La Filigrana Zen di Henry Miller/Henry Miller e Surrealismo: differenze tra le versioni

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Miller chiude il cerchio nella sua critica dei surrealisti: per Miller il ruolo dell'artista è quello di creare e vivere autenticamente, poiché l'uno non è possibile senza l'altro — l'artista non è un membro normale della società. Non è possibile per tutti diventare artisti: per Miller artista è una designazione acquisita attraverso la sofferenza e l'allontanamento dalle comodità e dalle sicurezze della vita quotidiana. Non esiste un modo rapido per attingere alla propria creatività, nessuna botola speciale nella mente che può essere aperta su richiesta.
 
In ''A Self-Made Surrealist: Ideology and Aesthetics in the works of Henry Miller'', Caroline Blinder esplora uno dei racconti inediti di Miller "Last Will and Testament" scritto negli anni ’30, come esempio di una ''pastiche'' milleriana. Utilizza i tropi surrealisti della strutturazione casuale delle frasi giustapposti con l'erotico non convenzionale per prendere in giro quanto seriamente i surrealisti si prendessero:
{{q|The thing to know is if you are crazy or only making literature. To know si l'affaire est dans le sac! That when you turn around there is no shadow behind you or if you're asked for your carte d'identité you don't have to take off your gloves first. When I open the door I see a pair of socks lying on the floor of the closet; not to bend down and touch them with your hands but to quickly kick them about three inches to the left and rear. The post man wakes up at five thirty punkt; to know when to write without disturbing him. Everybody is alone, and it is worse to be alone when you are with people. If you lived on the same street all your life and there was no time, except at the end, several years later, when it is too late. Because it snows does not prove that time elapses.|Blinder, 1999, p.26}}
Blinder paragona la ''pastiche'' di Miller a ''The Immaculate Conception (L'Immaculée Conception)'' (1930) di Breton, fornendo un altro esempio della declinante pazienza di Miller con i surrealisti. Breton era ben consapevole dell'incredulità con cui venivano accolte alcune delle sue affermazioni. Nella sua introduzione a ''The Immaculate Conception'', potrebbe rivolgersi direttamente a Miller, anche se ovviamente non è così:
{{q|Finally, it must be pointed out that numerous pastiches have been recently put into circulation, texts not always easy to distinguish from authentic ones, since all criteria of origin are objectively absent. These few obscurities, these failures, these flounderings, these imitations, now more than ever require, in the interest of the activity we wish to conduct, a complete return to principles.|Breton, 1930, p. 92}}
Se l'automatismo è un tentativo genuino di creare una letteratura che di fatto si sottrae alle parabole convenzionali in modo non razionale e de-intellettualizzato, allora il fondamento stesso di ''The Immaculate Conception'', con la sua struttura e il simbolismo apertamente religioso, deve essere visto come una complicata istanza di "puro" Automatismo. Breton non sa come affrontare la probabilità che l'ampiezza intellettuale e l'attenta strutturazione del processo Automatico in sé stesso ne interroghino la chiarezza in termini di processo inconscio. Quello che Miller vedeva come un evidente paradosso era l'impiego di un discorso estremamente sofisticato per caratterizzare qualcosa di universale oltre che anti-razionale. È evidente che Miller non si occupa di questo problema così francamente come fece qualche tempo dopo nella sua ''Open Letter to Surrealists Everywhere'', ma mentre l'approccio di Miller è intenzionalmente vago in "Last Will and Testament", poiché non vi è alcun argomento rilevabile nel testo stesso, deve tuttavia essere inteso in relazione a ciò che imita, in particolare il capitolo "The Original Judgement". Uno dei modi principali in cui non sono d'accordo con Blinder è come vede ciò che Miller sta cercando di fare con "Last Will and Testament" — lo vede come un esempio di Miller che sperimenta con l'Automatismo, ''pastiche'' sì, ma con sincerità. Non sapremo mai il mese e l'anno esatti in cui Miller lo scrisse, ciononostante, come ho affermato, il tono scherzoso è nel migliore dei casi beffardo e nel peggiore dei casi sprezzante. Nell'esaminare i modi in cui entrambi i testi si relazionano e tuttavia differiscono, penso che mostri il crescente senso di Miller dei limiti che il Surrealismo gli presentava.
 
