Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Etiopia: differenze tra le versioni

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Sebbene la situazione dell'aviazione etiope fosse piuttosto critica, non pare sia vero che vi siano state forti purghe nei suoi ranghi durante il periodo 1974-77, a parte alcuni alti ufficiali. Sembra anche qui la riproduzione in piccolo, oltre che l'anticipazione, di quello che sarebbe successo tra Irak e Iran. Anche i rapporti con gli USA non andarono totalmente a cessare dopo il colpo del '74. E nel '75 vi furono altri accordi con il Pentagono per la fornitura di 15 F-5E e 3 F, più 12 A-37B e velivoli minori. Solo 8 F-5E vennero consegnati prima dell'azione di forza finale di Mengistu che venne interrotto ogni rapporto. Gli ultimi 6 F-5E vennero invece mandati al 3th TFW per gli 'aggressors' di Clark AFB, nelle Filippine.
 
Ora l'aviazione era da sola, e dovette arrangiarsi in tutti i modi. In particolare si misero sotto contratto dei piloti israeliani e si rimisero in servizio i vecchi F-5A. E così il 16 luglio due F-5 erano ufficialmente 'in addestramento di pattuglia' vicino ad Harer, quando videro 4 MiG-21MF somali. Li attaccarono subito e a sorpresa, ne abbatterono due, mentre gli altri due aerei si scontrarono tra di loro per evitare un missile AIM-9B. Comunque, ufficialmente, non vennero coinvolti piloti israeliani. Gli Etiopi cercarono di mettere in efficienza tutti gli F-5A, E e F-86 disponibili, con tanto di DACT tra di loro, per simulare MiG-17 e 21.
 
Successivamente i caccia F-5A vennero usati soprattutto per attacchi d'interdizione, mentre gli F-86 per l'appoggio aerotattico e gli F-5E, gli unici armati con missili per il combattimento aereo. Non sarebbe stato facile con circa 50 MiG somali dall'altra parte della frontiera. E i Somali continuavano l'avanzata con tanto di offensive aeree, colpendo aeroporti e forze di terra e supportando le WSLF con una brigata corazzata armata di Centurion, carri che dall'altra parte dovevano confrontarsi con i piccoli M-24. Il 9 agosto Mengistu dovette ammettere di aver perso il controllo dell'Ogaden. Ma questo non era la fine, solo l'inizio. Mentre il 13 settembre cadeva Jijiga, con gli ultimi carri M-24 efficienti, gli Etiopi dichiaravano di avere abbattuto 23 aerei di cui 10 in combattimento aria-aria. Tra gli aerei abbattuti figuravano altri due persi contro gli F-5, ma soprattutto due colpiti da missili SAM l'11 agosto. Erano stati dei nuovi arrivi, i missili sovietici SA-3. Mentre la SAC somala era ridotta a circa 10 caccia efficienti tra MiG-17 e 21, Cubani e Sovietici erano in movimento. Anche perché ce n'era bisogno, dato che anche gli Etiopi, che si dimostrarono meglio addestrati e con tattiche migliori rispetto ai Somali, persero almeno due F-5A solo considerando le azioni d'attacco sui centri logistici somali, un DC-3 abbattuto da un SA-7 e i due Camberra danneggiati dalla contraerea e poi, pare (ma le informazioni non sono ben chiare) distrutti dai caccia somali al suolo. Ancora successi per i Somali con la cattura il 29 settembre del passo di Gara Marda e l'assedio di Harer con tanto della sua 3a Divisione.
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Le operazioni del SAC somalo erano state aiutate anche da piloti pakistani, in particolare da uno squadrone di MiG-17 ad Hargheisa, ma l'unità soffrì di parecchie perdite e pochi risultati. In verità non è chiaro nemmeno se i pakistani fossero davvero presenti. In tutto il SAC, che sostenne gli ultimi combattimenti entro il mese di marzo, se non addirittura d'aprile, avrebbe abbattuto 3 MiG-21 etiopi, mentre gli Etiopi negarono che vi fossero israeliani ai comandi degli F-5 e si attribuirono l'abbattimento di 24 aerei.
 
