Guida maimonidea/Forma e contenuto: differenze tra le versioni

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Il '''''Libro delle Asseverazioni (Sefer Hafla`a)''''', il sesto volume, si occupa delle proibizioni relative al discorso. Include "Leggi sui Giuramenti" (''Hilkhot Shevu`ot''), "Leggi sui Voti" (''Hilkhot Nedarim''), "Leggi sul Nazireato" (''Hilkhot Nezirut''), e "Leggi sulle Valutazioni e Ex-Voto" (''Hilkhot Arakhim ve-Haramin'').
 
Nel '''''Libro dell'Agricoltura''''', settimo volume, Maimonide raccoglie le leggi relative ai vari aspetti dell'agricoltura. Include "Leggi sui Tipi Diversi" (''Hilkhot Kil`ayim''), "Leggi sui Doni ai Poveri" (''Hilkhot Matanot Aniyyim''), "Leggi sulle Offerte del Raccolto" (''Hilkhot Terumot''), "Leggi sulle Decime" (''Hilkhot Ma`asrot''), "Leggi sulle Seconde Decime e Frutti del Quarto Anno" (''Hilkhot Ma`aser Sheni ve-Neta Reva`i''), "Leggi sui Primi Frutti e Altri Doni al Sacerdozio" (''Hilkhot Bikkurim u-She`ar Matanot Kehunah Shebi-Gevulin'') e "Leggi sull'Anno Sabbatico e Anno del Giubileo" (''Hilkhot Shemittah ve-Yovel''). Un'interessante dipartita dall'organizzazione di questo volume appare negli ultimi quattro capitoli di ''Hilkhot Matanot Aniyyim'', che riguarda le leggi della carità, estranee a materie agricole. Maimonide qui segue l'ordine della ''Mishnah'', dove le leggi della carità sono incluse nel trattato ''Pe`ah'' dell'ordine ''Zera`im''. La disposizione ha senso perché molte delle leggi del volume — per esempio, quelle relative agli angoli del campo, raccolti dimenticati e tralasciati, la decima ai poveri, e alcune delle leggi ain riguardomerito degliagli anni sabbatici e giubilei — riguardano i donativi agli indigenti.<ref name="Forma"/><ref name="Organizza">Jacob Levinger, ''Maimonides’ Techniques of Codification; a Study in the Method of the Mishneh Torah'', Gerusalemme, 1965 (in ebr.); Isadore Twersky, “The Mishneh Torah of Maimonides”, ''Proceedings of the Israel Academy of Sciences and Humanities'' 5, 1971-79, pp. 265-96.</ref>
 
L'ottavo volume, il '''''Libro del Servizio al Tempio (Sefer Avodah)''''', espone le leggi relative al Tempio ed il culto pubblico stabilito, come anche le caratteristiche dei vari tipi di sacrifici. Include "Leggi sul Tempio" (''Hilkhot Beit ha-Beẖirah''), "Leggi sui Vasi del Santuario e Coloro che Vi Servono" (''Hilkhot Kelei ha-Miqdash ve-ha-Ovedim bah''), "Leggi sulle Cose Proibite all'Altare" (''Hilkhot Issurei ha-Mizbeiaẖ''), "Leggi sulla maniera di Offrire sacrifici" (''Hilkhotẖ Ma`aseh ha-Qorbanot''), "Leggi ẖsulle Offerte Quotidiane e Aggiuntive" (''Hilkhot Temidim u-Musafim''), "Leggi sulle Offerte Sante Rese Inadatte" (''Hilkhot Pesulei ha-Muqdashin''), "Leggi sul Servizio nel Giorno dell'Espiazione" (''Hilkhot Avodat Yom ha-Kippurim'') e "Leggi sulla Trasgressione Riguardo agli Oggetti Sacri" (''Hilkhot Me`hilah''). Il volume si sposta in un modo particolare dalla sequenza della ''Mishnah''. In quest'ultima, le leggi del Giorno dell'Espiazione sono considerate nel trattato ''Yoma'', che copre sia il servizio sacrificale del giorno al tempio sia il dovere di digiunare e addolorarsi imposto su tutti gli ebrei individualmente. Nella ''Mishneh Torah'', i due aspetti delle leggi del giorno sono divisi: il servizio sacrificale presso il Tempio è incluso nel ''Libro del Servizio al Tempio'', mentre gli obblighi sostenuti dall'individuo — cordoglio e astensione dal lavoro — sono esposti nel ''Libro delle Stagioni'', "Leggi sul Riposo al Dieci di Tishri".<ref name="Forma"/><ref name="Organizza"/>
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La ''halakhah'' differenzia in svariati modi tra beni mobili ed immobili. Tra questi si trova il modo in cui tali beni sono acquisiti da un nuovo proprietario. I beni mobili sono acquisiti per trasferimento da persona a persona, riferendocisi col termine ''meshikhah'' ("tirare"); i beni immobili sono acquisiti con titolo scritto. Similmente, i beni immobili possono essere presi da un creditore ad estinzione di debito contratto dal proprietario incapace a pagare, e anche dopo che l'immobile è stato venduto, rimane subordinato all'interesse del creditore pre-vendita. Questo non è il caso rispetto ai beni mobili, che non sono assoggettati ai diritti del creditore. I beni mobili ed immobili differiscono anche rispetto alle leggi di comodato. Se un depositario non retribuito perde un articolo datogli in consegna, non è tenuto a ripagarlo purché giuri che tale articolo non è più in suo possesso e che non abbia agito negligentemente nel prendersene cura. Similmente, un depositario retribuito è tenuto a ripagare beni mobili datigli in consegna se sono rubati o smarriti, ma non a ripagare i beni immobili. Classificare un dato articolo come bene immobile o mobile è quindi importante in diversi rispetti. Il Talmud riporta un dissenso se i frutti maturi di un albero, pronti per essere raccolti, siano considerati beni mobili o immobili. Da un lato, i frutti restano connessi alla terra e potrebbero essere considerati parte del campo; dall'altro, i frutti sono pronti per essere raccolti e, in quel senso, possono essere considerati beni mobili.<ref name="Halbert1">Moshe Halbertal, ''Maimonides, cit.'', 2014, pp. 243-255.</ref>
 