''The Immaculate Conception'' è un'opera sperimentale che cerca di riprodurre disturbi mentali mimeticamente assortiti, al fine di rivelare l'assurdità nella formazione delle barriere sociali tra il normale e l'anormale, un tema ricorrente nell'opera surrealista ''[[w:Nadja (Breton)|Nadja]]''<ref>Le somiglianze tra l'eroina di Breton, ''Nadja'' (1928) e la rappresentazione di June Mansfield da parte di Miller in ''Tropic of Cancer'' sono evidenti. Il protagonista Andre incontra per caso Nadja per strada e se ne innamora perdutamente. Nadja è disinibita e unica; sembra essere la musa intellettuale di Andre. Mentre Nadja rivela di più sulla sua vita passata, diventa subito evidente che è pazza e quando viene rivelata la sua realtà, Andre sente la sua attrazione svanire. L'assenza di Nadja dalla sua vita gli permette di sceglierla come sua musa perpetua; lei è ancora una volta misteriosa e avvincente, sempre disponibile nei suoi ricordi. Miller citò ''Nadja'' come uno dei libri più influenti della sua vita e le somiglianze tra June e Nadja sono evidenti. Per i paralleli tra le rappresentazioni delle donne in ''Nadja'' e ''Quiet Days in Clichy'', si veda Sazama-Moreau, S.T. (1999) ''Women and Paris in Andre Breton’s Nadja and Henry Miller’s Quiet Days in Clichy''. University of Maryland Press, Bethesda.</ref> (1928) di Breton: Nadia, la donna la cui follia è poeticizzata, viene ricoverata di forza. La concentrazione surrealista sulla follia è evidente anche in una serie di fotografie di donne isteriche in gran parte prese da riviste mediche. In queste fotografie i soggetti isterici erano caratterizzati come sull'orlo dell'orgasmo, ponendo l'accento sul ruolo erotico e sovversivo che i surrealisti cercavano di collegare all'[[w:isteria|isteria]]. Ciò è significativo, in quanto illustra come i surrealisti evitino intenzionalmente le caratteristiche sgradevoli e angosciose dell'essere in preda all'isteria. Così facendo il soggetto isterico, di solito una donna, si spersonalizzava al punto che i suoi sintomi diventavano anche la sua funzione. In altre parole, il soggetto isterico e instabile era visto prima di tutto nei termini di una nuova icona surreale — rappresentativa dell'associazione desiderata tra l'irrazionale, l'erotico e il folle, come attestano le fotografie che raramente nominano i soggetti stessi, centrandosi così sul significato tematico dell'isteria. L'uso dell'isteria come mezzo per significare gli aspetti estatici oltre che erotici del surreale si manifesta in ''The Immaculate Conception'' attraverso ripetuti tentativi di combinare lo scientifico, la simulazione di un disturbo clinico, con la finzione, la tecnica poetica di Éluard e Breton. Allo stesso tempo, i surrealisti erano pienamente consapevoli delle tradizionali connessioni tra le manifestazioni religiose di completa devozione e quelle che potevano essere viste come forme isteriche di rappresentazione. In questo senso, ''The Immaculate Conception'' si distingue anche come parabola religiosa del processo creativo stesso. L'esplicito contesto allegorico e la strutturazione del testo si aggiunge alla difficoltà di determinare quanto eccelle come rappresentazione di un testo Automatico o meno. Prevedibilmente, Breton cerca di alleviare la potenziale confusione situando il lavoro in modo sicuro all'interno del campo sperimentale dell'Automatismo:
{{q|The authors particularly wish to stress the sincerity of the present undertaking which consists of submitting the five essays that follow to the consideration of both laymen and specialists. The slightest suggestion of any borrowing from clinical texts or of pastiche, skilful or otherwise, of such texts, would of course be enough to make these pieces both pointless and wholly ineffective.|Breton, 1930, p. 47}}
Ciò che è soprattutto peculiare inş questa introduzione alla seconda parte del libro "The Possessions", è che Breton lascia aperta la possibilità a quali laici e specialisti si riferisca esattamente. Intende dire che il testo può resistere ad un attento esame da parte di esperti di malattie mentali o intende di esperti di Automatismo? Evidentemente Breton ed Éluard vogliono rappresentare i testi come propri, e certamente sembrano pensare che l'efficacia dei testi risieda nella loro autenticità. Il dilemma è che qualsiasi indagine sull'autenticità di per sé è impegnativa se non irrealizzabile per quanto riguarda l'Automatismo.
 