Ma erano soprattutto le perdite a terra che causarono problemi definitivi ai Somali: finché si era trattato di perdere aerei tanto valeva, se le truppe al suolo continuavano ad avanzare (un po' come i Nordcoreani e gli Irakeni). Entro il 7 aprile, dopo la fine dell'inseguimento fino al confine, oltre 6.000 uomini erano stati perduti (non è chiaro se era il solo numero di uccisi, o c'erano anche i prigionieri). La guerra era finita, anche se vi fu un momento in cui si pensò anche ad entrare in Somalia. Ma non era per questo che si era mobilitato il mondo comunista. Nonostante vi fossero scontri di frontiera almeno fino al 1980, con guerriglieri del WSLF e soldati somali (spesso gli stessi guerriglieri erano soldati ed ufficiali somali di rincalzo). Tecnicamente, la dimenticata campagna dell'Ogaden fu spettacolare per la potenza della logistica che i Sovietici misero in campo, anticipando le operazioni in Afghanistan del '79; del resto l'URSS aveva 7 divisioni più varie unità minori aeroportate, quindi poteva e doveva dimostrare di avere capacità di trasporto aereo. Fu il primo eliassalto con tanto di corazzati. La NATO si preoccupò parecchio, credendo di avere l'esclusiva dell'aeromobilità. Anche il debutto dei Mi-24A fu positivo, anche se l'elicottero, nei climi caldi e ad alta quota, era piuttosto in debito di potenza. I combattimenti aerei furono nondimeno interessanti, soprattutto perché vennero preferiti gli F-5 ai MiG-21, ma del resto se le battaglie aeree si fossero portate a quote e prestazioni più elevate il giudizio sarebbe stato ben difficilmente lo stesso, specie con i MiG-21 bis. Quando si trattava di inseguire i Phantom americani (e anche iraniani) le prestazioni contavano. Tra gli strascichi di questa classica guerra tra poveri (anche se non erano soli), vi furono gli attacchi aerei sulle cittadine di confine tra Somalia e Etiopia, con l'abbattimento di un aereo etiope, che stavolta era un MiG-21, colpito vicino ad Hargheisa.
 
 
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Seguiranno altre grandi operazioni. Nel 1982, ad aprile, venne messa in campo un'offensiva chiamata 'Stella Rossa', colpendo Naqfa e Helhal con una quantità impressionante di armi, incluse bombe incendiarie al napalm e al fosforo. Ma il risultato fu destabilizzante per gli Etiopi: la guerriglia interna all'Etiopia attaccò le basi logistiche mentre l'Ogaden veniva scosso da un'altra rivolta. L'operazione era in effetti enorme, con una forza impiegata di forse 140.000 soldati, ma gli Eritrei stimarono di avere inflitto agli attaccanti 100.000 perdite! A parte dichiarazioni che avrebbero poco senso (sarebbe stata la rotta definitiva dell'Esercito etiope), le perdite cominciarono ad aumentare anche contro gli aerei, grazie alla presenza di missili SA-7. Con questi venne abbattuto tra l'altro un An-26 a L'Asmara già il 14 gennaio 1982.
 