Nella ''Mishneh Torah'', Maimonide giudica, come esposto nella discussione del Talmud, che i frutti, anche se non raccolti, abbiano lo status giuridico di beni mobili. Ma Maimonide giudica anche, coerentemente con una discussione su BT ''Shevu`ot'', che i frutti pronti per essere raccolti abbiano lo status di bene immobile, non di bene mobile: "Se un uomo consegna ad un suo conoscente qualcosa da custodire che sia annessa alla terra, anche se fosse uva pronta da raccogliere, la si considera proprietà terriera rispetto alla legge di comodato" ("Leggi sulle Assunzioni", 2:4). Alcuni commentatori hanno esaminato l'apparente contraddizione a riguardo allo status dei frutti.<ref name="Hayyim"/> Tuttavia Maimonide include un'importante riserva nel suo giudizio: "la si considera proprietà terriera rispetto alla legge di comodato", che indica una distinzione tra lo status dei frutti secondo le leggi di comodato e altrimenti. Rabbi Vidal di Tolosa, autore di ''Maggid Mishneh'', vide la definizione ma annotò la sua incapacità di giustificarla: "Sembra distinguere tra le leggi di comodato e altre leggi, ed io non conosco solide ragioni per farlo" ("Leggi sui Patrocini", 5:4).
 
