Il Nome di Dio nell'Ebraismo/I settanta volti di Dio: differenze tra le versioni

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Ora, vorrei suggerire che c'è un punto cruciale nell'idea dei "settanta nomi" di Metatron. È una tradizione persistente che Metatron abbia molti nomi diversi, a volte settanta ma (e questa è probabilmente la tradizione precedente) occasionalmente otto.<ref>''Visioni di Ezechiele'' elenca otto nomi, come anche ''HekhR''§277, §310 e ''MerkR''§682.</ref> Ad un certo punto l'idea che Metatron abbia più nomi si è fusa con la lunga tradizione delle settanta nazioni del mondo, ciascuna con la propria lingua,<ref>{{passo biblico2|Genesi|10}} riferisce che Noè generò settanta figli, ognuno dei quali formò una nazione. La tradizione che ci sono settanta nazioni nel mondo, e quindi settanta lingue, persiste in tutto il pensiero ebraico. Scopriamo inoltre che le nazioni sono ciascuna sotto la protezione di una potenza angelica unica (per es., Gen.Rab.37), tutte tranne Israele, il cui protettore è Dio Stesso. Nei testi successivi Dio è sostituito in questo ruolo da Michele o Metatron.</ref> e così in ''3 Enoch'' Metatron afferma di avere "settanta nomi corrispondenti alle settanta nazioni del mondo", nomi che sono tutti "basati sul nome del Re dei re dei re" (3:2).<ref>Cfr. 4: 1, dove R. Ismaele chiede: "Perché sei chiamato con il nome del tuo Creatore con settanta nomi?"</ref> In ''3 Enoch'' questi nomi sono incisi sulla corona di Dio e possono (o non possono) essere i nomi sacri incisi sul trono.
 
Tuttavia, non è solo Metatron ad avere settanta nomi. Si afferma che tutti i Principi angelici abbiano settanta di tali nomi, dove un nome è per ogni lingua del mondo (''3En.''29:1) e i "settantadue principi dei regni nell'Alto, corrispondono... alle settantadue<ref>Il passaggio da settanta a settantadue sembra essere avvenuto nella ''LXX'' (Metzger, 1959).</ref> nazioni del mondo" (17:8).<ref>Cfr. 10:4, dove incontriamo "gli otto grandi principi, onorati e terribili, che sono chiamati YHWH con il nome del loro re" (cfr. 30:1); presumibilmente versione precedente di questa tradizione, correlata agli otto nomi di Metatron. Anche ''HekhR''§240, dove la formula nominale usata dai guardiani delle porte "è derivata dal nome del re dell'universo".</ref> In una successiva aggiunta a ''3 Enoch'', Dio dice: "Ho preso settanta dei miei nomi e l'ho chiamato [Metatron] da loro, in modo da aumentare il suo onore. Ho dato settanta principi nelle sue mani, per dar loro i miei comandamenti in ogni lingua" (48C:9). Allo stesso modo in ''HekhR''§295, a Metatron sono "dati" i settanta angeli da Dio. Questi passi suggeriscono che potrebbe esserci un'equivalenza tra i settanta nomi e i settanta principi, rendendo chiara l'associazione con le lingue del mondo. I settanta angeli stessi potrebbero non essere altro che nomi di Metatron; nomi con cui Metatron è noto alle settanta nazioni del mondo. In effetti, in un frammento di Genizah è una variante di ShQDHWZYH che è "chiamato con settanta nomi",<ref>Un testo ''Sar Torah'' dell'undicesimo secolo dalla Genizah contiene il passo: "Ti invoco Metatron, ''Sar haPannim'', dichiaro su di te Metatron, ''Sar haPannim'', e sigillo su di te, Metatron ''Sar haPannim'', nel nome di ShQHWZYY, che è chiamato da settanta nomi"(Schäfer, 1984, 163).</ref> intimando l'ovvio suggerimento che in realtà tutti gli angeli sono solo nomi diversi per il singolo essere.<ref>In questo mi allineo a Idel (2009, 121–2), che suggerisce una conclusione simile ma senza approfondirla.</ref> In modo più conclusivo, troviamo in un brano di ''Sar Torah'' un elenco di nomi tra cui ShQDHWZYH, ZHWBDYH e una variante di Suryah (SWRYAYH), informandoci che ciascuno "è Metatron" (§68241682<ref>Presente in M40, N8128 e O1531. §310, che esiste solo come inserzione dentro V228, offre un elenco simile, questa volta includendoci una variante di Ozhayah (HWZHYH).</ref>).
 
