Abulafia e i segreti della Torah/Parabola della Perla 7: differenze tra le versioni

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= LA PARABOLA DELLA PERLA E SUE INTERPRETAZIONI =
== Cambiare la Natura coi Nomi Divini ==
L'approccio naturalista di cui ci siamo occupati nella sezione precedente che elabora la svolta di Maimonide all'interno della cornice ebraica, è accoppiato con un altro approccio. Questo approccio ricorre alloalla stessostessa insiemeserie di termini discussi ''supra''. Abulafia descrive i tre nomi divini che hanno la capacità di cambiare l'ordine della natura nel suo primo libro come "divini [''Elohiyyim''] [e loro] cambiano natura [''Ṭevaʿ''],<ref>''Ṭevaʿ'' e ''Kisseʾ'', che ammontano a 81, sono spesso collegati negli scritti di Abulafia e nei primi scritti di Rabbi Joseph Gikatilla. Cfr. Idel, "Deus sive Natura" e Ms. Firenze, Laurenziana, Plut. II. 48, fol. 70b, dove queste due entità sono descritte come comprendenti "cielo e terra e le loro schiere". Su ''Kisseʾ'' e ''Ṭevaʿ'' si veda anche Ms. Firenze, Laurenziana, Plut. II. 48, foll. 75b e 78a, dove sono menzionati insieme ''Kisseʾ'', ''Ṭevaʿ'' e ''Anokhi''. Cfr. anche il passo abulafiano del Ms. Paris, BN 770, fol. 208a tradotto di seguito in questa Sezione. Sulla natura incorporea della sede divina, cfr. ''Or ha-Śekhel'', 72. Per Gikatilla, cfr. ''Ginnat Egoz'' (Hanau, 1615), foll. 5cd, 12d, 13a, 13b. Entrambi possono riferirsi, come ha osservato Warren Zev Harvey, alla distinzione di Maimonide nella ''Guida'', 1:9, Pines, 1:34-35, dove "trono" rimanda ai cieli eterni e "natura" rimanda al mondo sublunare della generazione e corruzione (cioè la terra). È interessante notare che questa gematria, che ricorre tante volte nella Cabala di Abulafia e in quella del primo Gikatilla, scompare negli scritti teosofici successivi di quest'ultimo come parte di un cambiamento di asse relativo alle diverse strutture profonde che informano i suoi due stadi: naturale/ linguistica nel primo periodo e la sfera divina per il periodo successivo.</ref> [poiché] sono il trono [''ha-Kisseʾ''] e questo è il segreto de[il versetto]<ref>{{passo biblico2|Esodo|31:18}}.</ref> ‘È il Dito di Dio’ [''Eṣbaʿ Elohim'']; cioè, il dito cambia natura in virtù del citato ''Elohim'', che è l'attributo del giudizio."<ref>''Geṭ ha-Šemot'', Ms. Oxford, Bodleian 1682, fol. 101b. Su questa opera di Abulafia, cfr. Idel, "Abraham Abulafia’s Works and Doctrine", 4–5. Sul "dito di Dio" in Abulafia, si veda anche Idel, ''Absorbing Perfections'', 260–61.</ref> In questo contesto, il cabalista accenna ai valori numerici di tre nomi divini: il cosiddetto nome di 72 lettere, ''Adonai'' [= 65], e il Tetragramma [= 26], che ammontano a 163, come ''Eṣbaʿ''. Ciò significa che è possibile cambiare il corso della natura che è stata creata dal nome ''Elohim'' attraverso il ricorso ad altri tre nomi divini che si intendono precedenti al termine "dito" nei versetti biblici. Quindi, ciò che Maimonide non fece (per spiegare il significato del dito divino in un capitolo lessicografico separato) è fornito da Abulafia. Qui possiamo scorgere l'intersezione tra l'interpretazione filosofica e quella cabalistica orientata ai nomi divini: il dito divino che può cambiare natura non è un'entità antropomorfa, parte del corpo divino, ma in realtà qualcosa di divino che è costituito dai nomi di Dio che sono concepiti come superiori al nome ''Elohim'', legato com'è alla struttura della natura.
