Shoah e identità ebraica/Levi e Wiesel: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
layout+testo
 
testo
Riga 1:
{{Shoah e identità ebraica}}
{{Immagine grande|Primo Levi artwork.jpg|530px|[[w:Primo Levi|Primo Levi]] (c.19501983)}}
 
= L'ebreo d'Oriente e d'Occidente — Elie Wiesel e Primo Levi =
{{q|Sono ebreo perché quando nacqui fui iscritto come ebreo alla comunità ebraica di Torino. Ma non sono né osservante né credente. Tuttavia, sono consapevole di appartenere a una specifica tradizione e cultura. Mi sento italiano per tre quarti, o quattro quinti del tempo, a seconda delle circostanze. Ma quella piccola parte è molto importante per me.|Primo Levi ([Giuliani 2003:67)]|''I am a Jew because when I was born I was registered as a Jew at the Jewish community of Turin. But I am neither observant nor a believer. Nonetheless, I am aware of belonging to a specific tradition and culture. I feel Italian for three fourths, or four fifths of the time, depending on the circumstance. But that little part is very important for me.''|lingua=en}}
 
L'affermazione di Primo Levi mostra l'ambivalenza con cui egli guarda alla sua identità ebraica e c onferma le complessità di uno studio che affronta la questione dell'identità religiosa. Levi scrive dal punto di vista di un ebreo occidentale non religioso proveniente da una famiglia assimilata, identificando il suo senso di ebraicità dopo l'Olocausto, il periodo della tarda Modernità. Quest'epoca segnò una distinzione più profonda tra le comunità ebraiche d'Europa, tra Oriente e Occidente. "Dal di fuori" della comunità ebraica queste differenze crollarono, a metà del XX secolo con l'emergere del fascismo e dell'antisemitismo che avrebbe dilagato in Europa, colpendo Primo Levi e la sua comunità in Occidente ed Elie Wiesel e la sua comunità in Oriente. Per approfondire il contesto e le opere degli autori, vengo a discutere qui di seguito i contesti personali di Primo Levi e Elie Wiesel. Ho stabilito un lignaggio letterario nel confronto tra Oriente e Occidente dell'Europa in cui situare gli scritti di Levi e Wiesel. Ho presentato il retaggio di Levi quale ebreo assimilato che si identifica con una cultura occidentale mettendolo a confronto con l'identità di Kafka. Aleichem e Singer sono stati da me discussi mettendoli alla base di un patrimonio letterario per Wiesel in relazione al loro contesto sociale, identità religiosa e alle questioni tematiche della loro letteratura. Sorgono interrogativi su come le storie familiari e culturali di ogni figura abbiano plasmato le loro identità ebraiche e creato un tale abisso sociale, religioso e culturale tra le loro identità fino al 1944, quando le loro vite dovettero convergere in modo così drammatico.
 
== Levi e Wiesel: un confronto culturale ==
 
{{Immagine grande|Elie Wiesel 2009.jpg|530px|[[w:Elie Wiesel|Elie Wiesel]] (2009)}}
Le differenze comparabili nell'identità ebraica tra lo scrittore ebreo assimilato Kafka e i tradizionali, religiosi Aleichem e Singer, si riflettono nuovamente nella susseguente generazione di scrittori ebrei d'Europa, quelli che saranno direttamente colpiti dall'Olocausto — nel nostro caso, Primo Levi ed Elie Wiesel. Levi, come Kafka, rappresenta l'ebreo laico e assimilato dell'Europa moderna. Sebbene non fosse di madrelingua tedesca come Kafka, essendo Levi italiano, condivideva il contesto familiare kafkiano di genitori assimilati e una vita acculturata nel mondo [[w:gentili|gentile]] in cui viveva, lontano dalla cultura ''shtetlekh'' del suo pari dell'Europa orientale Elie Wiesel. A differenza di Kafka, Levi non abbracciò personalmente la sua cultura religiosa, rimanendo un ebreo non credente. Nella sua letteratura però tradisce a volte un senso di ambivalenza religiosa. Levi, come Wiesel, iniziò la sua carriera di scrittore solo dopo la sua liberazione da Auschwitz e il suo rimpatrio in Italia. Nei suoi ricordi retrospettivi della sua vita fino, durante e dopo l'Olocausto, presenta una preoccupazione ricorrente per le idee di fede religiosa e la sua mancanza di tale fede, nonostante sostenga a volte che la sua identità ebraica non fosse di importanza quotidiana. Va osservato, tuttavia, che le discussioni contemplative di Levi sulla fede sono probabilmente il risultato di un interesse esterno alla fede e alla credenza in Dio attraverso l'Olocausto e le domande che sono state spesso poste a Levi, come voce dell'ateismo ebraico. Mentre Levi non riesce a credere in Dio o a praticare l'osservanza religiosa, sembra incapace di prendere completamente le distanze dalle questioni di fede e di identità religiosa, così come Kafka si ritrovò incapace di accettare pienamente la decisa assimilazione del padre alla cultura laica ceca.
 
