Armi avanzate della Seconda Guerra Mondiale/Italia 5: differenze tra le versioni

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Sin dall'inizio del '900 si erano sperimentate armi automatiche per la fanteria in Italia, come ad esempio l'inefficiente Cei-Rigotti (un fucile automatico sviluppato tra gli anni '90 del XIX secolo e il 1911, ma sempre tendente ad incepparsi e inaffidabile in condizioni fangose ed umide), negli anni '20 vi furono altri prototipi, come in particolare il MTB 1925, o MTB 25, in calibro 6,5x52 Carcano depotenziato, dalla Meccanica Bresciana Tempini (prodotto in pochi prototipi), di ques'arma, come anche del Moschetto Automatico Terni mod. 1921, e mod. 21/23 (meno di una dozzina di prototipi), venne anche proposta nel 1924 l'adozione di una nuova rivoluzionaria munizione da parte dell'ingengere e capitano Ipazio Masella, il calibro 6,5x34. Si tratava di un calibro che mescolava una modernità assoluta (ovvero la decisione di passare al calibro intermedio, tipico di tutti i fucili d'assalto odierni) con una tradizionalità (era ottenuto dal vecchio 6,5x52 Carcano semplicemente accorciato, mantenendo la punta semisferica e non conico-ogivale che dal 1908 andava diffondendosi negli eserciti europei). Ipazio Masella nel 1924 progettò anche una mitragliatrice e un moschetto automatico in questo calibro, che però non furono mai costruiti (pare) nemmeno come prototipi e rimasero sul tavolo da disegno.
I lavori di progettazione continuarono con ben tre ipotesi costruttive: l'armaguerra Mod. 39 (prescelto per la produzione in serie) in cal. 6,5x52 o 7,35x51, i progetti Scotti Mod. X (1932) e Mod. IX (1931)in cal 6,5 (impiegati in operazione in Etiopia in alcune decine d'esemplari, del Mod. X furono prodotti circa 250 esemplari) e il Breda mod. 1935 PG in cal. 6,5 (esportato, 450 esemplari, in cal 7,92x57 Mauser alalla CostaricaCosta Rica nella versione completamente automatica), vi furono poi due prototipi Beretta in cal 6,5 il F.A. (fucile automaticco) modello 31 e il F.A. modello 37.
 
L'arma migliore tra questa era probabilmente la prima, che entrò anche in produzione in poche centinaia di esemplari, senza giungere sul fronte prima dell'armistizio. Il prototipo Breda era decisamente pesante e complesso per un fucile automatico, e per questo venne scartato dal regio esercito, ma era un'arma molto moderna per vari versi, in particolare nella versione da esportazione (significativamente migliore di quella richiesta dal Regio Esercito e proposto in calibro 7,92x57 Mauser) che fu una delle prime armi a poter far fuoco sia in automatico che con raffiche controllate di 4 colpi. Il Mod. x Scotti era ottimo in poligono e in condizioni normali molto efficiente, ma richiedeva continue lubrificazioni, anche se il lubrificante era semplice, spartano ed autarchico olio d'oliva gli Alpini si preoccuparono molto perché in condizioni di grande freddo si rivelava estremamente suscettibile all'inceppamento o addirittura al congelamento dell'olio. Inoltre alcune parti dell'otturatore erano molto attrattive per il fango, come già nel Mondragon e nel francese RSC 17 cui si ispirava. Il vincitore del concorso del 1939 per l'adozione di un fucile automatico fu, come già anticipato, l'Armaguerra Mod. 39 della Società Anonime Revelli Manifatture Armaguerra di Genova, arma molto complessa meccanicamente (e costosa) ma relativamente affidabile, fu però un'arma "vittima" della decisione di passare dal vecchio (e superato, poiché contemporaneamente molto usurante per la canna e la meccanica dell'arma e poco performante e letale) calibro 6,5x52 Carcano al 7,35x51, un calibro molto moderno ed efficiente. Però questa decisione, presa a ridosso dell'ingresso in guerra (1938-1939) comportò dei problemi progettuali notevoli e soprattutto spaventò l'alto comando italiano per le problematiche legate alla logistica. Fu quindi stabilito di rimanere al calibro 6,5, dopo però tutta una serie di tentennamenti e discussioni che paralizzarono il rinnovamento delle armi da fanteria italiane, dove dominavano ormai i pirincipi quantitativi. Furono prodotti circa 2.000 armaguerra mod. 39 in cal. 7,35 che rimasero in magazzino, mentre ne furono ordinati solamente 10.000 in cal. 6,5, di cui poche centinaia furono prodotti prima dell'8 settembre 1943 (non venendo distribuiti) e poi altri dopo tale data (che videro un utilizzo modesto da parte della R.S.I.). Era un'arma efficiente, abbastanza precisa (soprattutto in cl. 7,35), di facile utilizzo, ma formata da numerosissimi pezzi, similmente al Pedersen (il concorrente battuto dall'M1 Garand nel concorso interno dell'US Army); questo fattore ne complicava sia la produzione, sia la manutenzione per le truppe, rendendo compelssa la pulizia e costituendo un elemento di fragilità intrinseca.
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Mancavano quasi completamente, tanto prima quanto dopo l'8 settembre, le armi di precisione e i mirini ottici relativi, e anzi non vi era cura verso il "cecchinaggio" considerato difensivista e per questo osteggiato "ideologicamente" dalle direttive "offensiviste" proprie del regime.
 
