Scienze della Terra per le superiori/Terremoti: differenze tra le versioni

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Una tecnica di progettazione antisismica molto promettente e già messa in pratica in diverse aree ad elevata sismicità del pianeta (ad esempio in California, USA, o in Giappone, o ancora, più recentemente, in Cina) è l''''isolamento alla base''' degli edifici. Questa tecnica consiste sostanzialmente nel disaccoppiamento del corpo dell'edificio dalla sua fondazione, in modo che la fondazione possa seguire liberamente le oscillazioni del terreno, mentre l'edificio rimane fermo per inerzia (od oscilla con periodo decisamente superiore, quindi con minore rischio di danneggiamento o collasso), comportandosi come un corpo quasi-rigido. In tal modo si ottiene una riduzione consistente o addirittura un annullamento dei fenomeni di risonanza e dei movimenti differenziali tra gli elementi dell'edificio stesso. Questo viene realizzato mediante '''isolatori sismici''', dispositivi elastometrici (che dissipano l'energia delle oscillazioni sismiche mediante l'impiego di materiali elastici) oppure a scorrimento (che contrastano la forza di taglio data dalle onde sismiche, "smorzando" gli spostamenti orizzontali).<br>
La progettazione di queste strutture è piuttosto complessa e prevede costi aggiuntivi non trascurabili. Occorre infatti porre particolare attenzione al periodo di oscillazione della struttura, che deve essere calcolato tenendo conto delle frequenze sismiche più probabili e basato sulle registrazioni dei sismi storici (''terremoto di progetto''), e anche delle caratteristiche di amplificazione sismica del terreno. I costi aggiuntivi sono però compensati da una effettiva protezione dal rischio sismico e dalla possibilità di maggiore elevazione degli edifici progettati in questo modo rispetto ad edifici non isolati (anche antisismici). Un edificio isolato sismicamente non è di per sé necessariamente antisismico: infatti questo tipo di soluzione viene adottato anche per edifici storici che si vogliono preservare minimizzando ulteriori interventi invasivi sul corpo dell'edificio.
 
=== Maremoti (''Tsunami'') ===
[[File:Propagation du tsunami en profondeur variable.gif|thumb|right|verticale=1.2|Quando la profondità diminuisce, al diminuire della velocità delle onde la lunghezza d'onda diminuisce e la loro altezza aumenta.]]
Le '''onde di maremoto''' (''Tsunami'', da un termine giapponese che significa "onda del porto") sono onde particolarmente pericolose e distruttive, generate da un terremoto di natura tettonica o vulcanica con epicentro sottomarino o costiero (ma in principio possono essere determinate da una qualunque forte perturbazione del fondo marino o della costa, come frane di grandi proporzioni, grandi distacchi di ghiaccio da ghiacciai costieri, impatti di meteoriti, persino cause artificiali come esplosioni o cedimenti di grandi strutture umane sulla costa). Sono sequenze di onde con caratteristiche molto diverse dalle normali onde marine, generate dal vento. Si tratta di onde con '''lunghezza d'onda molto grande''' (da chilometri a centinaia di chilometri) e '''velocità elevatissime''' (fino a centinaia di Km/ora). Sono serie (''treni'') d'onde con periodo variabile da minuti a ore, che in mare aperto hanno un'altezza minima (pochi centimetri o decimetri). Quando le onde si avvicinano alla linea di riva e la profondità diminuisce, per l'attrito con il fondale, tende a diminuire anche la velocità e quindi diminuisce anche l'energia cinetica delle onde. Contemporaneamente diminuisce la lunghezza d'onda (in altre parole: con il diminuire della velocità i fronti d'onda si avvicinano tra loro, un po' come veicoli su un'autostrada quando c'è una coda). Per un fenomeno fisico (''principio di conservazione dell'energia''), l'energia cinetica si trasforma quindi in energia potenziale (che è energia "di posizione"): questo avviene aumentando l'altezza delle onde. Le onde quindi, quando si avvicinano a riva, acquisiscono una maggiore altezza che si traduce in una maggiore energia potenziale. Questa energia potenziale si trasforma di nuovo improvvisamente in energia cinetica quando l'onda si frange a riva, sviluppando tutta la sua forza d'impatto. Ora, questo avviene per tutti i tipi di onde: però nel caso delle tsunami, con caratteristiche di grande lunghezza d'onda, l'improvviso rallentamento sotto riva provoca l'aumento dell''''altezza fino a decine di metri''', con conseguenze devastanti. L'altezza dei frangenti in questo caso conferisce alla massa d'acqua portata sulla costa della tsunami una capacità di penetrazione nell'entroterra che varia (a seconda delle caratteristiche morfologiche della costa stessa) da centinaia di metri a chilometri, con notevole capacità distruttiva.
 
