Pluralismo religioso in prospettiva ebraica/Ebrei e altri: differenze tra le versioni

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Con la distruzione del Tempio di Gerusalemme nel 70 e.v. e il fallimento di un'altra [[w:Terza guerra giudaica|rivolta nel 132-135]], il sogno di adorare Dio in un sistema politico ebraico fu rimandato al remoto futuro dell'era messianica, quando un re Messia avrebbe ricostituito la monarchia davidica. Quel sogno si sarebbe realizzato nel ventesimo secolo quando gli ebrei secolari, che rifiutavano la tradizionale attesa passiva del Messia, si trasferirono in Terra di Israele e alla fine fondarono il moderno [[w:Stato di Israele|Stato di Israele]] nel 1948. Fino al ventesimo secolo, gli ebrei sopravvissero come una distinta minoranza etnico-nazionale che godeva di un'ampia autonomia giuridica e culturale, prima negli imperi romano e bizantino e poi nell'islam e nella cristianità.
 
Nella Diaspora, gli ebrei godevano di un'ampia autonomia religiosa e giuridica. Conducevano la loro vita secondo le proprie leggi religiose e gestivano da soli la maggior parte dei loro affari interni sotto la guida di rabbini che fungevano da giudici, amministratori, insegnanti e leader spirituali.11<ref>Per una panoramica della condizione ebraica durante il Medioevo, di veda Mark R. Cohen, ''Under the Crescent and Cross'' (Princeton University Press, 1994).</ref> Nel terzo secolo e.v. i rabbini ammisero la depoliticizzazione dell'ebraismo quando convalidarono il sistema legale dominante entro i parametri della [[w:Halakhah|Legge Ebraica]]. La fedeltà legale a un monarca straniero non era più in conflitto con la fedeltà religiosa a Dio e alla Sua Torah, nonostante il persistente sogno messianico sul ritorno in Terra d'Israele e la ricostruzione della monarchia davidica. Venendo a patti con la loro impotenza politica esterna, gli ebrei si adattarono alla vita in esilio sotto il dominio di nazioni straniere.
 
Nel Medioevo, gli ebrei si trovarono a vivere nell'orbita di due civiltà distinte: l'islam e la cristianità. In entrambi i casi, vennero riconosciuti come minoranza etnico-religiosa che godeva della protezione della vita e della proprietà in cambio di una tassazione speciale e di uno status sociale inferiore. Ma c'era una notevole differenza tra l'atteggiamento dell'islam e quello del cristianesimo nei confronti della minoranza ebraica. Nuovo arrivato tra le religioni del Vicino Oriente, l'islam riconobbe sia l'ebraismo che il cristianesimo come tradizioni genuine divinamente rivelate, anche se distorte, e accordò a ebrei e cristiani lo status di "persone protette" (''[[w:dhimmi|dhimmi]]''). Sebbene lo status implicasse una discriminazione istituzionalizzata, creò un posto legale per gli ebrei nelle società islamiche e abilitò gli ebrei a prendere parte a quasi tutti gli aspetti della vita, compreso il possesso di posizioni di potere all'interno dello Stato islamico. Inoltre, nell'autocomprensione dell'islam, gli ebrei non giocavano un ruolo importante, anche se la prima comunità mediniana sotto Maometto emerse attraverso la lotta con gli ebrei di [[w:Medina|Medina]]. E l'islam si diffuse come religione di una piccola minoranza – gli arabi – che poi conquistò vasti territori. Sebbene la nuova religione fosse il collante dell'impero multietnico, l'islam compromise il proprio sogno di unire religione e politica quando concesse uno status speciale al "Popolo del Libro".
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L'islam medievale può servire come un esempio positivo di pluralismo interreligioso, in cui fiorisce una cultura minoritaria adottando e adattando i modi culturali della maggioranza. Assorbendo sia la lingua araba che i modi della cultura islamica, gli ebrei reinterpretarono l'ebraismo rabbinico che diede origine a nuove modalità di autoespressione. La legge ebraica, l'esegesi biblica, la poesia e la prosa, la filosofia e le scienze e la teologia ebraica furono tutte rimodellate sotto l'influenza della cultura islamica, senza perdere la loro distinta ebraicità. Scrivendo in arabo o in ebraico, gli autori ebrei continuarono ad affermare l'unicità ebraica e persino la superiorità spirituale, in uno stile letterario ripreso dalla cultura circostante. La simbiosi culturale tra ebraismo e islam, specialmente dal X al XIII secolo, è un esempio che l'interazione culturale non ha bisogno di cancellare l'identità e l’''alterità'' collettive. Tuttavia, non dobbiamo romanticizzare il passato medievale. Anche nell'islam, gli ebrei dovevano sostenere periodiche esplosioni di ostilità e conversioni forzate alla religione dominante, e i lunghi periodi di pacifica convivenza erano possibili a causa della struttura gerarchica della civiltà islamica in cui i musulmani e l'islam godevano di uno status privilegiato. Quel modello gerarchico di pluralismo religioso verrà contestato nella modernità dai principi della democrazia liberale.
 