Maimonide non spiega il suo fondamento logico per tale distinzione, ma il suo significato diventa chiaro nelle ''novellae'' di BT ''Shevu`ot'' di R. Joseph Ibn Migash, che Maimonide considerava suo maestro e lo teneva in grande stima. Ibn Migash affermava che i frutti che stanno per essere raccolti hanno lo status di beni immobili in tutti i rispetti, eccetto ai sensi delle leggi di comodato, dove sono considerati beni immobili. La ragione è che il depositario è obbligato a restituire la proprietà datagli in consegna nella stessa condizione in cui l'ha ricevuta, e non può cambiare lo status dei frutti affidatigli. Di conseguenza, anche se i frutti che stanno per essere raccolti normalmente hanno lo status di beni mobili, se furono affidati al depositario mentre erano ancora attaccati alla terra, egli deve restituirli come li ha ricevuti, cioè come beni immobili. La breve aggiunta al testo della ''Mishneh Torah'' — "rispetto alla legge di comodato", appena due parole in ebraico — riflette quindi una distinzione sostanziale che ci permette di distinguere tra differenti manifestazioni di una ''halakhah'' che in superficie appaiono identiche.<ref name="Halbert1"/>
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Coerente con la sua idea che assicurare l'adempimento dei comandamenti noachici non è soltanto una responsabilità delle nazioni noachiche e che l'autorità ebraica si estende anche a loro, Maimonide include nelle "Leggi sui Re" due giudizi significvativi per la legge di guerra. Primo, la Torah proibisce ad Israele di stipulare un patto con le sette nazioni cananee e richiede di far loro guerra fino alla fine, senza alcuna possibilità di pace. Maimonide giudicò che se le nazioni cananee accettano i sette comandamenti noachici, Israele può stipulare un trattato di pace con loro e diviene proibito far loro guerra. Ra`abad dissentì, non vedendo alcuna base nelle fonti talmudiche per tale giudizio. Secondo, riguardo alle guerre contro nazioni non cananee — citate come "guerre opzionali" — la ''halakhah'' richiede che le forze israelite invitino e permettano una resa pacifica prima di attaccare. Se il nemico accetta di assoggettarsi al dominio israelita e pagare tributi, è proibito fargli guerra. Maimonide sosteneva che la proposta di una resa pacifica doveva includere l'obbligo da parte del nemico di sottostare ai sette comandamenti noachici. Anche qui Ra`abad dissentiva, non trovando nessuna fonte talmudica per tale giudizio. Ma Maimonide affermava che uno degli scopi sostanziali di dichiarare guerra era quello di imporre i comandamenti noachici.<ref name="Noah"/> Di conseguenza, nel contesto sia di guerra comandata (cioè contro i cananei) e guerra facoltativa, sarebbe stato proibito muovere guerra contro un nemico che si impegnava a adempiere questi comandamenti: "Non si dichiara guerra contro una nazione prima che le si facciano offerte di pace. Ciò si applica sia per una guerra facoltativa sia per una guerra per cause religiose, poiché è detto: ''Quando ti avvicinerai a una città per attaccarla, le offrirai prima la pace'' (Deut. 20:10). Se gli abitanti fanno la pace e accettano i sette comandamenti imposti ai discendenti di Noè, nessuno verrà ucciso." ("Leggi sui Re", 6:4).
 
Questi due giudizi particolari procedono dal concetto di Maimonide che la responsabilità politica del regno israelita si estende all'adempimento obbligatorio dei sette comandamenti noachici. Queste innovazioni, evidenziate da Gerald Bildstein nel suo libro sui principi politici di Maimonide, rivelano influenze islamiche nei giudizi maimonidei e nella visione universale della responsabilità politica della sovranità ebraica.<ref name="Gerald">Gerald Bildstein, ''Political Concepts in Maimonidean Halakha'', II ed., Ramat Gan., 2001 (in ebr.); si vedano anche i suoi “Holy War in Maimonidean Law”, ''Perspectives on Maimonides: Philosophical and Historical Studies'', Joel L. Kraemer (cur.), pp. 209- 20; “Maimonides and Me’iri on the Legitimation of Non-Judaic Religion”, ''Scholars and Scholarship: The Interaction between Judaism and Other Cultures'', pp. 27-35; “The Status of Islam in Maimonidean Halakhah”, ''Multiculturalism in a Democratic and Jewish State'', Avi Sagi, Menachem Mautner, e Ronen Shamir (curatori), pp. 465-476; “Living in the Land of Israel According to Maimonides, ‘Laws of Kings V.9-12’”, ''Me’ah She‘arim: Studies in Medieval Jewish Spiritual Life in Memory of Isadore Twersky'', Gerald Blidstein ''et al.'', pp. 171-190; ''Authority and Dissent in Maimonidean Law'', Tel Aviv, 2002, ''passim''</ref> In questo contesto della missione universale dell'ordinamento politico ebraico, Maimonide fa un'affermazione normativa e teologicateologicain amerito riguardo dellaalla situazione religiosa del noachita che adempie i suoi obblighi, affermazione che ha attirato l'attenzione di generazioni di lettori:
{{q|Chiunque accetti i sette comandamenti e li osservi scrupolosamente è da annoverarsi tra i ''Pii dei Gentili'' e avrà una porzione del mondo a venire, a patto che li accetti e li pratichi perché il Santo, che Egli sia benedetto, li comandò nella Torah, e li fece conoscere mediante Mosè, nostro Maestro, che i discendenti di Noè furono inizialmente comandati di osservarli. Ma se la sua osservanza si basa su una conclusione ragionata, egli non viene considerato uno straniero residente, o uno dei pii dei Gentili, ma uno dei loro uomini saggi.|"Leggi dei Re e delle Guerre", 8, 11}}
 
