Platone: istruzioni per il mondo delle idee/Fedro: differenze tra le versioni

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Il ''Fedro'' è un testo filosofico scritto da Platone probabilmente nel 370 a.C. ed è un dialogo fra due personaggi, [[w:Socrate|Socrate]] e Fedro. Il dialogo fa parte della III tetralogia insieme al ''[[w:Parmenide (dialogo)|Parmenide]]'', al ''[[w:Filebo|Filebo]]'' e al ''[[w:Simposio|Simposio]]''. Insieme a quest'ultimo il ''Fedro'' è uno dei dialoghi artisticamente più riusciti. Il dialogo si apre con il discorso pronunciato da Fedro, scritto però dall'oratore Lisia, con cui egli afferma che bisogna compiacere solo chi è in grado di rendere il favore. Gli amanti non renderebbero mai il favore se non al proprio amato, e inoltre essi si allontanano dagli altri perché hanno paura che questi li superino in ricchezza o in intelligenza. Per questo secondo Fedro bisogna compiacere chi non ama, piuttosto che chi ama. Socrate, partendo dal punto di vista di Lisia, dà una prima definizione di Eros che è appunto solo desiderio irrazionale che ha il sopravvento sull'opinione e non è incline a ciò che è retto. L'amante è inoltre un danno per l'amato, perché lo distoglie dal bene più grande, che è la filosofia.
 
Successivamente Socrate si rende conto che il discorso da lui appena pronunciato non è veritiero, e per questo ne compie un altro. Con questo discorso Platone, attraverso Socrate, dà una nuova definizione di Eros, che da desiderio irrazionale diventa una mania concessa dagli dei per la felicità più grande degli uomini. Socrate ci spiega in che modo questo accade. Per farlo ci dà innanzitutto la definizione di anima, che è qualcosa che si muove da se stesso e per se stesso. Dal momento che non lascia mai se stesso, non cessa mai di muoversi, ma è fonte di principio per tutte le cose dotate di movimento. Il principio non è generato o corruttibile, perché se cosi fosse non sarebbe più principio. Per questo l'anima, essendo principio, è immortale. Dopo aver dimostrato l'immortalità dell'anima, Socrate espone uno dei miti più conosciuti di tutta la filosofia platonica, che è quello della biga alata. Secondo Platone, l'anima assomiglia ad una biga alata, formata da due cavalli e da un' auriga. Dei due cavalli uno buono, spinge l'auriga verso l'iperuranio, ovvero dell'essere autentico, l'altro recalcitrante verso il mondo terreno, cioè dell'opinione. La guida delle dell'auriga è tormentata e difficile, infatti imitando gli dei (che sono trainati da due cavalli retti) riesce a contemplare solo per poco il mondo delle idee.
 
Dopo che le ali si sono spezzate (per oblio), l'anima si trapianterà nel corpo di un mortale, dimenticando quasi tutto quello che ha contemplato nel mondo delle idee. L'anima che avrà contemplato per maggior tempo il mondo delle idee, si trapianterà in un uomo destinato a diventare filosofo e lui grazie a le sue reminiscenze sarà in grado di mettere le ali da solo. L'anima di colui che non ha contemplato per molto tempo l'iperuranio si trapianterà in un uomo che si nutre dell'opinione, e per questo non sarà in grado di mettere le ali per proprio conto. Queste anime però non sono destinata a nutrirsi dell'opinione a vita, perché è proprio qui che entra in gioco la bellezza.