L'esperienza ebraica nella cristianità fornisce una prospettiva molto più oscura sull'interazione interreligiosa.<ref>Per un resoconto particolareggiato dell'evoluzione della condizione ebraica nella cristianità, si veda Kenneth
LR. Stow, ''esperienzaAlienated ebraicaMinority: nellaThe cristianitàJews fornisceof unaMedieval prospettivaLatin moltoEurope'' più(Harvard oscuraUniversity sull'interazionePress, interreligiosa1992).12</ref> In contrasto con l'islam, nella cristianità le relazioni tra ebrei e non ebrei erano necessariamente più antagonistiche, perché il cristianesimo si definì fin dall'inizio come il "Vero Israele" che aveva soppiantato Israele nella carne. Poiché il cristianesimo fu una setta ebraica prima di diventare una Chiesa gentile, l'autocomprensione cristiana era inseparabilmente legata agli ebrei e all'ebraismo. La tragica relazione tra le due religioni era radicata nello status ambivalente dell'ebreo nell'autocomprensione cristiana. Da un lato, gli ebrei non solo si rifiutavano di riconoscere l'affermazione cristiana su Gesù come Salvatore, ma erano anche direttamente accusati di aver ucciso il Figlio di Dio. Nella loro ostinata infedeltà, gli ebrei ostacolavano la diffusione universale del Vangelo cristiano e il culmine della sua storia sacra nella Seconda Venuta di Cristo. Ma dall'altro lato, il cristianesimo (a differenza dello [[w:gnosticismo|gnosticismo]]) riconosceva Israele nella carne come il destinatario della rivelazione divina iniziale e considerava la Bibbia degli ebrei come parte del proprio canone, sebbene relegandola allo status di ''Antico'' Testamento, sostituito ora dal Nuovo Testamento. Gli ebrei funzionavano come il "Popolo Testimone" del messaggio universale cristiano e dovevano essere protetti per convalidare il messaggio cristiano verso il mondo pagano. In teoria, inoltre, l'insegnamento dell'amore da parte di Gesù doveva essere esteso a tutte le persone, compresi gli ebrei, sfidando il cristiano ad amare proprio quella persona la cui esistenza continuata negava l'universalità delle rivendicazioni cristiane. Finché esistevano gli ebrei, il cristianesimo rimaneva incompleto. Le due religioni ''congeneri'' furono così invischiate in un legame nevrotico amore-odio che lasciò una scia di sangue ebraico nella storia occidentale.
 
In breve, la cristianizzazione dell'Occidente segnò il deterioramento dello status ebraico. Da cittadini romani, che praticavano una religione legale di grande antichità, gli ebrei sarebbero stati ridotti nei secoli successivi alla condizione di una minoranza aliena permanente la cui presenza era sia necessaria che irritante. Alla fine del IV secolo, [[w:Agostino d'Ippona|Agostino d'Ippona]] articolò la dottrina che [[w:Papa Gregorio I|Papa Gregorio I]] tradusse in politica nel VI secolo: gli ebrei non devono essere molestati e uccisi, ma devono essere tenuti in uno stato subordinato ai cristiani per renderli sempre consapevoli dei loro eterni peccati.