Il Nome di Dio nell'Ebraismo/Conclusione: differenze tra le versioni

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Scholem ha affermato che per il mistico ebreo, il Nome di Dio poteva essere concepito come l'origine metafisica dell'universo, l'universo essendo costituito linguisticamente, e il linguaggio essendo una conseguenza del Nome. Questo mio studio ha dimostrato che, mentre questo è indiscutibilmente il caso all'interno del reame della Cabala, le fonti precedenti che alimentavano l'immaginazione dei cabalisti presentano un'immagine molto più complessa. L'identità del Nome con la Parola pronunciata durante la creazione è una questione molto più contorta di quanto si credesse in precedenza, legata alla ricerca dell'identità dottrinale dei primi rabbini nell'ambiente caotico del monoteismo tardoantico. Il Nome, nonostante le affermazioni di Fossum, non era uno strumento creativo per i rabbini, sebbene costituisse un sigillo sulla creazione, vincolando l'identità. Né era, come suggerisce la tradizione ipostatico-nominale, un secondo dio o in qualche modo ontologicamente distinto da Dio — infatti gli scritti rabbinici su Metatron chiariscono che il Nome — come espresso anche nel Prologo di Giovanni ({{passo biblico|Giovanni|1-18}}) — è l'aspetto fenomenico di Dio, ''Dio per l’Umano''.
 
Anche se posso concordare in modo definitivo con Scholem e Dan sul fatto che il Nome rifiuta l'interpretazione semantica, non avendo alcun significato formale, e la loro affermazione che il Nome si trova al centro del linguaggio, devo respingere l'affermazione di Dan secondo cui il/i Nome/i divino/i "sono l'essenza di Dio" (1996, 237). Questo studio ha dimostrato che esiste una distinzione profonda tra Dio in essenza e il Suo Nome, sebbene questo sia stato articolato in modo complesso e fuorviante da Gikatilla, per citarne uno. Eppure il Nome, proprio come l'oggetto che rappresenta, può funzionare solo come un'unità — quando viene scomposto nei suoi componenti non è più Nome.
 
Un'interpretazione che la struttura di questo studio consente è la dimostrazione di come certe tendenze nascenti nell'ebraismo del Secondo Tempio, ed espulse dal movimento rabbinico durante la Tarda Antichità, abbiano esercitato un'influenza sul misticismo ebraico – nominalmente rabbinico – del Medioevo. I primi quattro capitoli hanno stabilito che, mentre le antiche tradizioni bibliche riguardanti il ​​Nome-Angelo nutrivano e contribuivano a certe tendenze ipostatiche e binitarie nella tarda antichità, culminando infine nel cristianesimo, una lettura ontologica così insensibile fu rifiutata dal rabbinato, insieme alla tradizione associata del ruolo del Nome nella creazione. Così il Nome-Angelo, le cui implicite associazioni sia con la creazione che con il messianismo erano a portata di mano durante gli ultimi secoli del Commonwealth, venne esaminato durante la riforma rabbinica (a causa, credo, del loro uso negli ambienti esplicitamente cristiani e per semplici ragioni teologiche); tuttavia queste tradizioni furono preservate nel passaggio sotterraneo creato dalla letteratura Hekhalot.<ref>Può essere particolarmente pertinente notare che, più di una volta, l'interpretazione cristiana sembra associare il "servo" di Dio al "Nome" di Dio — su questo si veda Hurtado (2007).</ref> Questi stessi testi hanno compiuto salti teologici innovativi, assorbendo anche nuove interpretazioni e formulazioni di materiale antico dalle comunità cristiane emergenti (semi-cristiane, ebraico-cristiane, o comunque si possa scegliere di etichettare le grandi aree grigie tra Rabbinato e Chiesa). I rabbini si trovarono a discutere non solo contro i nuovi ''[[w:converso|conversos]]'' cristiani, gentili che cercavano di appropriarsi delle scritture nel loro paradigma teologico, ma anche contro gli ebrei che assorbivano questi sviluppi nella loro visione del mondo in modi nuovi e insoliti. Il nome Metatron divenne sinonimo di una specifica varietà di entità ipostatica, una che includeva alcune idee cristiane e gnostiche, e una che i rabbini cercavano di ridefinire a modo loro. Questa ridefinizione attingeva alle tradizioni esistenti come quelle della ''[https://www.jewishencyclopedia.com/articles/10618-memra Memra]'' per affinare le implicazioni binitarie che stavano crescendo in influenza e per presentare il Nome-Angelo come un aspetto di Dio, come sembra essere stato nei tempi biblici. Sebbene i mistici della [[w:Merkavah|Merkavah]] si ispirassero agli sviluppi del pensiero rabbinico, il loro approccio non sistematico portò a una proliferazione di nomi e termini angelici, che tuttavia rappresentavano ancora fondamentalmente lo stesso concetto: un "servo" angelico che è il vicegerente di Dio, condivide il Suo Nome. e compie la Sua volontà nel mondo.
 
I mistici medievali ereditarono così una ricchezza di materiale che era complicata, non sistematica, non ortodossa ''e tuttavia'', intellettualmente sorprendente e curiosamente ben allineata con certe implicazioni esistenti nella letteratura biblica e rabbinica in modo da provocare la concezione di un substrato mistico agli insegnamenti del Talmud.<ref>Sebbene sia stato scritto molto sull'anacronismo problematico di affermare una "ortodossia" rabbinica nella Tarda Antichità, i tempi potrebbero essere maturi perché ulteriori ricerche si concentrino sulla natura di una tale presunta ortodossia anche nel XIII secolo; i mistici medievali in Europa certamente non sembrano considerare il materiale esoterico in una luce diversa dal materiale legale ed è mia opinione che il loro aver ereditato un ampio corpo di tradizione fosse privo delle striature di normatività che ora applichiamo.</ref> Pertanto, i mistici – che erano essi stessi, ovviamente, anche rabbini – adottarono un gruppo di tradizioni che i primi rabbini avevano attivamente cercato di espellere dal loro ebraismo, interpretando nel frattempo queste tradizioni come implicite all'interno e complementari ai testi rabbinici.
 
 
 
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