Cromatografia/Introduzione: differenze tra le versioni
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{{Cromatografia}}
==Cromatografia==
I metodi cromatografici sfruttano gli equilibri di distribuzione delle varie sostanze tra due fasi diverse e immiscibili tra loro: la fase mobile e la fase stazionaria. [[File:Colonna clorofilla.png|thumb|400px|right|Colonna cromatografica in cui si evidenzia la separazione delle sostanze eluite]]▼
▲I metodi cromatografici sfruttano gli equilibri di distribuzione delle varie sostanze tra due fasi diverse e immiscibili tra loro: la fase mobile e la fase stazionaria.
La cromatografia vede una sua prima applicazione nel 1906 quando il botanico russo Mikhail Semyonovich Tsvet utilizzò questa tecnica per separare i pigmenti naturali contenuti in estratti vegetali.
Egli prelevò delle foglie verdi ed estrasse i pigmenti in esse contenute con etere di petrolio, depose l’estratto in testa ad una colonna di vetro impaccata con carbonato di calcio ed eluì in modo continuo con del solfuro di carbonio. Quello che egli poté osservare è che, procedendo con l’eluizione, i vari pigmenti presenti nella miscela si separavano in bande colorate contenenti clorofilla A e B, carotene e xantofilla che procedevano con diverse velocità verso il fondo della colonna. <br>
Essendo tutte le specie oggetto di analisi colorate non ebbe necessità di utilizzare strumenti per visualizzarle. <br>
La parola cromatografia deriva infatti dal greco ''χρῶμα'' (“colore”) e ''γραφή'' (“scrittura”), letteralmente “scrittura con il colore”, anche se grazie ai rivelatori che vengono usati attualmente non è più necessario che le sostanze da separare siano colorate.
I metodi cromatografici si possono distinguere in due classi:
*su colonna - la fase stazionaria è solitamente contenuta in una colonna in cui la fase mobile viene fatta passare
*planari - la fase stazionaria costituita da un materiale adsorbente viene fatta aderire come strato sottile su un supporto solido generalmente planare, come ad esempio una lastrina di vetro. In questo caso la fase mobile non si muove per gravità come nel caso precedente, ma risalendo lungo la lastrina per capillarità.
In questo libro ci focalizzeremo sulla cromatografia su colonna.
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La separazione dei componenti di una miscela avviene a seguito delle interazioni chimico-fisiche che si instaurano fra le molecole da separare con la fase mobile e con la fase stazionaria, fasi che sono scelte affinché gli analiti presenti nella miscela da separare si distribuiscano tra le due fasi: i componenti più affini alla fase stazionaria verranno trattenuti maggiormente da questa e si sposteranno più lentamente, mentre i componenti più affini alla fase mobile, trattenuti meno saldamente, si sposteranno più velocemente lungo la colonna. <br>
La separazione dei componenti avviene in virtù del fatto che ogni sostanza ha una distribuzione caratteristica tra le due fasi, che è espressa attraverso
: <math>K_d = \frac{C_s}{C_m}</math>
dove C<sub>s</sub> e C<sub>m</sub> sono la concentrazione della sostanza rispettivamente nella fase stazionaria e nella fase mobile. In particolare:
* <math>K_d</math> = 1 → sostanza ugualmente ripartita nelle 2 fasi;
* <math>K_d</math> < 1 → sostanza ripartita preferenzialmente nella fase mobile;
* <math>K_d</math> > 1 → sostanza ripartita preferenzialmente nella fase stazionaria.▼
▲<math>K_d</math> > 1 → sostanza ripartita preferenzialmente nella fase stazionaria.
Un altro parametro importante è il fattore di capacità k’ che descrive la migrazione dei soluti lungo la colonna ed è definito come:
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: <math> k'=K_d\frac{V_S}{V_M}</math>
Non è consigliabile avere valori di k’ minori a 1 per evitare che il picco dell’analita si vada a sovrapporre con quello del solvente, ma neanche valori di k’ > a 15-20 per non andare a tempi di ritenzione eccessivamente lunghi a cui corrispondono picchi troppo slargati (vedi capitolo su [[#Teoria dell'allargamento di banda ed equazione di Van Deemter|equazione di Van Deemter]]).
