Abulafia e i segreti della Torah/Parabola della Perla 5: differenze tra le versioni

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[[File:Yetziratic wheel.png|thumb|240px|right|<small>La "Ruota della Creazione" illustrata nello ''Sefer Yetzirah''; essa contiene una sequenza numerica di 3-7-12<ref>Come evidente nel testo in questione 3 richiama Abba, Ima..., rappresentanti Adam Kadmon; 7 è lo Shabbat: l'anno, testimone ipostatico assieme al mondo ed all'uomo; infine 12 è il numero delle tribù d'Israel</ref> nascosta nelle [[w:Alfabeto ebraico|lettere dell'alfabeto ebraico]]</small>]]
[[File:Frank-ruehl.png|thumb|240px|[[w:Alfabeto ebraico|Alfabeto ebraico]]]]
Da questi due punti di vista, non c'è motivo di operare una distinzione sostanziale tra le varie lingue poiché i loro referenti (ciò che trasmettono o la loro "comprensione") sono concepiti come identici nonostante la disparità delle parole usate dalle diverse lingue. Allo stesso tempo, l'articolazione vocale ideale è costituita dallo stesso principio di combinazioni degli stessi suoni naturali. Questo principio è espresso anche nel Trattato Senza Titolo di Abulafia:
{{q|Vi ho già annunziato il segreto delle lingue, che sono le settanta lingue racchiuse sotto l'unica Lingua Santa; vale a dire, che è una e unica e migliore di tutte le altre. E come è questo segreto? Ti dirò se hai cuore per comprendere l'essenza delle questioni che sono necessarie secondo noi, dal punto di vista della Cabala. Sappi [che] insegnano [come impiegare] le combinazioni di lettere, vale a dire girarle all'indietro<ref>Ho tradotto אחור come un errore per אחור .אחר significherebbe "girare in senso inverso una delle ruote utilizzate per generare le combinazioni di lettere".</ref> [...] e il segreto è che tutte le settanta lingue emergeranno a causa della combinazione di lettere, generazione e decadimento, e il suo segreto è molto grande.<ref>Ms. Firenze, Laurenziana, Plut. II, 48, fol. 99b:
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בנ חתבנח תוהבן בדברים המצו רפים אש ר י צא ו פי מ ךהיי ו מ ה תשרצהוב כל לון ש שתרצה . כי כל הלשנוו ת תאה צריך להשיבם אל חמרם הר אוןש}}</ref> Altrove, Abulafia vede l'inizio di tutte le lingue come la Lingua Santa, come loro madre.<ref>''Mafteaḥ ha-Ḥokhmot'', 60.</ref>
 
[[File:Frank-ruehl.png|thumb|240px|<small>[[w:Alfabeto ebraico|Alfabeto ebraico]]</small>]]
Lo sforzo di Abulafia di prendere le distanze dall'approccio particolarista è evidente nel suo primo libro ''Sefer Mafteaḥ ha-Raʿayon'', dove scrive alla fine del resoconto dell'esperimento infantile che...
{{q|riguardo alla nostra convinzione che il bambino parlasse ebraico, essendo in realtà un non-parlante, questa sarebbe un'ottima storia, perché in tal modo aumenteremmo la statura della nostra lingua nelle orecchie di coloro che aderiscono a questa storia, anche se sarebbe una fabbricazione del tutto falsa. Inoltre, diminuisce la statura delle prove che usa. E quanto a me, non è saggio usare false affermazioni per elevare la statura di qualcosa [...]. Tuttavia, poiché la nostra lingua è sì di qualità superiore, ma per ragioni diverse, [...] pertanto è chiamata la "Lingua Santa".<ref>Si veda ''Sefer Mafteaḥ ha-Raʿayon'', 24:
{{Lingua ebraica|כן היותנו מאינמי םהנ שעריד בר בלשו ן הקד שהיבות ו לבי דבור זה גםכן טו ב אמד בעבו י רוהתנ ו מעלים ל ושננו ביענ ילכ שו מע. ואע" פזהשכולו דיו מ ן שקר י ג ם ן, כ והו אבי מ א להפחי ת להון ש שומפתי ו שקיי רם . ו י אן זה אצלי חכמה לטעו ן עטנות נבוכות כד י להעלו תבדר מהדברםי , כי בה מצאשקרו תטבנעו תהןהיפ חת הדבר מא דהמלבבות תח יתו התו מתעלה , ות תהפך הוו כ נה ב.ו אךהיות ול שוננ ועו מלה מכ לשלו ן ז ה מאת מצ ד חאד ומופתי ו ה םופמתיים נראםי , וע ל ןכ נקרא לון ש הקד . ש}}
Cfr. anche Idel, ''Kabbalah in Italy'', 324–39.</ref>}}
L'altro motivo, a mio avviso, oltre alla testimonianza delle nazioni circa la priorità dell'ebraico, è il carattere naturale dei suoni ebraici, come si è detto sopra. Secondo questa interpretazione della natura del linguaggio, è difficile negare l'approccio universale di Abulafia. Vorrei sottolineare che sebbene non sappiamo dove sia stato scritto ''Mafteaḥ ha-Raʿayon'', è abbastanza plausibile che non sia stato prodotto in Italia, ma da qualche parte in Spagna intorno al 1273 o pochi anni dopo nell'Impero bizantino. Tuttavia, l'argomento del succitato brano (l'esperimento del bambino) sembra indicare la precedente presenza di Abulafia in Italia, dove questo problema divenne un argomento importante nelle fonti ebraiche alcuni anni dopo.
 
