Storia intellettuale degli ebrei italiani/Leone Modena: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
testo
Riga 86:
{{q|Sono arrivato a conclusioni che mi sembrano veritiere e solide, come se avessi vissuto ai suoi tempi, accanto a lui.|''Magen'', 43}}
La sua affermazione lascia intravedere una coscienza storica "moderna", basata sul transfert psicologico in un passato spogliato di aspetti mistici e completamente secolarizzato. L'accesso storico all'arena più sacra – il carattere e la vita di Gesù – a cui la storiografia europea sarebbe giunta solo molto più tardi, rappresenta il contributo non trascurabile di Modena alla secolarizzazione delle [[w:scienze sociali|scienze sociali]].
 
Secondo Modena, Gesù non solo aderiva totalmente agli insegnamenti dei [[w:Farisei|Farisei]], vale a dire che credeva non solo nella Torah scritta ma anche orale, salvo il dettaglio minore del lavaggio rituale delle mani, la cui origine divina egli negò.<ref>{{passo biblico2|Matteo|15:1-9}}; {{passo biblico2|Luca|11:37-44}}. La ricostruzione storica sta alle pp. 43-46 di ''Magen we-ḥerev''.</ref> Turbati da qualcosa che poteva costituire l'inizio di una ribellione contro la loro autorità in un periodo già destabilizzato da una pletora di sette, i Farisei si lanciarono nella persecuzione di un giovane agitatore, peraltro di umili origini. Gesù reagì diventando più estremista nelle sue posizioni e dichiarando di essere il "figlio di Dio" al piccolo gruppo di discepoli che aveva raccolto intorno a sé. Non poteva pretendere di essere Dio, come avevano fatto i faraoni e Alessandro Magno, perché mentre costoro furono in grado di nascondere le proprie debolezze umane allo sguardo del pubblico, Gesù sarebbe stato considerato un pazzo sia dagli studiosi che dagli uomini della strada, e avrebbe rischiato di essere linciato dalla folla prima che potesse essere processato. L'identificazione di Dio con l'individuo mortale, ricordava Modena ai suoi lettori, apparteneva ai sofismi dei teologi successivi.
 
Volendo tuttavia rivendicare una posizione di superiorità, Gesù potè ancora definirsi "figlio" (''ben'') di Dio, titolo ritenuto superiore a quello di "schiavo" (''‘eved'') di Dio, riservato ai profeti, o "servo" (''mesharet''), che si riferiva agli angeli. Modena cita alcuni passi dei Vangeli – che tradusse in ebraico, cosa di per sé notevole – per ricordare il fatto che Gesù parlava sempre in termini di missione divina e conoscenza di Dio, ma mai di filiazione in senso stretto e certamente non di identificazione con la divinità. Gesù raggiunse ugualmente i suoi fini, concluse Modena, in quanto era considerato l'essere più vicino a Dio, e quindi la sua autorità era indiscutibile.
 
Abbastanza curiosamente, Modena attribuisce questa gerarchia di "schiavo", "servo" e "figlio" alla credenza popolare (''ha-hamon we-ha-‘am''),<ref>''Magen'', 45.</ref> inizialmente senza menzionare il testo di partenza nel ''midrash''. Cita quel testo più tardi (p. 64) per contestarne l'uso cristiano, ma lo ignora quando discute di Gesù. Nel ''Midrash Tanḥuma'',<ref>Cfr. ''Tanḥuma'', cur. Shlomo Buber (New York: H. Horowitz, 1946), vol. 1, p. 135.</ref> nell'interpretazione di {{passo biblico2|Isaia|52:13}}, si fa riferimento a un essere superiore ad Abramo, a Mosè e agli stessi angeli: il Messia. Il silenzio di Modena su questo argomento è un po' strano, le sue ragioni difficili da capire.<ref>Si è tentati di percepire l'equivalenza, suggerita ma non dichiarata da Modena, tra i termini "figlio di Dio" e "Messia" attribuiti alla persona di Gesù come allusione per il lettore. Ma un'allusione a cosa? Se Gesù si considerava il Messia, avrebbe potuto riferirsi direttamente al ''midrash'', senza fare affidamento sulla nuova definizione di "figlio di Dio". Forse Modena pensava che il ''midrash'' fosse posteriore a Gesù? Ciò giustificherebbe l'uso da parte della sua argomentazione di altri versetti biblici per sostenere la sua comprensione del titolo di "figlio di Dio". Resta comunque qualche mistero.</ref>
 
