Il Nome di Dio nell'Ebraismo/I settanta volti di Dio: differenze tra le versioni

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Nella letteratura Hekhalot, Dio è sia trascendente che presente; ma questo dualismo deve essere compreso epistemologicamente. Dio non è così trascendente da essere inimmaginabile, impensabile, inconoscibile, ma ciò che possiamo sapere di Dio deve essere temperato dalla conoscenza della tendenza della nostra mente a ridurre e comprimere le informazioni in una forma soggettiva. Ciò significa che tutta la conoscenza umana di Dio prende la forma della conoscenza umana, che è linguistica: è a ''forma di linguaggio''. Ciò non lo invalida. Questo portare nel reame soggettivo, o nel ''rendere conoscibile'' il divino, è essenziale in qualsiasi teologia che rivendichi una rivelazione. Tuttavia, la conoscenza non deve essere confusa con la cosa stessa.
 
''Shi’ur Qomah'' mette in guardia contro la ''qomatosi'' — una credenza riduzionista nell'immediato presente, il corpo meccanico e divisibile, senza vedere la totalità che costituisce e consente l'identità. Perché un oggetto abbia integrità, non può essere costituito ma deve trascendere. In tal modo, ci viene data una critica sottile ma devastante dell'idealismo: se il nome (quello presente nella mente) è l'essenza, Dio può essere sezionato e corporeizzato in modo che sia presente ma morto, inerte davanti a noi; e quindi, non presente; apparente ma non presente. Il messaggio è che un Dio costituito da nomi e numeri non è Dio. Se potessimo ottenere Dio mediante questo processo, cosa avremmo in realtà guadagnato, e cosa avremmo putroppo perso? Se le verità riguardassero i nomi, se i nomi fossero descrizioni piuttosto che puntare a qualcosa di inesprimibile al di là di essi, allora ci ritroveremmo con una metafisica riduzionista, un atomismo in cui tutto è definibile nei termini del minimo comune denominatore. Ma gli oggetti, specialmente se quell'oggetto è anche un soggetto, devono avere un'indipendenza: devono trascendere e ad un certo livello essere nascosti alla vista, ritirandosi dall'occhio della mente che li divide e li compartimentalizza fuori dall'esistenza.
 
Così possiamo comprendere la proliferazione di "nomi" privi di significato e impronunciabili che ci fornisce la letteratura Hekhalot — anche le raccolte di lettere apparentemente casuali possono essere nomi, se vengono usate come tali. Ma tutti i nomi usati di Dio sono nomi usati relativamente e sono condizionati anche dalla prospettiva umana finita. Persino il Tetragramma non è la natura interna di Dio, ma un nome dato agli esseri umani per usarlo a Suo riguardo. Nella letteratura Hekhalot vediamo evidenziata una teoria della nominazione in cui identità e nome sono correlati, ma gli esseri sono anche divisibili in un'infinità di nomi. L'unità è irriducibile e non può essere ridotta ai nomi che essa comprende, tuttavia questi nomi sono la manifestazione conoscibile dell'ineffabile unità che sta dietro di loro.
 
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