L'unica difesa da questo fenomeno consiste (avendo un preavviso sufficiente) nel portarsi con la massima celerità il più possibile lontano dalla linea di costa e possibilmente in posizione sopraelevata topograficamente. Se si è all'interno di edifici costruiti solidamente (acciaio o cemento armato) portarsi ai piani più elevati. Possibili indizi del prossimo arrivo di una tsunami sono:
* la percezione diretta dell'evento sismico sulla costa;
* un rumore cupo e continuo proveniente dal mare (simile a quello prodotto da un treno o da un aereo a bassa quota);
* il ritiro improvviso verso mare della linea di riva per il richiamo di acqua al largo, verso il "cavo" dell'onda frangente. In altri casi si osserva un improvviso aumento del livello del mare simile a una inondazione;
* un'onda di grandi dimensioni estesa a tutto l'orizzonte.
Questi fenomeni tuttavia generalmente danno un preavviso di pochi minuti: la vera difesa consisterebbe quindi in un '''sistema di allertamento precoce''' in grado di registrare gli eventi sismici che possono generare tsunami e di un '''sistema di rilevamento delle onde di maremoto''', in grado di individuarne il transito prima che si approssimino alla costa, il tutto coordinato con un efficiente '''piano di evacuazione''' della popolazione rivierasca. Questo presuppone anche l''''individuazione delle aree a rischio''' tsunami e la redazione di '''mappe di pericolosità''' basate sull'entità del ''run-up'' ('''R'''), ovvero dell'escursione ipotizzabile dell'inondazione rispetto al livello medio marino (anche in questo caso si applica un tempo di ritorno statistico del fenomeno).
 