Wiesel, in quanto ebreo dell'Europa orientale, mostra diversi parallelismi con i suoi predecessori letterari Aleichem e Singer. Nacque in Romania da una famiglia religiosa di origine chassidica. Nel 1928, anno della nascita di Wiesel, la "[[w:Zona di residenza|Zona di residenza]]" era stata sciolta, ma la comunità in cui Wiesel visse con la sua famiglia fino alla loro deportazione ad Auschwitz-Birkenau nel 1944, era una devota comunità ebraica con al centro la [[w:Sinagoga|Sinagoga]]. I paralleli tra Wiesel, Aleichem e Singer sono evidenti nella letteratura prodotta dai tre autori. Wiesel, come Singer, rappresenta nella sua letteratura le piccole comunità ebraiche della sua giovinezza. Molte delle storie di Wiesel sono ambientate nell'Europa orientale, spesso decenni o addirittura secoli fa e si concentrano su comunità di ebrei che vivono sotto la minaccia o si stanno riprendendo da [[w:pogrom|pogrom]] antiebraici. L'opera di Singer, scritta all'epoca e all'indomani delle atrocità naziste, guarda anche alle tradizionali comunità ebraiche dell'Europa orientale, l'Europa lasciata da Singer, decimata dall'Olocausto solo un decennio dopo. La letteratura di Aleichem è generalmente più ottimista e spensierata di quella di Singer e Wiesel. Ciò che Aleichem condivide con Wiesel, tuttavia, è un dialogo con Dio attraverso il mezzo della storia e attraverso la voce del personaggio. La figlia di Aleichem spiega di [[:en:w:Tevye|Tevye]], uno dei personaggi più noti di suo padre:
{{q|Though Tevye's faith in God is an active force in his life, he is continually needling Him for the injustice
with which He administers the world. [...] "With God's aid, I starved to death ... A Jew must hope, keep hoping, and if in the meantime his life is full of grief and disaster, well that is what we are Jews for, chosen, from all the peoples of the world, all of them envying us."|Aleichem 2009:6-7 citato in Waife-Goldberg 1968:145}}
Tevye può essere presentato come la figura di Aleichem trasformata in un personaggio immaginario. Tevye è un ottimista che è afflitto dalla sfortuna ed è vittima della sua stessa ingenuità, e Dio diventa il bersaglio delle sue lamentele e delle sue paure: "And where was God, the Old Jewish God? Why was He silent? How could He allow such a thing? How could it be, and again, how could it be?" (Aleichem 2009 ''Tevye the Dairyman'':120). A differenza della moderna figura di Giobbe del ventesimo secolo, il discendente letterario di Aleichem Wiesel, Tevye, nonostante tutte le sue lamentele e disgrazie, rappresenta l'ottimismo e la fede del suo creatore Aleichem. Il confronto si colloca nel quadro letterario di un dialogo teologico tra il Dio onnipotente ebraico delle Scritture e l'ebreo sofferente attraverso i secoli. Questa messa in discussione della volontà di Dio e del trattamento che subiscono gli ebrei trova un'eco forte nella letteratura di Wiesel, "the twentieth-century Job". "Why should I sanctify His name? The Almighty, the eternal, the terrible Master of the Universe, chose to be silent" (Wiesel ''Night'':33). Mentre Tevye è in definitiva un ottimista che parla a Dio in modo provocatorio, l'interrogatorio di Wiesel è un ''"cri de coeur"''. Esasperato dall'esperienza dell'Olocausto, Wiesel usa la sua letteratura come un modo per esprimere la sua agonia e la sua rabbia contro Dio, allo stesso modo in cui Giobbe sfidò Dio quando spinto al limite emotivo dalle sue tribolazioni. I sentimenti di fondo di questi due uomini sembrano molto diversi, ma sono paragonabili in quanto entrambi usano il mezzo probabilmente "sicuro" della letteratura e la voce di un personaggio (anche se spesso il personaggio è se stesso, nel caso di Wiesel) per parlare, interrogare e condannare Dio, pur mantenendo la loro fede personale in tale Dio. Nel caso di Wiesel sembra che, fornendo più della semplice opportunità di testimoniare la sua esperienza dell'Olocausto come ha fatto la sua opera iniziale, la sua letteratura sia un veicolo attraverso il quale esplorare la sua complessa identità ebraica.
 
 
 
Line 15 ⟶ 21:
{{clear}}
{{Vedi anche|Interpretazione e scrittura dell'Olocausto|Serie letteratura moderna}}
{{Avanzamento|25%|23 agosto 2021}}
[[Categoria:Shoah e identità ebraica|Levi e Wiesel]]