Abulafia e i segreti della Torah/Studi e insegnamento 2: differenze tra le versioni

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In questo testo scrive esplicitamente "quando mi sentirai", che significa un certo tipo di istruzione che traeva ispirazione dal dominio delle speculazioni filosofiche. È possibile che la trasmissione di segreti filosofici in questo specifico libro abbia qualcosa a che fare con la natura del pubblico di suoi studenti a Palermo, dove viveva una delle figure principali che Abulafia sosteneva fosse uno dei suoi studenti nella sua introduzione. Questo Rabbi Aḥiṭuv ben Isaac, un medico maimonideo, tradusse un breve trattato arabo sulla logica scritto dal – o forse attribuito al – giovane Maimonide, intitolato ''Millot ha-Higayon''.<ref>Su questo trattato, si vedano le differenti opinioni di Davidson, ''Moses Maimonides: The Man and His Works'', 313–22, Lorberbaum, ''Dazzled by Beauty'', 59, e Sarah Stroumsa, ''Maimonides in His World: Portrait of a Mediterranean Thinker'' (Princeton: Princeton University Press, 2009), 126–28. Abulafia afferma che questo trattato fu scritto da Maimonide, nel suo ''Oṣar ʿEden Ganuz'', 3:1, 307–8, proponendo una versione migliore di quella presente nei manoscritti usati da Israel Efros, nella sua edizione della traduzione in "Maimonides’s Treatise on Logic", ''PAAJR'' 7–8 (1939):93; cfr. anche ''Oṣar ʿEden Ganuz'', 3:2, 311. Questa è la prima prova della possibile esistenza di questa traduzione ebraica e può testimoniare che Abulafia aveva già qualche forma di relazione con gli ebrei di Palermo nel 1285. Cfr. anche Idel, "On the History of the Interdiction", 17, nota 9. È a questo rabbino Aḥiṭuv che Rabbi Solomon ibn Adret indirizzò una delle lettere contro le pretese profetiche o messianiche di Abulafia, secondo la stessa testimonianza di Abulafia nella sua epistola "We-Zot li-Yehudah", 29. Per il possibile impatto di uno dei termini in questa traduzione su Rabbi Nathan ben Saʿadyah, si veda la nota manoscritta di Scholem addotta in ''Le Porte della Giustizia'', 412, nota 2.</ref>
 
Questi fatti significano che la sfida della filosofia ebraica come impresa intellettuale coltivata da un pubblico reale era costante nell'ambiente immediato di Abulafia, specialmente a Palermo, dove le persone che frequentava conoscevano l'arabo insieme al greco, al latino o all'ebraico, come Abulafia astutamente osservò.<ref>Si veda ''Oṣar ʿEden Ganuz'', 3:2, 313. Per uno studio sul variegato bagaglio linguistico della Sicilia che utilizza anche questo passo, cfr. Nadia Zeldes, "Language and Culture of a Sicilian Jewish Intercultural Mediator: The Hebrew Background of Flavius Mithridates", in ''Flavio Mitridate: Mediatore fra culture nel contesto dell’ebraismo siciliano del XV secolo'', curr. Mauro Perani e Giacomo Corazzol (Palermo: Officina di studi medievali, 2012): 17–26.</ref> In ogni caso, nel suo ''Mafteaḥ ha-Šemot'', un commentario all'Esodo scritto nel 1289, afferma che alcune questioni accennate nel suo commentario non possono essere comprese se non vengono ricevute "bocca a bocca".<ref>''Mafteaḥ ha-Šemot'', 164.</ref> Mi chiedo se una tale pratica fosse conosciuta o vissuta dai suoi studenti.
 
