Introduzione allo Zohar/Capitolo III: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Nessun oggetto della modifica
Etichette: Modifica da mobile Modifica da web per mobile
Nessun oggetto della modifica
Etichette: Modifica da mobile Modifica da web per mobile
Riga 145:
Con Giacobbe o ''Tif’eret'' raggiungiamo la sintesi che risolve la tensione originale tra ''Ḥesed'' e ''Ghevurah'', la "destra" e "sinistra" interiori, amore e giudizio. Il "Santo benedetto" come Dio personale è anche la manifestazione superiore chiamata "Israele", a service così da modello di personalità umana idealizzata. Ciascun membro della casa di Israele prende parte a questo Divino, che può anche essere interpretato come una rappresentazione [[w:totemismo|totemica]] del Suo popolo nell'inferiore. "Giacobbe" in questo senso è l'umano perfetto – un nuovo Adamo, secondo i saggi – l'anziano dal volto radioso che estende la sua benedizione sul mondo. Questo è anche il Dio della ''imitatio dei''. Nel bilanciare le proprie vite, il popolo di Israele imita il Dio che sta al centro tra la destra e la sinistra, equilibrando tutte le forze cosmiche. Tale Dio le conosce, queste vite di Israele, e vede Se stesso in esse, a significare che la lotta per integrare amore e giudizio non è solo il grande compito umano, ma anche un riflesso della lotta cosmica. La struttura interiore della vita psichica '''''è''''' la struttura nascosta dell'universo; è per questo che possiamo arrivare a conoscere Dio tramite il percorso di contemplazione interiore e vera autoconoscenza.
 
La triade dialettica chiave di ''Ḥesed-Ghevurah-Tif’eret'' viene seguita sulla mappa cabalistica da una seconda triade, quella delle sefirot ''Netsaḥ'', ''Hod'' e ''Yesod'', ordinate nella stessa maniera di quell sopra di loro. Nulla di granché nuovo succede a questo livello di divinità. Queste sefirot sono essenzialmente canali attraverso i quali passano le energie più alte andando verso la decima sefirah, ''Malkhut'' o ''Shekhinah'', la fonte di tutta la vita nei mondi inferiori. La sola funzione maggiore assegnata a ''Netsaḥ'' e ''Hod'' nelle fonti cabalistiche è il loro servire da sorgente di profezia. Mosè è l'unico essere umano che raggiunse il livello di ''Tif’eret'', per diventare lo "sposo della ''Shekhinah''". Altri mortali possono percepire l'universo sefirotico solo come riflesso dalla ''Shekhinah'', unico portale attraverso il quale possono entrare. (Questa è la visione "formale" dei cabalisti, sebbene sia una posizione superata da numerosi passi dello ''Zohar'' e altrove.) I profeti al di fuori di Mosè occupano una psizioneposizione intermedia, ricevendo le loro visioni e messaggi dalla settima e ottava sefirah, il che rende la profezia una faccenda di partecipazione nella vita sefirotica interna di Dio.
 
La nona sefirah rappresenta l'unione di tutte le forze cosmiche, il flusso di tutte le energie nell'alto ora unite di nuovo in un unico posto. In questo senso, la nona sefirah è parallela alla seconda: ''Ḥokhmah'' iniziò il flusso di queste forze da un singolo punto; ora ''Yesod'' (Fondazione), come è chiamata la nona, le rassomiglia e si prepara a dirigere nuovamente il loro flusso. Una volta riunite in ''Yesod'', diventa chiaro che la vita che anima le sefirot, spesso descritta in metafore di luce o di acqua, si vede principalmente come energia sessuale maschile, specificamente come seme. Seguendo il medico greco Galeno, la medicina medievale reputava che lo sperma si originasse nel cervello (''Ḥokhmah''), scorrendo giù attraverso la spina dorsale (la colonna centrale, ''Tif’eret''), poi nei testicoli (''Netsaḥ'' e ''Hod'') e da lì infine nel fallo (''Yesod''). Il processo sefirotico quindi porta alla grande unione delle nove sefirot soprastanti, attraverso ''Yesod'', con la femminile ''Shekhinah''. Questa viene colmata e impregnata dalla pienezza dell'energia divina e a sua volta dà alla luce i mondi inferiori, inclusi gli esseri angelici e le anime umane.