La Filigrana Zen di Henry Miller/Henry Miller e Henri Bergson: differenze tra le versioni

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Per Miller questo è un concetto che cambierà non solo il modo in cui scrive ma, soprattutto, ciò di cui scrive. Miller è spesso denigrato per la natura autobiografica del suo lavoro e per l'assoluta ripetitività delle esperienze di cui scrive ancora e ancora. Lasciando da parte le domande su quanto sia realmente autobiografico il suo lavoro, direi con forza che questa cosiddetta ripetitività è in realtà l'impiego da parte di Miller dell'idea di Bergson del passato sempre presente. Miller non è ossessionato dalla propria vita o privo di argomenti come alcuni critici hanno pensato; piuttosto vede il suo passato chiaramente presente nell'ora e adesso, fondendosi con l'atemporalità e consentendone la sua comprensione. Miller è pienamente consapevole dei concetti in gioco nel ''Tropic of Cancer'' in relazione alla "presentità". Nell'intervista del ''The Paris Review'' con George Wickes del 1961, Miller mostra non solo la sua concettualizzazione del ''Tropic of Cancer'' come opera del "presente immediato", ma anche una comprensione bergsoniana della natura compenetrante delle esperienze di vita come materiale:
{{q|I planned everything that I’ve written to date in about forty or fifty typewritten pages. I wrote it in notes, in telegraphic style. But the whole thing is there. My whole work from ''Capricorn'' on through ''The Rosy Crucifixion'' — except ''Cancer'', which was a thing of the immediate present — is about the seven years that I had lived with this woman, from the time I met her until I left for Europe. I didn’t know then when I was leaving, but I knew I was going sooner or later. That was the crucial period of my life as a writer, the period just before leaving America...|Wickes, 1961, p. 147}}
Questa è una citazione molto illuminante in quanto cattura Miller nella sua forma più schietta in relazione non solo alla natura autobiografica del suo lavoro, ma anche all'influenza di Bergson e Rank. Miller riconosce ''Tropic of Cancer'' come un'opera del "presente immediato", molto in linea con l'idea che ne sia l'esempio principale di un Miller che trova la sua voce autentica. Quando Miller ammette che tutto, dal ''Tropic of Capricorn'' a ''The Rosy Crucifixion'', in un periodo di vent'anni, fu influenzato dal suo coinvolgimento di sette anni con June Mansfield, possiamo vederlo come un esempio di Durata bergsoniana e Imperativo Biologico rankiano. Miller acquisisce la comprensione delle sue esperienze di vita e della loro duratura influenza creativa su di lui attraverso la compenetrazione del tempo. Scrive continuamente di questo periodo di sette anni perché fa parte del suo presente tanto quanto del suo passato, rivalutarlo porta a nuovi livelli di comprensione. Da un punto di vista rankiano, Miller scrive di questo periodo perché è attraverso tale crogiolo che Miller accetta e poi si libera dall'imperativo biologico, permettendo a se stesso di diventare un vero artista. La sofferenza che Miller ha sopportato, e l'illuminazione che ne ha tratto, è uno sprone continuo alla sua creatività.
 
Miller continua ad espandere la sua teoria della scrittura spiegando come ha trovato la propria voce. La cosa più interessante è come Miller combina Rank e Bergson per spiegare il suo lavoro; si stacca dai suoi eroi letterari per trovare la propria voce e il proprio linguaggio, una tappa chiave nell'evoluzione rankiana dell'artista, e adotta il narratore in prima persona per esplorare l'atemporalità bergsoniana delle proprie esperienze:
{{q|Anyway, it happened for me with ''Tropic of Cancer''. Up until that point you might say I was a wholly derivative writer, influenced by everyone, taking on all the tones and shades of every other writer that I had ever loved. I was a literary man, you might say. And I became a non-literary man: I cut the cord. I said, I will do only
what I can do, express what I am — that’s why I used the first person, why I wrote about myself. I decided to write from the standpoint of my own experience, what I knew and felt. And that was my salvation.|Wickes, 1961, p. 148}}
 
Finora ho mostrato l'impatto significativo che la teoria della Durata di Bergson ebbe sulla scrittura di Miller: l'atemporalità e la compenetrazione sfidarono e a tempo debito alterarono come e cosa Miller usò come materiale. Simile in grandezza a Miller era la teoria dell'intuizione di Bergson,<ref>Bergson sosteneva che ci sono due modi in cui un oggetto può essere riconosciuto, cioè in modo assoluto e in modo relativo. Il metodo con cui ciascuno è conosciuto contrasta: quest'ultimo metodo è ciò che Bergson chiama analisi, mentre il metodo dell'Intuizione appartiene al primo. L'intuizione è una sorta di esperienza, che ci connette alle cose in sé. Bergson descrive l'intuizione come un'esperienza di comprensione diretta e inseparabile durante la quale è possibile comprendere lo spirito essenziale o l'essere di un oggetto e realizzarne l'unicità. Come affermò Bergson in ''The Creative Mind: An Introduction to Metaphysics'' (1946): "The absolute that is grasped is always perfect in the sense that it is perfectly what it is, and infinite in the sense that it can be grasped as a whole through a simple, indivisible act of intuition, yet lends itself to boundless enumeration when analysed." (Bergson, pp. 159-162) In ''The Creative Mind'' Bergson fornisce due immagini come esempi per illustrare cosa intende per Intuizione, analisi, l'assoluto e il relativo. L'immagine primaria è una città ricreata con fotografie adiacenti scattate da ogni possibile prospettiva. La ricostruzione non potrà mai fornirci il senso dimensionale di camminare attraverso la città reale. La seconda immagine che utilizza Bergson è quella di cercare di spiegare la lettura di Omero a qualcuno che non capisce il greco antico — puoi tradurlo e fornire lunghe annotazioni e spiegazioni, ma non puoi riprodurre l'esperienza di leggere Omero nella lingua originale.</ref> e il resto di questo Capitolo mostrerà come entrambe queste teorie si siano combinate per spingere in avanti non solo l'ideale artistico di Miller, ma anche stimolare la sua visione del mondo in rapida evoluzione.
 
 
 
 
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[[File:Henri Bergson 2.jpg|right|240px140px|thumb|<small>[[w:Henri Bergson|Henri Bergson]] al tempo del suo Premio Nobel (1927)</small>]]
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== Note ==