Così, senza negare per un momento la sua percezione di sé come cabalista che afferma di aver ricevuto tradizioni orali da saggi anonimi della sua generazione, come talvolta testimoniò,<ref>''Sefer ha-Ḥešeq'', ed. Matatiyahu Safrin (Jerusalem: 1999), 7:
{{Lingua ebraica|אמסו ר לך בקלות ידועות, מה ם קשבלתים מחכמ י דהו ר פה אלהפ.}}
"Ti trasmetterò le tradizioni conosciute, alcune delle quali ho ricevuto dai saggi della generazione, di bocca in bocca." Si confronti anche il testo tradotto da Wolfson, ''Abraham Abulafia'', 186.</ref> è tuttavia fruttuoso confrontare molte delle sue opinioni con quelle circolanti tra i vari membri del campo maimonideo al fine di situare meglio sia le sue opinioni che quelle tenute da altri membri in modo più complesso e accurato. Particolarmente interessante è la somiglianza tra la teoria dell'unione intellettuale di Abulafia, che a mio parere è principalmente di estrazione averroistica, e le opinioni su tale unione trovate in altri commentatori della ''Guida'' come Rabbi [[:en:w:Joseph Caspi|Joseph ibn Kaspi]], Rabbi Joseph al-Fawwāl (che scrisse un ''Commentario al Cantico dei Cantici''), Rabbi [[w:Moses ibn Tibbon|Moses ibn Tibbon]] e [[:en:w:Isaac ben Joseph ibn Pulgar|Isaac Polqar]].<ref>Si veda il suo ''Menorat Kesef'', pubblicato in ''ʿAśarah Kelei Kesef'', cur. Isaac H. Last (Pressburg: Alcalay, 1903), 2:100–101, 103, 108; ''Adnei Kesef'', cur. Isaac H. Last (Londra: Narodiczky, 1912), 2:140; Moses ibn Tibbon, ''The Writings of Rabbi Moses ibn Tibbon: Sefer Peʾah'', 99; e Pines, "Some Views Put Forward by the 14th-Century Jewish Philosopher Isaac Pulgar", 428–29.</ref>
 
Ciò che è essenziale per l'argomento in esame qui è il fatto che la maggior parte, se non tutte, le città menzionate nell'elenco nel paragrafo '''[b]''' corrispondono a ciò che sappiamo sulla biografia di Abulafia dopo che diventò un cabalista, non prima. Tuttavia, non possiamo precludere la possibilità che insegnasse la ''Guida'' in una forma o nell'altra prima del 1270. Tale possibilità è plausibile nella misura in cui insegnava le due figure [[w:Halakhah|halakhiche]] a Roma. Direi che forse insegnò lì prima di lasciare l'Italia per la Spagna (probabilmente Barcellona) verso la fine del 1260.
 
[[File:14c ed of the Guide for the Perplexed by Maimonides.jpg|thumb|240px|<small>Pagina di un manoscritto del XIV secolo della ''Guida''. La figura sulla sedia con le [[w:Stella di David|Stelle di David]] si crede sia [[w:Aristotele|Aristotele]]</small>]]
Quando tornò in Spagna (probabilmente in Catalogna), era ancora solo un pensatore maimonideo. Insegnò la ''Guida'' al rabbino Judah Salmon e al rabbino (non ancora identificato) Qalonymus a Barcellona abbastanza presto. Menziona di aver lasciato questa città intorno al 1271,<ref>Si veda il ''Commentario a Sefer ha-ʿEdut'', 57, e la discussione in Appendice D.</ref> molto probabilmente per un giro delle città della Castiglia, dove soggiornò per circa due anni prima di partire per un soggiorno più lungo nell'Impero bizantino che durò circa sei anni e almeno tre città. Rimase lì fino all'inizio del 1279.<ref>Si veda Idel, "Sefer Yetzirah and Its Commentaries", 528, nota 570, e l'Appendice D.</ref> Presumo che la maggior parte del suo periodo barcellonese avvenne nella sua prima carriera cabalistica.
 