Questi missili, per quanto di limitata efficacia, erano pur sempre pericolosi. Ma ci vollero anni per colpire duro l'aviazione etiope. Il 15 gennaio 1984 un An-12 venne abbattuto vicino a Tessenei e il 16 aprile toccò ad un MiG-23BN, forse il primo dopo tutti quegli anni di guerra, ad essere distrutto, da parte di cannoni a.a. nella zona di Nafqa. Ma non era così che si sarebbe potuto fermare l'aviazione e allora si programmarono attacchi al suolo. Il rischio era grande, ma i guerriglieri si decisero a correrlo. Si radunarono nella notte tra il 20 e il 21 maggio 1984 vicino alla base de l'Asmara e cominciarono i bombardamenti. Il risultato fu che sulla grande base etiope vennero distrutti ben 16 MIG-21 e 23, 2 An-26, 2 Il-38 sovietici da pattugliamento marittimo, altri 4 aerei non noti e 6 Mi-8 e 24. Questo fu un colpo durissimo e per non cedere di schianto fu necessario comprare altri materiali per rinforzare la propria aviazione. Ma come pagarli, con un'economia in rovina e debiti accumulati con Mosca? Una soluzione parziale fu quella di vendere gli ultimi F-5A ed E all'Iran, che a suo tempo ne aveva dati (modello A) al 'collega' imperatore Selassie. Vennero richiesti molti soldi, circa 95 mln di dollari, ma gli iraniani risultarono inorriditi dallo stato miserevole in cui trovarono questi aerei, tanto che si rifiutarono di comprarli, fino a che, visto che ad entrambi serviva la vendita (chi per riarmarsi, chi per fare cassa e poi riarmarsi) si scese a circa 30 mln di dollari. Così fu possibile per Mosca, a sua volta non certo in floride condizioni economiche, mandare altri MiG-21 e 23BN. Ma non fu sufficiente nemmeno questo: il 14 gennaio 1986 i ribelli eritrei replicarono l'attacco, dichiarando la distruzione di almeno 42 velivoli nella solita base di Asmara. Qualunque sia stato il totale delle perdite reali, resta il fatto che l'Aviazione etiope ebbe bisogno di oltre un anno per recuperarsi dal colpo subito.
 
L'EtAF aveva ricevuto diversi MiG-23 a partire dal 1983 con gli squadroni 3 e 4 onde rimpiazzare gli obsoleti Sabre e i MiG-17. Come aereo fondamentale (sebbene meno numeroso dei MiG-21) dell'aviazione, il Flogger eseguì migliaia di missioni durante gli anni contro le sfuggenti forze della guerriglia eritrea. Ma sembrava tutto inutile. Le grandi offensive etiopi si concludevano con la cattura di piccole città e magari di una linea di comunicazione per il Mar Rosso, ma, specie durante la stagione delle piogge, la guerriglia era lesta a ritornare e a riprendere il maltolto. A quel punto per Mengistu era davvero un problema andare avanti con la sua campagna, ma come fermarsi? Anche all'interno aveva da affrontare il'EPDRF e altri gruppi di opposizione, per cui non poteva fare molto in nessun caso. L'opposizione interna all'Etiopia cooperava con gli eritrei, questi a loro volta con nazioni estere. Il governo centrale si indeboliva mentre la guerriglia si rafforzava. La cattura di forti quantità di armi nella zona di Naqfa, nel 1988, non fece altro che spostare ancora gli equilibri. Nel 1989 l'Operazione Theodoros' messa in atto dalla resistenza interna e dagli Eritrei portò alla sconfitta di varie unità militari e alla cattura di Mekelle, che era la capitale della provincia del Tigrai. I Cubani c'erano ancora, ma non pare fossero più tanto risoluti nella loro azione. Il 30 settembre 1989, 9 mesi dopo quest'ultimo sviluppo, annuniciarono la loro partenza dal Paese e i sovietici cancellarono ulteriori forniture militari al morente regime di Addis Abeba, il cui esercito, privo dei supporti esteri, andò rapidamente allo sfascio. Così il nemico prevalse. E dire che i vecchi alleati degli Etiopi, gli Israeliani, si rifecero vivi con importanti forniture di armi. Israele era in discreti rapporti con l'Etiopia per varie ragioni, in particolare perché questa aveva acconsentito alla migrazione in Israele della minoranza ebrea del suo Paese, legato dai tempi biblici al popolo israeliano: 30.000 persone, salvate da fame e guerra tramite un ponte aereo. Così vennero forniti molti armamenti nei tardi anni '80, tra cui 100 T-55 ex-arabi, durante l'Operazione Falacha.
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Nel frattempo gli Eritrei tentavano di comprare almeno 4 MiG-29 di rimpiazzo e anche Su-25, sia in Russia che in Georgia e Moldavia. Dopo un'altra tregua, il 4 maggio 2000 i dialoghi di pace vennero dichiarati falliti per ragioni 'tecniche'. Fu allora che gli Etiopi lanciarono un altro attacco, l'ultimo, a Barentu. Vennero usati aerei di tutti i tipi, anche i Su-25 appena arrivati (uno dei quali dichiarato abbattuto il 15 maggio). Un Mi-35 venne abbattuto durante un attacco con 4 bombe da 250 kg, da una postazione ZU-23. La contraerea era in effetti spostata secondo la vecchia tattica di muoverla lungo le usuali rotte degli elicotteri e aerei nemici, cercando di sorprenderli e ottenendo spesso dei successi. I successi degli elicotteri etiopi in questo periodo, anche con il lancio di missili, hanno anche portato a ipotizzare la presenza di due Ka-50, ma pare che si sia trattato di un 'falso allarme'. Il 16 maggio, altra battaglia tra MiG e Sukhoi, anche qui con i secondi vittoriosi; un MiG venne abbattuto e un altro si schiantò all'atterraggio a causa dei danni subiti da un R-27, pare entrambi abbattuti (il primo con uno o due R-73) da un pilota etiope. Il 19 maggio i MIG-23BN colpirono ancora. Questi vecchi combattenti, in effetti i protagonisti del lungo e doloroso conflitto nel Corno d'Africa, stavolta colpirono Sawa, che pure era ben difesa, e nonostante la presenza dei pericolosi SA-6 causarono danni e non subirono perdite, nonostante si pensasse che quell'obiettivo non fosse attaccabile dell'EtAF per le sue forti difese. Il 20 maggio un sito SA-6 venne a sua volta distrutto a Mendefera; ma il 24 gli eritrei dichiararono 4 MiG abbattuti e altri due durante un attacco ad Adi Keyib.
 