Finora in questo capitolo ho sostenuto che la letteratura Hekhalot presenta un panorama di esseri angelici, esistenti su un gradino ontologico al di sotto di Dio, che sono in realtà espressioni dello stesso unico "essere". Questa ipotesi è stata, in un certo senso, già discussa. Alcuni studiosi hanno precedentemente sostenuto il contrario del mio punto, che Metatron non è un nome particolare, ma solo il titolo di un ufficio, o un nome che descrive una miriade di figure. Idel scrive che: "Un ostacolo principale nella comprensione di... Metatron è l'assunto che questo sia un nome personale" (2009, 124); Segal afferma che Metatron è "il nome rabbinico di molti mediatori nel pensiero eretico" (1977, 72), un nome "evidenziato per la prima volta in Babilonia in merito a un angelo principale conosciuto con molti nomi nelle sette palestinesi" (''ibid.'', 1977, 63), e Scholem considera Metatron "non un nome proprio, ma una designazione per l'intera categoria delle potenze celesti che svolgono una missione" (1987, 298-299).
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== Analisi ==
[[File:Kripke.JPG|200px|thumb|<small>[[w:Saul Kripke|Saul Kripke]]</small>]]
Il celebre testo di Saul Kripke, ''[[c:File:Naming and Necessity.jpg|Naming and Necessity]]'' (1980) presenta un'interpretazione analitica e prolungata del rapporto tra nomi e identità. In esso egli sostiene che i nomi non sono descrizioni e quindi non hanno senso, ma solo riferimento. Il nome proprio è un "designatore rigido" in quanto può riferirsi solo a un particolare individuo, qualunque siano le circostanze contingenti — un nome si riferisce a un'essenza non ontologica e non a un insieme di qualità che possono o meno essere attaccate al oggetto individuale in questione.<ref>Sebbene Kripke sia famoso come il creatore di questo concetto e il termine "designatore rigido", Graham Harman (2014) ha sottolineato che può essere trovato anche in Husserl, che scrisse:
{{q|For a proper name also names an object ‘directly’. It refers to it, not attributively, as the bearer of these or those properties, but without such ‘conceptual’ mediation, as what it itself is, just as perception might set it before our eyes. The meaning of a proper name lies accordingly in a direct reference-to-this-object...|1970, 198}}
Possiamo inoltre trovare qualche suggerimento in questa direzione nelle meditazioni di Rosenzweig sulla costanza sostanziale desiderata che non si trova da nessuna parte se non nei nomi (1999, 47-53).</ref> Kripke sostiene che un nome non è semplicemente un'entità linguistica, non soltanto una raccolta casuale di lettere o fonemi che sono attaccati arbitrariamente agli oggetti — invece, un nome designa un riferimento e come tale pone il soggetto e l'oggetto in relazione tra loro. Un nome quindi postula il soggetto tanto quanto l'oggetto, poiché deve essere collocato in termini di un riferitore specifico oltre che di un referente specifico. Per questo motivo un nome, anche se storicamente falso perché quello che stiamo usando non è quello con cui la persona era conosciuta, non può comunque essere errato perché riesce nella sua funzione di localizzarci/indicarci il referente. Kripke fa l'esempio di Socrate, di cui la forma scritta o pronunciata sarebbe completamente estranea alla figura storica per la quale la usiamo. Eppure il nome Socrate, per noi, indica quella figura. Quindi, un nome è intrinsecamente localizzato nel contesto del suo utilizzo e forma un punto di contatto tra chi parla e di chi si parla.<ref>Vale la pena notare che un dato nome storico sarebbe in realtà semplicemente una qualità dell'oggetto, e potrebbe effettivamente essere un segno arbitrario se nessuno utilizzasse effettivamente quel nome in riferimento ad esso. Quindi, 2 + 2 = 4 è necessariamente vero, nonostante il fatto che qualcun altro possa intendere il segno 4 a significare il numero 7, perché non sono i segni stessi che vengono discussi ma gli oggetti in relazione ai quali quei segni ci collocano, noi che ora li utilizziamo. Questo, aggiungerei per chiarezza, è il punto in cui i segni diventano nomi: quando sono usati per formare un legame tra un soggetto e un oggetto. Senza questo impiego nell'azione del nominare, un semplice segno è sempre arbitrario.</ref>
 
 
 
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== Note ==