Introduzione allo Zohar/Capitolo X: differenze tra le versioni

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Durante gli ultimi due secoli di vita ebraica in Spagna, lo ''Zohar'' continuò ad essere copiato e studiato da un piccolo gruppo di devoti. Fu in competizione con altre due scuole di pensiero cabalistico, il catalano e l'[[w:Abramo Abulafia|abulafiano]], per coloro che erano interessati in attività mistiche. Alcuni cabalisti sembra avessero combinato questi vari approcci, o altrimenti avessero "migrato" nel corso delle loro proprie ricerche da una scuola di pensiero mistico ad un'altra. Anche il razionalismo ebraico era molto attivo in Spagna nel quindicesimo secolo, probabilmente con un seguito più numeroso di quanto non avesse la Cabala. In tale periodo, i manoscritti dello ''Zohar'' raggiunsero anche l'Italia, le terre bizantine del Mediterraneo orientale, e la Terra Santa.
 
Fu dopo [[w:Decreto dell'Alhambra|l'espulsione degli ebrei dalla Spagna nel 1492]] che l'influenza della Cabala sostenne un periodo di rapida crescita. Varie spiegazioni sono state date per questo aumento d'interesse nella tradizione mistica. Alcuni l'hanno attribuito alla sofferenza e disperazione che afflissero questo già orgoglioso gruppo di comunità ebraiche nel periodo tra il 1391 e il 1492. La devastazione dell'epoca, così si disse, provocò gli ebrei a cercare più profonde risorse di consolazione di quelle offerte dalla visione del mondo tipicamente ottimistica offerta dai filosofi. Altri affermano che la crescita della Cabala avvenne come reazione ad una causa diversa dall'espulsione spagnola. Gli ebrei in tutto il mondo mediterraneo, inclusi molti esuli spagnoli, furono traumatizzati dall'alto numero di ebrfei spagnoli che si convertirono al cristianesimo nel corso del quindicesimo secolo. Ancora una volta la colpa fu data in parte alla filosofia, la raffinatezza intellettuale degli ebrei spagnoli avendo presumibilmente portato alla lassità nell'osservanza religiosa e una relativa indifferenza alla questione dell'identità religiosaq. Tuttavia un'altra opinione attribuisce la crescita dell'influenza cabalistica alle nuove culture che ospitavano gli ebrei iberici esiliati. La Turchia Ottomana, con il suo sistema di [[w:Millet (Impero ottomano)|''millet'' chiuso]] – in cui ogni comunità di fede si atteneva strettamente ai propri principi di federeligiosi ed escludeva qualsiasi influenza esterna – era un ambiente ospitale proprio per quella visione zoharica chiusa mentalmente al mondo esteriore, a differenza del quasi-universalismo aristotelico dei filosofi, che aveva soddisfatto i bisogni di un'età alquanto differente.
 
