Cambiamento e transizione nell'Impero Romano/Capitolo III: differenze tra le versioni

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== I fattori principali della trasformazione ==
{{q|... Laonde se ti sta a cuore la patria , per la quale hai fatte tante guerre, e per la quale volontieri daresti an che la vita , riducila in un altro stato , e mettila in ordine, affinché alle bell'opere ritorni. L'esser permesso ad alcuni di fare e dir tutto secondo il proprio capriccio, può esser sorgente di pubblica felicità, se costoro sieno persone saggie e prudenti; e di ruina comune, se siano sciocche ed insane. E quindi se da taluno si accorderà un tal potere ad un ignorante, sarà lo stesso che porre una spada in mano di un fanciullo, o di un pazzo furioso; e chi lo concederà ad un uomo as sennato, apporterà la salute non solo a tutti gli altri, ma anche agl'imbecilli, ed a coloro che non la vogliono. Io ti consiglio pertanto a non lasciarti ingannare da una speciosa apparenza di nomi, ma, riguardando a ciò che da essi deriva, a tener in freno la ferocia della plebe, e ad addossare a te stesso ed a tutti gli altri ottimi soggetti l'amministrazione della repubblica, affinché quei d'essi, che sono i più prudenti, diano dei consigli; quei che sono i più instruiti nell'arte di comandare, menino fuori gli eserciti; e quei finalmente, che sono i più robusti ed i più poveri, facciano da soldati. Ed in questa maniera si otterrà, che , adempiendo ciascuno con impegno ai propri uffici, si presteranno con prontezza la lor opera a vicenda , alcuno si sentirà mancar niente, ed il popolo conseguirà un vero e reale impero, ed una sicura libertà. Imperocchè quella vantata libertà dalla plebe altro non è che una durissima servitù di tutti i migliori soggetti, e produce sì a lei che a questi la rovina comune: ma per lo contrario quella libertà di cui ti parlo, nella quale si preferisce sempre la moderazione, e si dà ugualmente a ciascuno ciò che merita, rende al modo stesso felici tutti coloro, che fanno uso della medesima.|[[w:Cassio Dione|Cassio Dione]], LII<ref>Testo italiano di Giovanni Viviani, ''Istorie Romane di Dione Cassio'', Sonzogno, Milano, 1823, pp. 66-67.</ref>}}
Così iniziò una giustificazione della monarchia augustea, scritta da un esponente delle classi dirigenti urbane dell'Oriente romanizzato: il senatore [[w:Cassio Dione|Cassio Dione]], nel suo famoso Libro LII della sua ''[[w:Storia romana (Cassio Dione)|Storia romana]]''. Ritornerò su questo "Discorso di [[w:Gaio Cilnio Mecenate|Mecenate]]" in seguito e più esaurientemente; tuttavia, devo sottolineare qui un punto particolare: che è la paura della folla cittadina, dell’''ómilos'', che produce l'attacco, la scintilla per la giustificazione che Mecenate offrirà del regime monarchico. Erano infatti questa masse il terrore delle oligarchie urbane, e erano proprio queste masse che essi cercarono di blandire e calmare; a causa delle masse, rinunciarono ai vantaggi della ''libertas'' politica, che in effetti era stata interpretata come governo degli ''àristoi'', un'oligarchia giustificata ideologicamente come il governo dei migliori.<ref>Cfr. Wirszubski, ''Libertasd'', ''passim''; Ch. G. Starr, "The perfect democracy of the Roman Empire", ''AHR'', LVIII, 1952, pp. 1-16; si veda anche R. Syme, ''Gymnasium'', 1952, pp. 241-263.</ref>