Missione a Israele/Gerusalemme: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
testo
testo
Riga 113:
 
Ed infine, le tradizioni delle apparizioni della Risurrezione che si formano a seguito di questo momento disgraziato dimostrano la potenza dell'impegno dei suoi seguaci più stretti per il messaggio di Gesù che il Regno ''stesse'' veramente arrivando. In quella Pesach, a Gerusalemme, si aspettavano un evento escatologico, l'arrivo del regno di Dio. Quello che invece ebbero fu la Crocifissione. Ma allora avvenne un ''inaspettato'' evento escatlogico: Dio, si convinsero i seguaci, aveva fatto risorgere Gesù dai morti. Due delle promesse basilari dell'era messianica – la risurrezione dei morti e la rivendicazione dei giusti – questi uomini credettero che si realizzasse ora nella persona del loro leader giustiziato.
 
Inoltre, le tradizione dell'Ultima Cena potrebbero fornire un'idea di Gesù che sente di aver perso il controllo della situazione, che le folle gli erano sfuggite di mano. Consapevole del pericolo in cui lo mettevano col loro crescente entusiasmo, egli tenne un ultimo pasto specificamente con il suo ristretto gruppo centrale. Nel corso di tale pasto Gesù evidentemente parlò francamente del pericolo che egli correva. E se si veniva al peggio, se egli fosse stato ucciso, disse ai Dodici di vedere nella sua morte una conferma della verità della sua missione: "Prendete, questo è il mio corpo... Questo è il mio sangue, il sangue dell'alleanza versato per molti" ({{passo biblico2|Marco|14:22,24}}). Non importa cosa gli succeda, insegnò Gesù, la verità del suo messaggio profetico rimaneva: il Regno era vicino. "In verità vi dico che io non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio" ({{passo biblico|Marco|14:25}}).<ref>Vien quasi da piangere per quanto sia disperata questa affermazione. La speranza è l'ultima a morire, è proprio il caso di dire. Povero Gesù, quante illusioni infrante...</ref>
 
"È durante queste occasioni festive" – cioè, durante le grandi festività di pellegrinaggio – "che la sedizione è più propensa a scoppiare" (''BJ'' 1.88). I capi sacerdoti del periodo di Gesù erano del tutto consapevoli di questa tendenza come lo era Flavio Giuseppe circa quattro decenni dopo. Gesù insegna nella corte del Tempio; le folle di pellegrini eccitate si raccolgono lì. Man mano che la festa si avvicina, aumenta l'energia nervosa, da entrambe le parti. I capi sacerdoti sanno che Pilato lo sa: Gesù stesso non è pericoloso. Ma, per la prima volta in questa Pasqua, lo sono le folle che gli si radunano intorno. Nell'intensità della loro aspettativa — che il Regno stesse letteralmente per arrivare? Che Gesù si stesse per rivelare il Messia? Che il ripristino di Israele era prossimo? — le folle sono irrequiete, potenzialmente incendiarie. Questi capi sacerdoti sono nella posizione di sapere sia il temperamento della folla festiva, sia – perché condividono una tradizione comune – il potenziale dirompente di una vivida aspettativa messianica. E in realtà questi uomini, e in particolare il sommo sacerdote, erano presi in mezzo tra il proprio popolo e Roma, responsabili al prefetto, al legato siriano, e infine all'imperotaore se la pace domestica falliva. Se un qualsiasi incidente si verificava, loro ne erano responsabili.
 
Questo modello emerge chiaramente dai resoconti di Flavio Giuseppe riguardo a tali incidenti. Dopo che i protestanti ebbero tagliato giù l'aquila d'oro costruita su uno dei portali del Tempio, Erode non solo giustizia le parti colpevoli, ma depone anche il sommo sacerdote: era stato sotto di lui che gli eventi erano sfuggiti di mano (''BJ'' 1.651-55; ''AJ'' 17:149-67). E dopo lo spargimento di sangue in Samaria da parte di Pilato quando le folle avevano seguito un profeta sul Monte Gerizim, Vitellio, il legato siriano, non solo aveva mandato Pilato in giudizio a Roma, ma aveva rimosso Caifa dalle sue funzioni e nominato anche un nuovo sommo sacerdote (''AJ'' 18.85-89). Così successe anche dopo l'uccisione di pellegrini galilei mentre passavano attraverso la Samaria per raggiungere Gerusalemme nell'anno 50 e.v., quando la risultante conflagrazione minacciò di inghiottire la regione. Dopo aver fatto giustizia locale, il legato siriano mandò Anania il sommo sacerdote, il capo sacerdote Jonathan, e altri cittadini prominenti, a Roma in udienza dall'imperatore, sebbene nessuno di questi uomini fosse stato coinvolto personalmente nella sommossa (''BJ'' 2.232-44).