 
L'assunto che sia possibile cambiare la natura per mezzo di nomi divini è una continuazione di una visione sull'incantesimo dei mondi superni per mezzo di linguaggi che si trova nel ''Commentario allo Sefer Yetzirah'' dell'insegnante di Abulafia, Rabbi Baruch Togarmi.<ref>Si veda l'analisi di Idel in "Incantations, Lists, and ‘Gates of Sermons,’" 503–4. Per il cambiamento della natura per mezzo del nome divino, cfr. anche Rabbi Joseph Gikatilla, ''Ginnat Egoz'', 337.</ref> In un testo anonimo che ho dimostrato essere stato scritto da Abulafia e che si trova nei manoscritti insieme al ''Commentario'' di Togarmi, c'è un'interessante presentazione nel senso che...
{{q|il segreto del primo uomo<ref>Confrontando questo testo con il successivo, in cui il Messia è menzionato in un contesto simile, possiamo supporre che il primo uomo sia il Messia.</ref> che regna su tutte le parti del linguaggio in virtù della conoscenza del detto nome [...] e in forza del potere del nome menzionato su tutte le nature del mondo, [...] è il segreto di ''Kisseʾ'', come ti ho detto in relazione ad ''Anokhi'', e questo è il motivo per cui Egli giura a chiunque mi evoca, per il potere di questo nome come è appropriato, di mettere in atto ciò che vuole fare cambiando la natura di tutte le ''naturata'', e il segno delle lettere di questo nome equivale al numero ''Qayyam'',<ref>150 è il numero di combinazioni delle lettere del Tetragramma.</ref> tratto dai 613 comandamenti, e il calcolo e le lettere sono ''Anokhi Qayyam'',<ref>Sul termine ''qayyam'' quale parallelo a monade e "idea", si veda il materiale pitagorico discussso da Yitzhak Tzvi Langerman, "The Astral Connections of Critical Days: Some Late Antique Sources Preserved in Hebrew and Arabic", in ''Astro-Medicine: Astrology and Medicine, East and West'', curr. Anna Akasoy, Charles Burnett, e Ronit Yoeli-Tlalim (Firenze: SISMEL, 2008), 106.</ref> il cui segreto è ''Raʾl'',<ref>Il numero delle combinazioni di due lettere, secondo lo ''Sefer Yetzirah''.</ref> il cui significato è ''Arkhi'' che in greco è ''Rešit''.<ref>Ms. Paris, BN 770, fol. 208a, Ms. New York, JTS 1884, foll. 3b–4a:
{{Lingua ebraica|סו דדא" ם רהאשו ן נז ה כרוהוא שולט על כל חלקי השפהבידי עתזה הש םנזהכרוז המו ש רה עילו שחלק י השע הניי מנ ם "אף שע ה ו הו אולש ט כבח הש םנזהכר על כל טב ע בשו על ם ו הו אודס כס אמכו שוהד ע י תך במלתאנכי וע ל ז ה נשב ע למשביעיני בכ ח ז ה השםכראו י לע ו שת מהשירצ השבוני טב ע כלמהו טבעי ם . וסימ' אותיו' זה הש םני"מ ן י"ק ם תמירג מצות וכ לל החשוןב והאותיו' אנכי קי םסוו דם ר "א לפישרו שו ארכי שו הא בלשו ןוןי ראשי ת}}
שע ה ו הו אולש ט כבח הש םנזהכר על כל טב ע בשו על ם ו הו אודס כס אמכו שוהד ע י תך במלתאנכי וע ל ז ה נשב ע למשביעיני בכ ח ז ה השםכראו י לע ו שת מהשירצ השבוני טב ע כלמהו טבעי ם . וסימ' אותיו' זה הש םני"מ ן י"ק ם תמירג מצות וכ לל החשוןב והאותיו' אנכי קי םסוו דם ר "א לפישרו שו ארכי שו הא בלשו ןוןי ראשי ת}}