[[File:Tempo morto.png|thumb|Tempo morto]]
k' assume valori diversi a seconda che si tratti di una separazione analitica (1-8) oppure di scopi preparativi (4-12).
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* natura chimica della fase stazionaria e della fase mobile nel caso della LC.
Quando due analiti restituiscono picchi molto vicini tra loro è molto importante conoscere il fattore di selettività α che descrive la capacità di una colonna di separare due analiti. Questa è definita come:
: <math> \alpha = \frac {k'_2}{k'_1}</math>
'''Selettività'''
: <math> \alpha = \frac {k'_2}{k'_1}</math>
'''Efficienza'''
Andando ad osservare un generico cromatogramma si potrà dire che la separazione è efficiente se i picchi saranno molto stretti. <br>
Affinché la risoluzione sia buona occorre che sia la selettività sia l'efficienza siano buone. <br>
Per migliorare questo parametro si può andare ad intervenire su alcuni parametri sperimentali differenti a seconda che si abbia a che fare con cromatografia liquida o gascromatografia:
* HPLC (''High Performance Liquid Chromatography'') - si interviene sulla K di distribuzione lavorando a gradiente di solvente modificando nel corso dell'eluizione le caratteristiche dell'eluente, così da andare a modificare la ripartizione dell'analita nelle due fasi;
* GC - si agisce aumentando la temperatura in modo controllato al fine di favorire la volatilizzazione degli analiti e quindi l'eluizione di sostanze anche molto diverse tra loro.
==Cromatogramma==
Il cromatogramma è un grafico che riporta l’intensità del segnale dato
Il primo picco che si nota nel cromatogramma è solitamente molto piccolo e in corrispondenza di tempi di ritenzione molto brevi e corrisponde al tempo morto, ovvero il picco relativo all’eluizione del solo solvente. Seguiranno poi una serie di picchi di intensità differenti dati dalle altre sostanze presenti nel campione che verranno eluite con tempi differenti a seconda dell’affinità che queste avranno con la fase stazionaria: le sostanze che avranno minore affinità per la fase stazionaria saranno eluite per prime, e
▲Il primo picco che si nota nel cromatogramma è solitamente molto piccolo e in corrispondenza di tempi di ritenzione molto brevi e corrisponde al tempo morto, ovvero il picco relativo all’eluizione del solo solvente. Seguiranno poi una serie di picchi di intensità differenti dati dalle altre sostanze presenti nel campione che verranno eluite con tempi differenti a seconda dell’affinità che queste avranno con la fase stazionaria: le sostanze che avranno minore affinità per la fase stazionaria saranno eluite per prime e, le successive, avendo affinità via via crescente con questa, verranno quindi eluite in tempi più lunghi. <br>
Durante l’eluizione ci saranno particelle di analita rimaste disciolte nella fase stazionaria per tempi più o meno brevi rispetto alla media delle particelle della stessa specie, per cui arriveranno al rivelatore in tempi leggermente diversi: questo perché la distribuzione dell’analita non sarà costante punto a punto all’interno della colonna ma varierà secondo leggi statistiche. Per questo motivo il rivelatore restituirà un segnale sotto forma di picco gaussiano. <br>
Dalla osservazione dei picchi presenti nel cromatogramma, si possono ricavare informazioni differenti:
* qualitative – si ricavano andando a confrontare i tempi di ritenzione osservati nel cromatogramma con i valori tabulati in modo da poter riconoscere la sostanza in esame;
* quantitative – date dal numero delle particelle di analita presenti che contribuiscono al segnale, ed è proporzionale all’area sottesa al picco.
La misura dell’area sottesa al picco viene eseguita con metodi di integrazione digitale, tuttavia questo metodo è comunque soggetto ad errore e nello specifico può essere affetto da:
* rumore di fondo – è il segnale rivelato dal rivelatore non dovuto all'analita.<ref>Sadek,
* mancata o non sufficiente risoluzione dei picchi – se nel cromatogramma sono presenti picchi molto vicini o addirittura sovrapposti, è molto difficile - se non impossibile - identificare le due singole aree. In questo caso la soluzione migliore consiste nel migliorare la separazione cromatografica in modo da avere picchi più stretti o comunque meglio risolti;
* deriva della linea di base – si verifica nel caso in cui la linea di base non sia rettilinea, ma ascendente o discendente, in questo caso bisogna tenerne conto e non fare l’integrazione considerandola orizzontale; [[File:Emg.png|thumb|right|200px|Picco asimmetrico]]
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==Modello a piatti teorici==
Secondo questo modello il sistema cromatografico è rappresentato da una colonna costituita da una serie di strati sottili chiamati piatti teorici che costituiscono l'elemento fondamentale della separazione cromatografica: questi consentono infatti di realizzare un equilibrio reversibile di ripartizione di un componente fra le fasi. Aspetto da tenere a mente è che questi microelementi in cui viene suddivisa la colonna
L'analita, una volta raggiunto l'equilibrio su un piatto, si sposta lungo la colonna al piatto successivo poiché trasportato dal flusso della fase mobile.
