Abulafia e i segreti della Torah/Studi e insegnamento 2: differenze tra le versioni

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"Il fine ultimo che si prefigge la sua esistenza è la conoscenza del nome e la conoscenza del nome è [impossibile] senza le lettere che sono gli strumenti vicini [...] poiché le lettere sono l'esistenza del mondo intero, e tramite loro Dio governa il Suo mondo, come testimonia ''Sefer Yeṣirah'' quando fu detto ‘Tutte le creature e tutte le parole emergono da esse’. E disse che Dio assegnò le lettere su tutte le creature, e attaccò loro delle corone e le combinò tra loro; vale a dire, una lettera con una creatura." Cfr. anche Idel, ''Language, Torah, and Hermeneutics'', 27, ed il testo tradotto da Elliot R.Wolfson, ''Abraham Abulafia'', 54–55, e il suo "Kenotic Overflow and Temporal Transcendence", 140.</ref> La prima interpretazione è filosofica, mentre la seconda è legata a ''Sefer Yeṣirah'' e i suoi commentari, dove è menzionato "un nome" (''šem eḥad'').<ref>Cfr. ''Sefer Yeṣirah'', 2:8.</ref> Secondo un'altra formulazione diffusa nei suoi scritti, la conoscenza di ''ha-šem'' è raggiunta da ''šem''; cioè la conoscenza di Dio si raggiunge per mezzo del nome divino.<ref>Cfr. Idel, ''Language, Torah, and Hermeneutics'', 51-53, e la trattazione più elaborata nel suo ''Enchanted Chains'', 76-121, e "Hekhalot Literature", sezione 6. Sulla gnosi del nome divino come parte del segreto di alcune parti della Bibbia ebraica, si veda il recente studio di Israel Knohl, ''The Holy Name'' {{he}} (Or Yehudah: Kinneret Zmora-Bitan Dvir, 2012). A mio avviso, c'era una tensione tra le tendenze di pensiero che enfatizzavano la centralità del nome divino e quelle che si occupavano della rivelazione degli attributi o delle manifestazioni divine. Si veda l'importante testo midrashico in ''Mekhilta’ de-Rashby on Exodus'', curr. Yaakov N. Epstein e Ezra Z. Melamed (Gerusalemme: Mekize Nirdamim, 1959), 129-31, nonché Idel, "The Contribution of Abraham Abulafia’s Kabbalah to the Understanding of Jewish Mysticism", in ''Gershom Scholem’s Major Trends in Jewish Mysticism 50 Years After'', curr. Peter Schäfer e Joseph Dan (Tübingen: Mohr Siebeck, 1993): 117-43. Pertanto, Abulafia elaborò, nel suo modo specifico e idiosincratico, una tradizione più antica che si concepiva come superiore alla teoria cabalistica degli attributi divini.</ref>
 
La forte enfasi sul nome divino essendo la quintessenza della Cabala di Abulafia potrebbe avere qualcosa a che fare con le forme di esoterismo aschenazita che includono tradizioni relative ai nomi divini, alcune delle quali arrivarono a Barcellona nella seconda metà del XIII secolo, dove furono accettate da alcuni cabalisti.<ref>Si veda il riferimento di Rabbi Eleazar di Worms al Tetragramma quale nome sublime rafforzato dalla ''gematria'' לי ראהאת השםהנכב דגמיב' לי ראה 'דאותיות . Entrambe le espressioni si assommano davvero a 1073. Si veda Rabbi Eleazar di Worms, ''Sefer ha-Šem'', cur. Aaron Eisenbach (Gerusalemme: Eisenbach Edition, 2004), 8. Mentre il maestro aschenazita si preoccupa del timor di Dio o del nome divino, Abulafia si preoccupa di conoscere Dio e il nome divino. Cfr. anche Idel, "Ashkenazi Esotericism and Kabbalah in Barcelona", 75, nota 16, ed il suo "Defining Kabbalah: The Kabbalah of the Divine Names", in ''Mystics of the Book: Themes, Topics, and Typology'', cur. R.A. Herrera (New York: Peter Lang, 1993):97–122. Da questo punto di vista, Abulafia afferma di continuare una lunga tradizione riscontrata nell'ebraismo fin dalla tarda antichità, anche se la mia ipotesi è che il contenuto dettagliato delle sue discussioni non costituisca la continuazione di tradizioni più antiche, che forse sono andate perdute. Va sottolineato che Abulafia sottolineò più volte la natura intellettuale della conoscenza del nome divino. Cfr. ''Imrei Šefer'', cur. Gross (Gerusalemme: 1999), 50, 106.</ref> Ciò che è importante sottolineare è però l'esistenza di un'affermazione che dipinge questa specifica forma di conoscenza non solo come un'esperienza noetica, ma anche come un momento esperienziale durante il quale la conoscenza muove l'aspirante che sente l'influsso superno all'interno del proprio corpo.<ref>''Gan Naʿul'', 41.</ref>
 