Su questo testo e la sua affinità con Abulafia, cfr. Idel, "Abraham Abulafia’s Works and Doctrine", 30. Sulle gematrie multilingue, cfr. Idel, "Multilingual Gematrias in Abraham Abulafia". Per una discussione parallela, cfr. il brano da Ms. Firenze, Laurenziana, Plut. II. 48, fol. 70b, succitato, come anche ''Sitrei Torah'', 71. Questi paralleli sono sufficienti a dimostrare quanto i testi anonimi trovati in questi pochi manoscritti siano connessi ai libri identificati con Abulafia come autore. Sulla gematria ''Anokhi'' = ''Kisseʾ'' = ''Ṭevaʿ'' = 81, si veda il primo testo di Gikatilla, ''Commentario su Maʿaśeh Berešit'', trovato in Ms. New York, JTS 1891, fol. 70a–b, tradotto nella precedente Sezione. Cfr. anche il libro della scuola di Abulafia, ''Ner Elohim'', 46:
{{Lingua ebraica|וה מל ה לאי ה" םוהאי" ה למאוא ם טהב ענוכ י נבד ל במי דל הוכנ ה נקר אלאהי" ם"פ ו סשודו הכס ו אנ סתרו אכסה. כי" כו ס ישועות אשובא שםידוד אקרא " (תהלי םט:ז קיג)}}
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Così, pur sminuendo, e forse addirittura cancellando, il ruolo dell'intervento divino nella rivelazione connessa alle tavole della Legge, Abulafia accresce la possibilità che il conoscitore umano del nome divino (i profeti o il Messia) cambi il corso della natura. Va sottolineato che il potere dei nomi è menzionato insieme a figure d'élite e che è per motivi di redenzione, non per scopi magici come lo usavano i rabbini, impresa che Abulafia critica ferocemente. Menzionando la natura, Abulafia continua una tradizione trovata in Abraham ibn Ezra, che fu influenzato dalle opinioni di Al-Ġazālī e Avicenna, sulla possibilità di cambiare il corso della natura aderendo al reame superno che, a loro avviso, è universale.<ref>Cfr. Ravitzky, ''History and Faith'', 154–204; Wolfson, "God, the Demiurge and the Intellect: On the Usage of the Word Kol in Abraham ibn Ezra", 77–111; Howard Kreisel, "Miracles in Medieval Jewish Philosophy", ''JQR'' 75, nr. 2 (1984):99–133; Kreisel, "The Term ''Kol'' in Abraham ibn Ezra", 29–66.</ref> Inoltre, secondo due testimonianze rinvenute negli scritti di [[w:Flavio Mitridate|Flavio Mitridate]], Abulafia fece miracoli a Palermo.<ref>Cfr. Saverio Campanini, "Guglielmo Raimondo Moncada (alias Flavio Mitridate), traddutore di opere cabbalistiche", in ''Guglielmo Raimondo Moncada alias Flavio Mitridate. Un ebreo converso siciliano'', cur. Mauro Perani (Palermo: Officina di Studi Medievali, 2008), 62.</ref>
 
Per inquadrarlo in maniera più generale: mentre Abulafia era interessato alla natura sia esterna che, cosa più importante, interna, immaginando che quest'ultima influenzasse la prima o la natura esterna, i cabalisti teosofici assumevano la centralità del reame divino per la loro attività teurgica. Questi due distinti ''foci'', natura rispetto a divino, differiscono in modo piuttosto drammatico; esse definiscono la natura delle strutture profonde dei due tipi di Cabala più di qualsiasi altra grande differenza tra loro.