Più elevato è il numero di piatti teorici e migliore è la capacità di separazione della colonna e quindi migliore è la sua efficienza. N è inoltre proporzionale alla lunghezza della colonna. <br>
Si immagini di condurre una separazione cromatografica
* <math> K_a = \frac{C_{a,mob}}{C_{a,staz}} =1</math> → identica ripartizione tra le due fasi;
* <math> K_b = \frac{C_{b,mob}}{C_{b,staz}} =0,33</math> → predilige la fase stazionaria.
Si immagini di partire con lo stesso numero di molecole di ogni sostanza e di caricare la miscela il testa alla colonna a un tempo t=0 ed eseguire l'eluizione con una fase mobile adeguata: le due sostanze verranno
Partendo da 256 molecole di entrambe le sostanze al primo equilibramento si avranno:
* per la sostanza A 128 molecole nella fase mobile e 128 nella fase stazionaria;
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Dopo un certo numero di processi di ripartizione si potrà osservare una certa differenza nella migrazione delle due sostanze a vantaggio di A:
al ventesimo equilibramento la sostanza A avrà raggiunto il diciottesimo piatto mentre B sarà ancora all'undicesimo. <br>
Prolungando a sufficienza il processo separativo e aumentando di conseguenza il numero di piatti teorici, si ottiene la risoluzione dei due picchi a cui corrisponde l'uscita dalla colonna delle due sostanze in momenti differenti.
Andando a riportare su un grafico il
Nonostante questo modello sia ormai superato i concetti di numero dei piatti teorici (''N'') e di altezza del piatto teorico (''HETP - Height Equivalent to Theoretical Plate'') sono ancora usati in cromatografia per valutare l'efficienza di un processo cromatografico:
▲: <math> HETP_{piatto} = \frac{L_{colonna}}{N_{piatti}}</math> <br>
Da questa espressione di evince che per avere l'altezza del piatto teorico minore possibile sarà necessario avere il maggior numero di piatti teorici a parità di lunghezza della colonna.
Il numero dei piatti teorici può essere calcolato sperimentalmente come:
: <math> N = 16 \left ( \frac{t_R}{W} \right )^2</math>
Da questa relazione si ricava che il numero di piatti teorici dipende non solo dal tipo di colonna, ma anche dall'analita considerato, questo perché, a parità di colonna, sostanze diverse avranno diversi tempi di ritenzione e i picchi avranno ampiezze diverse.
Giunti a questo punto risulta necessario introdurre un nuovo concetto fondamentale in cromatografia: la risoluzione. <br>
Si definisce '''risoluzione''' un parametro analitico che misura la capacità di una colonna di distinguere due picchi contigui.