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Come già detto, questi rigorosi standard di prova e reati definiti senso stretto precludono quasi tutte le possibilità di punizione da parte di un tribunale e creano un vuoto che potrebbe risultare in anarchia. Secondo Maimonide una delle funzioni del re è di colmare tale vuoto. Nelle "Leggi sull'Omicidio", dopo aver citato gli standard rigorosi che devono essere osservati prima che un tribunale possa imporre la pena, Maimonide aggiunge: "In merito a questi ed altri omicidi che non sono soggetti a condanna di morte con verdetto del tribunale, se un re di Israele desidera mandarli a morte con decreto reale a beneficio della società, egli ha il diritto di farlo." ("Leggi sull'Omicidio e la Salvaguardia della Vita", 2:4). Ribadisce la sua opinione particolare del ruolo del re in "Leggi sui Re": "Se una persona ammazza un'altra e non esiste prova chiara, o se non la si è avvisata, o c'è solo un testimone, o se uno uccide accidentalmente una persona che odiava, il re può, se l'esigenza del momento lo richieda, mandarlo a morte onde assicurare la stabilità dell'ordine sociale" (''Ibid.'' 3:10). Il re dunque opera in quelle aree dove la ''halakhah'' riconosce la responsabilità morale dell'omicida ma non ne permette la punizione da parte di un tribunale umano, sia per mancanza di prove accettabili sia perché l'atto criminale è stato commesso indirettamente. Il re viene qui visto come responsabile dell'ordine sociale e della stabilità; a tal fine, gli viene data ampia autorità giudiziaria per riempire il vuoto lasciato dalla ''halakhah''.<ref name="Gerald"/>
 
I commentatori della ''Mishneh Torah'' si chiesero quale fosse la fonte di Maimonide ain riguardomerito dellall'ampia autorità del re ad imporre la pena capitale dove la ''halakhah'' stessa non la contemplasse. Il Talmud fa riferimento alla legge reale ma non contiene riferimenti ad un concetto così ampio e certamente non lo menziona come modo per colmare una lacuna halakhica. Ma una lettura delle leggi noachiche nelle "Leggi sui Re" rivela la fonte di ispirazione per l'ampio concetto di legge reale, come dimostra R. Meir Simẖa Hakohen di Dvinsk nel suo libro ''Or Sameiaẖ''. Ai noachiti è vietato uccidere, e sono soggetti a pena di morte se lo facessero. Discutendo le leggi evidenziarie relative ai noachiti, Maimonide seguendo il Talmud afferma che "un noachita viene giustiziato su prova di un solo testimone, sulla sentenza di un solo giudice, e senza previo ammonimento. È condannato anche (per testimonianza di) un parente" ("Leggi sui Re, 9:14). La possibilità che un noachita venga punito aumenta non solo allentando le norme evidenziarie ma anche ampliando la definizione del reato punibile. Secondo Maimonide, un noachita può essere giustiziato anche se uccide indirettamente: "Così anche se uccide uno che soffre di malattia terminale, o lega un uomo con una corda e lo mette davanti ad un leone, o lo lascia in condizioni affamate che ne provocano la morte per inedia, egli viene giustiziato, poiché in ultima analisi ha provocato la morte della vittima" ("Leggi sui Re", 9:4). Nella ''Mishneh Torah'' pertanto le leggi evidenziarie e la definizione di reato applicabile al noachita corripondono a quelle applicate per aggiudicazione dal re. Il parallelo tra la legge applicabile a noachiti e la giustizia reale israelita deriva dal fatto che entrambe sono connesse al perseguimento di stabilità e armonia sociale. Questo è un aspetto universale della giustizia che vincola ogni società umana, noachita e israelita. La legge assegna al re l'autorità di migliorare la società ed il mondo, e tale responsabilità gli deriva dalle leggi noachiche e le corrisponde.<ref name="Gerald"/><ref name="Noah"/>
 
Questa analisi della relazione tra la legge del re israelita e i sette comandamenti noachici dimostra come Maimonide creò paralleli strutturali e organizzativi e, su tali basi, pose due principi halakhici apparentemente differenti sotto una rubrica concettuale condivisa che ne chiarisce la natura. Mosse generalizzanti di questo tipo, come anche facendo distinzioni tra varie forme di ''halakhot'' simili, sono il nucleo del pensiero concettuale in merito alla ''halakhah''. Non è una semplice coincidenza che tale sorta di pensiero halakhico si sviluppasse durante il XX secolo grazie ad un'esegesi intensa della ''Mishneh Torah''. Ogni capitolo del trattato è una miniera di profondi pensieri concettuali, che hanno modellato le categorie dell'interpretazione halakhica.<ref name="Gerald"/>