Missione a Israele/Contesti sociali: differenze tra le versioni

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Rimossa dalla strutturazione del suo Vangelo e riflettendoci criticamente e storicamente, la presentazione di Marco diventa sempre più inverosimile. Si prenda per esempio il culmine dell'udienza ebraica. Anche se il sommo sacerdote avesse avuto ragione di chiedere a Gesù sed egli fosse il messia (secondo la teoria, per esempio, che ne fosse venuto a sapere quando i pellegrini lo declamavano celebrando l'entrata di Gesù in città la settimana prima), e anche se Gesù (per una qualche ragione) avesse detto "Sì", l'affermazione stessa non sarebbe contata come blasfemia. Abbiamo un ampio resoconto da parte di Flavio Giuseppe riguardo ad altre figure messianiche nel periodo che porta e include la rivolta; in seguito, abbiamo l'esempio di Bar Kokhba. La storia aveva falsificato le affermazioni di questi personaggi, ma mai tali affermazioni vengono considerate blasfeme. E anche la scena marciana davanti a Pilato non convince. Rilasciare Barabba, noto insurrezionalista, sarebbe stato un comportamento del tutto incompetente da parte del prefetto. E il Pilato che conosciamo da altre fonti antiche, sia ebraiche (Filone, Flavio Giuseppe) e sia romane (Tacito), non fu mai troppo preoccupato della sua popolarità presso i suoi sudditi ebrei (cfr. ''supra'': "[[Missione a Israele/Contesti sociali#Il contesto giudeo|Il contesto giudeo]]").
 
Infine, secondo la cronologia di Marco, i sacerdoti avrebbero appena finito la settimana più intensa, frenetica, estenuante dell'anno.<ref>In effetti, il giorno dopo il ''seder'', segnato dall'udienza mattutina davanti a Pilato il venerdì, avrebbe richiesto la presenza dei sacerdoti davanti all'altare per svolgere altre funzioni.)</ref> Responsabili della preparazione del Tempio per l'arrivo in massa dei pellegrini, essi avrebbero passato la settimana precedente supervisionando le necessarie purificazioni. Il giorno dell'arresto di Gesù il giovedì, 14 Nisan, avrebbero sorvegliato la macellazione di decine di migliaia di agnelli e capretti nelle poche ore prima del tramonto, inizio della notte della cena. Avrebbero poi dovuto assicurarsi che il Tempio – tutte le corti usate quale teatro dei sacrifici – fosse stato lavato e purificato per il giorno successivo delle funzioni; e poi avrebbero dovuto ritornare dalle loro famiglie ad osservare la festività commemorativa comandata. Dopo tutto ciò, quella stessa notte secondo quanto riporta Marco, avrebbero ''poi'' dovuto andare alla casa del sommo sacerdote, non una volta ma due, per i due incontri del consiglio riunito al completo, tutti a deliberare su qualcuno che avevano già intenzione di condannare e che comunque doveva essere mandato da Pilato! Difficile da immaginare.<ref>Infatti, adattando la versione di Marco, Luca riduce l'incontro dei sacerdoti ad un solo consiglio di mattina, {{passo biblico2|Luca|22:66}}. Inoltre tralascia il dialogo tra Gesù e il sommo sacerdote, l'imputata minaccia al Tempio, e l'accusa di blasfemia.</ref>
 
Il resoconto dell'udienza di Gesù davanti ai sacerdoti fatta da Giovanni, parsimonioso e semplice, è molto più credibile. L'azione della sera, ancora giovedì, viene retrocessa secondo i termini della festività: in Giovanni, il 14 Nisan, data della Pesach, è giovedì notte e tutto il venerdì. (I giorni ebraici iniziano la notte, dopo il tramonto. Nella cronologia sinottica, il 14 Nisan cade di mercoledì notte e continua tutto il giorno di giovedì; giovedì dopo il tramonto inizia il prossimo giorno, 15 Nisan, col pasto pasquale.) Il drappello combinato romano ed ebreo arresta Gesù e lo porta davanti ad Anna, il precedente sommo sacerdote. Anna quindi interroga Gesù "riguardo ai suoi discepoli e alla sua dottrina" ({{passo biblico|Giovanni|18:19}}). Gesù risponde semplicemente che i suoi insegnamenti sono sempre stati pubblici, nelle sinagoghe e nel Tempio, e invita Anna a chiedere ai suoi ascoltatori ciò che aveva predicato. Viene poi mandato da Caifa (v. 24) e, senza altro indugio, da Pilato (v. 28). Niente confessioni cristologiche. Niente melodrammatiche accusa di blasfemia. Niente accuse di falsi testimoni. E niente folla inutile di capi sacerdoti.
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Questo mescolare le due differenti tradizioni evangeliche – Marco per il carattere e la missione di Gesù; Giovanni per il "processo" di Gesù – aiuta quando si vuol costruire un resoconto più credibile dell'udienza di Gesù davanti al sommo sacerdote. Tuttavia, comporta la complicazione di evidenziare, sia narrativamente che logicamente, ciò che precede l'arresto di Gesù, ma solo in Marco, non in Giovanni: vale a dire, l'azione di Gesù al Tempio.
 