Questo aspetto può essere definito tramite la seguente equazione:<ref>Skoog, p. 878 </ref>▼
: <math> R_S = \left ( \frac{\sqrt{N}}{4} \right ) \left ( \frac{\alpha -1}{\alpha} \right ) \left ( \frac{k'_2}{1+k'_2} \right ) </math
Da questa formula si vede come la variazione del termine N incide poco sulla risoluzione finale essendo questo un termine in radice quadrata. Allo stesso tempo la risoluzione è direttamente proporzionale a k’: per valori di k’ piccoli (nell'ordine di poche unità) anche una piccola variazione del valore incide largamente, ma per valori di k’ elevati piccole variazioni di k’ non comportano effetti importanti. Il valore
▲La risoluzione risente degli effetti dei fattori di ritenzione e di selettività. <br>
▲Questo aspetto può essere definito tramite la seguente equazione:
▲: <math> R_S = \left ( \frac{\sqrt{N}}{4} \right ) \left ( \frac{\alpha -1}{\alpha} \right ) \left ( \frac{k'_2}{1+k'_2} \right ) </math> <ref>Skoog, pag. 878 </ref>
▲: dove <math>k'_2</math> è il fattore di ritenzione della specie che si muove più lentamente ed è definito come <math>k'= K_d \frac {V_S}{V_M} = \frac {t_R - t_0}{t_0}</math>
▲Da questa formula si vede come la variazione del termine N incide poco sulla risoluzione finale essendo questo un termine in radice quadrata. Allo stesso tempo la risoluzione è direttamente proporzionale a k’: per valori di k’ piccoli (nell'ordine di poche unità) anche una piccola variazione del valore incide largamente, ma per valori di k’ elevati piccole variazioni di k’ non comportano effetti importanti. Il valore la cui modificazione incide maggiormente sulla risoluzione è α, il problema sta nel fatto che è difficile prevedere l’effetto causato da una sua variazione, per questo motivo si tende ad intervenire su questo parametro solo quando non è possibile ottenere un miglioramento significativo modificando k’ e N. <br>
Se si vuole migliorare k' si agisce sulla polarità del solvente: in questo modo tutti i picchi subiscono uno spostamento di uguale entità nella stessa direzione. <br>
Se si va ad intervenire su α ogni picco subirà una variazione della sua posizione relativa,
L'equazione sopra citata può poi essere riarrangiata per ricavare il numero di piatti teorici necessari per avere la risoluzione desiderata:<ref>Skoog, p. 878 </ref>
: <math> N = 16 {R_s}^2 \left ( \frac{\alpha}{\alpha -1} \right )^2 \left ( \frac{1+k'_2}{k'_2} \right )^2 </math>
Per avere una separazione ottimale è necessario avere una buona risoluzione la quale dipende da selettività ed efficienza.
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Sperimentalmente si può notare che all’aumentare del tempo di ritenzione i picchi tendono ad allargarsi e in particolare che l’allargamento del picco è funzione del tempo che il soluto trascorre in colonna. <br>
Questo fenomeno può essere spiegato attraverso diversi modelli tra cui ad esempio il modello di non equilibrio di Giddings secondo il quale il fenomeno dell’allargamento del picco è causato da fattori fisici e cinetici quali ad esempio la diversa velocità di migrazione delle molecole di analita nella colonna e non da differenze negli equilibri di distribuzione. Possiamo identificare quindi le cause di questo effetto in tre diversi fattori:
*
: <math> A = 2 \lambda d_P</math> <ref> Miller,
: con <math> d_P</math> = diametro delle particelle della fase stazionaria;
:: <math> \lambda </math> = fattore di impaccamento. Sebbene per limitare questo effetto sia necessario usare una fase stazionaria con granulometria quanto più fine possibile, bisogna comunque tenere a mente le problematiche connesse a questo tipo di pratica: con il diminuire delle dimensioni delle particelle di fase stazionaria i percorsi che l’analita può percorrere saranno sempre più stretti e questo comporterà un impedimento nella fluizione del campione attraverso la colonna. Tanto più l’analita farà fatica a muoversi nella colonna e tanto più lunghi saranno i tempi di ritenzione: questo effetto va ovviamente evitato
▲: Sebbene per limitare questo effetto sia necessario usare una fase stazionaria con granulometria quanto più fine possibile, bisogna comunque tenere a mente le problematiche connesse a questo tipo di pratica: con il diminuire delle dimensioni delle particelle di fase stazionaria i percorsi che l’analita può percorrere saranno sempre più stretti e questo comporterà un impedimento nella fluizione del campione attraverso la colonna. Tanto più l’analita farà fatica a muoversi nella colonna e tanto più lunghi saranno i tempi di ritenzione: questo effetto va ovviamente evitato in modo tale da prevenire l’allungamento dei tempi di ritenzione con tutte le problematiche connesse che possono portare anche alla vanificazione dell’analisi. È importante tenere a mente che questo effetto non dipende dalla velocità del flusso dell’eluente;
[[File:Diffusione longitudinale.png|thumb|Allargamento di banda - diffusione longitudinale]]
*
: <math> B = 2k_DD_M</math> <ref> Miller,
:
: Per cercare di limitare questo effetto può essere opportuno aumentare la velocità del flusso così da diminuire il tempo di permanenza in colonna dell’analita e quindi limitare il tempo a disposizione per la diffusione.
