Missione a Israele/Verità evangeliche: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
ortografia
ortografia
Riga 102:
L'eloquente e discorsivo Gesù di Giovanni non è costretto da tali vincoli. A partire dal suo dialogo di apertura con [[w:Nicodemo (discepolo di Gesù)|Nicodemo]] ai soliloqui ''[[w:belcanto|belcanto]]'' di chiusura la notte del suo arresto, questo Gesù proclama la sua propria identità teologica. È il Figlio di Dio, il Figlio dell'Uomo e il Cristo. Ed anche i suoi discorsi brulicano di molteplici metafore sacramentali: "Io sono il pane della vita... dal cielo" ({{passo biblico2|Giovanni|6:35-38}}), la luce del mondo ({{passo biblico|Giovanni|8:12,9:5}}), la fonte d'acqua viva ({{passo biblico|Giovanni|4:7-15}}), la porta delle pecore ({{passo biblico|Giovanni|10:7-10}}), la Risurrezione e la Vita ({{passo biblico|Giovanni|11:25}}), la Via e la Verità ({{passo biblico|Giovanni|14:16}}), la Vera Vite ({{passo biblico|Giovanni|15:1}}). Gesù è l'unico che sia venuto giù dall'alto, dal Padre, al mondo sottostante; e pertanto solo coloro che lo riconoscono possono Ūvedere oltre questo mondo inferiore verso il reame superiore; solo loro possono conoscere il Padre ({{passo biblico|Giovanni|6:45-46,8:21-58}}). E parla apertamente e francamente del suo status extraumano: "Prima che Abramo fosse, Io Sono" ({{passo biblico|Giovanni|8:58}}) e ancor più audacemente: "Io e il Padre siamo uno" ({{passo biblico|Giovanni|10:30}}).
 
Il Gesù di Giovanni, in altre parole, pronuncia schiettamente le sofisticate credenze teologiche che l'evangelista ha su di lui. Gli interessi religiosi e letterari di Giovanni si concentrano e sono compresi nei lunghi monologhi ed estesi discorsi cristologici del suo personaggio principale. La sua struttura narrativa frastagliata, in contrasto, serve più che altro da cornice su cui appendere i discorsi di Gesù: sono semplicemente incidentali agli interessi centrali di Giovanni. E poiché il suo Gesù apertamente e dall'inizio insegna il suo proprio status teologico elevato, tale autoidentificazione non può servire, come servì in Marco davanti al sommo sacerdote, quale ragione per l'esecuzione di Gesù. Allora perché viene giustiziato? Giovanni presenta i sacerdoti insieme ai Farisei che determinano di uccidere Gesù perché temono che le suasue attività metteranno a rischio in qualche modo il Tempio e il popolo:
{{q|"Se lo lasciamo fare così, tutti crederanno in lui e verranno i Romani e distruggeranno il nostro luogo santo [il Tempio] e la nostra nazione". Ma uno di loro, di nome Caifa, che era sommo sacerdote in quell'anno, disse loro: "Voi non capite nulla e non considerate come sia meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera".|{{passo biblico2|Giovanni|48-50}}}}
Forse non c'è bisogno di scegliere tra queste due cronologie; forse possiamo adattare larco di tempo più breve descritto da Marco, con quello più lungo di Giovanni. Ma allora, cosa succede all'incidente del Tempio? Gesù potrebbe aver fatto la stessa prostesta drammatica ''due volte'', una volta agli inizi della sua missione e un'altra alla fine? Allora dovremmo rendere conto della motivazione dei sacerdoti nell'arrestarlo: perché offendersi ed allarmarsi – o persino stupirsi – se tale protesta accadeva quasi ogni anno che Gesù veniva a Gerusalemme? Forse dobbiamo preferire la descrizione di Giovanni. I molteplici pellegrinaggi di Gesù in città hanno un loro senso storico. I galilei abitualmente andavano avanti e indietro per le festività di pellegrinaggio; due anni e più (come viene implicato) danno più tempo a Gesù di stabilire la sua missione e proclamare il suo messaggio. Alla luce del suo successivo impatto nella storia, un periodo più lungo durante il quale il suo messaggio poteva metter radici, è forse più plausibile intrinsecamente. O forse la rappresentazione di Marco è migliore: un periodo breve di attività pubblica si conforma meglio all'itineranza e povertà che Gesù evidentemente imponeva ai suoi discepoli. Ma la cronologia di Marco ricapitola così immediatamente la sua cristologia: è veramnete cosa casuale? Se deliberata, allora la sequenza narrativa marciana non è forse di per sé una testimonianza della sua libertà e creatività come redattore?