La Filigrana Zen di Henry Miller/Henry Miller e Surrealismo: differenze tra le versioni

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L'artista deve vivere al di sopra delle preoccupazioni politiche del collettivo, quasi su un piano intellettuale più elevato, e quando cerca di entrare nella sfera politica deve rendersi conto della vera natura delle masse. Per Miller le masse erano qualcosa di cui sospettare, e le vedeva come intrinsecamente stupide, avide e facilmente guidate. Proprio per questo usa apertamente i nomi di Hitler e Mussolini per illustrare che le masse desiderano un dittatore, non la libertà. Per quanto nobili possano essere le convinzioni politiche dei surrealisti, Miller ritiene che le masse desiderino essere guidate, a destra o a sinistra, non fa alcuna differenza: l'istituzionalizzazione della politica è determinata in generale da una riduzione: "it is the reduction of the principle of individuation to the least common denominator of intelligibility" (Miller, 1939, p. 152). L'appello della politica richiede la degradazione dell'intelletto per fare appello alle masse idiote. Per Miller, il ruolo dell'artista è quello di "revive the primitive, anarchic instincts which have been sacrificed for the illusion of living in comfort" (Miller, 1939, p. 156). Questo stordimento dell'intelletto per fare appello alle masse ripugnava Miller, sia che provenisse dai dittatori di destra o dagli intellettuali di sinistra. Miller non chiedeva o vedeva la necessità di un leader:
{{q|I am not against leaders per se. On the contrary, I know how necessary they are. They will be necessary as long as men are insufficient unto themselves. As for myself, I need no leader and no god. I am my own leader and my own god. I make my own bibles. I believe in myself — that is my whole credo.|Miller, 1939, p. 158}}
L'atteggiamento di Miller nei confronti dell'impegno politico durante questo periodo ha ricevuto molta attenzione da parte della critica, soprattutto a causa di "[[:en:w:Inside the Whale and Other Essays|Inside the Whale]]" di [[w:George Orwell|George Orwell]] (1940), un saggio in tre parti che mescola una revisione superficiale della scrittura di Miller fino a quel momento, insieme a un attacco personale più aneddotico contro la passività politica di Miller, insieme a una panoramica generale della letteratura in quel momento, il tutto attraverso il prisma del racconto biblico di [[w:Libro di Giona|Giona e la Balena]]. Molti critici hanno visto "[[:en:w:Inside the Whale|Inside the Whale]]" come un attacco diretto a Miller; tuttavia lo vedo come una continuazione delle lettere che i due scrittori si erano scambiati alcuni anni prima.<ref>Per un approccio più sfumato alla relazione tra Orwell e Miller, si veda: Colls, R. (2013) ''George Orwell: English Rebel''. Oxford University Press, Oxford.</ref> Orwell ammirava molto Miller e viceversa, tuttavia qui si trovavano due scrittori che gravitavano verso poli opposti in relazione all'azione politica. Mentre Miller si sposta, o più precisamente si allontana, dalla politica e dall'azione collettiva, Orwell è più convinto che mai che questo sia un lusso che il mondo non può permettersi. Il concetto stesso di realtà per Orwell e per Miller è in netto contrasto:
{{q|I liked ''Tropic of Cancer'' especially for three things, first of all a peculiar rhythmic quality in your English, secondly the fact that you dealt with facts well known to everybody but never mentioned in print... thirdly the way in which you would wander off into a kind of reverie where the laws of normal reality were slipped just a
little but not too much... but I think on the whole in ''Black Spring'' you have moved too much from the ordinary world into a sort of Mickey Mouse universe where people and things don’t have to obey the rules of space and time. I dare say I am wrong and have missed your drift altogether, but I have a sort of belly-to-earth attitude and always feel uneasy when I get away from the ordinary world where grass is green and stones are hard etc.|Colls, 2013, p. 45}}
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Miller inizia a capire quale sia il suo vero problema con il Surrealismo e ci riporterà di nuovo al suo concetto di artista influenzato dalle sue letture di Bergson e Rank. Il rapporto tra il primitivo e l'istinto è alla radice della creatività sia per Miller che per i surrealisti. In parole povere, i surrealisti definiscono l'Inconscio nei termini di una potenza istintiva e comprensiva all'interno dell'umanità, suggerendo di conseguenza che un ritorno al primitivo libererà l'umanità dalla contaminazione soffocante della razionalità. Per Miller l'Inconscio non è visto in questi termini, non è il mezzo o la destinazione della vera creatività. Piuttosto, in termini rankiani, è l'incapacità di impegnarsi con l'attrito della vita. L'attrito tra l'Inconscio e il Conscio è essenziale per la visione della creatività di Miller; i surrealisti cercano l'assimilazione nell'Inconscio, mentre Miller richiede dissidenza e discordia. Sia Miller che i surrealisti usano la parola "primitive" nel senso positivo di una rottura libera dalle convenzioni, ciò su cui non sono d'accordo è come avviene tale rottura. È chiaro che i surrealisti hanno modificato la teoria dell'Inconscio di Freud per adattarla al loro argomento più ampio, e allo stesso modo la critica di Miller si basa sulla sua valutazione piuttosto antagonistica del freudismo, tuttavia ciò che le loro opinioni opposte sull'Inconscio fanno è di riportarci nuovamente all'Automatismo e all'individualità dell'artista.