: Questo fenomeno è più marcato in GC perché un gas rispetto ad un liquido ha un maggiore coefficiente di diffusione, ovvero le molecole di analita si riescono a muovere più velocemente nella fase mobile. Per questo motivo una possibile soluzione è quella di scegliere come eluente un solvente in cui l’analita sia poco mobile
*
: <math> C = \frac {8}{\pi^2} \frac {k}{\left (1+k \right )^2 } \frac {d_f^2}{D_S}</math> <ref> Miller,
: dove <math> d_f</math> è lo spessore del film della fase stazionaria liquida, mentre <math> D_S</math> è il coefficiente di diffusione del soluto nella fase stazionaria. Questo effetto sarà direttamente proporzionale alla velocità del flusso dell'eluente: tanto più lentamente avverrà l'eluizione, tanto più tempo avrà l'analita a disposizione per ripartirsi tra le fasi e tanto più si avvicinerà all'equilibrio di ripartizione.▼
▲:Questo effetto sarà direttamente proporzionale alla velocità del flusso dell'eluente: tanto più lentamente avverrà l'eluizione, tanto più tempo avrà l'analita a disposizione per ripartirsi tra le fasi e tanto più si avvicinerà all'equilibrio di ripartizione.
: Per minimizzare questo effetto si possono inoltre applicare altre accortezze quali l'utilizzo di una fase stazionaria ricoperta da un film che sia il più sottile possibile e contemporaneamente avere un coefficiente di diffusione dell'analita nelle due fasi quanto più elevato possibile. Una buona soluzione consiste quindi nell'utilizzare come eluente un solvente poco viscoso.
[[File:Van Deemter equation.png|thumb|Equazione di Van Deemter]]
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:B = diffusione longitudinale
:C = diffusione di non equilibrio
Dal momento che per avere una buona separazione cromatografica bisogna cercare di ridurre quanto più possibile l'altezza del piatto teorico, si dovrà cercare di rendere minima la somma dei tre fattori A B C. Questo può essere fatto ottimizzando parametri quali:
* velocità del flusso della fase mobile - si deve giungere ad un compromesso tra la velocità richiesta dai parametri B e C (si ricorda infatti che il termine A è indipendente dalla velocità del flusso);
* diametro delle particelle della fase stazionaria - bisogna cercare di ottenere la massima area per unità di superficie e quindi ridurre la granulometria della fase stazionaria e il suo impaccamento nel caso di una fase stazionaria solida, lo spessore del film nel caso di fase stazionaria liquida;
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Si calcoli: <br>
(a)
(b)
(c)
(d)
2) Si considerino I dati seguenti: <br>
Line 259 ⟶ 241:
(b) il fattore di selettività per le specie B-C; <br>
(c) la costante di distribuzione per ogni specie.
==Soluzioni==▼
'''1)'''
(
▲==Soluzioni==
(
▲: <math> N_B = 16 \left ( \frac{t_R}{W} \right )^2 = 16 \left ( \frac{8,35}{1,17} \right )^2 = 815 </math> <br>
▲: <math> N_{medio} = \frac{843+815}{2} = 829 </math> <br>
(
▲(d) <math> \frac{R_{s1}}{R_{s2i}} = \frac{\sqrt{N_1}}{\sqrt{N_2}} </math> <br>
▲: <math> \frac{1,15}{1,5} = \frac{\sqrt{829}}{\sqrt{N_2}} </math> <br>
▲: <math> N_2 = 829 \left ( \frac{1,5}{1,15} \right )^2 = 1410 </math> <br>
▲: <math> L = N H = 1410*2,4*10^{-2} = 33,8cm </math> <br>
'''2)'''
: <math> k_B= \frac{t_B-t_0}{t_0} = \frac{8,1-2,5}{2,5} = 2,24</math>
: <math> k_C= \frac{t_C-t_0}{t_0} = \frac{9,6-2,5}{2,5} = 2,84</math>
(b)
: <math>
==Note==
<references/>
▲[[Categoria:Cromatografia|Introduzione]]
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