Nelle ricostruzioni recenti, questo incidente ha sopportato tutto il peso di dover spiegare come e perché Gesù finisce per morire in questa particolare Pesach. L'azione del Tempio serve simbolicamente a riassumere il significato essenziale della missione di Gesù, interpretata dalla maggioranza degli studiosi come missione esclusivamente galilea. E quale che sia il significato centrale che gli studiosi vedono in questo gesto (apocalittico, politico, critico — le interpretazioni variano molto), tale significato serve a spiegare cosa succede dopo: l'arresto di Gesù, i "processi", e la crocifissione. Il messaggio trasmesso nel ribaltare i tavoli e sconvolgere i venditori di colombi e i cabiavalute – quale che sia – deve quindi allarmare o offendere i sacerdoti così tanto che essi non solo vogliono morto Gesù, ma riescono anche a convincere Pilato a giustiziarlo.
 
Concentrandosi così sul gesto di Gesù al Tempio come ragione immediate per il suo arresto e morte, gli studiosi moderni hanno incoerentemente fuso due cronologie della Passione mutuamente esclusive, quella di Giovanni e quella di Marco. Quella di Marco domina; il presunto gesto di Gesù assume un'enorme im portanza interpretativa; il peso della congettura accademica influenza come Gesù debba aver affrontato i sacerdoti. Noi possiamo fare di meglio. Concentrandoci su ciò che veramente sappiamo – che Gesù fu crocifisso, ma che i suoi seguaci non lo furono – possiamo ritornare al dramma della presentazione marciana e allo scenario confuso delle circostanze finali di Gesù di Nazareth. Una volta ancora, quindi, dobbiamo ritornare al Monte del Tempio, poco dopo l'entrata iniiale di Gesù in città. Cosa fece lì, e cosa significò?
 
 
 
=== ''Ancora il Tempio'' ===
[[File:Hombre de Giv'at ha-Mivtar..jpg|right|300px|thumb|<div style="color: teal; font-size: 0.9em;">Crocifissione di [[w:Yehohanan ben Hagkol|Yehohanan ben Hagkol]] (I sec. e.v.): immagine del calcagno e rappresentazione dell'inchiodamento. L'osso è stato rinvenuto a [[:en:w:Givat HaMivtar|Givat ha-Mitvar (Gerusalemme)]] nel 1968.<br/>
«Nel ricostruire la crocefissione abbiamo utilizzato i reperti scheletrici assieme a osservazioni di Haas, di Barbet e delle fonti storiche antiche. Secondo tali fonti il condannato non portava mai la croce completa, come si ritiene di solito, invece veniva portata la traversa, mentre il palo verticale era permanentemente nel sito, dove era utilizzato per le esecuzioni successive. Inoltre, sappiamo da Giuseppe Flavio che durante il primo secolo il legname era così scarso a Gerusalemme che i Romani furono costretti a recarsi a dieci miglia da Gerusalemme per procurarsi il legname necessario per le macchine d'assedio. Perciò si può ragionevolmente assumere che la scarsità di legno possa essersi tradotta nell'economia della crocefissione nel fatto che la traversa e il palo verticale venissero usati ripetutamente. Così la mancanza di lesioni traumatiche nell'avanbraccio e nei metacarpi della mano sembra suggerire che le braccia del condannato fossero legate alla croce anziché inchiodate. Vi sono ampie evidenze letterarie e artistiche sull'uso di corde al posto di chiodi per fissare il condannato alla croce. Inoltre, in Egitto, dove secondo una fonte ebbe origine la crocefissione, la vittima non veniva inchiodata ma legata. È importante ricordare che la morte per crocefissione era il risultato del modo in cui il condannato era appeso alla croce e non delle ferite traumatiche causate dai chiodi. La sospensione dalla croce determinava un penoso processo di asfissia, in cui i due sistemi muscolari utilizzati per respirare, i muscoli intercostali e il diaframma, si indebolivano progressivamente. Col tempo il condannato moriva per l'incapacità di continuare a respirare adeguatamente.» (J. Zias e E. Sekeles, 1985)</div>]]
Nelle ricostruzioni moderne come nella narrazione di Marco, la scena al Tempio è la chiave per il resto della storia. Quegli storici che vedono l'azione di Gesù come un gesto profetico che predice la distruzione apocalittica del Tempio allora devono spiegare perché ciò adirò i sacerdoti. Forse ipotizzarono la sua scena di distruzione in effetti come una sorta di minaccia profetica?
 
 
 
 
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