Cambiamento e transizione nell'Impero Romano/Capitolo III: differenze tra le versioni

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Le aristocrazie municipali mantennero come fondamentale, nella loro prospettiva politica e sociale, il rapporto tra autorità centrale e le entità politiche locali, tra imperatore e consigli comunali. Ciò rappresentò un problema vitale per questa classe, e dovette necessariamente essere risolto in un senso particolare; dopo tutto, era in ballo la sopravvivenza di queste oligarchie municipali, in quanto erano una classe e un ordine di governo. Filostrato fu del tutto consapevole di ciò; come lo era anche il pubblico a cui era diretta la sua opera. Da qui l'importanza specifica e anche l'enfasi della biografia sulle relazioni tra Apollonio e gli imperatori; inoltre, una parte cospicua è dedicata al problema del governo monarchico, i doveri del sovrano riguardo ai suoi sudditi e allo stato; e, per converso, l'atteggiamento che il soggetto – in questo caso l'uomo completamente realizzato, il "vero" filosofo e saggio, come Apollonio – deve prendere rispetto all'autorità monarchica, specialmente nel caso degeneri nell'odiata forma di tirannia.
 
Nella n arrazione di Filostrato, la dolorosa esperienza della tirannia viene provata volontariamente da Apollonio a Roma, nel 66 e.v. Sebbene consapevole della persecuzione dei filosofi da parte di [[w:Nerone|Nerone]], e dell'imprigionamento di [[w:Gaio Musonio Rufo|Musonio Rufo]],<ref>Filos., ''V. Apoll.'', IV, 35: secondo altre fonti, il filosofo fu esiliato da Roma dopo la scoperta della cospirazione (cfr. Tac. ''Ann.'', XV, 71; Cassio Dio., LXII, 27).</ref> Apollonio non esita a venire a Roma, seguito dai suoi discepoli; in verità, l'ostilitÀostilità del tiranno, e quindi i pericoli coinvolti, rappresentano la prova del fuoco per i suoi seguaci. Con il suo comportamento coraggioso, i suoi discorsi liberi ed aperti, egli indica l'atteggiamento che qualsiasi uomo di cultura che meriti il titolo di filsofofilosofo, deve mantenere difronte ad un tiranno. In effetti, richiamando la capacità superiore del saggio a superare qualsiasi potere mondano, ed enunciando la tesi che in realtà un tiranno non è altro che una bestia selvaggia – comuqnuecomunque incapace di piegare il vero filosofo – egli conforta e loda i discepoli che sono ancora con lui. Si può, anzi si deve, resistere al tiranno — Nerone che è più feroce di una bestia ed è capace di qualsiasi azione brutale: il saggio può quindi mostare la sua forza interiore, l'abilità fornitagli dalla vera filosofia. Apollonio è anche vittorioso contro [[w:Gaio Ofonio Tigellino|Tigellino]], il sanguinario ''praefectus praetorio'' di Nerone, senza mai aver perduto la sua calma o terreno difronte alla violenza irrazionale di quest'ultimo.
 
Al contrario, la natura del vero ''Princeps'' e le relazioni che si possono avere tra lui ed il saggio sono esposte da Filostrato in capitoli molto interessanti riguardo al soggiorno di Apollonio ad Alessandria ed il suo incontro con [[w:Vespasiano|Vespasiano]], il futuro imperatore, che si era già ribellato a [[w:Vitellio|Vitellio]] ed aveva occupato Alessandria per farne una base strategica delle sue azioni. Seguendo uno schema alquanto frequente nella tradizione culturale ellenistica, ma che non ha corrispondenza con la realtà storica, Filostrato immagina Vespasiano che, appena arrivato ad Alessandria, incontra Apollonio, che sta pregando in un tempio, e gli chiede di consacrarlo imperatore.<ref>Filostr., ''V. Apoll.'', V, 28.</ref> Quella di Apollonio è una delle più seducenti ed abili risposte che un filosofo, persino un pitagorico, possa mai aver dato ad un monarca; e non delude per niente Vespasiano, che è d'accordo con Apollonio che la virtù del giusto mezzo (''Métriótes'') è essenziale per un monarca; e che è necessario che egli cerchi il consiglio dei filosofi.<ref>''V. Apoll.'', ''loc. cit.''. Cfr. Weber, ''Josephus u. Vespasianus'', Berlino, 1921, pp. 164, 42; K. Scott, ''The Imperial Cult under the Flavians'', Stuttgart, 1936, p. 23; Grosso, ''Acme'', 1954, p. 398.</ref> Pertanto, Vespasiano non rifiuta queste proposizioni, e dopo aver consultato Apollonio sulla circostanza che un uomo di sessant'anni come lui debba aspirare al potere – e dopo aver fatto un’''apologia'' dei suoi anni giovanili, nonché un ''aperçu'' illuminante sugli imperatori precedenti<ref>''V. Apoll.'', V, 32.</ref> – saluta Apollonio ed i filosofi, avendo ricevuto anche le assicurazioni che si aspettava.