Isaac Luria e la preghiera/Capitolo I: differenze tra le versioni

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== Ebrei iberici ==
[[:en:w:David Abudirham|David ben Joseph Abudarham]], il commentatore liturgico spagnolo del XIV secolo e autore del ''[[:en:w:David_Abudirham#His_work,_Sefer_Abudarham|Sefer Abudarham]]'', completato nel 1340 a [[w:Siviglia|Siviglia]], scrisse ampiamente sullo ''Shema''. Abudarham descrisse l'usanza di incoronare Dio muovendo gli occhi in tutte le direzioni, nonché un'usanza secondo cui alcuni muovono la testa in tutte le direzioni per incoronare Dio durante il primo versetto dello ''Shema''.<ref>David ben Joseph Abudarham, ''Sefer Abudarham'', cur. Wertheimer, "Laws of Qeri’at Shema" (Gerusalemme, 1959).</ref> Abudraham, tuttavia, non fece alcuna menzione di coprire il proprio viso o gli occhi, né citò la storia di Yehudah il Principe. La mancanza di prove testuali per questa usanza nel ''Sefer Abudraham'', che era una raccolta di leggi e costumi, suggerisce che non esisteva tale pratica nella Siviglia di metà XIV secolo. Tuttavia [[w:Yaakov ben Asher|Yaakov ben Asher]] nel suo ''[[w:Arba'ah Turim|Arba’ah Turim]]'', completato nel 1340 Toledo,<ref>Judah D. Galinsky, "‘And this Sage Merited More than Any Other, for all Studied his Books’: On the Distribution of Jacob b. Asher’s''Arba’ah Turim'' from the Time of it’s Writing until the End of the Fifteenth Century", in ''Sidra: A Journal for the Study or Rabbinic Literature'', vol. 19 (2004):26.</ref> menzionò questa usanza.
 
[[File:Yaakov ben Asher.jpg|thumb|<small>[[w:Yaakov ben Asher|Yaakov (Jacob) ben Asher]]</small>]]
[[w:Yaakov ben Asher|Yaakov (Jacob) ben Asher]] (1269-1343), nato a Colonia, ma vissuto la maggior parte della sua vita a Toledo, in Spagna, era figlio di [[w:Asher ben Jehiel|Rabbi Asher]]. È conosciuto come Ba’al ha-Turim per il suo lavoro halakhico ''[[w:Arba'ah Turim|Arba’ah Turim]]''. Scrisse:
{{Lingua ebraica|ויש נוהגין שנותנין ידיהם על פניהם בקריאת פסוק הראשון וראייתם מפ״ב דברכות (יג:) רבי כד הוה מנח ידיה אעיניה הוה קרי לה פ׳ כוונתו שלא יסתכל בדבר אחר שמונעו מלכוין…}}
{{q|Ci sono quelli che sono abituati a mettere le mani sul viso mentre recitano il primo verso [dello Shema], e il suo testo testimoniale è dal secondo capitolo di Brakhot, "Rabbi [Yehuda HaNasi] metteva le mani sugli occhi quando leggeva [il versetto]". La ragione di ciò era che non voleva guardare nient'altro che potesse disturbare la sua concentrazione.<ref>Jacob ben Asher, ''Arba’ah Turim, Oraḥ Ḥayyim'', "Laws of the Recitation of the Shema", 61:5
(Gerusalemme: Chemed, 1981).</ref>}}
Questo estratto dall’''Arba’ah Turim'' è il primo punto in cui viene registrata una reale usanza di coprirsi il volto. La pratica citata dal Ba’al ha-Turim si basa sulla storia del Talmud in cui Yehuda il Principe si copriva gli occhi con le mani allo scopo di concentrarsi. Il Ba’al ha-Turim utilizzò la parola "mettersi" invece di "passarsi" le mani sul viso, che era la parola usata nel Talmud. Questa discrepanza può essere sorta perché l'usanza registrata dal Ba’al ha-Turim è di persone che si mettono le mani sul viso per lo ''Shema'', invece di passarsi solo le mani momentaneamente sul viso, come implicito nel verbo "passare".
 
