La Filigrana Zen di Henry Miller/Henry Miller e Surrealismo: differenze tra le versioni

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Miller ignora le complessità della politica nel movimento surrealista e anche le divergenze tra i singoli surrealisti e il loro livello di impegno politico. Similmente, non riconosce il baluardo che il Surrealismo offriva all'intellighenzia di sinistra nell'era del [[w:realismo socialista|realismo socialista]] sovietico. Miller sarebbe stato ben consapevole di queste distinzioni, ma le avrebbe ritenute irrilevanti rispetto alla sua visione incrollabile del ruolo individuale dell'artista e dell'effetto tossico di artisti e scrittori che si posizionano all'interno della sfera politica — tuttavia a volte ciò porta a un Miller che semplifica eccessivamente la natura politica dei surrealisti e si apre alle accuse di travisamento del gruppo per adattarlo alla sua agenda, certamente non qualcosa di cui Miller non era stato colpevole prima e che non ne sarebbe stato di nuovo dopo il 1939.
 
L'antipatia di Miller per gli artisti che si impegnavano politicamente fu una posizione a cui arrivò abbastanza facilmente e sarebbe stato impossibile fargliela cambiare. L'altra domanda principale che affrontò in "An Open Letter to Surrealists Everywhere", tuttavia, non ebbe una risposta così facile. Nell'esaminare le opinioni di Miller sull'Automatismo, ho acennato alla divergenza tra le opinioni di Miller e quelle dei surrealisti sulla natura della creatività e su come tale creatività viene espressa. I surrealisti basavano gran parte del loro concetto sul ruolo dell'Inconscio nella creatività. Anche se non rientra nello scopo di questo Capitolo fornire un'analisi approfondita dell'influenza di Freud sui surrealisti, userò la teoria freudiana dell'Inconscio utilizzata da Breton.<ref>L'influenza di Freud sui surrealisti è ricca, complessa e varia. Per un'analisi di come i surrealisti avessero assorbito queste idee sia nella loro arte, ma anche nel loro concetto fondamentale di sé, vedere: Lomas, D. (2000) ''The Haunted Self: Surrealism, Psychoanalysis, Subjectivity''.Yale University Press, New Haven. Per una discussione su come i concetti freudiani abbiano influenzato le donne surrealiste, ma anche su come le loro controparti maschili abbiano riprodotto alcune ambiguità innate nell'opera di Freud relativa al genere, si veda: Lusty, N. (2007) ''Surrealism, Feminism, Psychoanalysis''. Ashgate Publishing, Surrey.</ref> Miller collegò il bisogno di azione politica dei surrealisti a un più ampio malessere sociale, l'incapacità di credere nel potenziale dell'individuo e la conseguente propensione a guardare verso l'Inconscio per una risoluzione:
{{q|Our world is suffering from mental disorders—from the insanities and neuroses of one form and another. Just as literature swings at times from the poetic to the prosodic, so nowadays we have the swing from the physical disorders to the mental, with the inevitable emergence of new types of genius cropping out among the mental healers. All that the creative personality demands is a new field for the exercise of its powers; out of the dark, inchoate forces, these personalities will, by the exercise of their creative faculties, impose upon the world a new ideology, a new and vital set of symbols. What the collective mass desires is the concrete, visible, tangible substance... This they can pore over, chew, masticate, tear to pieces or prostrate themselves before. Tyranny always works best under the guise of liberating ideas. The tyranny of ideas is merely another way of saying the tyranny of a few great
personalities.|Miller, 1939, p. 157}}
Ovviamente qui sono in gioco questioni molto più ampie, ma Miller è direttamente interessato a ciò che vede come "The exploration of the Unconscious which is now under way is a confession of the bankruptcy of the spirit" (Miller, 1939, p. 170) o, come dice Breton in "The Automatic Message", "the determination of the precise constitution of the subliminal" (Breton, 1934, p. 100). Entrambi arrivano al ruolo dell'Inconscio da punti molto diversi: quello di Miller è il sospetto, quello di Breton è la rivelazione. Miller non nega l'influenza che l'Inconscio ha sulla creatività, tuttavia più Breton tenta di determinarne i termini precisi, più Miller prova disagio, iniziando a vedere il processo creativo come castrato da esso piuttosto che rinvigorito. A questa preoccupazione si aggiunge il fatto che a Miller sembra che i surrealisti non pensino che l'Inconscio richieda un ulteriore esame in sé stesso come concetto:
{{q|The stress on the Unconscious forces of man does not necessarily imply the elimination of consciousness. On the contrary, it implies the expansion of consciousness. There can be no return to an instinctive life, and in fact, even among primitive men I see no evidence of purely instinctive life.|Miller, 1939, p. 189}}
Miller inizia a capire quale sia il suo vero problema con il Surrealismo e ci riporterà di nuovo al suo concetto di artista influenzato dalle sue letture di Bergson e Rank. Il rapporto tra il primitivo e l'istinto è alla radice della creatività sia per Miller che per i surrealisti. In parole povere, i surrealisti definiscono l'Inconscio nei termini di una potenza istintiva e comprensiva all'interno dell'umanità, suggerendo di conseguenza che un ritorno al primitivo libererà l'umanità dalla contaminazione soffocante della razionalità. Per Miller l'Inconscio non è visto in questi termini, non è il mezzo o la destinazione della vera creatività. Piuttosto, in termini rankiani, è l'incapacità di impegnarsi con l'attrito della vita. L'attrito tra l'Inconscio e il Conscio è essenziale per la visione della creatività di Miller; i surrealisti cercano l'assimilazione nell'Inconscio, mentre Miller richiede dissidenza e discordia. Sia Miller che i surrealisti usano la parola "primitive" nel senso positivo di una rottura libera dalle convenzioni, ciò su cui non sono d'accordo è come avviene tale rottura. È chiaro che i surrealisti hanno modificato la teoria dell'Inconscio di Freud per adattarla al loro argomento più ampio, e allo stesso modo la critica di Miller si basa sulla sua valutazione piuttosto antagonistica del freudismo, tuttavia ciò che le loro opinioni opposte sull'Inconscio fanno è di riportarci nuovamente all'Automatismo e all'individualità dell'artista.
 