 
La romanticizzazione surrealista del primitivo come terra promessa creativa a cui si accede attraverso l'Inconscio è profondamente sospetta per Miller, in quanto nega il razionale come parte integrante del processo creativo, ma anche che, giunto alla sua naturale conclusione, confuta il posto legittimo dell'artista equiparando l'istinto artistico a qualcosa che può essere curato. Poiché il surrealista abbraccia l'idea del disturbo mentale come un aspetto chiave dell'Inconscio, Miller lo vede come dannoso per la ricerca dell'artista di comunicare con la società. L'artista richiede rispetto per il suo ''medium'' se vuole essere in grado di collegarsi con il suo piccolo gruppo di individui che la pensano allo stesso modo — una designazione di follia, indossata come segno di orgoglio o meno, lo rende impossibile. L'Automatismo basato com'è sulle emanazioni dell'Inconscio, diventa il grande agente democratizzante del processo creativo. In teoria ognuno può incanalare il proprio Inconscio nell'invenzione così la posizione formalmente elitaria dell'artista diventa obsoleta o quantomeno ridotta. [https://www.google.co.uk/books/edition/A_Self_made_Surrealist/Qy8dFdaux3oC?hl=en Caroline Blinder] mostra che la comprensione di Breton delle radici dell'Automatismo nel linguaggio porterebbe a mettere da parte lo scrittore dal suo stesso lavoro:
{{q|Breton classifies as visual images that are liable to be actions or pictures of an external reality which by nature are already laden with significance, and which we as a result have a propensity to sentimentalise or understand according to our own psychological make-up. In Breton's rationale, Automatism's deference to words in themselves must be seen in the light of a complete stress on the impersonality of the manifestations. Breton, by concentrating exclusively on the legitimacy of the words rather than the artist from whom they come, looks to de-sentimentalise and depersonalise language. In order for Breton to do this he has to de-emphasise the writer's capacity to reason. Reason, as Breton understands it, is instrumental in "subjecting the works of the spirit to its irrevocable dogmas" and thus deprives us "of the mode of expression which harms us the least".|[https://www.google.co.uk/books/edition/A_Self_made_Surrealist/Qy8dFdaux3oC?hl=en Blinder, 19992000, p. 24]}}
Breton collega la Coscienza e le inibizioni con la ragione, ribadendo la tesi dello scrittore che cede il controllo all'Inconscio, per liberarsi da un'altra forma di oppressione. Come dimostra Blinder, "If the instinctual and desire-driven in Freudian terms negatively impacts our potential as social beings, it confirms for the Surrealists that it is in actuality a radical way of subverting conventional social structures" (Blinder, 1999, p. 24). L'approccio più visionario di Miller è in qualche modo in contrasto con Breton poiché vede il convenzionale e il familiare come strano e spettacolare in sé e per sé e quindi giustifica la sua attenzione nel raccontare l'ordinario come straordinario. Ad esempio in ''Black Spring'' combina ininterrottamente per quasi tre pagine i nomi di personaggi famosi, persone comuni, oggetti e aziende, assorbendo la quotidianità nel romanzo attraverso elenchi. Eccone un breve estratto:
{{q|...And then suddenly, like Jacob when he mounted the golden ladder, suddenly all the voices of heaven break loose. Like a geyser spurting forth from the bare earth the whole American scene gushes up — American Can, American Tel&Tel, Atlantic and Pacific, Standard Oil, United Cigars, Father John, Sacco&Vazetti, Uneeds Biscuit, Seaboard Air Line, Sapolio, Nick Carter, Trixie Friganza, Foxy Grandpa...|Miller, 1936, p. 203}}