Abulafia e i segreti della Torah/Studi e insegnamento 2: differenze tra le versioni

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{{Lingua ebraica|ואם ןכ כשתשמ עממניוסד מן הוסדות על דרך המחקר, עין בולפי מאית תהמציאות ואם תשמ עממני סתרמן הסתירם על דר ך הבלהעין בו לפימאי תתדרכי צירו ףאהותיות וה שומת והנמ שך אחרי הם מכלל הידבור}}</ref> Mentre ''sod'' ha a che fare con i segreti della realtà e con "inquirenti" in un modo che ricorda il termine ''sodot ha-meṣiʾut'' di Maimonide, il termine ''seter'' ricorda più la frase ''sitrei Torah'', i segreti della Torah. Cioè ricorda un tipo di approccio al testo sacro.<ref>Cfr. anche la tesi già espressa in ''Sitrei Torah'', 33: סודות תמהציאות וסתרי והרה. Tuttavia, in ''Mafteaḥ ha-Ḥokhmot'', 101, l'ordine è invertito. Si veda anche Wolfson, ''Abraham Abulafia'', 83.</ref> In altre parole, mentre ''sod'' è qui immaginato ad indicare contenuti filosofici, ''seter'' è inteso come connesso a combinazioni di lettere che dovrebbero essere applicate alla decodifica degli arcani che si presume si trovino in un testo sacro.<ref>Questa distinzione ricorda molto un altro passo di Abulafia dove paragona la logica di tipo aristotelico che tratta della natura o della realtà, alla logica di tipo cabalistico, che è rappresentata dalla combinazione di lettere, intesa come indizio per comprendere i testi sacri. Si veda "Ševaʿ Netivot ha-Torah", 14–15, discusso in Idel, ''Absorbing Perfections'', 91, 267, 416–17. Sulla combinazione di lettere nell'ex allievo di Abulafia, cfr. Elke Morlok, ''Rabbi Joseph Gikatilla’s Hermeneutics'' (Tübingen: Mohr Siebeck, 2010), 37–56, 109–23.</ref> Abbiamo qui una distinzione tra lo studio degli arcani della natura e gli arcani che si presume si trovino in testi che dovrebbero essere "decodificati".
 
Scritta nel 1289 nell'introduzione al suo commentario del Pentateuco, il che significa verso la fine della carriera di Abulafia, questa distinzione e il suo contesto più ampio mostrano la persistenza del tipo filosofico di esoterismo presente nel pensiero di Abulafia molto tempo dopo che si era trasformato in un cabalista. Infatti, continuò a citare circoli o gruppi di persone che hanno a che fare con la ''Guida dei perplessi'', anche nel suo ultimo libro.<ref>Si veda la frase "i saggi della ''Guida dei perplessi''" nel suo ultimo libro, ''Imrei Šefer'', discusso in seguito. Si confronti anche con la frase משכילי הומרה che si trova nel precedente ''Sitrei Torah'', 7. Sebbene sia difficile da tradurre esattamente, si riferisce a un gruppo che si occupa della ''Guida''. Sebbene quest'ultimo libro sia stato composto a Capua o a Roma, il primo fu molto probabilmente scritto in Sicilia e il riferimento ai saggi della ''Guida'' può essere riferito a studenti che ebbe a Palermo, uno dei quali, Rabbi Aḥiṭuv, era certamente maimonideo. Cfr. anche la fine dell'Appendice D.</ref>
 
Tuttavia, non presumo che l'affermazione di Abulafia sulla distinzione tra ''sod'' e ''seter'' debba servire da indizio universale per tutti i casi in cui i due termini ricorrono, separatamente o insieme, nei suoi scritti. Ciononostante, è importante annotarlo per mostrare quanto a lungo l'impatto dell'esoterismo di Maimonide abbia continuato a persistere nel suo pensiero. È possibile che Abulafia abbia promosso la trasmissione orale di segreti sia filosofici che cabalistici.
 
In questo testo scrive esplicitamente "quando mi sentirai", che significa un certo tipo di istruzione che traeva ispirazione dal dominio delle speculazioni filosofiche. È possibile che la trasmissione di segreti filosofici in questo specifico libro abbia qualcosa a che fare con la natura del pubblico di suoi studenti a Palermo, dove viveva una delle figure principali che Abulafia sosteneva fosse uno dei suoi studenti nella sua introduzione. Questo Rabbi Aḥiṭuv ben Isaac, un medico maimonideo, tradusse un breve trattato arabo sulla logica scritto dal – o forse attribuito al – giovane Maimonide, intitolato ''Millot ha-Higayon''.<ref>Su questo trattato, si vedano le differenti opinioni di Davidson, ''Moses Maimonides: The Man and His Works'', 313–22, Lorberbaum, ''Dazzled by Beauty'', 59, e Sarah Stroumsa, ''Maimonides in His World: Portrait of a Mediterranean Thinker'' (Princeton: Princeton University Press, 2009), 126–28. Abulafia afferma che questo trattato fu scritto da Maimonide, nel suo ''Oṣar ʿEden Ganuz'', 3:1, 307–8, proponendo una versione migliore di quella presente nei manoscritti usati da Israel Efros, nella sua edizione della traduzione in "Maimonides’s Treatise on Logic", ''PAAJR'' 7–8 (1939):93; cfr. anche ''Oṣar ʿEden Ganuz'', 3:2, 311. Questa è la prima prova della possibile esistenza di questa traduzione ebraica e può testimoniare che Abulafia aveva già qualche forma di relazione con gli ebrei di Palermo nel 1285. Cfr. anche Idel, "On the History of the Interdiction", 17, nota 9. È a questo rabbino Aḥiṭuv che Rabbi Solomon ibn Adret indirizzò una delle lettere contro le pretese profetiche o messianiche di Abulafia, secondo la stessa testimonianza di Abulafia nella sua epistola "We-Zot li-Yehudah", 29. Per il possibile impatto di uno dei termini in questa traduzione su Rabbi Nathan ben Saʿadyah, si veda la nota manoscritta di Scholem addotta in ''Le Porte della Giustizia'', 412, nota 2.</ref>
 
<!--- mie note ingl. da inserire tradotte --
 
 
<!--- mie note ingl. da inserire tradotte --
183 See Oṣar ʿEden Ganuz, 3:2, 313. For a study on Sicily’s variegated linguistic background that also
uses this passage, see Nadia Zeldes, “Language and Culture of a Sicilian Jewish Intercultural Mediator:
The Hebrew Background of Flavius Mithridates,” in Flavio Mitridate: Mediatore fra culture nel
contesto dell’ebraismo siciliano del XV secolo, eds. Mauro Perani and Giacomo Corazzol (Palermo: Officina
di studi medievali, 2012): 17–26.
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