Shoah e identità ebraica/Israeliti popolo eletto: differenze tra le versioni

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Sebbene Armstrong implichi un senso di unità e un'eredità condivisa tra ebrei e cristiani come "figli di Abramo", la nozione di "superamento" del Patto di Mosè e Israele è problematica e crea una rottura nell'unità che ebraismo e cristianesimo dovrebbero condividere attraverso la loro eredità e fede in Dio. È questa divisione religiosa che inizialmente ha caratterizzato gli ebrei nell'Europa cristiana come diversi e "altri". L'Antico Testamento condivide con il suo patrimonio letterario ebraico la storia fondamentale dell'Alleanza ebraica. Questa storia e molti esempi nei libri dell'Antico Testamento aprono complesse questioni e problematiche teologiche sulla relazione di Dio con il Suo popolo e la forza e resistenza dell'Alleanza. Tali questioni sono rilevanti ora, all'ombra dell'Olocausto, come mai prima. Di fronte a un periodo di tanta violenza e incertezza per l'ebraismo europeo, è importante tornare alle radici della fede per iniziare uno studio sulla costruzione dell'identità religiosa ebraica "dall'interno e dall'esterno".
 
Il [[w:Libro dell'Esodo|Libro dell'Esodo (שמות ''shemòt'')]] racconta la storia delle origini dell'Alleanza e di Mosè, l'orfano israelita che fu salvato dal Nilo e portato sotto la protezione della regalità egiziana ({{passo biblico2|Esodo|2}}). Dopo aver lasciato l'Egitto, Mosè fu scelto da Dio per tornare e liberare gli schiavi israeliti dalla loro schiavitù, portandoli in una terra di libertà e prosperità dove avrebbero potuto adorare Dio liberamente e prosperare come popolo eletto. L'attribuzione dell'Alleanza d'Israele fa di Mosè la figura ebraica significativa e in definitiva un eroe positivo della storia ebraica, ma la sua esperienza non è priva di prove e sofferenze — come il più archetipico "ebreo sofferente", Giobbe. Mosè riesce finalmente a liberare il popolo israelita dalla schiavitù egiziana, ma durante tutto il suo compito è isolato dal suo popolo, e il suo dubbio e gli iniziali fallimenti con il Faraone lo rendono oggetto dell'ira di Dio e del risentimento degli schiavi israeliti. "E dissero loro: «Il Signore proceda contro di voi e giudichi; perché ci avete resi odiosi agli occhi del Faraone e agli occhi dei suoi ministri, mettendo loro in mano la spada per ucciderci!»" (Esodo 5:21). Il senso di ingiusta persecuzione da parte di Dio (che ha scelto Mosè) e l'isolamento che sperimenta dai suoi simili sono condivisi da Giobbe. Come Mosè, anche Giobbe ha la sua fede messa alla prova da Dio, ma sembra colpito da una sofferenza molto più severa di Mosè, che almeno comprese la sua tribolazione e non fu vittima di una prolungata prova di fede come lo è Giobbe. Se la storia di Mosè è quella dell'eroismo e del trionfo attraverso le sue prove, la storia di Giobbe e la relativa tipica interpretazione, pone l'accento sull'aspetto sofferente dell'esperienza di Giobbe. Sebbene sia compensato per le sue perdite, c'è un senso di sofferenza e persecuzione ingiuste e ingiustificate rivolte al povero Giobbe, un senso di vittimizzazione più rilevante delle prove di Mosè nella persecuzione vissuta da Levi e Wiesel. Dopo il dubbio e la sofferenza che subisce quando il Faraone rifiuta i suoi comandi di liberare gli Israeliti, Mosè stabilisce finalmente l'Alleanza sul Monte Sinai, la promessa di essere il popolo "tesoro" di Dio che rimane un fondamento della fede ebraica.
{{q|"Voi avete visto quello che ho fatto agli Egiziani e come vi ho portato sopra ali d'aquila e vi ho condotti a me. Dunque, se ubbidite davvero alla mia voce e osservate la mia alleanza, sarete fra tutti i popoli il mio '''tesoro particolare'''; poiché tutta la terra è mia; e mi sarete un regno di sacerdoti, una nazione santa". Queste sono le parole che dirai ai figli d'Israele.|{{passo biblico2|Esodo|19:4-6}}}}
L'Alleanza di Mosè e degli Israeliti costituisce il legame tra Dio e il popolo ebraico e una base della fede ebraica che unisce Levi e Wiesel. Come ebreo non religioso, l'Alleanza non compare nella narrativa di Levi, ma come ebreo profondamente religioso è un elemento molto più significativo nelle credenze di Wiesel. Elie Wiesel trascorse i suoi primi anni dedicandosi alla sua fede e al suo studio nella sua comunità ebraica a Sighet. La realtà di Auschwitz e la minaccia molto reale che la popolazione ebraica d'Europa non sarebbe sopravvissuta all'Olocausto per essere redenta, crearono una crisi di fede e la necessità in Wiesel di protestare al suo interiore. Nelle ammissioni fatte dopo le sue proteste letterarie di ''Night'' e ''The Trial of God'', egli accettò che queste proteste fossero fatte all'interno di una fede nell'Alleanza: "Except that within faith we must sometimes take our stand against chance, but never against Covenant. In other words, I can protest against God within the Covenant, but not outside it" (Wiesel ''Evil'':12). Wiesel giustifica le sue dispute con Dio e i suoi atti di ribellione religiosa ricordati in ''Night'' sostenendo che protesta come ebreo credente. Sebbene sia problematico a causa della sua esperienza dell'Olocausto, Wiesel dimostra una riverenza per l'Alleanza. La sua fede in Dio è sempre esistita e perdura; mentre provava rabbia e risentimento ad Auschwitz ed era costretto a confrontarsi con convinzioni precedentemente sostenute sulle proprie (e degli ebrei come comunità) dimostrazioni di fede nei confronti di Dio, non negò mai Dio né rifiutò la fede ebraica.
 
