Missione a Israele/Paolo e Gesù: differenze tra le versioni
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Anche Giovanni e Matteo identificano Gesù come profeta. Per il quarto evangelista, questo è uno dei temi maggiori, che spesso appare insieme alle nozioni regali di messia. Pertanto in {{passo biblico2|Giovanni|6:14}} troviamo Gesù che viene acclamato dalla folla come "il profeta che deve venire nel mondo", e subito dopo egli si va a nascondere sulla montagna "sapendo che stavano per venire a prenderlo per farlo re" (v. 15). Unendo le tradizioni di messianità con quelle profetiche, altri personaggi nella storia di Giovanni protestano che, poiché Gesù proviene da Nazareth e non da Betlemme, egli non può essere un profeta: "Studia e vedrai che non sorge profeta dalla Galilea" ({{passo biblico2|Giovanni|7:52}}). Ma i "segni" grandi e potenti che Gesù fa giustificano la sua identificazione come profeta ({{passo biblico2|Giovanni|9:17}}). Riassumendo, sebbene Giovanni faccia affermazioni molto più ampie su Gesù e il suo ''status'' teologico di quanto non facciano gli altri evangelisti, egli chiaramente approva il titolo di "profeta" quale una delle designazioni giuste e opportune.
Matteo invoca questo tema più raramente di Giovanni, ma non meno drammaticamente. Poco dopo l'Ingresso Trionfale a Gerusalemme per la Pasqua, verso la fine del Vangelo, i pellegrini che hanno appena salutato Gesù come "Figlio di Davide" spiegano alle folle della città: "Questi è ''il profeta Gesù, da Nazareth'' di Galilea" ({{passo biblico2|Matteo|21:10-11}}). I sommi sacerdoti hanno paura di affrontarlo aperttamente perché quando "cercavano di prenderlo, temettero le folle, perché lo ritenevano un profeta" (v. 46). In confronto a Matteo, Luca tuttavia enfatizza molto
Infine, con una dichiarazione piuttosto che con una storia, Luca semplicemente asserisce che il Messia avrebbe dovuto soffrire e morire esattamente come aveva fatto Gesù. Questo insegnamento arriva drammaticamente proprio alla fine del Vangelo di Luca, reso esplicito dallo stesso Cristo Risorto:
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