 
Diversamente dall'approccio teurgico della linea principale della Cabala che assume come principale ipotesi che i poteri divini (''sefirot'') possano essere influenzati dalle attività umane, Abulafia è attento a non offuscare il divario tra il mondo naturale, che può in effetti essere modificato, e il mondo superiore degli intelletti separati, che non possono in nessun caso essere influenzati dall'uomo: "Non opinare che io creda che gli intelletti separati siano sotto la mano dell'uomo, poiché questo è impossibile dirlo o finanche pensarlo, ma che [io credo che] cambi la natura, il mondo agisce sotto le sue mani, come è conferito all'uomo."<ref>Trattato Senza Titolo, Ms. Firenze, Laurenziana, Plut. II, 48, fol. 83b:
{{Lingua ebraica|וא ל תס ו בר שני א מאמי ן שהשכלים הנפרדי ם תחתיד האדםכי זה לאיתכן לאומרו ול א להעלו תו על הל ב לכל אמנם כשהו א מנ שה הטבע ה ו על ם מהתנה ג תחתיד ם נמס ר לאדם}}
Cfr. anche ''Mafteaḥ ha-Raʿayon'', 5, e il suo ''Ševaʿ Netivot ha-Torah'', 25:
{{Lingua ebraica|דע באמת שהמדות מתהפכו תקי לצי םדיועי םליב שוני ותמו רה מנפי הנהג תנבה ראי . ם וה שוני הו אנלפעל לא לפוע ל צמדהכרחעינן הנ ציא ם}}
"Dovresti sapere in verità che gli attributi cambiano a date fisse, senza cambiamento e spostamento, a causa della regola delle creature. Ma il cambiamento è nel ''causarum'' e nella causa, per necessità delle entità."
Cfr. anche ''Sefer ha-Ḥešeq'', 28; si veda la diversa percezione dell'atteggiamento di Abulafia nei confronti della teurgia in Wolfson, ''Abraham Abulafia'', 82-83. Cfr. anche Wolfson, ''Abraham Abulafia'', 175, dove ammette che Abulafia ha allegorizzato la teurgia e presume che ci sia una tensione tra le sue diverse opinioni. Pertanto, Wolfson esclude implicitamente la possibilità che Abulafia avesse una visione concettuale di base che negasse in linea di principio la teurgia. Tuttavia, Wolfson non esprime esplicitamente questo punto di vista, come fa Abulafia nei passi citati in questa nota, che Wolfson non affronta anche se alcuni di essi erano disponibili nei libri di Abulafia che conosceva. Questa negazione della teurgia dovrebbe essere l'indizio per tentare di comprendere il significato di התפהכות הימדות ("l'inversione degli attributi"), che Wolfson interpreta teurgicamente. Cfr. Wolfson, ''Abraham Abulafia'', 172-173 e nota 213, che è una questione che merita un'analisi a parte. Si veda comunque il passaggio da ''Ḥayyei ha-Nefeš'' nell'Appendice E. Cfr. anche la presentazione di Lorberbaum del punto di vista di Maimonide in ''Dazzled by Beauty'', 39-40, nota 92.</ref> Può darsi che la sua negazione sia una polemica contro la visione di Rabbi Baruch Togarmi del "mondo superno" che viene lasciato alle mani umane.<ref>Cfr. Scholem, ''The Kabbalah of Sefer ha-Temunah'', 235.</ref> La magia è quindi concepibile, ma non un impatto teurgico, come sostengono i cabalisti teosofici.