Questo ''midrash'' era stato al centro di una disputa tra [[w:Nahmanide|Nahmanide]] e [[:en:w:Pablo Christiani|Pablo Christiani]], nel 1263.<ref>Cfr. Eisenstein, ''Otzar Wiqquḥym'', 90. Questo ''midrash'' venne menzionato prima di Modena, nel XVI secolo, da Yair Shabbetai da Correggio, nell'apologia ''Ḥerev Pifiyoth'' (Spada a doppio taglio), 51-52.</ref> L'autore ebreo lo interpretò in modo apocalittico: il Messia è superiore ad Abramo, a Mosè e agli angeli perché farà più di loro per la redenzione, ordinando al Papa e ad ogni re di lasciare il popolo ebraico libero di servire Dio e di vivere senza paura a Roma fino alla di lei distruzione. La prospettiva storica e l'atteggiamento più moderato di Modena sono evidenziati con maggiore chiarezza rispetto al testo del rabbino catalano del Trecento.<ref>Ritornando al testo del ''midrash'' (''Magen'', 64), Modena sosteneva l'affermazione che il Messia avrebbe fatto di più dei profeti e angeli per facilitare il riconoscimento universale di Dio.</ref> La prospettiva storica del rabbino veneziano è già stata notata,<ref>Cfr. Bezalel Safran, "Leone da Modena’s Historical Thinking", in ''Jewish Thought in the Seventeenth Century'', curr. Isadore Twerski e Bernard Septimus (Cambridge, MA: Harvard Unviersity Press, 1987), 381-398. Safran (386) ritiene che Modena avesse una "immaginazione storica che si inoltrava attivamente nel passato" nonostante la scarsa testimonianza documentaria e trova inoltre lo stesso spirito storico nei ''responsa'' del rabbino veneziano, ''Ziqnei Yehudah''.</ref> e torneremo più avanti sulla sua moderazione, contrapposta all'apocalittica mentalità.
 
 
 
<!--- mie note in ingl. da inserire tradotte --
66 Mt 15: 1-9; Lc 11: 37-44. The historical reconstruction is on pages 43-46 of Magen we-ḥerev.
67 Magen, 45.
68 Cf. Tanḥuma, ed. Shlomo Buber (New York: H. Horowitz, 1946), vol. 1, p. 135.
69 It is tempting to perceive the equivalence, suggested but not stated by Modena,
between the terms “son of God” and “Messiah” attributed to the person of Jesus
as an allusion for the reader. But an allusion to what? If Jesus considered himself
to be the Messiah, he could have referred directly to the midrash, without relying
on the new definition of “son of God.” Perhaps Modena thought that the midrash
was posterior to Jesus? That would justify his argument’s use of other biblical
verses to support his understanding of the “son of God” title. Some mystery
nonetheless remains.
70 Cf. Eisenstein, Otzar Wiqquḥym, 90. This midrash had been touched on before
Modena, in the sixteenth century, by Yair Shabbetai da Correggio, in the apologia
Ḥerev Pifiyoth (Double-Edged Sword), 51-52.
71 Going back to the text of the midrash (Magen, 64), Modena held to the affirmation
that the Messiah would do more than the prophets and angels to facilitate
universal recognition of God.
72 Cf. Bezalel Safran, “Leone da Modena’s Historical Thinking,” in Jewish
Thought in the Seventeenth Century, ed. Isadore Twerski and Bernard Septimus
(Cambridge, MA: Harvard Unviersity Press, 1987), 381-398. Safran (386)
claims for Modena an “historical imagination actively reaching out to the past”
despite the thin documentary evidence and also finds the same historical spirit in
the Venetian rabbi’s responsa, Ziqnei Yehudah.
73 Cf. Jean-Pierre Osier, Faust Socin ou le christianisme sans sacrifice (Paris:
Le Cerf, 1996); Valerio Marchetti, I simulacri delle parole e il lavoro dell’eresia.