La Filigrana Zen di Henry Miller/Henry Miller e Buddhismo: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
mNessun oggetto della modifica
Riga 153:
 
[[File:China (Chinese characters).svg|thumb|150px|right|''"Cina"'' in [[w:caratteri cinesi semplificati|caratteri cinesi semplificati]] (sopra) e [[w:caratteri cinesi tradizionali|tradizionali]] (sotto)]]
Questa idea di ricominciare da capo con una ''tabula rasa'' è qualcosa con cui Miller giocò nel suo concetto di '''''Cina'''''. Per Miller, la ''Cina'' non è un paese o un luogo geografico, ma piuttosto uno stato d'animo, o più precisamente, uno stato dell'essere. Gli studiosi di Miller sono da tempo in disaccordo su come la ''Cina'' dovrebbe essere intesa all'interno dei suoi scritti, ma ciò su cui si è d'accordo è quanto sia utile interpretare ciò a cui Miller stava cercando di arrivare in alcuni dei suoi brani più filosofici e contorti. La ''Cina'' è spesso interpretata come un mezzo con cui avanzare un'ipotesi esistente, piuttosto che come una filosofia, finanche una destinazione spirituale di per sé. In ''A Self-Made Surrealist: Ideology and Aesthetics in the Work of Henry Miller'' (2000) di Caroline Blinder, la ''Cina'' è vista attraverso il prisma di una narrativa surrealista complessiva; come uno strumento che Miller usa per giocare con le forme della realtà. Per Katy Masuga nel suo articolo "Henry Miller, Deleuze and the Metaphor of China" (2009) la ''Cina'' può essere vista come rizomatica in quanto si basa su "connection and heterogenity", quindi "any point of a rhizome can be connected to anything other, and must be" (Deleuze e Guattari, 2003, p. 7), in linea con l'inclusione di Miller in ''A Thousand Plateaus: Capitalism and Schizophrenia'' (1980) di [[w:Gilles Deleuze|Deleuze]] e [[w:Félix Guattari|Guattari]]. James M. Decker vede elementi della ''Cina'' come una destinazione, anche se si ferma di colpo vedendola come una destinazione puramente in relazione alla libertà artistica in ''Henry Miller and the Narrative Form: Constructing the Self, Rejecting Modernity'' (2005). È più interessato a cooptarlo nella sua teoria della forma a spirale; una teoria che comprende lo stile narrativo radicale di Miller in relazione allo sviluppo del tempo. Forse l'esame più approfondito di ''Cina'' appare in ''Henry Miller: The Inhuman Artist'' (2013) di Indrek Manniste, un libro che considera le basi filosofiche di Miller principalmente contestualizzando il suo lavoro attraverso i tropi tematici modernisti chiave della decadenza della civiltà occidentale, della tecnologia e del ruolo dell'artista; interpretato principalmente attraverso l'influenza di Nietzsche e Spengler, mentre lo inquadra come uno scrittore modernista nella grande tradizione. L'ipotesi di Manniste ruota attorno ai concetti del presente tradizionale e del presente completo. Sono concetti che abbiamo già preso in considerazione nel [[La Filigrana Zen di Henry Miller/Henry Miller e Henri Bergson|Capitolo 2]] con Bergson, in quanto legati al tempo e all'artista. In breve, il presente tradizionale è tempo lineare, storico; tempo che è confezionato e concettualizzato per noi. Il presente completo ricorda "Durata" e "Intuizione" di Bergson in quanto richiede all'artista di rompere con le nozioni convenzionali di tempo e comprendere la differenza tra tempo e temporalità, per abbracciare l'ora/adesso. Per Manniste ''Cina'' è la manifestazione intellettuale della volontà di Miller di creare uno spazio per gli artisti. Sì, riconosce Miller come un [[w:sinologia|sinofilo]] impegnato, ma è soprattutto il rifiuto di Miller della civiltà occidentale in tutte le sue manifestazioni e la sua convinzione della ''Cina'' "as the ultimate realm to which art or artistic activities should lead..." (Manniste, 2013, p. 95). Quindi prosegue riconoscendo che l'arte e la ''Cina'' non sono il fine in se stesse poiché la creazione dell'arte è solo il mezzo attraverso il quale l'artista si libera del passato e tocca l'autenticità, una teoria che ricorda molto la rinascita artistica di Rank — l'obiettivo è la vita:
{{q|Art... is only a preparation, an initiation into the way of life. The goal is liberation, freedom... To continue writing beyond the point of self-realization seems futile and arresting. The mastery of any form of expression should lead inevitably to the final expression — mastery of life.|Miller, 1941, p. 209}}
 