 
{{Immagine grande|Bonaventura-genelli-die-vision-des-ezechiel.jpg|800px|''"La Visione del Carro"'', {{passo biblico2|Ezechiele|1}} – dipinto da [[w:Bonaventura Genelli|Bonaventura Genelli]] (1857)}}
L'assunto che non vi sia alcun cambiamento nel mondo divino è molto evidente in un brano ricco e seminale trovato in una delle epistole di Abulafia che propongo di chiamare "Ha-Seder ha-Mithapekh", un testo piuttosto trascurato nella ricerca moderna:
{{q|Dovresti sapere che una persona che non conosce l'ordine delle dieci ''sefirot'', su cui si muove tutta l'esistenza, il superno, il medio e il basso, non conoscerà mai la provvidenza del Santo, benedetto Egli sia, sulle tre. Com'è? Le dieci ''sefirot'' di Belimah<ref>Cfr. ''Sefer Yetzirah'', 1:2–8. Le ''sefirot'' sono qui identificate con lettere che hanno anche valenze numeriche, come accade spesso in molti altri casi degli scritti abulafiani.</ref> ci insegneranno l'essenza dell'esistenza del Santo, sia benedetto, che è come uno scriba veloce [che scrive]<ref>Cfr. {{passo biblico2|Salmi|45:2}}.</ref> che ruota le lettere, sebbene Egli non sia della specie delle ''sefirot'', ma tutte le ''sefirot'' dipendono dalla Sua volontà per governarle come Egli desidera, ma la Sua volontà dipende dalla Sua sapienza, e la Sua sapienza dipende dalla Sua potenza, e la Sua potenza dipende da Lui, ma Egli, sia benedetto, non cambia e non muta e non si scambia, e anche la Sua potenza non si aggiunge a Lui, e la Sua sapienza non è diversa dalla potenza e neppure la Sua volontà è senza la Sua sapienza [...] poiché Egli è intelletto, intellezione e ''intelligibilia''<ref>Ulteriormente su questa triade, cfr. Appendice C.</ref> [...]. E non c'è dubbio che questi problemi saranno spostati nelle creature [umane] in accordo con l'essenza di tali creature. E chi le contempla e ne comprende i [loro] inizi penserà che come si scambiano nelle creature, così si scambiano nel Creatore, benedetto Egli sia. E la maggior parte dei saggi del mondo commetterà un errore su questo argomento, e non sarà rivelato se non ai soli profeti che il Santo, benedetto Egli sia, rivelò loro mediante la conoscenza del Suo nome, benedetto Egli sia, secondo il rotazioni di quei sistemi<ref>Ms. London, British Library, Catalogue Margoliouth 749, fol. 30a:
{{Lingua ebraica|דעכי מי שינ א ו ויד ע דסר הספירו ת העש ר עשליה ם כל המציאות מתגלל,ג העליון וה אמצעי והתחון,ת לאיו כל לעול ם דלעת השגח תשהי " ת בשלשתם .כי צדהאי ? וז ה י"כי סליב מה ה י םו רונו א י מת תצימאו ת השםית' ש ו הא כ ו ספ ר מהגלג לאהותיות ואינ ו מי ן הס י פ' אב ל סהפי' כל םלויו ת ת חתתר ו צנ ו להנהיגם כאשריר צה, אך רוצנ ו לו ת י ע ל כחמתו וח כמתו תולי הלע יכ לתו יוכ לת ו לתויה על עצמו. ואמנ ם צעמותי' אינו משתנ ה ו אינו מתהפ ך ולא מתחל ף גם י כלתו אינהנו ספ ת על עצמו ולא חכמת ו דברזו לתיכולתו ול אצונ רו זו לת חכמתו [… ] מנפי ש ו הא שכ ל משיכל ומושכל ושכל פו על ת י מד[… ] ו י אן ספ ק יכ ית הפכו הנעיינים האלו בבריות לפ י מהו תנהב ראי , ם וה מיי ע ן בםיו י שג ההתלחו ת יח ו שב שכמו שה ם מתחלפים בנ בראי םךכ ית חלפו ב ו בר את'י. וי טע ו זבה רו ב כחמ י עהו לםול א י תגלהזה כי אםלנביאי ם בלד םהו שדי עם ה י ש" ת ז הידביע תמו שית' והוא לפ י לגגול אל ו המערכות האלוהיות}}
Su questo testo e la sua rilevanza per Abulafia, cfr. Idel, "Abraham Abulafia’s Works and Doctrine", 29–30, e Idel, "Sefer Yetzirah and Its Commentaries", 512–13.</ref> divini.<ref>I sistemi divini (''maʿarakhot'') qui rappresentano vari metodi di combinazione delle lettere, descritti nell'epistola subito dopo questo stralcio. Abulafia descrive le lettere, specialmente nei suoi scritti successivi, come divine.</ref>}}