Coloranti sintetici/Interazione luce e materia: differenze tra le versioni

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Versione delle 12:33, 13 mag 2021

Il colore non è una proprietà della materia, ma un fenomeno della materia che si manifesta in presenza di luce e un osservatore in grado di percepire il fenomeno. La percezione cromatica dipende da tre fattori: la lunghezza d’onda della luce incidente, l'interazione tra la radiazione luminosa e un corpo e gli organi di percezione visiva. La visione del colore è correlata a processi fisici, chimici, fisiologici e psicologici.[1]

Radiazione luminosa

Grazie all’esperimento di Newton si riuscì a scomporre un raggio di luce bianca in diverse componenti cromatiche attraverso un prisma. Lo spettro ottenuto venne suddiviso in sette colori: violetto, indaco, blu, verde, giallo, arancione e rosso. Questo fu il primo passo dello studio cromatico e si riuscirono ad associare i colori alla radiazione luminosa. In seguito agli studi sulle radiazioni elettromagnetiche si trovò che la luce comprende un range di lunghezze d’onda e può essere suddivisa in UV, visibile e infrarosso. La porzione visibile è quella che viene percepita dall’occhio umano sotto forma di colori ed è compresa tra 380 nm e 760 nm. Sotto i 380 nm inizia il campo dell’ultravioletto mentre al di sopra dei 760 nm si entra nell’infrarosso. Essendo un’onda elettromagnetica la luce visibile sarà caratterizzata da un’energia associata ad ogni frequenza e si muoverà nello spazio alla velocità della luce.  

Interazione luce-materia

Un oggetto appare colorato perché la luce viene riflessa, assorbita oppure emessa. Il colore può cambiare in funzione dell’intensità della radiazione con cui un corpo viene investito e l'osservatore percepirà un colore più o meno brillante. Quando una radiazione policromatica interagisce con un oggetto si possono avere diverse risposte in funzione all’assorbimento. Se non è presente una sorgente luminosa, invece, non può essere percepito nessun colore.

Se la luce non viene assorbita si può avere riflessione o trasmissione:

  • la radiazione può essere totalmente riflessa e il corpo apparirà bianco. Se il corpo è liscio la riflessione avviene in un’unica direzione che dipende dall’angolo della radiazione incidente. Se il corpo è ruvido la radiazione viene riflessa in direzioni diverse;
  • la luce viene trasmessa attraverso un corpo nel caso in cui si tratti di un gas, di un liquido o di un solido trasparente. La radiazione può essere o meno deviata;

Se la radiazione viene assorbita nel campo del visibile si possono avere i seguenti casi:

  • il corpo assorbe tutte le lunghezze d’onda nel visibile e appare nero;
  • la luce viene assorbita solo in parte, ma uniformemente a tutte le lunghezze d’onda e il corpo risulta grigio;
  • la radiazione è assorbita selettivamente a tutte le lunghezze d’onda meno una e l'oggetto appare del colore della radiazione non assorbita;
  • l'assorbimento avviene ad una sola lunghezza d’onda e lo spettro restante viene riflesso. Il corpo risulta del colore complementare rispetto a quello della radiazione assorbita. [1]Il colore complementare corrisponde a quello che risulta bianco se viene mescolato con il colore della lunghezza d’onda assorbita.

Interazione a livello molecolare

Una molecola colorata è in grado di assorbire la radiazione incidente grazie alla presenza di elettroni mobili. Secondo la teoria degli orbitali atomici l’assorbimento provoca la transizione di un elettrone da un orbitale occupato a minore energia (HOMO) ad un orbitale non occupato a maggiore energia (LUMO). Gli elettroni coinvolti possono partecipare a un legame di tipo σ, π o essere elettroni di non legame (n). Gli orbitali di antilegame sono associati a questi legami e si trovano ad alte energie. Le transizioni elettroniche possono assorbire radiazioni UV e nel visibile. I tipi di transizioni permesse sono le seguenti: σ-σ*, π-π*, n-σ*, n-π*.

  • Le transizioni σ-σ* avvengono quando un elettrone passa dall’orbitale di legame σ a quello di antilegame σ* e richiede un’elevata energia perché gli elettroni sono legati saldamente. L’assorbimento avviene nella regione ultravioletta. I composti che vanno incontro a questo tipo di transizioni sono quelli con gruppi saturi.
  • Durante una transizione n-σ* si ha il trasferimento di un elettrone lone-pair nell’orbitale di antilegame σ*. L’energia richiesta è minore rispetto alla transizione precedente perché gli elettroni di non legame sono più liberi, ma è sempre piuttosto elevata e l’assorbimento avviene nella regione UV. Le molecole che permettono le transizioni n-σ* sono quelle che contengono un eteroatomo come O, N, S e altri atomi con elettroni di non legame.
  • Le transizioni π-π* e n-π* richiedono meno energia rispetto alle precedenti e l’assorbimento può avvenire a maggiore lunghezza d’onda. Nel caso delle prime (π-π*) il gap energetico è maggiore rispetto a n-π* e l’assorbimento avviene nel vicino ultravioletto. Se sono presenti dei doppi legami coniugati, però, l’energia per la transizione diminuisce e la radiazione è assorbita a lunghezze d’onda maggiori. All’aumentare delle insaturazioni l’assorbimento si avvicina sempre di più al lunghezze d'onda maggiori fino a rientrare nel campo del visibile.[2]

