Storia della letteratura italiana/Galileo Galilei: differenze tra le versioni

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L'Inquisizione doveva verificare la sincerità dell'affermazione di Galileo di «non tenere la dannata opinione»: a questo scopo, il 16 giugno la Congregazione stabilisce che «Galileo fosse interrogato sulla sua intenzione, anche comminandogli la tortura e se l'avesse sostenuta, previa abiura ''de vehementi'' di fronte alla Congregazione, fosse condannato al carcere ad arbitrio della Santa Congregazione, con l'ingiunzione di non trattare più, né per scritto né verbalmente, sulla mobilità della Terra e sull'immobilità del Sole».<ref>Edizione nazionale, cit., XIX, p. 283.</ref>
 
Il 21 giugno Galileo è interrogato per l'ultima volta: alla domanda se tenga ancora, o abbia tenuto in passato, e per quanto tempo, la teoria della centralità del Sole, Galilei risponde che un tempo aveva ritenuto le opinioni di Tolomeo e di Copernico entrambe «disputabili, perché o l'una o l'altra poteva esser vera in natura», ma dopo la proibizione del 1616, sostiene di tenere, da allora e tuttora, «per verissima e indubitata l'opinione di Tolomeo». Richiesto di spiegare perché mai avesse allora difeso l'opinione di Copernico nel suo ''Dialogo'', Galileo risponde di aver voluto soltanto spiegare le ragioni delle due opinioni, convinto che nessuna avesse forza dimostrativa, così che «per procedere con sicurezza si dovesse ricorrere alla determinazione di più sublimi dottrine». All'insistenza dell'inquisitore Galileo nega di aver mai sostenuto l'opinione di Copernico. Il verbale del costitutocostituito conclude che, «non potendosi avere niente altro in esecuzione del decreto, avuta la sua sottoscrizione, fu rimandato al suo luogo».<ref>Edizione nazionale, cit., p. 361.</ref>
 
Il giorno dopo, 22 giugno, nella sala capitolare del convento domenicano di Santa Maria sopra Minerva, presente e inginocchiato Galileo, è emessa la sentenza, nella quale è imposta l'abiura «con cuor sincero e fede non finta» ed è proibito il ''Dialogo''. Galilei viene poi condannato al «carcere formale ad arbitrio nostro» e alla «pena salutare» della recita settimanale dei sette salmi penitenziali per tre anni, riservandosi l'Inquisizione di «moderare, mutare o levar in tutto o parte» le pene e le penitenze.<ref>Edizione nazionale, cit., p. 402.</ref>