devono imporre dazi e quali (imposizione daziaria) e per capire se ci sono restrizioni all'importazione; può essere richiesta per aprire la lettera di credito (sia base che standby) se si sceglie come metodo di pagamento internazionale e mette per iscritto nel contratto di compravendita. Se l'export non attraversa i confini comunitari, l'origine della merce è già indicata sulla fattura commerciale. Il possesso del certificato di origine non certifica la spedizione. Questo documento si richiede alla [[Camera di commercio]] in cui l'impresa che esporta ha la sede legale e a cui si invia la richiesta (anche online su piattaforma Cert'O) e i dati probatori (se essi contengono dichiarazioni mendaci, l'impresa è soggetta a sanzioni penali a meno che sbarra il certificato in penna e ne invia una scansione per annullare il documento). In casi eccezionali, la Camera di commercio territoriale dà il permesso all'esportatore di chiedere questo documento rilasciato dalla Camera di commercio della zona in cui si esporta (anche loro possono rilasciare un certificato di origine). Il certificato di origine ha validità illimitata se i dati certificati rimangono gli stessi e non avvengono modifiche negli imballaggi delle merci. Del certificato di origine, si rilascia entro pochi giorni (e.g. 5 giorni lavorativi) il documento originale e tre copie. Al 2021, non esiste ancora la versione elettronica e dematerializzata/paperless di questo documento. Il principale costo di produzione di questo documento consiste nel pagamento dei diritti di segreteria (per esempio, nella Camera di Commercio di Bergamo e di Firenze al 2021 per un originale e e una sola copia sono in totale 10€). I principi generali per il rilascio dei certificati di origine delle merci sono indicati nella guida emessa dal [[Ministero dello sviluppo economico|Ministero dello Sviluppo Economico]] (MISE) d'intesa con [[Unioncamere]] nazionale detta "CERTIFICATI COMUNITARI D'ORIGINE Disposizioni per il rilascio da parte delle Camere di Commercio Industria Artigianato e Agricoltura" (il rilascio è notificato dalla nota ministeriale n° 75361 del 26/8/2009); quanto invece alla richiesta del "certificate of origin" all'estero, si consultano le "Disposizioni per il rilascio dei certificati di origine e dei visti per l'estero" (Allegato alla nota circolare n° 62321 del 18/03/2019).
 
Un tipo particolare di certificato di origine è il GSP Form A, che viene usato negli scambi tra l'Unione Europea e i Paesi in Via di Sviluppo (PVS) inseriti in appositi elenchi (svariati di essi sono paesi asiatici, ragion per cui è molto usato in Asia). La sigla "GSP" significa "Generalised System of Preferences", letteralmente "Sistema generalizzato delle preferenze". Il GSP Form A va compilato dagli esportatori dei PVS. Con questo documento e le informazioni in esso contenute, si possono applicare le eventuali esenzioni totali o parziali dai dazi sulla merce nel momento in cui essa viene importata dentro i confini comunitari. Il GSP Form A non va utilizzato quando sono gli europei a esportare verso i PVS. Il regolamento europeo alla base del GSP Form A è il regolamento UE n. 978/2012, in vigore dal 1º gennaio 2014.  
 
==== Export license (Licenza di esportazione/"Documento di accompagnamento esportazione" DAE) ====