Levi, nella sua letteratura e nelle interviste ha sempre affermato di essere ateo, l'opposto di Wiesel. Sebbene abbia mantenuto il suo ateismo in tutte le sue narrazioni, il suo linguaggio è spesso paragonabile a quello di Wiesel, il linguaggio della fede. Come ebreo assimilato, Levi fu allevato esposto alla storia ebraica dei suoi antenati, ma anche alla cultura dell'Italia, un paese tradizionalmente cristiano. Sebbene Levi non praticasse devotamente la religione all'interno della sua famiglia o credesse in Dio, dimostrò una familiarità con la storia e la Scrittura dell'ebraismo (ma non nella misura in cui lo fece Wiesel). Adottando un lessico religioso nella sua letteratura, Levi dimostra che la sua posizione religiosa è a volte contraddittoria: non è semplicemente non-religioso, bensì rifiuta la fede in Dio e nell'ideologia religiosa ebraica. L'uso del linguaggio religioso da parte di Levi e il suo impegno con la storia religiosa è tanto un'affermazione del suo rifiuto della fede quanto l'uso del linguaggio e della storia da parte di Wiesel è un'affermazione della propria fede. Nel narrare le sue settimane da partigiano pre-Auschwitz, Levi conclude: "He who dictated the Law to Moses, and inspired the liberators Ezra and Nehemiah, no longer inspired anyone" (Levi: ''Periodic'':43). Come ebreo che non crede affatto in Dio, Levi potrebbe non credere nell'Alleanza e nella relazione tra Dio e il popolo ebraico, ma nella turbolenza del tempo si impegna ancora con le credenze ebraiche. C'è un senso in questo brano che Levi desidererebbe condividere la speranza della protezione dell'Alleanza, ma non può accettare veramente la fede e la convinzione che la salvezza divina avverrà. La non-fede di Levi rimane coerente nel corso della sua vita e nella linea temporale della sua scrittura; in un'intervista molti anni dopo la sua liberazione, esterna la sua offesa al suggerimento che la sua vita sia stata salvata dalla provvidenza.
 
{{q|And this, I must confess, seemed to me a blasphemy, that God should grant privileges, saving one person and condemning someone else. I must say that for me the experience of Auschwitz has been such as to sweep away any remnant of religious education I may have had.|Camon 1989:68}}
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L'idea che Levi trova offensiva, di Dio che salva una vita e non un'altra, non è dissimile dall'idea dell'Alleanza con un gruppo specifico di persone rispetto a un altro gruppo. Levi rifiuta sia l'ideologia della provvidenza, sia l'idea che sia possibile essere salvati da un potere onnipotente attraverso l'adesione alla fede ebraica e alla credenza in Dio come potenza onnipotente. Nonostante l'obiezione ideologica che Levi sostiene riguardo alla nozione teologica di provvidenza, il linguaggio che Levi usa nei suoi racconti dimostra un impegno e una familiarità con la storia e le idee di fede ebraiche.
{{Vedi anche|Serie misticismo ebraico}}
{{Avanzamento|25100%|28 luglio 2021}}
[[Categoria:Shoah e identità ebraica|Israeliti popolo eletto]]