[[File:Tsunami wavefield for the 2004 Sumatra-Andaman earthquake.webm|miniatura|right|verticale=1.2|Animazione che mostra la propagazione delle onde di maremoto generate dal sisma del 2004 nell'Oceano Indiano orientale.]]
Il '''maremoto del 26 dicembre 2004''' si è originato nell'Oceano Indiano, nel contesto geodinamico della subduzione della placca indo-australiana sotto la placca euro-asiatica. L'evento ha avuto inizio alle ore 07:58:53 UTC+7 (le 00:58:53 UTC) del 26 dicembre 2004 quando un violentissimo terremoto, con magnitudo M<sub>W</sub> di 9.1, ha colpito il fondale dell'Oceano Indiano al largo della costa nord-occidentale di Sumatra in Indonesia. Il sisma è durato 8 minuti. Una accelerazione improvvisa del movimento di subduzione ha causato l'innalzamento di una decina di metri della parte di fondale oceanico corrispondente al margine sud-occidentale della placca euro-asiatica. Lo spostamento della massa d'acqua in conseguenza di tale movimento ha causato la perturbazione all'origine del fenomeno di tsunami. E' stato uno dei più catastrofici disastri naturali dell'epoca moderna e ha causato centinaia di migliaia di morti (230000 vittime documentate, circa mezzo milione di feriti e infortunati e 5 milioni di sfollati. Ha avuto la sua origine e il suo sviluppo nell'arco di poche ore in una vasta area della Terra: ha riguardato l'intero sud-est dell'Asia e il subcontinente indiano (in particolare Sri Lanka). Le onde , generate circa 20 minuti dopo il terremoto, hanno impiegato circa tre ore ad attraversare il Golfo del Bengala prima di infrangersi violentemente contro le coste indiane e singalesi e sono arrivate nelle ore successive (a più di 6 ore dal sisma) ad interessare le coste dell'Africa orientale (in particolare la Somalia). E' stata stimata una velocità iniziale delle onde di maremoto di circa 800 Km/ora. Questo terremoto è risultato il terzo più violento degli ultimi sessant'anni, dopo il Terremoto di Valdivia del 1960 in Cile, il 22 maggio del 1960 e quello dell'Alaska del 1964, rispettivamente con M<sub>W</sub> 9.5 e 9.2. La scossa principale è stata seguita fino al 1 gennaio 2005 da numerose repliche con magnitudo da 5 a 7, ma senza fenomeni significativi di tsunami.<br>
L'altezza delle onde di tsunami è stata da 15 a 30 metri sulla costa della provincia indonesiana di Aceh (la più vicina all'epicentro), e da alcuni metri fino ad una ventina di metri nel resto delle aree costiere colpite. La massa d'acqua dopo essersi infranta sulle coste è penetrata nell'entroterra per distanze variabili da alcune centinaia di metri ad alcuni chilometri, a seconda della morfologia dell'area costiera, trascinando macerie, tronchi d'albero, imbarcazioni e automobili. Il bilancio delle vittime è stato fortemente aggravato dalla assenza di un sistema di allarme tsunami efficiente e coordinato tra i paesi dell'area. Posteriormente al disastro del 2004, il gap è stato colmato con l'attivazione del sistema internazionale DART (Deep-ocean Assessment and Reporting of Tsunamis).
 
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File:Tsunami formation .png|Schema dell'innesco di un fenomeno di tsunami, in questo caso da un terremoto sottomarino causato da attività tettonica.
File:Tsunami-kueste.01.vm.jpg|Schema che illustra il comportamento di un'''onda di maremoto'' (''tsunami'') quando si avvicina alla costa. In realtà lo schema è valido anche per le onde "normali": cambia ovviamente la scala del fenomeno.
File:2004 Indonesia Tsunami Complete.gif|Animazione che mostra la propagazione dello tsunami catastrofico originatosi in Indonesia nel 2004. Le onde di maremoto, attraversando tutto l'Oceano Indiano, raggiunsero le coste della Somalia (seppure attenuate) ancora con effetti devastanti.
File:Tsunami-dart-system3.jpg|Boa facente parte del Deep-ocean Assessment and Reporting of Tsunamis (DART), con sistema di monitoraggio delle variazioni di pressione, temperatura e livello del mare. Le tsunami in mare aperto hanno altezze molto limitate, che richiedono sistemi di rilevamento assai accurati.
File:2010 Chile earthquake - NOAA buoy 34142 - water column height short.png|Grafico che illustra le variazioni del livello del mare nel tempo e la perturbazione generata dal passaggio di una tsunami causata da un terremoto in Cile (2010). Misurazione della boa 34142 del sistema DART (Pacifico sud-orientale - 1170 km a sud-est Lima).
File:Tsunami Phuket.jpg|Terremoto dell'Oceano Indiano del 2004. L'onda di tsunami colpisce una spiaggia nella località balneare di Phuket (Thailandia).
File:US Navy 050102-N-9593M-040 A village near the coast of Sumatra lays in ruin after the Tsunami that struck South East Asia.jpg|Un villaggio della provincia di Aceh (Indonesia) devastato dalla tsunami generata dal terremoto dell'Oceano Indiano del 2004. Il mare si vede nella parte alta della fotografia, ad alcuni chilometri di distanza.
File:Khao Lak Police Boat 813.jpg|Motovedetta thailandese trascinata nell'entroterra, a circa 2 Km dalla costa (terremoto dell'Oceano Indiano del 2004).
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