Il titolo ''The Immaculate Conception'' può essere visto da un lato come un segno della nascita del Surrealismo come evento sacro e dall'altro come un segnale di una nuova era della creatività. In questo senso, come ha lungamente sottolineato Caroline Blinder, il quadro semantico per la deificazione del processo creativo può essere letto contemporaneamente come religioso e antireligioso; una vaghezza su cui Éluard e Breton giocano con calcolo per tutto il testo. Scritto in una certa misura in difesa del disordine e dell'anarchia insiti nelle menti di persone presumibilmente disturbate, il testo funziona comunque in modo rituale, con i vari capitoli come ricreazioni del caos e stazioni sulla strada della salvezza. La difficoltà di ''The Immaculate Conception'' risiedeva quindi sia nella sua costruzione che nel modo in cui il suo programma si manifesta nella terminologia religiosa per tutto il libro.
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La prima parte di ''The Immaculate Conception'' intitolata "Man" comprende cinque testi che registrano lo sviluppo dal concepimento e nascita alla morte. Ciò che è manifesto, tuttavia, è il modo in cui tre dei cinque testi trattano le fasi prenatali; "Conception", "Intra-Uterine life" e "Birth" riguardano tutte la realizzazione della [[w:libido|libido]] nell'utero, e le sezioni successive "Life" e "Death" dimostrano l'attesa nostalgia per questo svanito armonioso stato prenatale. Nella seconda sezione: "The Possessions", le febbri psicotiche sono annotate da Breton ed Éluard in uno stato Automatico. La parola "Possessions" suggerisce anche la demonologia che in questo caso è secolarizzata in quanto gli autori si lasciano possedere da deliri di natura psicotica piuttosto che religiosa.
 
Più di numerosi altri testi cosiddetti Automatici, ''The Immaculate Conception'' incarna l'infattibilità di far dettare Automatismo puro dall'inconscio. La breve panoramica fornita sopra mostra l'enorme pianificazione, sia strutturale che tematica, che deve essere stata posta nella realizzazione di ''The Immaculate Conception''. Ancora una volta, il titolo stesso aggiunge una svolta ironica al concetto di puro Automatismo, poiché il testo può essere visto come il prodotto dello sforzo collaborativo di Breton ed Éluard, piuttosto che di un'illuminazione paradisiaca. In questo senso Blinder suggerisce che l'interpretazione stessa da parte di Miller di segmenti di ''The Immaculate Conception'' potrebbe, in teoria, essere vista, non come una sovversione dell'Automatismo, ma solo come una versione alternativa, proprio come ''The Immaculate Conception'' può essere intesa quale versione surrealista della nascita del cristianesimo con un tocco laico.
 
Per quanto riguarda l'Automatismo, "Last Will and Testament" di Miller riesce comunque a eludere i chiari vincoli dei significanti religiosi e mentali, così evidenti nel titolo e nei sottotitoli dei capitoli nel ''piece'' di Breton ed Éluard. Nonostante i chiari riferimenti religiosi in ''The Immaculate Conception'', Breton sostenne che fosse stato scritto mediante l'Automatismo. Spiegò che i movimenti considerevoli della prosa continua erano stati scritti in istanti disinibiti di Automatismo e poi assemblati in capitoli in un secondo tempo.
 