I fucili mitragliatori Breda 30 erano un'arma prodotta in gran quantità, ma si trattava di un prodotto notevolmente insoddisfacente per il fuoco di supporto alle squadre di fanteria, con un funzionamento molto difettoso e complesso. In verità la mitragliatrice Breda mod '30 era una delle peggiori mitragliatrici leggere in circolazione, inferiore persino a parecchi modelli della prima guerra mondiale, come le Lewis inglesi e i BAR (americani, ma molti diffusi, su varianti migliorate prodotte su licenza, in Europa: Belgio, Cecoslovacchia, Lituania, Svezia, Polonia ecc.), praticamente, anche se di moderna concezione, si poneva nelle prestazioni come pari delle Madsen, ovvere delle più primitive mitragliatrici leggere al mondo, utilizzata nel 1940 ancora da Norvegia, Danimarca e Brasile (ma in tutti e tre i casi in via di radiazione e con compiti di seconda linea). Anzi il fucil-mitragliatore o mitragliatrice leggera Breda mod. 30 aveva battuto in un concorso ministeriale le FIAT (mod. 26 e mod. 28, quest'ultimo una versione modernizzata della prima), armi analoghe e i Terni mod.30 leggermente superiori (e molto meno complessi dal punto di vista meccanico) e quasi all'altezza di quanto si produceva in quegli anni a livello internazionale. Tutte e tre queste armi, per deficenza concettuale e ordine del R.E. erano però predisposte all'uso di lastrine e non di caricatori, inoltre non erano dotate di maniglione. Questo concorso fu accusato, fuori dai denti, di corruzione e di appoggi politici tra la Breda ed alcuni settori politici del regime, contribuendo (assiema alla sconfitta contro il prototipo Breda, poi Breda-SAFAT, per l'Aeronautica alla fine degli anni '20) a portare la FIAT fuori dalla progettazione di armi automatiche. Va anche aggiunto che il fucile automatico Breda Mod. 1935 PG era anche convertibile (come fu negli esemplari esportati in CostaricaCosta Rica, circa 700) in un'arma dalle caratteristiche simili al BAR americano (ovvero completamente automatico) con l'interessante caratteristica di disporre di un selettore di fuoco a 3 opzioni: automatico, semi automatico o a raffica controllata di 4 colpi (primo esempio al mondo di raffica controllata), non fu però prodotto, anche per la complessità meccanica dell'arma e l'elevata quantità di pezzi (comunque paragonabile a quella della, complicatissima, Breda mod. 30). Non aveva però la possibilità di sostituire la canna (a differenza della Breda mod. 30) caratteristica considerata fondamentale dallo stato maggiore, malgrado il BAR americano avesse il medesimo difetto e sia rimasto in servizio fino alla guerra del Vietnam (negli USA, guerriglie ed eserciti del terzo mondo l'utilizzarono fino agli anni '80-'90) con ottimi successi.
 
Molto più apprezzate le mitragliatrici Breda 37, che erano affidabili e sicure, sebbene condividessero con il mod. 30 il complesso sistema di lubrificazione e di ingresso dei proiettili. Il problema era anche quello di avere un peso di ben 40 kg, (ma solo 17 kg scariche e senza il trepiede speciale), decisamente troppo per seguire facilmente le truppe, ma erano armi potenti (in calibro 8x59 mm) e relativamente precise. Ancora peggio andava con le mitragliatrici FIAT 14/35, armi che (finalmente) eliminavano il sistema di lubrificazione, ma pesanti (17 kg scarica) e comunque ricavate dalla vecchia FIAT mod 1914 della prima guerra mondiale, dotata ora di raffreddamento ad aria e munizioni potenti (8x59 mm). Singolarmente la FIAT 14/35 fu destinata, pur pesando meno ed avendo una meccanica semplice, più spesso alle opere difensive e alla difesa costiera della Breda 37, preferita dalle truppe e dai comandi perché, in fin dei conti, si più pesante e complicata, ma anche più prestante.