Secondo Abulafia, l'unica differenza tra le lingue non è insita nelle diverse strutture delle lingue stesse, ma nella natura delle nazioni che le parlano e nel possibile deterioramento dell'aspetto naturale della lingua. In ogni caso, egli indica nel suo ''Or ha-Śekhel'' che se "il linguaggio è convenzionale, il discorso è naturale"<ref>''Or ha-Śekhel'', 54. Ciò significa che l'intelletto non può fondarsi su un linguaggio convenzionale e, quindi, immaginario. Questo sarebbe anche il punto di vista del ''[[w:Trattato sull'emendazione dell'intelletto|Trattato sull'emendazione dell'intelletto]]'' di [[Baruch Spinoza]], par. 88-89: "Le parole fanno parte dell'immaginazione, cioè, poiché formiamo molte concezioni secondo disposizioni confuse di parole nella memoria, dipendenti da particolari condizioni corporee, non c'è dubbio che le parole possono, al pari dell'immaginazione, essere causa di molti e grandi errori, se non stiamo strettamente in guardia. Inoltre, le parole sono formate secondo la fantasia e l'intelligenza popolare, e sono quindi segni di cose esistenti nell'immaginazione, non come esistenti nell'intelletto". Si veda in particolare la discussione di Abulafia in ''Oṣar ʿEden Ganuz'', 3:6, 324, dove chiarisce che il nome "Abramo" non rappresenta nulla di essenziale della sua personalità. Per le opinioni che collegano l'approccio di Abulafia al concetto dantesco di ''forma locutionis'', cfr. Rosier-Catach, "Sur Adam et Babel: Dante et Aboulafia", 134-37.</ref> e non esclude l'ebraico da questa affermazione generale come fa nel suo libro successivo, ''Imrei Šefer'': "Tutte le le lingue sono convenzionali, ma la Lingua Santa è naturale".<ref>Cur. Gross, 67.</ref> Questo parallelismo tra Lingua Santa e discorso che sono entrambi naturali rispetto alle lingue convenzionali è cospicuo e allo stesso tempo quintessenziale per comprendere il segreto delle lingue inteso da Abulafia.
 
Infatti, secondo Abulafia, l'Intelletto Agente cosmico è molto probabilmente il discorso primordiale (''dibbur qadmon''), la fonte di ogni discorso che costituisce la materia prima della rivelazione.<ref>Cfr. Abulafia, "We-Zot li-Yehudah", 16.</ref> Secondo molti dei suoi testi,<ref>Cfr. Idel, ''Language, Torah, and Hermeneutics'', 108, 142–43.</ref> questo intelletto separato è la fonte di tutte le scienze del mondo – e anche della conoscenza umana – e, allo stesso tempo, è raffigurato in molti dei suoi scritti come la fonte delle settanta lingue (''šiveʿim lešonot''). ''Šiveʿim lešonot'' è una frase che è identica, secondo il calcolo della gematria, alle consonanti nella combinazione delle lettere della frase ''ṣeruf otiyyot'', poiché le due frasi ebraiche equivalgono alla stessa cifra, 1214.<ref>Cfr. Gershom G. Scholem, "The Name of God and the Linguistic of the Kabbala", ''Diogenes'' 80 (1973):187–92; Idel, ''Language, Torah, and Hermeneutics'', 8–11, 38–41, 108–9.</ref>
 
Sempre usando la gematria, Abulafia calcola che le consonanti del termine ebraico per l'Intelletto Agente (''Śekhel ha-Po’el'') sono numericamente identiche al sostantivo ''Yiśraʾel'', poiché entrambe le frasi sono pari a 541. Il sostantivo ''Yiśraʾel'' è interpretato come composto da ''YeŠ'' = 310, che significa "ci sono", e ''Raʾl'', le 231 combinazioni di due lettere presentate in alcune versioni di ''Sefer Yetzirah''.<ref>Cfr. ''Sitrei Torah'', Ms. Paris, BN 774, fol. 125a, 139. Si vedano anche Scholem, "The Name of God and the Linguistic of the Kabbala", 187–88; Wolfson, ''Language, Eros, Being'', 240–41. Ci si può chiedere se le 231 porte (le combinazioni di due lettere) siano unità naturali, data la loro completezza o interezza matematica; sono più vicine all'origine rispetto alle altre combinazioni di lettere, alcune delle quali allofone, che generano i linguaggi convenzionali.</ref> Nel suo ''Or ha-Śekhel'', Abulafia discute il discorso che è comune all'uomo e a Dio, il che può solo significare che il discorso ha un proprio carattere intellettuale distinto, o che dovrebbe essere inteso come intelletto in questo contesto.<ref>''Or ha-Śekhel'', 27–28. Poiché Dio non può parlare o udire, l'aspetto intellettuale del termine "discorso" in questo passo è logicamente necessario.</ref> Tale è il motivo per cui Abulafia usa il termine ''koaḥ dibbri'' ("la facoltà del parlare") in molti casi per fare riferimento alla facoltà intellettuale.
 