Sembra che questo livello di esposizione relativo alla ''Guida'' sia connesso anche al presupposto che Abulafia abbia introdotto alcuni suoi allievi a quelle che chiamò le tradizioni esterne e, implicitamente, quelle interne, come accenna nel suo riferimento ai due studenti da lui avuti a Burgos. Tuttavia, per quanto riguarda gli scritti di Rabbi Moses di Burgos (e sappiamo che nessuno di essi è sopravvissuto), l'importanza della ''Guida dei perplessi'' è solo marginale.
 
Parlando della trasmissione orale in questo particolare contesto, Abulafia capitalizzò una tradizione, parallela ad altre voci, sull'esistenza di segreti trasmessi oralmente relativi alla ''Guida''. Questo apprendiamo dalle informazioni un po' più tarde che pervennero al commentatore della ''Guida'' all'inizio del XIV secolo, Rabbi Joseph ibn Kaspi – il quale riferì di aver viaggiato in Egitto per apprendere i segreti della ''Guida'' che presumibilmente circolavano oralmente nella famiglia di Maimonide, tornando in Provenza e in Catalogna piuttosto deluso<ref>2</ref> – oltre che da una dichiarazione del suo contemporaneo Rabbi Joseph Ashkenazi.<ref>1</ref> Secondo me, l'affermazione di Abulafia nell'epistola che aveva studiato la ''Guida'' con la conoscenza dei "segreti", significa che egli studiò quei segreti prima di trasformarsi in un cabalista; inoltre, l'elenco dei segreti non faceva necessariamente parte di una conoscenza relativa alla Cabala, sebbene fosse indubbiamente una questione di esoterismo.
 
 
<!--- mie note ingl. da inserire tradotte --
1 See ibn Kaspi’s introduction to Sefer ha-Mussar, printed in ʿAśarah Kelei Kesef, 2:60. A very similar
passage is also found in his Menorat Kesef, 94. There is good reason to assume that ibn Kaspi was
acquainted with Abulafia’s commentary on the secrets of the Guide, as was also pointed out by the
editor of ibn Kaspi’s commentary on the Guide, Maśkiyyot Kesef, in the unnumbered preface and in
the footnote on page 21. See also Idel, “Abraham Abulafia’s Works and Doctrine,” 12. For other possible
cases of Abulafia’s impact on ibn Kaspi, see also his Adnei Kesef, 2:75, discussed in Idel, Language,
Torah, and Hermeneutics, 176–77, note 127, 196, note 99; Idel, Messianic Mystics, 81–82; and
chapter 6 note 224, chapter 16 note 100, and chapter 21 note 325 below. On ibn Kaspi’s intellectual
world in general, see Isadore Twersky, “Joseph ibn Kaspi: Portrait of a Medieval Jewish Intellectual,”
in Studies in Medieval Jewish History and Literature, 1:231–57, and Ram Ben-Shalom, The Jews of Provence
and Languedoc: Renaissance in the Shadow of the Church (Ra’anana: Open University, 2017),
145–48, 178–80, 315–18, 506–10, 548–50, 662–66.
 
2 Si veda il ''Commentario al Sefer Yeṣirah'', foll. 31d:
{{Lingua ebraica|הר"מ ז"ל ומי קם בגאוני םמו כהו אמנם דברי ו בראשי פרקי םובנ מי םמלי שקבל סודותיו מפה אל פה}}
See also fol. 55c; Scholem, “The Real Author of the Commentary on Sefer Yeṣirah,” 115; Idel, “An
Anonymous Commentary on Shir ha-Yiḥud,” 146–47; Idel, “Sefer Yetzirah and Its Commentaries,”
553–56.
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== Note ==