La romanticizzazione surrealista del primitivo come terra promessa creativa a cui si accede attraverso l'Inconscio è profondamente sospetta per Miller, in quanto nega il razionale come parte integrante del processo creativo, ma anche che, giunto alla sua naturale conclusione, confuta il posto legittimo dell'artista equiparando l'istinto artistico a qualcosa che può essere curato. Poiché il surrealista abbraccia l'idea del disturbo mentale come un aspetto chiave dell'Inconscio, Miller lo vede come dannoso per la ricerca dell'artista di comunicare con la società. L'artista richiede rispetto per il suo ''medium'' se vuole essere in grado di collegarsi con il suo piccolo gruppo di individui che la pensano allo stesso modo — una designazione di follia, indossata come segno di orgoglio o meno, lo rende impossibile. L'Automatismo basato com'è sulle emanazioni dell'Inconscio, diventa il grande agente democratizzante del processo creativo. In teoria ognuno può incanalare il proprio Inconscio nell'invenzione così la posizione formalmente elitaria dell'artista diventa obsoleta o quantomeno ridotta. Caroline Blinder mostra che la comprensione di Breton delle radici dell'Automatismo nel linguaggio porterebbe a mettere da parte lo scrittore dal suo stesso lavoro:
{{q|Breton classifies as visual images are liable to be actions or pictures of an external reality which by nature are already laden with significance, and which we as a result have a propensity to sentimentalise or understand according to our own psychological make-up. In Breton's rationale, Automatism's deference to words in themselves must be seen in the light of a complete stress on the impersonality of the manifestations. Breton, by concentrating exclusively on the legitimacy of the words rather than the artist from whom they come, looks to de-sentimentalise and depersonalise language. In order for Breton to do this he has to de-emphasise the writer's capacity to reason. Reason, as Breton understands it, is instrumental in "subjecting the works of the spirit to its irrevocable dogmas" and thus deprives us "of the mode of expression which harms us the least".|Blinder, 1999, p. 24}}