È come se Manniste alludesse al buddhismo Zen di Miller, ma non fosse disposto ad andare alla conclusione logica della ''Cina''. ''Cina'' è chiaramente la concettualizzazione di Miller riguardo a ''Anatman'' (non-sé o non-essere) non come scrittore ma come essere umano. Incorporando le sue precedenti influenze di Bergson e Rank, Miller vede il tempo e l'atemporalità, morte in utero e rinascita artistiche, come i mezzi attraverso i quali procedere verso ''Samhadi'' (autoconsapevolezza) e ''Prajna'' (intuizione improvvisa). La ''Cina'' è qualcosa che Miller può ottenere solo attraverso il buddhismo; è un modo di vivere, un viaggio che richiede l'adesione alle Quattro Nobili Verità e la pratica dell'[[w:Nobile Ottuplice Sentiero|Ottuplice Sentiero]]. 19 La padronanza di cui scrive Miller è la padronanza della vita che può essere raggiunta solo attraverso il concetto buddhista del retto vivere; cioè l'impiego quotidiano del Nobile Ottuplice Sentiero. In una delle pubblicazioni finali di Miller, ''Mother, China and the World Beyond'' (1977), egli delinea sia le sue opinioni finali su sua madre sia come immagina la Cina. C'è la sensazione che Miller stia tornando all'inizio della sua vita, che desideri esplorare il suo rapporto con la madre, ma da una prospettiva intrinsecamente Zen. Anche in ''Mother, China and the World Beyond'' torna su un terreno ben battuto con un attacco all'America e una chiara posizione di sé come buddhista Zen:
{{q|Even as a boy the name ''China'' evoked strange sensations in me. It spelled everything that was vast, marvellous, magical, ''and'' incomprehensible. To say China was to stand things upside down. How marvellous that this same China should stir in the old man who is writing these words the same strange, unbelievable thoughts and feelings... We of the Western world are so very, very young, mere babes compared to the Hindus, the Chinese, the Egyptians, to mention only a few peoples. And, with our youth goes ignorance, stupidity and arrogance. Worse, our intolerance, our failure to even try to understand other peoples’ ways. We in America are perhaps the worst sinners.|Miller, 1977, pp. 27-28}}
 
Gli elementi del "'''Nobile Ottuplice Sentiero'''" e i differenti modelli di interpretazione, sono presentati nella seguente tabella:<ref>Per un esame di come tutti questi fattori devono funzionare all'unisono per la vera illuminazione, si veda: Bodhi, B. (1994) ''The Noble Eightfold Path''. Buddhist Publication Society, Sri Lanka. Cfr. anche William Chu (2004) ''Encyclopedia of Buddhism'', Robert E. Buswell, cur., McMillan USA, New York, pp. 635-640.</ref>
{| class="wikitable"
|-class="hintergrundfarbe8"
!
! align=left | [[w:Lingua italiana|Italiano]]
! align=left | Sanscrito
! align=left | Pāli
! align=left | Cinese
! align=left | Cinese [[w:pinyin|pinyin]]
! align=left | Cinese [[w:Wade-Giles|Wade-Giles]]
! align=left | Giapponese
! align=left | Tibetano
|-
| align=center | I
|''Retta visione'' – Attraverso le Quattro Nobili Verità capire chi sei
|Samyag-dṛṣṭi
|Sammā diṭṭhi
|正見
|Zhèngjiàn
|Cheng-chien
|Shōken
|Yang dag pa'i lta ba
|-
| align=center | II
|''Retta intenzione'' – Pensieri caritatevoli e premurosi in contrasto con cattiva volontà e piacere individuale
|Samyak-saṃkalpa
|Sammā saṃkappa
|正思惟
|Zhèng sīwéi
|Cheng ssu-wei
|Shō shiyui
|Yang dag pa'i rtog pa
|-
| align=center | III
|''Retta parola'' – Astenersi da pettegolezzi, falsità e linguaggio crudele
|Samyag-vāc
|Sammā vācā
|正語
|Zhèngyǔ
|Cheng-yü
|Shōgo
|Yang dag pa'i ngag
|-
| align=center | IV
|''Retta azione'' – Astenersi da promiscuità, dall'uccidere o rubare. Essere consapevoli dei diritti degli altri
|Samyak-karma-anta
|Sammā kammanta
|正業
|Zhèngyè
|Cheng-yeh
|Shōgō
|Yang dag pa'i las kyi mtha'
|-
| align=center | V
|''Retta sussistenza'' – Non praticare un mestiere contrario alle credenze buddhiste, ad es. schiavitù o lavoro di macellazione
|Samyag-ājiva
|Sammā ājīva
|正命
|Zhèngmìng
|Cheng-ming
|Shōmyō
|Yang dag pa'i 'tsho ba
|-
| align=center | VI
|''Retto sforzo'' – Assumersi la responsabilità di fare uno sforzo per vivere da buddhista
|Samyag-vyāyāma
|Sammā vāyāma
|正精進
|Zhèng jīngjìn
|Cheng-ching-chin
|Shō shōjin
|Yang dag pa'i rtsol ba
|-
| align=center | VII
|''Retta presenza mentale'' – Essere consapevoli delle conseguenze delle proprie azioni, pensieri e parole
|Samyak-smṛti
|Sammā sati
|正念
|Zhèngniàn
|Cheng-nien
|Shōnen
|Yang dag pa'i dran pa
|-
| align=center | VIII
|''Retta concentrazione'' – La pratica costante della meditazione porta a una mente chiara e calma ed è essenziale per la massima attenzione della saggezza e dell'illuminazione
|Samyak-samādhi
|Sammā samādhi
|正定
|Zhèngdìng
|Cheng-ting
|Shōjō
|Yang dag pa'i ting nge 'dzin
|-
|}