Sebbene il Ba’al ha-Turim avesse scritto che l'usanza era di coprirsi il viso, e non specificamente gli occhi, è evidente che sta usando queste parole in modo intercambiabile poiché aveva scritto che il motivo era di "non guardare nient'altro". È interessante notare che sebbene la storia fornita dall''Arba’ah Turim'' sia la stessa narrativa delle altre fonti registrate, la lingua e il testo talmudici qui sono molto diversi dagli altri manoscritti talmudici succitati. In tutti gli altri manoscritti la storia è in [[w:lingua ebraica|ebraico]], mentre nell’''Arba’ah Turim'' la narrazione è in [[w:lingua aramaica|aramaico]]. Inoltre questa versione aramaica non compare in nessuna edizione del [[w:Talmud di Gerusalemme|Talmud gerosolimitano]] che afferma:
{{Lingua ebraica|כד תחמיניה יהיב ידיה על אפוהי הוא מקבל עליו עול מלכות שמים}}
{{q|Quando vedi [Rabbi Yehuda il Principe] mettersi le mani sul viso, egli accetta su di sé il giogo del cielo.<ref> Talmud gerosolimitano, ediz. Venezia 1523, Brakhot Cap. 2, 4b 1. Si veda Peter Schäfer, ''Sinopsis la-­Talmud ha-­Yerushalmi''. {{de}} vol.1 pt. 1-­2 (Tübingen: J.C.B. Mohr Paul Siebeck, 1991) 44 (2,⅕) per altre varianti, tuttavia non ne appare nessuna simile all’''Arba’ah Turim''. </ref>}}
Non è quindi chiaro quale testo abbia utilizzato il Ba’al ha-Turim per questa sezione. In ogni caso, il Ba’al ha-Turim fu il primo ad attribuire questa storia all'usanza di coprirsi gli occhi durante la recita dello ''Shema''.
 
Sebbene nessuna consuetudine di coprirsi gli occhi durante la recitazione dello ''Shema'' apparisse in alcun testo scritto prima della metà del XIV secolo, è molto probabile che l'usanza fosse eseguita da individui in comunità specifiche, come menzionato nell’''Arba’ah Turim''. Il riferimento del Ra’avyah all'usanza di inclinare la testa verso il basso per aumentare la concentrazione, sicuramente utilizzò la storia talmudica per consolidare questa usanza, ma non implicava il coprirsi viso o occhi come sarebbe stata la pratica in seguito. La misura in cui l'usanza documentata del Ba’al ha-Turim venisse accettata dalla popolazione è sconosciuta, sebbene probabilmente non fosse molto estesa a causa della mancanza di qualsiasi prova di questa particolare tradizione nel ''Sefer Abudraham'', e inoltre a causa del commento del Ba’al ha-Turim che "ci sono coloro che sono abituati", invece di affermare che "noi siamo abituati", come dichiarato in altri punti della sua opera.
 
È molto probabile che l'usanza non fosse di origini spagnole. Tale è forse il caso perché non solo l'usanza non era menzionata nel ''Sefer Abudraham'', ma non si trova nemmeno in varie altre opere scritte nella Spagna medievale. [[:en:w:Israel Alnaqua|Israel ben Joseph Al-Nakawa]], un rabbino spagnolo morto martire nel massacro di Toledo del 1391,<ref>Moshe Naḥum Zobel, "Al-­Nakawa, Israel ben Joseph", in ''Encyclopaedia Judaica'', 1:686.</ref> scrisse ''Menorat ha-Maor''.<ref>Israel ben Joseph Al-­Nakawa, ''Menorat ha-­Maor'' (New York, 1929).</ref> ''Menorat ha-Maor'', opera di istruzioni etiche e rituali,<ref>Zobel, "Al-­Nakawa, Israel ben Joseph", 1:686.</ref> non faceva menzione dell'usanza. Parimenti, l'usanza non si trova nelle raccolte di costumi provenzali. [[:en:w:Rabbenu Yerucham|Rabbenu Yeruḥam]] (1290-1350 m. Toledo), [[:en:w:Abraham ben Nathan|Rabbi ha-Yarḥi]] (c.1155-1215 m. Toledo) e [[:en:w:Menahem ben Aaron ibn Zerah|Rabbi Zeraḥ]] (m. 1385, Navarra) nacquero tutti in [[w:Provenza|Provenza]] e composero opere relative alle tradizioni ebraiche ma non fecero menzione dell'usanza.<ref>Yeruḥam ben Meshullam, ''Toledot Adam we-­Ḥawwah'' (Venezia, 1553) (Bar Ilan Responsa), Abraham ben Natan Ha-­Yarḥi, ''Sefer ha-­Manhig'', cur. Yiẓḥak Raphael, 2 voll. (Gerusalemme: Mossad HaRav Kook, 1978), Menaḥem ben Aaron ibn Zeraḥ, ''Ẓedah la-­Derekh'' (Sevonto, 1567) (Bar Ilan Responsa).</ref> Questa potrebbe aver avuto origine ad Ashkenaz perché il Ba’al ha-Turim, che era di Ashkenaz, fu l'unico rabbino a documentare l'usanza a metà del XIV secolo.<ref>Le origini dell'usanza registrate dal Ba’al ha-­Turim dovrebbero essere esplorate in ulteriori studi di questa materia.</ref>
 
==­ Il Maharil ==