Ma fu a terra che la battaglia risultò decisiva, con l'Operazione Westwind, attaccando e perforando le difese di Setit, poi avanzando a verso Barentu e poi muovendosi verso Areza. L'attacco, su di un fronte molto largo, non rivelò l'esatto obiettivo etiope e così riuscirono a tagliare i collegamenti di Zalambessa. Le operazioni non videro coinvolte le aviazioni, mentre a terra si usava di tutto, dagli assalti alla baionetta ai carri armati e lanciarazzi. Gli aerei etiopi si fecero vedere piuttosto sulla capitale Asmara. Anche la centrale di Hirgigo, vicino a Massaua, costruita con aiuti dell'Est e italiani, venne colpita dal solito paio di MIG-23BN, ma soprattutto e finalmente, gli etiopi catturarono quel giorno, il 28 maggio, Zalambessa. Ma anche peggiore fu la manovra verso Areza e Dekamhare, che minacciava di distruggere quasi tutto il settore difensivo centrale. I MiG-23BN, nel frattempo, attaccarono ancora Asmara e 4 di questi aerei distrussero la torre di controllo dell'aeroporto con i razzi, poi con le bombe cercarono di colpire gli aerei parcheggiati, mancandoli di poco. Un MiG-29 si lanciò all'inseguimento, ma nonostante la sua velocità non riuscì a raggiungerli. Nel frattempo i servizi aerei commerciali erano stati sospesi.
 
Gli Etiopi subirono una controffensiva eritrea per riprendere Zalambessa, mentre il 3 giugno iniziarono -nonostante le loro intenzioni di ritirarsi dai territori catturati- un'altra azione d'attacco contro Assab, alla fine però, dopo altre battaglie e controffensive, i mediatori internazionali -tra cui la Libia e l'EU- trovarono il modo di far cessare la guerra il 18 giugno. Anche se la tensione resta altissima, con l'intervento dell'ONU con i suoi peacekeepers. Le ostilità si sono spente al prezzo di 100.000 morti (considerando i soli militari, sennò si potrebbe arrivare anche a 150.000) e rendendo profughi circa un terzo degli eritrei. Nell'insieme una vittoria etiope, ma a che prezzo. La definizione dei confini, tra l'altro, vide tra le forze ONU l'uso dei P.166DL dell'AM per il servizio di aerofotogrammetria, in una delle pochissime missioni all'estero di questo tipo.