Quale che fosse la ragione (e quasi sicuramente era una combinazione dei succitati fattori), cominciamo a vedere nuove opere cabalistiche scritte e antiche distribuite e spiegate nei primi del sedicesimo secolo. Lo ''Zohar'' e altre opere della tradizione castigliana sono specialmente prominenti in questo periodo. Forse tipica è la figura di Rabbi [[w:Meir ibn Gabbai|Meir ibn Gabbai]], un cabalista turco che ci dice di esser nato in Spagna nel 1481 e di essersene andato come bambino tra gli esiliati.<ref>'''Meir ben Ezekiel ibn Gabbai''' (מאיר בן יחזקאל אבן גבאי), fu un [[w:Cabala ebraica|cabalista]] ebreo vissuto nella Spagna orientale e poi esiliato in Turchia. Nel suo ventisettesimo anno si lamentava di "dover lavorare sodo" per mantenere se stesso e la sua famiglia (cfr. la fine del suo ''Tola‘at Ya‘aḳob''). Era un [[w:Cabalisti ebrei|cabalista]] entusiasta, noto per la sua completa padronanza di tutta la tradizione cabalistica, di cui i punti più importanti, per quanto si possa giudicare ora, fu il primo della sua generazione a trattare sistematicamente. Deve quindi essere considerato come il precursore di [[w:Moshe Cordovero|Moshe Cordovero]] e di [[w:Isaac Luria|Isaac Luria]]. La sua prima opera, completata nel 1507 e tenuta in grande considerazione, fu ''Tola‘at Ya‘aḳob'', un'esposizione cabalistica del [[w:preghiera ebraica|rituale di preghiera]]. La sua opera principale, che terminò il 22 dicembre 1531, dopo averci passato sopra otto anni, fu ''Avodat Hakodesh'', in cui si espone in dettaglio il suo sistema cabalistico, svolgendo un attento studio di [[Maimonide]] al fine di confutarlo meglio. Nel 1539 scrisse un'esposizione e difesa delle sefirot con il titolo ''Derek Emunah'', in risposta al suo allievo Joseph ha-Levi, che lo aveva interrogato riguardo alla sua dottrina delle Sefirot, che aveva basato su ''Perush ‘Eser Sefirot'' di [[w:Azriel|Azriel]] di [[w:Gerona|Gerona]]. Gabbai considerava lo ''Zohar'' come il libro canonico della Cabala ebraica. Il suo sistema è intriso di [[w:panteismo|panteismo]]. Dio stesso, come causa prima di tutte le cause, non può essere né concepito, né conosciuto, e non può nemmeno essere menzionato; il nome ''"Ein Sof"'' (Nulla Infinito) è solo un ripiego. Anche [[w:Keter|Keter Elyon]], la prima sefirah, non la si può concepire o immaginare, è coeterna con ''Ein Sof'', sebbene solo il suo effetto; è quello che nella [[w:Tanakh|Scrittura]] viene chiamato "Il Suo Nome". Per suo mezzo le altre sefirot sono emanate da Dio, come diverse manifestazioni attraverso le quali la Divinità si rende conoscibile. A loro vengono rivolte le preghiere destinate alle diverse denominazioni di Dio, la Cui relazione con esse è la stessa dell'anima col corpo. Le altre emanazioni sono le sette "hekalot", che procedono dalle sefirot e rappresentano in un certo modo il mondo femminile in contrapposizione a quello maschile delle sefirot; le "hekalot" sono i veri contenitori dell'ulteriore evoluzione del mondo. Questa emanazione del mondo da Dio costituisce la "gloria di Dio". La coscienza della dipendenza da Dio, con l'impegno verso di Lui per esserGli uniti e diventare uno con Lui, e riconoscere quindi la Sua unità e effettuarne la realizzazione, si chiama "yiḥud", "l'unione cosciente con Dio", che è lo scopo finale del mondo. L'uomo, riflesso del più alto "hekal", unisce nella sua anima i raggi di tutte le sefirot e in se stesso in generale, come microcosmo, tutti gli elementi di base dell'essere. La sua anima è quindi in connessione con il mondo superiore, che è in grado di influenzare e stimolare con le sue azioni e aspirazioni; poiché tutto ciò che accade in questo mondo raggiunge come onda radiante in cerchi, le regioni superiori. Riconoscendo e adempiendo i precetti religiosi e morali, l'uomo fa sviluppare l'armonia e l'unione dei vari gradi di creature, e riesce a svolgere il suo compito nella vita – la realizzazione dello "yihud". Anche il figlio di Gabbai, Ḥayyim, fu un cabalista, mentre suo genero Senior (Señor/Signor?) ben Judah Falcon pubblicò i primi due libri di Gabbai dopo la sua morte, il ''Tola‘at Ya‘aḳob'' con la collaborazione di Abraham Reyna a [[w:Costantinopoli|Costantinopoli]] nel 1560, e l‘''Avodat ha-Qodesh'' a Venezia nel 1567.</ref> Il ''magnum opus'' di Ibn Gabbai, ''Avodat ha-Qodesh'' (Venezia, 1567) è una grande sistematizzazione della Cabala ed una sua difesa contro la filosofia. Tipico del XVI secolo, Ibn Gabbai conosce molti testi precedenti e cerca di armonizzarli tra loro. Ma l'importante fonte di verità cabalistica è lo ''Zohar'', che cita praticamente in ogni pagina come "il Midrash di Rabbi Shim’on figlio di Yoḥai".
 
 
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| <div align="center">[[w:Adam Qadmon|Adam Qadmon]]<br />[[w:Atziluth|Atziluth]]<br />[[w:Beri'ah|Beri'ah]]<br />[[w:Yetzirah|Yetzirah]]<br />[[w:Assiah|Assiah]]</div>
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