Di conseguenza, sembra plausibile che la sua carriera di insegnante della ''Guida'' in diverse città e paesi sia stata anche un'importante occasione per diffondere la propria Cabala e forse anche per fare propaganda sul suo ruolo di profeta e Messia. In ogni caso, lo stesso Abulafia era consapevole di non aver semplicemente divulgato i segreti della ''Guida'' poiché ne distingueva esplicitamente i segreti da alcuni dei segreti della Torah, che i suoi studenti di Capua gli chiedevano di mettere per iscritto. Questo divenne il suo commentario più popolare sui segreti di Maimonide.<ref>''Sitrei Torah'', 14:
{{Lingua ebraica|עמדו על י חבן וב תנחוני םי ו ב קש וניממלפ רשסודו ת " מו רה הנבוכםי" עם קצ ת תסר י ותר ה אשרבידינו מנעיינ יםעו מקים
מא דהי לות לה ם רליי א הלזוכו ת}}
Vorrei sottolineare che l'ipotesi di Hames che Abulafia sia tornato da Roma a Capua dopo il suo tentativo fallito di incontrare il papa, sebbene non impossibile, non è corroborata dal materiale esistente di cui sono a conoscenza. Vedi il suo ''Like Angels on Jacob's Ladder'', 42, dove non sono addotte prove o riferimenti.</ref> Dalla formulazione ebraica riprodotta in nota, non è chiaro se questi segreti della Torah fossero tecniche esegetiche da applicare per comprendere la ''Guida'' o segreti concettuali che non si trovavano esplicitamente nella ''Guida''.
 
In altre parole, mentre diffondeva un tipo di esoterismo filosofico che credeva si potesse ritrovare nella ''Guida'' – e anche, come vorrebbe farci credere, nella Bibbia – Abulafia molto probabilmente disseminava anche il proprio esoterismo redentore, nonché il segreto della sua missione di figura messianica e redentrice. Quest'ultima ragione costituiva più verosimilmente uno dei motivi principali dell'emergere delle tensioni generate dal suo insegnamento. In effetti, questa personalizzazione della memoria collettiva e dei concetti tradizionali in termini allegorici, unita alla credenza nell'imminenza della redenzione, contribuì alla radicalità del pensiero di Abulafia che talvolta travalicava quanto riscontrabile nel campo maimonideo, più interessato con l'esegesi religiosa che con l'esperienza escatologica. Con Abulafia, un senso di missione è molto pronunciato come parte dell'esperienza profetica che comporta l'attivazione della facoltà immaginativa,<ref>Si veda ''Commentario al Sefer Yeṣirah'', 10.</ref> a differenza dell'esperienza superiore dell'unione dell'intelletto umano con il divino o Intelletto Agente, che egli concepiva come libero dagli effetti delle attività di questa facoltà.<ref>Per le sue rivelazioni più fantasiose e demoniache che durarono diversi anni, si veda ''Oṣar ʿEden Ganuz'', 3:10, 370. Cfr. tuttavia Wolfson, "Kenotic Overflow and Temporal Transcendence", 155. Wolfson sostiene che ci sia un'integrazione del potere immaginativo anche nella più alta esperienza del pensiero di Abulafia. Si veda però Idel, "Sefer Yetzirah and Its Commentaries", 538. Per immaginazione come illusione in Maimonide, cfr. Faur, ''Homo Mysticus'', 9, 11.</ref>
 
Tuttavia, la maggior parte dell'attività di Abulafia come insegnante della ''Guida'' non fu probabilmente una semplice esposizione del pensiero di Maimonide. Come il cabalista menziona ''supra'' nel contesto dei suoi studenti a Tebe, insegnò alla ''Guida'' in due modi diversi, il secondo presumibilmente coincidendo con il modo peculiare in cui interpretava i segreti del libro di Maimonide, di cui parleremo appena più avanti. Come risulta chiaro da molti dei suoi scritti, è la seconda interpretazione, superiore, segreta, orale, combinatoria, linguistica, individualista e cabalistica della ''Guida'' che è, di fatto, un aspetto importante della sua Cabala estatica.
 
 
 
<!--- mie note ingl. da inserire tradotte --
183 See Oṣar ʿEden Ganuz, 3:2, 313. For a study on Sicily’s variegated linguistic background that also
uses this passage, see Nadia Zeldes, “Language and Culture of a Sicilian Jewish Intercultural Mediator:
The Hebrew Background of Flavius Mithridates,” in Flavio Mitridate: Mediatore fra culture nel
contesto dell’ebraismo siciliano del XV secolo, eds. Mauro Perani and Giacomo Corazzol (Palermo: Officina
di studi medievali, 2012): 17–26.
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== Note ==