I gruppi che influenzano il colore di una molecola vennero classificati da Witt in cromoforo e auxocromo. Il primo è un gruppo insaturo che compare nella molecola che riesce ad assorbire nel visibile. Per esempio, nel diazometano compare un azogruppo che, essendo insaturo, riesce a colorare la molecola. Il cromoforo può essere indipendente oppure dipendente, nel primo caso un singolo gruppo insaturo colora la molecola nell’altro c’è bisogno di due o più cromofori per ottenere una molecola colorata. Le insaturazioni C=C devono essere una certa quantità per produrre colore, mentre il C=O presente singolarmente riesce a colorare di giallo l’acetone. L’intensità del colore dipende dalla vicinanza dei gruppi cromofori tra di loro, nel caso in cui siano troppo lontani non si ha colorazione. Per definire un colorante si deve considerare anche l’auxocromo: è un gruppo funzionale che varia l’intensità del colore, ma non influisce sulla sua comparsa. Gli auxocromi sono in grado anche di legare a un substrato la molecola, rendendo il composto un vero e proprio colorante. In base all’effetto che ha il gruppo auxocromico sul cromoforo si può avere:

  • effetto batocromo se va ad aumentare l’intensità del colore, l’assorbimento massimo della molecola si sposta dal viola verso il rosso, per questo è anche chiamato red shift;
  • effetto ipsocromo se va a diminuire l’intensità del colore e si ha uno spostamento dell’assorbimento massimo da rosso a viola, è anche chiamato blue shift;
  • effetto ipocromico se l'intensità di assorbimento diminuisce;
  • effetto ipercromico se l'intensità di assorbimento aumenta.[3]

Spettroscopia UV-VIS

Per lo studio delle molecole colorate si utilizza la spettroscopia di assorbimento UV-VIS. L’assorbimento della radiazione elettromagnetica provoca l’eccitazione di un elettrone da un orbitale molecolare occupato a minore energia ad uno non occupato a maggiore energia. L’energia della transizione è quantizzata e la transizione avviene solo se una radiazione ha una certa frequenza e quindi lunghezza d'onda. La differenza energetica sarà data dalla legge di Planck:

  con  

in cui h è la costante di Planck, v è la frequenza, λ è la lunghezza d'onda e c è la velocità della luce.

L'assorbimento UV-VIS di una specie viene registrato da uno spettro di assorbimento che, solitamente, presenta l’assorbanza in funzione della lunghezza d’onda. L’assorbimento di radiazioni nel visibile e nell’UV provoca la formazione di una o più bande di assorbimento elettronico ciascuna delle quali è costituita delle linee ravvicinate e discrete. Ogni linea deriva dalla transizione di un elettrone allo stato fondamentale ad uno eccitato a cui corrisponde un elevato numero di livelli rotazionali e vibrazionali con energie ravvicinate. L’elevata quantità di questi livelli causa un elevato numero di righe di assorbimento che risultano in un’unica banda. In soluzione la molecola non è più in grado di ruotare e le vibrazioni sono influenzate dalla presenza del solvente quindi i picchi sono spesso allargati e si deve tenere conto della lunghezza d’onda massima. [4]

L'analisi viene eseguita ponendo la sostanza, pesata accuratamente ed opportunamente disciolta, in una cella di quarzo, detta cuvetta. I solventi da utilizzare non devono assorbire alla stessa lunghezza d’onda del composto e reagire chimicamente con esso. Per ogni lunghezza d’onda l’assorbanza dipende dalla struttura della sostanza, dalla concentrazione della sostanza, dalla lunghezza della cuvetta e dal solvente. Questi fattori sono messi in relazione nella legge di Lambert-Beer:

 

in cui ε è l'assorbanza specifica molare, b è la lunghezza della cella e C è la concentrazione della specie assorbente.[5]

L'assorbanza specifica molare è una costante tipica di una determinata sostanza e dipende dal solvente utilizzato, dall'indice di rifrazione del mezzo e dalla lunghezza d'onda di assorbimento. Questa costante ha spesso valori alti per cui in UV-VIS si devono usare soluzioni molto diluite, se fossero troopo concentrate si avrebbe un’intensità della radiazione rivelata troppo piccola e poco precisa, inoltre la legge di Lambert-Beer non sarebbe più lineare.[6] Grazie a questa legge la spettroscopia UV-VIS può essere utilizzata per un’analisi quantitativa. Inoltre questo metodo spettroscopico presenta un’elevata sensibilità, una buona accuratezza e una selettività piuttosto alta.[7]

Nel campo dei coloranti la spettroscopia UV-VIS viene utilizzata per studiare il colore di una sostanza mediante lo spettro di assorbimento. Infatti un colore si può analizzare secondo tre proprietà: il tono, l'intensità e la lucentezza. Il tono corrisponde alla lunghezza d'onda di assorbimento del composto e nello spettro si approssima alla lunghezza d'onda massima ottenuta, nel caso in cui sia presente un solo picco. L'intensità de colore può essere misurata qualitativamente con ε alla lunghezza d'onda massima: all'aumentare di il colore diventa più intenso. Inoltre questa proprietà dipende anche dall'area del picco ottenuto. La lucentezza, o brillantezza, del colorante dipende dall'ampiezza della banda: più è stretta più il colore è brillante. Se il picco è molto slargato allora il composto risulta di colori spenti come marrone, verde oliva o blu. La lucentezza, quindi, è maggiore se la luce trasmessa è solo del colore che viene riflesso.[8]

  1. 1,0 1,1 Zollinger, p. 9
  2. Chatwal, pp. 5.19-5.20
  3. Zollinger, pp. 12,13
  4. Skoog, West, Holler p. 534
  5. Skoog, West, Holler p. 536
  6. Skoog, West, Holler p. 540
  7. Skoog, West, Holler p. 595
  8. Christie, pp. 30-31