Resta quindi il soggetto di come creare e rappresentare l'arbitrarietà e l'autenticità del processo Automatico all'interno di qualcosa che in definitiva punta a una sfera predeterminata. "Last Will and Testament" di Miller segna sotto molti aspetti una delle sue più lucide rivalutazioni del principio surrealista dell'Automatismo. Ciò che Miller fa è aprire il carattere ciclico bloccato dell'argomento surrealista, poiché mette in dubbio la capacità surrealista di imitare veramente la follia che è una parte così fondamentale dell'estetica surrealista. Come Miller riassume succintamente a metà strada in "Last Will and Testament": "None of this is sufficiently crazy" (Blinder, 1999, p. 30). È possibile che Miller stia parlando a se stesso e alla sua incapacità di entrare in uno stato di delirio, ma se si considera la prima riga di "Last Will and Testament", "The thing to know is if you are crazy or only making literature" (Blinder, 1999, p. 30), sembrerebbe che Miller ritenga la follia una parte cruciale di ogni processo creativo in sé. In questo senso, la follia di Miller, piuttosto che uno stato delirante di natura completamente diversa, è una condizione accettata in cui l'autore si ritrova. Mentre sia Miller che i surrealisti tentano di scrivere frasi che potrebbero mettere in parallelo le discontinuità, l'osservazione di Miller sottolinea tuttavia la necessità per lo scrittore di sapere fin dall'inizio quale sia la sua strategia. Ciò che Miller commenta, è da un lato il progetto surrealista in ''The Immaculate Conception'', fondato com'è sullo sforzo di imitare i processi di pensiero dei folli, e contemporaneamente l'intrinseca irrealizzabilità di farlo in modo convincente attraverso un pezzo di letteratura. Ciò che Miller sembra sottolineare è che qualsiasi tentativo di replicare la follia attraverso l'Automatismo può essere solo un esercizio di simulazione intellettuale e qui sta il problema per Miller. L'Automatismo diventa nient'altro che un'indulgenza intellettuale una volta che, secondo Miller, rifiuta di riconoscere i suoi limiti. C'è qualcosa di pateticamente comico nell'affermazione di Breton che ''The Immaculate Conception'' sia nato dall'Automatismo, perfettamente redatto e in forma di capitoli. Alla fine, per quanto Miller ammiri Breton e condivida alcune delle posizioni surrealiste, la sospensione dell'incredulità richiesta è solo un passo troppo esagerato per Miller.
 
Direi che il rapporto di Miller con i surrealisti è chiaramente influenzato dalle sue letture di Rank e Bergson. Miller partecipa pienamente al concetto di "artideology" di Rank in quanto è attratto dal movimento artistico prevalente del suo tempo, artisticamente, intellettualmente e politicamente. Nella teoria rankiana è essenziale che Miller incorpori i surrealisti nel suo pensiero e nella sua scrittura: per passare a un'arte pienamente realizzata basata sulla vita, Miller non deve isolarsi nella speranza di mantenere pura la sua arte, ma deve abbracciare il crogiolo attraverso il quale la sua arte autentica sarà prodotta. Il surrealismo è una barriera attraverso la quale Miller deve passare. Miller utilizza i tropi surrealisti per esplorare e perfezionare la propria visione, ma alla fine si spinge oltre, arrivando a considerarli restrittivi e intransigenti:
{{q|When I was living in Paris... we used to say, "let's take the lead." That meant going off the deep end, diving into the unconscious, just obeying your instincts, following your impulses, of the heart, or the guts, or whatever you want to call it. But that's my way of putting it, that isn't really surrealist doctrine; that wouldn't hold water, I'm afraid, with an Andre Breton. However the French standpoint, the doctrinaire standpoint, didn't mean too much to me. All I cared about was that I found in it another means of expression, an added one, a heightened one, but one to be used very judiciously...|Brooks, 1963, p. 148}}
Nei suoi usi dell'Automatismo, Miller utilizza costantemente una prospettiva bergsoniana, incentrata sull'idea di creatività come qualcosa che scaturisce dalla capacità dello scrittore di vedere la natura interrelata delle proprie esperienze di vita in relazione al tempo. Per Bergson non esiste una pura sorgente di creatività situata nell'Inconscio, ma piuttosto un complesso palinsesto di esperienze nonché l'atemporalità della comprensione, che lo scrittore deve accettare e abbracciare per essere veramente creativo. Miller può usare l'Automatismo come tecnica letteraria, ma rimane fedele ai principi bergsoniani; ipotizza l'idea dell'artista e del suo universo in termini bergsoniani, l'artista non ha bisogno di "rearrange the objects and conditions of this world" (Miller, 1962, p. 157) perché non sono altro che concettualizzazioni, basate su un modello razionale e scientifico che l'artista ha già confutato. Parimenti, Miller vede il ruolo del meraviglioso attraverso Rank in quanto l'artista deve progredire oltre il mondo politico, pur riconoscendolo, verso un senso più profondo di sé: interiorizzare i problemi collettivi e distillarli nella purezza della consapevolezza interiore, individuale. Penso che Miller stia anche dimostrando una comprensione buddhista della sua creatività, combinando le due principali influenze filosofiche della sua vita, usandole come strumento per interagire con il principale movimento artistico e ideologico del suo tempo, ma alla fine arrivando ad una conclusione che è intrinsecamente buddhista.
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[[Categoria:La Filigrana Zen di Henry Miller|Henry Miller e Surrealismo]]