Riflessioni su Yeshua l'Ebreo/Storie di Gesù: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
testo+avanzamento
ortografia
Riga 241:
Una delle molte funzioni delle narrazioni sulla natività era quella di rendere alquanto chiaro, anche ai lettori più ottusi, che il binitarismo non era un modo valido di considerare la relazione tra Gesù e Dio. Secondo Marco, Matteo e Luca, Gesù era divino ma non esattamente Dio, divino sì ma non del tutto Dio. Matteo lo disse più audacemente: egli era il figlio di Dio, ricolmo/pervaso da Dio. Giovanni, tuttavia, senza alcun riferimento ai Sinottici, affrontò la concezione binaria che era emersa dalle storie di Gesù-Dio nei termini di un cosmo all'interno del quale il tempo era collassato in modo che Gesù-Dio fosse onnipresente nel tempo e immanente in tutti i luoghi. Di conseguenza, il binitarismo poteva essere spiegato solo come un errore percettivo, una visione bidimensionale difettosa di una realtà tridimensionale.
 
Questa spiegazione dei Vangeli li legge come documenti formali e didattici, e interpreta la loro organizzazione e presentazione del materiale come parte di un programma. Sebbene questo sia il modo in cui i lettori contemporanei affrontano le storie di Gesù, le analisi precedenti di come gli ebrei nel II secolo e.v. le interpretavano al di fuori di un contesto evangelico, presume che le rispettive storie fossero di solito fluttuanti liberamente e non coordinate in alcun modo particolare, anche dopo che i Vangeli furono scritti.<ref>Schäfer sostiene che il Vangelo di Giovanni, il più antiebraico dei Vangeli, fosse noto agli [[w:Amoraim|Amoraim]], studiosi/insegnanti ebrei di Babilonia (l'Iraq moderno) citati nel [[w:Bavli|Talmud babilonese]]. Una qualche forma del suo Vangelo o, almeno, delle sue storie e dell'interpretazione degli eventi, era loro nota poiché forniscono alcune delle controstoriestorie più truculente che confutano le versioni del Vangelo su punti specifici. Si veda ''Jesus in the Talmud'', 122-29.</ref>
 
== Conclusioni ==
Riga 266:
Alcuni, tuttavia, ascoltando le storie, potrebbero aver accettato l'idea del divino Gesù come inteso dagli scrittori del Vangelo e dai loro seguaci, insieme alla veridicità delle storie senza precedenti della sua morte e risurrezione nella loro epoca, ma prima del loro tempo — come interpretato da Paolo. Questi sarebbero diventati convertiti del tipo che piaceva a Paolo, convertiti per convinzione interiore.<ref>Samson H. Levey ha sostenuto che Simeon ben Zoma, un saggio attivo nella prima metà del secondo secolo, divenne un ebreo cristiano sulla base di speculazioni metafisiche. Sebbene le opinioni di Levey conquistarono pochi aderenti quando furono pubblicate quasi quarant'anni fa, dovrebbero essere rivalutate alla luce delle mutate comprensioni sulle dinamiche delle relazioni tra ebrei, ebrei-cristiani e gentili-cristiani nei primi secoli della chiesa (cfr. per es., Boyarin, ''Border Lines'', 143). Si veda S. H. Levey, "The Best Kept Secret of the Rabbinic Tradition", in ''The Text and I: Writings of Samson H. Levey'', cur. Stanley F. Chyet, ''South Florida Studies in the History of Judaism 166'' (1972; rist. Atlanta, GA: Scholars Press, 1998), 38-45.</ref> Sarebbero stati quelli che capivano che Paolo stava insegnando – anche se egli non l'avrebbe espresso come facevano loro – che un particolare tipo di fede permetteva di condividere la morte del Dio-Messia risorto.<ref>Si veda l'ampia discussione su cosa ci fosse di nuovo in Paolo rispetto alle comuni nozioni teologiche ebraiche ''a priori'', in E. P. Sanders, "Convenantal Nomism Revisited", ''Jewish Studies Quarterly'' 16 (2009): 23-55, ma su questo punto specifico cfr. pp. 52-55.</ref>
 
La maggior parte, tuttavia, come il rabbino [[w:Eliezer ben Hurcanus|Eliezer ben Hyrkanus]], potrebbe aver considerato alcune delle storie interessanti e di cui valeva la pena parlare con i loro amici, anche se sentivano che erano espressioni di ''minut''. All'inizio del terzo secolo, con la diffusione dinamica del cristianesimo e un crescente senso di ortodossia nei circoli rabbinici palestinesi, ''minut'' iniziò a spostare il suo significato dai discutibili pensieri di un dato ebreo a una combinazione di pensieri e azioni quali il mangiare carne non [[w:Casherut|kosher]] (b. Avoda Zarah 26b).<ref>Boyarin, ''Border Lines'', 54-63.</ref>
 
La maggior parte degli ebrei non divennne cristiana perché non accettarono la validità della narrativa cristiana che testimoniava i miracoli salvifici nella loro epoca.<ref>Alexander Gutman, "The Significance of Miracles for Talmudic Judaism", ''HUCA'' 20 (1947): 401-02. Gutman sospetta che la crescente deprecazione dei miracoli postbiblici nelle fonti rabbiniche possa essere avvenuta a causa delle asserzioni ebraico-cristiane circa i miracoli associati a Gesù (pp. 404-05). Cfr. anche, Karel van Der Toorn, ''Scribal Culture and the Making of the Hebrew Bible'' (Cambridge: Harvard University Press, 2007), 233-64.</ref> Per loro, il mondo ellenistico era una nuova era, significativamente diversa da quella della Bibbia ebraica e delle sue narrazioni. Alcuni, tuttavia, potrebbero aver creduto di vivere ancora nella meravigliosa epoca biblica e non capire perché eventi unici non dovessero verificarsi nella loro vita. Costoro potrebbero essere stati più aperti al messaggio cristiano.