Seguendo le teorie dello ''Sefer Yetzirah'' e dei suoi commentari, si prevede che la fonte delle forme in questo mondo sia identica a tutte le possibili combinazioni di due lettere dell'alfabeto ebraico. Nel sistema mistico di Abulafia, le combinazioni di lettere sono una componente importante nel raggiungimento dell'esperienza mistica, che equivale in molti casi all'unione con l'Intelletto Agente. L'attività linguistica inferiore quindi unifica i reami spirituali umani e superni, che sono entrambi concepiti in termini linguistici. Penso che ci sia anche un contributo più psicologico all'interno dell'arte della combinazione di lettere: libera i pensieri di una persona rimuovendo le inibizioni relative a determinate forme di parole e consente nuove associazioni, incluso il ricorso a più parole di lingue straniere.
 
Questa rimozione è evidente anche nella letteratura [[zohar]]ica contemporanea, la cui composizione potrebbe essere stata correlata alle tecniche magiche di ''Šem ha-Doreš'', il nome per pronunciare i sermoni, e ''Šem ha-Kotev'', il nome per la scrittura veloce o la copiatura dei testi. Va sottolineato che la speculazione di cui sopra include anche una spiritualizzazione del termine ''Yiśraʾel'', inteso in molti degli scritti di Abulafia come correlato allegoricamente all'Intelletto Agente cosmico. Il nome della nazione ebraica è stato quindi trasposto in un riferimento a un'entità universale relativa a tutti gli atti dell'intelletto che non sono concepiti come specifici di questa nazione nella tradizione neoaristotelica.
 
La concettualizzazione più naturale e quindi universale della lingua ebraica e le conseguenze che sono implicate nella visione particolaristica della religione nell'ebraismo (ad esempio, lo ''status'' unico della Sacra Scrittura) possono spiegare perché Abulafia considerasse il carattere naturale delle lettere e della somiglianza delle lingue che emergono dalle loro combinazioni come una teoria pericolosa e suscettibile di metterlo in pericolo, come abbiamo visto nel passaggio di ''Oṣar ʿEden Ganuz'' tradotto sopra.<ref>''Oṣar ʿEden Ganuz'', 3:10, 364, già tradotto.</ref> Va sottolineato che in ''Or ha-Śekhel'', Abulafia descrive la possibilità per la nazione speciale (implicitamente gli ebrei) di tornare in un certo luogo dopo essere stata dispersa tra altre nazioni e aver parlato le loro lingue; lì, parlerà una lingua che unisce tutte le altre lingue.
 
Come descritto sopra, l'atteggiamento di Abulafia sovverte la visione tradizionale secondo cui l'ebraico storico diventerà la lingua universale nell’''[[w:escatologia|eschaton]]''.<ref>''Or ha-Śekhel'', 32–33.</ref> Va sottolineato che nelle molte discussioni di Abulafia sulle nazioni, egli affronta processi di dispersione, cambiamenti di leadership e cambiamenti di lingue e religioni in modo piuttosto naturale, a differenza della spiegazione per atteggiamento volontaristico divino che si trova in altri cabalisti. Quindi, non è solo un tema filosofico pericoloso in sé, ma l'applicazione di tale tema alla comprensione del significato esoterico della religione attirerebbe la protesta dei pensatori tradizionalisti, ''in primis'' gli ebrei inclini al particolarismo.
 
L'interpretazione naturale della struttura linguistica che Abulafia propone nel contesto dello ''Sefer Yetzirah'' è stata combinata con la struttura naturalistico/intellettualistica del pensiero di Maimonide e di alcuni altri libri filosofici studiati dal cabalista. Questa combinazione fu intesa come incline a mettere in pericolo, a suo avviso, la struttura interna delle forme tradizionali dell'ebraismo. In un certo senso, Abulafia ampliò il continuum delle entità intellettuali (Dio, gli intelletti separati e l'intelletto umano) all'apparato linguistico, concepito come una continuazione dell'influsso intellettuale, anche all'interno dei suoni naturali. Gioca sul doppio senso di ''koaḥ dibbri'', il potere intellettuale e linguistico, eco del doppio senso greco del ''logos''. Desidero ora esplorare l'aspetto esoterico di un argomento simile e discutere una tale conseguenza potenzialmente pericolosa.
 
 
 
 
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